Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 11824 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 11824 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 29/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a SAN GENNARO VESUVIANO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 06/03/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria depositata dal Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
NOME COGNOME, mediante il proprio difensore, ricorre per cassazione avverso la sentenza indicata in epigrafe, con la quale la Corte di appello di Napoli ha confermato la sentenza del Tribunale della stessa sede del 22 maggio 2020, che lo aveva condannato alla pena di giorni venti di arresto ed euro 2000,00 di ammenda per il reato di guida senza patente, con recidiva reiterata nel biennio, previsto dall’art. 116 cod. strada. In Napoli, il 17 aprile 2018.
A motivo del ricorso, il ricorrente lamenta violazione di legge in ragione del fatto che era stata applicata sia la pena dell’arresto che quella dell’ammenda e non solo la prima. Tale pena complessiva sarebbe illegale perché, a seguito della depenalizzazione della condotta di guida senza patente, prima punita con la pena dell’ammenda, il fatto di guida senza patente con recidiva nel biennio era divenuta fattispecie autonoma di reato punita con la sola pena dell’arresto fino ad un anno, come emergerebbe dai lavori preparatori (art. 5 Dossier n. 258 Senato) e dalla giurisprudenza di legittimità (Sez.4 n. 20338 d’el 7 marzo 2017).
Il Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta con la quale ha chiesto il rigetto del ricorso.
4. L’impugnazione è manifestamente infondata.
Il giudice ha correttamente applicato la pena detentiva cumulandola a quella pecuniaria, perché così prevede testualmente la legge. L’interpretazione adottata dalla sentenza del testo di legge, cori riferimento alla ipotesi di recidiva nel biennio, è fondata sul dato letterale ed è l’unica possibile, posto che l’avverbio “altresì” esprime il significato di “anche” oppure di, “inoltre”, con senso chiaramente cumulativo dei termini a cui si riferisce.
Il dato non è stato superato dalla avvenuta depenalizzazione della ipotesi semplice. In tale senso, si è già espressa Sez. 4, n.9023 del 3/3/2022, cui va data continuità, e che ha preso le mosse dalla formulazione testuale del d.lgs. n. 285 del 1992, art. 116, comma 15, secondo cui “Chiunque conduce veicoli senza aver conseguito la corrispondente patente di guida è punito con l’ammenda da 2.257 euro a 9.032 euro; la stessa sanzione si applic:a ai conducenti che guidano senza patente perché revocata o non rinnovata per mancanza dei requisiti fisici e psichici. Nell’ipotesi di recidiva nel biennio si applica altresì la pena dell’arresto fino ad u anno. Per le violazioni di cui al presente comma è competente il tribunale in composizione monocratica”.
A tale formulazione si è giunti a seguito di un percorso normativo inizialmente originato dall’art. 80, tredicesimo comma, del D.P.R. 15 giugno 1959, n. 393 (Testo unico delle norme sulla circolazione stradale), che prevedeva come reato, punito con l’arresto da tre a sei mesi e con l’ammenda da L. 25.000 a L. 100.000, la condotta di chiunque guidasse autoveicoli o motoveicoli senza essere munito della patente di guida o del certificato di abilitazione professionale, quando ciò fosse prescritto.
Successivamente, l’art. 80 del D.P.R. n. 393 del 1959 è stato abrogato dall’art. 231 del nuovo codice della strada, il quale però, all’art. 116, comma 13, continuava a contemplare come reato la condotta di “chiunque guida autoveicoli o motoveicoli senza aver conseguito la patente di guida”, prevedendo la pena dell’arresto da tre a dodici mesi e dell’ammenda da lire cinquecentomila a lire due milioni; e stabilendo, altresì, la stessa pena nei confronti dei “conducenti che guidano senza patente perché revocata o non rinnovata per mancanza dei requisiti previsti dal presente codice”.
