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Guida in stato di ebbrezza: ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un automobilista condannato per guida in stato di ebbrezza. I giudici hanno respinto le doglianze sulla genericità dell’imputazione e sulla mancata concessione del lavoro di pubblica utilità, sottolineando come la provocazione di un sinistro stradale sia una circostanza aggravante che preclude l’accesso a sanzioni sostitutive.

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Pubblicato il 28 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Guida in stato di ebbrezza: la Cassazione chiarisce i limiti del ricorso

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato il tema della guida in stato di ebbrezza, chiarendo due aspetti procedurali di grande rilevanza pratica: la specificità del capo di imputazione e l’accesso alla sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilità in caso di incidente. La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso di un automobilista, confermando la condanna dei giudici di merito e fornendo importanti principi di diritto.

Il caso: condanna confermata in Appello

Il caso trae origine dalla condanna di un automobilista da parte del Tribunale e, successivamente, dalla Corte di Appello. L’imputato era stato ritenuto responsabile del reato di guida in stato di ebbrezza ai sensi dell’art. 186, comma 2, lett. c) del Codice della Strada, ovvero la fascia più grave. La pena inflitta era di dieci mesi di arresto e tremila euro di ammenda, con la sospensione della patente per due anni. A complicare il quadro, all’imputato era stata contestata anche l’aggravante di aver provocato un sinistro stradale, prevista dal comma 2-bis dello stesso articolo.

I motivi del ricorso in Cassazione

L’imputato, tramite il proprio difensore, ha presentato ricorso in Cassazione basandolo su due motivi principali:

1. Genericità dell’imputazione: Si lamentava una presunta nullità della sentenza per via di un’imputazione generica e imprecisa. Secondo la difesa, non era chiaro se la contestazione riguardasse l’ipotesi meno grave (lett. b) o quella più grave (lett. c) del reato, a causa di una descrizione dei fatti e del tasso alcolemico ritenuta incompleta.
2. Mancata ammissione al lavoro di pubblica utilità: Si contestava la violazione di legge per non aver concesso la sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilità, prevista dall’art. 186, comma 9-bis, C.d.S.

Le motivazioni della Cassazione sulla guida in stato di ebbrezza

La Corte di Cassazione ha rigettato entrambi i motivi, dichiarando il ricorso manifestamente infondato e inammissibile. Vediamo nel dettaglio le ragioni giuridiche alla base della decisione.

La non fondatezza della presunta genericità dell’imputazione

Sul primo punto, i giudici hanno stabilito che la doglianza era palesemente infondata. Il capo di imputazione riportava chiaramente la percentuale di alcol riscontrata, elemento sufficiente a inquadrare la condotta nella fattispecie contestata (la più grave). Inoltre, la difesa non aveva specificato in che modo tale presunta genericità avesse concretamente leso il diritto di difesa. Entrambe le misurazioni alcolemiche, seppur eseguite a distanza di oltre tre ore l’una dall’altra, indicavano un valore compatibile con l’accusa. La Corte ha altresì valorizzato elementi fattuali come i dati sintomatici dell’ebbrezza manifestati dal conducente e, soprattutto, il fatto che avesse provocato un sinistro stradale.

L’impossibilità della sanzione sostitutiva in caso di incidente

Anche il secondo motivo di ricorso è stato giudicato inammissibile. La Suprema Corte ha ribadito un principio consolidato: la possibilità di sostituire la pena detentiva e pecuniaria con il lavoro di pubblica utilità è preclusa quando sussiste l’aggravante di aver causato un incidente stradale. L’art. 186, comma 2-bis, C.d.S. opera come una circostanza che impedisce l’accesso a questo beneficio, data la maggiore gravità della condotta.

Le conclusioni: implicazioni pratiche della decisione

L’ordinanza in esame conferma due principi fondamentali in materia di guida in stato di ebbrezza. In primo luogo, una contestazione non può essere ritenuta generica se indica chiaramente i dati oggettivi, come il tasso alcolemico, che permettono di identificare la norma violata, specialmente se la difesa non dimostra un pregiudizio effettivo. In secondo luogo, e con importanti conseguenze pratiche, viene riaffermato che chi provoca un incidente stradale mentre guida in stato di ebbrezza non può sperare di ottenere la sostituzione della pena con il lavoro di pubblica utilità. Questa decisione rafforza l’approccio rigoroso del legislatore verso una condotta di guida estremamente pericolosa per la sicurezza pubblica.

Quando un’imputazione per guida in stato di ebbrezza è considerata sufficientemente chiara?
Secondo la Corte, l’imputazione è sufficientemente chiara quando riporta elementi oggettivi, come la percentuale di alcol riscontrata nel sangue, che permettono di ricondurre la condotta a una specifica ipotesi di reato prevista dalla legge. Una semplice lamentela sulla genericità non è sufficiente se non si dimostra come questa abbia concretamente danneggiato il diritto di difesa.

È possibile ottenere la sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilità se si provoca un incidente stradale guidando in stato di ebbrezza?
No. La Corte ha confermato che l’aver provocato un sinistro stradale costituisce un’aggravante ai sensi dell’art. 186, comma 2-bis del Codice della Strada, che preclude espressamente la possibilità di sostituire la pena detentiva e pecuniaria con il lavoro di pubblica utilità.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, la Corte di Cassazione non entra nel merito della questione. La decisione impugnata diventa definitiva e il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle Ammende, come avvenuto nel caso di specie.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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