Guida in stato di ebbrezza: non solo l’alcoltest fa prova
La guida in stato di ebbrezza è un reato grave e la sua prova in giudizio è spesso oggetto di complesse battaglie legali. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: l’alcoltest non è l’unico strumento per accertare la colpevolezza. Anche i sintomi manifesti e il comportamento del conducente giocano un ruolo cruciale. Analizziamo questa decisione per capire meglio come viene valutata la prova in questi casi.
I Fatti del Caso
Un automobilista veniva condannato in primo grado e in appello per il reato di guida in stato di ebbrezza, aggravato dall’aver provocato un sinistro stradale. L’imputato decideva di ricorrere in Cassazione, sostenendo che la prova del suo stato di alterazione non fosse certa. La difesa lamentava una motivazione carente da parte dei giudici di merito, che non avrebbero adeguatamente considerato gli elementi a discolpa, tra cui una consulenza tecnica di parte, e non avrebbero provato il nesso causale tra l’incidente e la presunta ebbrezza.
La Decisione della Corte sulla guida in stato di ebbrezza
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Secondo i giudici supremi, il motivo di ricorso non si confrontava adeguatamente con la motivazione della sentenza d’appello, che risultava logica, coerente e giuridicamente corretta. La Corte ha ritenuto che l’accertamento della responsabilità penale fosse stato condotto in modo impeccabile, basandosi su un quadro probatorio solido e diversificato.
Le Motivazioni della Sentenza
Il cuore della decisione risiede nella valutazione complessiva delle prove. La Corte di Appello, secondo la Cassazione, aveva correttamente affermato che la sussistenza della guida in stato di ebbrezza al momento del sinistro era confermata da una pluralità di elementi concordanti.
In primo luogo, vi erano i risultati di due alcoltest. Ma, cosa ancora più rilevante, vi erano le condizioni fisiche e comportamentali dell’imputato, osservate direttamente dalla Polizia Locale intervenuta sul posto. Gli agenti avevano infatti riscontrato:
* Alito vinoso: un chiaro odore di alcol.
* Andamento barcollante: difficoltà a mantenere l’equilibrio.
* Capacità percettive rallentate: una ridotta prontezza di riflessi e di comprensione.
Inoltre, la Corte ha sottolineato un dettaglio significativo: il tempo trascorso tra l’arrivo della polizia e il completamento del test era stato causato dalla stessa condotta dell’imputato. Egli, infatti, si era dimostrato incapace di soffiare correttamente nell’apparecchio, fallendo ben sei tentativi. Questo comportamento, secondo i giudici, non era neutro, ma un ulteriore indizio che corroborava lo stato di alterazione.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza rafforza un importante principio: per una condanna per guida in stato di ebbrezza, il giudice può fondare la sua decisione su un insieme di prove logiche e convergenti. L’alcoltest è una prova importante, ma non l’unica né sempre indispensabile. I rilievi sintomatici effettuati da operatori di polizia giudiziaria (come l’odore di alcol, l’andatura instabile o il linguaggio sconnesso) assumono pieno valore probatorio. Anzi, quando si combinano con l’esito strumentale, creano un quadro accusatorio difficilmente scalfibile. La condotta elusiva o l’incapacità di sottoporsi al test, inoltre, possono essere interpretate dal giudice come elementi a sfavore dell’imputato, contribuendo a formare il suo libero convincimento sulla responsabilità penale.
L’alcoltest è l’unica prova valida per la guida in stato di ebbrezza?
No, la sentenza chiarisce che lo stato di ebbrezza può essere provato anche da altri elementi fattuali, come i sintomi manifestati dal conducente (alito vinoso, andamento barcollante, capacità percettive rallentate) e osservati dalle forze dell’ordine.
Il fallimento di più tentativi di effettuare l’alcoltest può essere usato contro il conducente?
Sì, la Corte ha considerato il fallimento di ben sei tentativi di soffiare nell’apparecchio come un elemento che, unito agli altri, rafforza il quadro probatorio, attribuendo la causa del ritardo nell’esecuzione del test all’incapacità del conducente stesso.
È sufficiente presentare una consulenza di parte per contestare la colpevolezza?
No, un ricorso in Cassazione non può limitarsi a contrapporre una propria valutazione dei fatti a quella del giudice di merito. È necessario dimostrare un vizio logico o una violazione di legge nella motivazione della sentenza, cosa che in questo caso non è stata riscontrata.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 33756 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 33756 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a MONZA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 21/11/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Milano ha confermato la sentenza del Tribunale di Monza con cui COGNOME NOME era stato condanNOME in relazione al reato di cui agli artt. 186 comma 2 lett.c), 2 bis e 2 sexies C.d.S.
L’imputato, per mezzo del proprio difensore, ricorre per la cassazione della sentenza deducendo vizio motivazionale in relazione all’affermazione di responsabilità penale, in ragione della omessa considerazione degli elementi difensivi addotti a sostegno della mancanza di una prova certa della condizione di ebbrezza alcolica, anche alla stregua della consulenza di parte del prof. COGNOME, nonché della carenza di adeguato supporto motivazionale a sostegno che l’incidente fosse stato occasioNOME dalla condizione di ebbrezza alcolica esistente già in quel momento.
Il ricorso è inammissibile in quanto l’unico motivo non si confronta adeguatamente con la motivazione della sentenza impugnata, che appare logica e congrua, nonché corretta in punto di diritto, e pertanto immune da vizi di legittimità, in relazione all’accertamento della responsabilità penale dell’odierno ricorrente. La corte distrettuale, infatti, in conformità ai principi dettati da questa Corte di legittimità, afferma logicamente che la sussistenza dello stato ebbrezza dell’imputato nel momento in cui è avvenuto il sinistro sia stato confermato non solo dai due alcol-test effettuati, ma anche dalle condizioni in cui versava lo stesso al momento dell’arrivo della Polizia Locale (l’imputato manifestava evidenti sintomi di assunzione di sostanze alcoliche quali alito vinoso, andamento barcollante, capacità percettive rallentate). In aggiunta, la corte rende noto che il lasso di tempo intercorso tra l’arrivo della Polizia stradale e il completamento dell’alcoltest sia stato causato dall’incapacità del COGNOME di soffiare nell’apparecchio e il conseguente fallimento di ben sei tentativi di effettuare l’alcoltest.
Per tali ragioni il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna di parte ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non sussistendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla RAGIONE_SOCIALE delle ammende, determinabile in euro tremila, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 10 luglio 2024
Il Consigliere estensore
Il Pretidlente