Con l’entrata in vigore dell’art. 19 del D.Igs. 30 dicembre 1999, n. 507 (Depenalizzazione dei reati minori e riforma del sistema sanzionatorio, ai sensi dell’articolo 1 della L. 25 giugno 1999, n. 205), attraverso la sostituzione del comma 13 dell’art. 116 cod. strada, fu trasformata in illecito amministrativo la condotta di guida di autoveicoli o motoveicoli senza aver conseguito la patente, o con patente revocata o non rinnovata; illecito punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di lire da quattro milioni a lire sedici milioni. Inoltre, la medesima disposizione di cui all’art. 19 del d.lgs. n. 507 del 1999, sostituendo il precedente comma 18 dell’art. 116 cod. strada, stabiliva anche che, in caso di reiterazione delle violazioni di cui al comrna 13, conseguiva la sanzione accessoria della confisca del veicolo.
10. Il D.L. 3 agosto 2007, n. 117 (Disposizioni urgenti modificative del codice della strada per incrementare i livelli di sicurezza nella circolazione), convertito, con modificazioni, nella L. 2 ottobre 2007, n. 160, art. 1, venne sostituito il comma 13 dell’art. 116 cod. strada con una nuova formulazione, secondo cui chi guidava autoveicoli o motoveicoli senza aver conseguito la patente di guida era punito con l’ammenda da Euro 2.257 a Euro 9.032; la stessa sanzione si applicava ai conducenti che guidavano senza patente perché revocata o non rinnovata per mancanza dei prescritti requisiti.
Con tale modifica, fu quindi reintrodotto il reato contravvenzionale, anche se punito solo con l’ammenda ed il comma 13 dell’art. 116 cod. strada, con lo stesso contenuto, divenne il comma 15, a seguito della riformulazione della norma ad opera del d.lgs. 18 aprile 2011, n. 59 (Attuazione delle direttive 2006/126/CE e 2009/113/CE concernenti la patente di guida).
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Da ultimo, il d.lgs. n. 8 del 2016, all’art. 1, rubricato “Depenalizzazione di reati puniti con la sola pena pecuniaria ed esclusioni”, al comma 1, stabilisce che “non costituiscono reato e sono soggette alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro tutte le violazioni per le quali è prevista la sola pena della multa o dell’ammenda” e, ai fini che qui rilevano, al comma 2, dispone che “la disposizione del comma 1 si applica anche ai reati in esso previsti che, nelle ipotesi aggravate, sono puniti con la pena detentiva, sola, alternativa o congiunta a quella pecuniaria. In tal caso, le ipotesi aggravate sono da ritenersi fattispecie autonome di reato”.
12. Per effetto dell’intervento legislativo del 2016, si ha, (come ritenuto anche da Corte Cost. del 17 ottobre 2022, n. 211, che ha svolto tale percorso ricostruttivo), che la fattispecie costituente reato, già prevista dal comma 15 dell’art. 116 cod. strada, nell’ipotesi punita solo con la pena pecuniaria, è divenuta illecito amministrativo, dovendosi escludere da tale depenalizzazione solo l’ipotesi aggravata, che si ha in caso di recidiva nel biennio, punita anche con la pena detentiva.
Infatti, ai sensi dell’art. 5 del d.lgs. n. 8 del 2016 “quando i reati trasformat in illeciti amministrativi ai sensi del presente decreto prevedono ipotesi aggravate fondate sulla recidiva ed escluse dalla depenalizzazione, per recidiva è da intendersi la reiterazione dell’illecito depenalizzato”.
Tale disposizione – come, peraltro, precisato dalla giurisprudenza di legittimità (Sez. 4, n. 48779 del 21 settembre 2016; n. 27398 e 26 aprile 2018; n. 27504 del 10 giugno 2017) – è finalizzata ad escludere che possa ritenersi che la fattispecie aggravata venga meno per effetto della depenalizzazione del reato presupposto.
In conseguenza, l’ipotesi costituente illecito penale è punita congiuntamente con pena detentiva e pecuniaria: dunque, l’assunto del ricorrente è infondato.
13. In definitiva, il ricorso, in quanto manifestamente infondato, va dichiarato inammissibile. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue, per il disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in euro tremila.
14. La natura non particolarmente complessa della questione e l’applicazione di principi giurisprudenziali consolidati consentono di redigere la motivazione della decisione in forma semplificata.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento dell spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa del ammende.
Così deciso in Roma il 29 febbraio 2024.