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Guida in stato di ebbrezza: quando il test è valido?

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un automobilista condannato per guida in stato di ebbrezza a seguito di un sinistro stradale. L’imputato contestava l’attendibilità del test alcolimetrico, eseguito dopo un certo lasso di tempo, invocando la teoria del ‘picco alcolico’. La Corte ha stabilito che la mera ipotesi scientifica non è sufficiente a invalidare la prova, se non accompagnata da elementi concreti che dimostrino un’errata esecuzione del test o la presenza di fattori patologici interferenti.

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Pubblicato il 19 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Guida in stato di ebbrezza: il test è valido anche se non immediato

La guida in stato di ebbrezza rappresenta una delle violazioni più gravi e frequenti del Codice della Strada, con pesanti conseguenze penali. Una difesa comune in questi casi consiste nel contestare l’attendibilità dell’alcoltest, specialmente se eseguito a distanza di tempo dal momento della guida. Con l’ordinanza n. 20629/2024, la Corte di Cassazione ha ribadito principi fondamentali sulla validità della prova alcolimetrica e sull’onere della prova a carico di chi ne contesta il risultato.

I Fatti del Caso

Un automobilista veniva condannato in primo e secondo grado per il reato di guida in stato di ebbrezza, aggravato dall’aver provocato un sinistro stradale. La condanna si basava sull’esito di un esame alcolimetrico su liquidi biologici, effettuato dopo l’incidente, che aveva rilevato un tasso alcolemico superiore ai limiti di legge.

Il Ricorso in Cassazione: la contestazione del test per la guida in stato di ebbrezza

La difesa dell’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando una violazione di legge e un difetto di motivazione da parte della Corte d’Appello. Secondo il ricorrente, i giudici non avrebbero tenuto adeguatamente conto del tempo trascorso tra la guida e l’esecuzione del test. Questo ritardo, a dire della difesa, avrebbe reso i risultati inattendibili a causa del possibile ‘slittamento del picco della curva alcolimetrica’, un argomento supportato da una consulenza tecnica di parte. In sostanza, si sosteneva che il valore rilevato potesse essere più alto di quello effettivo al momento della guida.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. I giudici hanno chiarito che le argomentazioni della difesa non erano idonee a scalfire la logicità e correttezza della sentenza impugnata.

Le Motivazioni

La Corte ha sottolineato diversi punti cruciali. In primo luogo, il risultato numerico dell’esame alcolimetrico non era stato contestato in sé, ma solo nella sua interpretazione temporale. Inoltre, la Corte d’Appello aveva correttamente evidenziato come tale risultato fosse pienamente coerente con gli indici sintomatici dello stato di ebbrezza rilevati nell’immediato dagli agenti verbalizzanti.

Il principio di diritto affermato è di fondamentale importanza: il mero richiamo a una regola scientifica generale (come la curva del picco alcolico), in assenza di altri riscontri e a dispetto dei risultati di una misurazione strumentale, non può fondare una valutazione diversa da quella emersa dalla prova. Si tratta, secondo la Corte, di una ‘mera doglianza in fatto’ che non può trovare spazio nel giudizio di legittimità.

La Cassazione ha inoltre precisato che, in caso di incidente stradale, l’accertamento tramite test è legittimo ai sensi dell’art. 186, comma 4, del Codice della Strada, a prescindere dalla presenza di evidenti sintomi di alterazione.

Fondamentalmente, era onere della difesa non allegare una ‘ipotetica e alternativa progressione alcolimetrica’, ma fornire elementi concreti a sostegno di una non corretta esecuzione della prova ematica o dimostrare la presenza di ‘fattori patogeni’ che avrebbero potuto interferire con le risultanze del test. In assenza di tali prove specifiche, il risultato dell’esame rimane pienamente valido.

Conclusioni

L’ordinanza in commento rafforza la validità probatoria degli esami alcolimetrici, anche quando non eseguiti nell’immediata flagranza del fatto. Per contestare efficacemente un test per guida in stato di ebbrezza, non è sufficiente appellarsi a teorie generali sul metabolismo dell’alcol. È necessario, invece, che l’imputato fornisca prove concrete e specifiche che dimostrino un vizio nella procedura di accertamento o la presenza di condizioni personali eccezionali in grado di alterare il risultato. Questa decisione pone un chiaro limite alle contestazioni generiche, ribadendo che la prova scientifica, se correttamente acquisita, mantiene la sua piena efficacia processuale.

È possibile contestare un test alcolimetrico solo perché è stato eseguito dopo un certo lasso di tempo dalla guida?
No. Secondo la Corte di Cassazione, il mero passare del tempo non è di per sé sufficiente a invalidare il risultato del test. È necessario fornire prove concrete di un’errata esecuzione dell’esame o di altri fattori interferenti.

Su chi ricade l’onere di dimostrare che il risultato del test non è attendibile?
L’onere della prova ricade sull’imputato. Non è sufficiente avanzare un’ipotesi alternativa sulla progressione dell’assorbimento dell’alcol; è necessario allegare elementi specifici che mettano in discussione la correttezza della procedura di accertamento.

Il risultato del test alcolimetrico deve essere sempre supportato da sintomi evidenti di ubriachezza?
No. In caso di sinistro stradale, la legge consente di sottoporre i conducenti a test alcolimetrico a prescindere dalla ricorrenza di indici sintomatici di uno stato di alterazione. La prova strumentale è di per sé sufficiente se eseguita legittimamente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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