Guida in stato di ebbrezza: la Cassazione chiarisce i limiti del ricorso
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato il tema della guida in stato di ebbrezza, chiarendo due aspetti procedurali di grande rilevanza pratica: la specificità del capo di imputazione e l’accesso alla sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilità in caso di incidente. La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso di un automobilista, confermando la condanna dei giudici di merito e fornendo importanti principi di diritto.
Il caso: condanna confermata in Appello
Il caso trae origine dalla condanna di un automobilista da parte del Tribunale e, successivamente, dalla Corte di Appello. L’imputato era stato ritenuto responsabile del reato di guida in stato di ebbrezza ai sensi dell’art. 186, comma 2, lett. c) del Codice della Strada, ovvero la fascia più grave. La pena inflitta era di dieci mesi di arresto e tremila euro di ammenda, con la sospensione della patente per due anni. A complicare il quadro, all’imputato era stata contestata anche l’aggravante di aver provocato un sinistro stradale, prevista dal comma 2-bis dello stesso articolo.
I motivi del ricorso in Cassazione
L’imputato, tramite il proprio difensore, ha presentato ricorso in Cassazione basandolo su due motivi principali:
1. Genericità dell’imputazione: Si lamentava una presunta nullità della sentenza per via di un’imputazione generica e imprecisa. Secondo la difesa, non era chiaro se la contestazione riguardasse l’ipotesi meno grave (lett. b) o quella più grave (lett. c) del reato, a causa di una descrizione dei fatti e del tasso alcolemico ritenuta incompleta.
2. Mancata ammissione al lavoro di pubblica utilità: Si contestava la violazione di legge per non aver concesso la sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilità, prevista dall’art. 186, comma 9-bis, C.d.S.
Le motivazioni della Cassazione sulla guida in stato di ebbrezza
La Corte di Cassazione ha rigettato entrambi i motivi, dichiarando il ricorso manifestamente infondato e inammissibile. Vediamo nel dettaglio le ragioni giuridiche alla base della decisione.
La non fondatezza della presunta genericità dell’imputazione
Sul primo punto, i giudici hanno stabilito che la doglianza era palesemente infondata. Il capo di imputazione riportava chiaramente la percentuale di alcol riscontrata, elemento sufficiente a inquadrare la condotta nella fattispecie contestata (la più grave). Inoltre, la difesa non aveva specificato in che modo tale presunta genericità avesse concretamente leso il diritto di difesa. Entrambe le misurazioni alcolemiche, seppur eseguite a distanza di oltre tre ore l’una dall’altra, indicavano un valore compatibile con l’accusa. La Corte ha altresì valorizzato elementi fattuali come i dati sintomatici dell’ebbrezza manifestati dal conducente e, soprattutto, il fatto che avesse provocato un sinistro stradale.
L’impossibilità della sanzione sostitutiva in caso di incidente
Anche il secondo motivo di ricorso è stato giudicato inammissibile. La Suprema Corte ha ribadito un principio consolidato: la possibilità di sostituire la pena detentiva e pecuniaria con il lavoro di pubblica utilità è preclusa quando sussiste l’aggravante di aver causato un incidente stradale. L’art. 186, comma 2-bis, C.d.S. opera come una circostanza che impedisce l’accesso a questo beneficio, data la maggiore gravità della condotta.
Le conclusioni: implicazioni pratiche della decisione
L’ordinanza in esame conferma due principi fondamentali in materia di guida in stato di ebbrezza. In primo luogo, una contestazione non può essere ritenuta generica se indica chiaramente i dati oggettivi, come il tasso alcolemico, che permettono di identificare la norma violata, specialmente se la difesa non dimostra un pregiudizio effettivo. In secondo luogo, e con importanti conseguenze pratiche, viene riaffermato che chi provoca un incidente stradale mentre guida in stato di ebbrezza non può sperare di ottenere la sostituzione della pena con il lavoro di pubblica utilità. Questa decisione rafforza l’approccio rigoroso del legislatore verso una condotta di guida estremamente pericolosa per la sicurezza pubblica.
Quando un’imputazione per guida in stato di ebbrezza è considerata sufficientemente chiara?
Secondo la Corte, l’imputazione è sufficientemente chiara quando riporta elementi oggettivi, come la percentuale di alcol riscontrata nel sangue, che permettono di ricondurre la condotta a una specifica ipotesi di reato prevista dalla legge. Una semplice lamentela sulla genericità non è sufficiente se non si dimostra come questa abbia concretamente danneggiato il diritto di difesa.
È possibile ottenere la sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilità se si provoca un incidente stradale guidando in stato di ebbrezza?
No. La Corte ha confermato che l’aver provocato un sinistro stradale costituisce un’aggravante ai sensi dell’art. 186, comma 2-bis del Codice della Strada, che preclude espressamente la possibilità di sostituire la pena detentiva e pecuniaria con il lavoro di pubblica utilità.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, la Corte di Cassazione non entra nel merito della questione. La decisione impugnata diventa definitiva e il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle Ammende, come avvenuto nel caso di specie.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 23832 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 23832 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a PIETRASANTA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 13/10/2023 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Firenze ha confermato la sentenza del Tribunale di Lucca del 7 febbraio 2023 con cui COGNOME NOME era stato condanNOME alla pena di mesi dieci di arresto ed euro tremila di ammenda in relazione al reato di cui agli artt. 186, commi 1 e 2, lett. c), e comma 2 bis C.d.S., con sospensione della patente di guida per anni due.
Il COGNOME, a mezzo del proprio difensore, ricorre per RAGIONE_SOCIALEzione avverso la sentenza della Corte di appello, assumendo la nullità della sentenza per genericità dell’imputazione, da cui non era possibile desumere se l’imputato dovesse rispondere della ipotesi di cui all’art.186 comma 1 lett.b) ovvero di quella di cui alla lettera c) C.d.S. in presenza di una imprecisa e incompleta descrizione dei fatti e del grado di alcolemia. Con una seconda articolazione, nel contestare l’affermazione di responsabilità per la più grave delle due ipotesi, deduce violazione di legge per non essere stato l’imputato ammesso alla sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilità di cui all’art.186 comma 9 bis C.d.S.
Il ricorso è inammissibile.
Con riferimento al primo motivo di ricorso, esso è manifestamente infondato in quanto si lamenta una violazione di norme processuali palesemente smentita dagli atti processuali, atteso che il capo di imputazione riporta chiaramente la percentuale di alcol riscontrata nel sangue del conducente dell’autoveicolo onde ricondurre la fattispecie alle ipotesi contemplate dall’art.186 comma 1 C.d.S., né il ricorrente evidenzia in che modo la asserita genericità della imputazione abbia inciso sul diritto di difesa, atteso che entrambi le misurazioni eseguite riportavano un dato compatibile con la prospettazione accusatoria, tenuto altresì conto che la seconda misurazione era intervenuta ad oltre tre ore di distanza dalla prima, il cui rilievo assorbente era corroborato dai dati sintomatici dell’ebbrezza palesati dal prevenuto, nonché dal sinistro stradale da questi provocato.
Inammissibile è altresì il secondo motivo di ricorso, atteso che preclusiva alla sostituzione della sanzione penale è la ipotesi di reato espressamente riconosciuta in capo all’imputato, in quanto aggravata ai sensi dell’art.186 comma 2 bis C.d.S.
Per tali ragioni il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non sussistendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla RAGIONE_SOCIALE delle ammende, determinabile in euro tremila, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen..
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento dell spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 15 maggio 2024
Il consigliere estensore