Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 23018 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 23018 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 10/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il 08/05/1995
avverso la sentenza del 07/10/2024 della CORTE APPELLO di VENEZIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Motivi della decisione
NOME ricorre, a mezzo del proprio difensore di fiducia, avverso la sentenza in epigrafe lamentando vizio motivazionale e violazione di legge in punto di mancata applicazione dell’art. 131bis cod. pen. e chiedendo, pertanto, annullarsi la sentenza impugnata.
Il ricorso è inammissibile in quanto i motivi proposti non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità perché sono riproduttivi di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito e non sono scanditi da necessaria critica analisi delle argomentazioni poste a base della decisione impugnata.
Ed invero, in punto di mancata applicazione della causa di non punibilità ex art. 131bis cod. pen. la Corte territoriale, rispondendo alla specifica richiesta sul punto, ha argomentatamente e logicamente motivato il diniego evidenziando motivatamente come l’applicazione dell’art. 131 bis cod. pen., sebbene, per costante giurisprudenza, sia in astratto compatibile con la fattispecie di guida in stato di ebrezza, non possa trovare applicazione nel caso che ci occupa. Ciò in quanto il tasso alcolemico rinvenuto nel sangue dell’imputato, per quanto corrispondente al minimo previsto dalla norma che punisce l’ipotesi più grave, si colloca nella fascia più elevata in entrambe le prove effettuate. E che è ben vero che la circostanza che il livello alcolometrico dell’imputato sia stato tale da attingere la più grave fattispecie di cui alla lett. c dell’art. 186 cod. strada, non può ritenersi preclusiv del riconoscimento della causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis c.p.: è però altrettanto vero che la circostanza che il tasso alcolemico si sia attestato in termini così elevati non può risultare indifferente, essendo espressione di una più approfondita messa in pericolo del bene giuridico protetto, ossia la sicurezza della circolazione stradale e l’incolumità delle persone.
In questo senso, quindi, il riconoscimento della causa di particolare tenuità deve fondarsi su particolari caratteristiche della condotta che elidano la gravità del pericolo determinato dal carattere particolarmente elevato del livello alcolometrico che caratterizzava l’imputato al momento della guida. A tal proposito, si tenga conto delle pienamente condivisibili osservazioni svolte da S.U. 13681/2016, laddove si osserva che “quanto più ci si allontana dal valore-soglia tanto più è verosimile che ci si trova in presenza di un fatto non specialmente esiguo”; e, laddove afferma come ciò non possa comunque dar luogo ad un’astratta preclusione all’applicazione della causa di non punibilità, la Suprema Corte richiama un’esemplificazione assai significativa e caratterizzata da una condotta che si connota per un’evidente assenza concreta di pericolosità. Come tale evidentemente in grado di
neutralizzare la pericolosità riconducibile ad un assai elevato grado di intossicazione alcolemica.
Inoltre, l’aver provocato un incidente con fuoriuscita autonoma, a prescindere dall’assenza di danno ad altri, è stato correttamente ritenuto costituire ulteriore dimostrazione del grado di pericolosità della condotta, considerandosi che la perdita di controllo del veicolo ha determinato un pericolo per l’incolumità degli altri utenti della strada, che ben si sarebbe potuto concretizzare in un evento dannoso.
La sentenza, dunque, si colloca nell’alveo del dictum delle Sezioni Unite di questa Corte secondo cui il giudizio sulla tenuità richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell’art. 133, co. 1, cod. pen., delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell’entità del danno o del pericolo (Sez. Un. n. 13681 del 25/2/2016, Tushaj, Rv. 266590).
S.U. Tushai ricordano che «la nuova normativa non si interessa della condotta tipica, bensì ha riguardo alle forme di estrinsecazione del comportamento, al fine di valutarne complessivamente la gravità, l’entità del contrasto rispetto alla legge e conseguentemente il bisogno di pena. Insomma, si è qui entro la distinzione tra fatto legale, tipico, e fatto storico, situazione reale ed irripetibile costituita da tu gli elementi di fatto concretamente realizzati dall’agente».
Va peraltro ricordato che, ai fini dell’applicabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, previstd dall’art. 131-bis cod. pen., i giudizio sulla tenuità dell’offesa dev’essere effettuato con riferimento ai criteri di cui all’art. 133, comma primo, cod. pen., ma non è necessaria la disamina di tutti gli elementi di valutazione previsti, essendo sufficiente l’indicazione di quelli ritenuti rilevanti (così Sez. 7, Ordinanza n. 10481 del 19/01/2022, Deplano, Rv. 283044 – 01 che ha ritenuto corretta la mancata applicazione della causa di esclusione della punibilità in conseguenza di lesioni stradali provocate dalla guida di un veicolo sprovvisto di assicurazione; conf. Sez. 6, n. 55107 del 08/11/2018, COGNOME Rv. 274647 – 01 che, in motivazione, ha ritenuto corretta la mancata applicazione di tale causa di esclusione della punibilità in conseguenza della fuga dell’imputato subito dopo il fatto, senza che ciò si ponga in contrasto con la concessione delle attenuanti generiche, giustificata dalla successiva condotta processuale del predetto).
Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna di parte ricorrente
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RG.
al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle am
mende.
Così deciso il 10/06/2025