Guida in stato di ebbrezza: bastano gli indizi per la condanna?
La recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta un caso significativo di guida in stato di ebbrezza, chiarendo importanti principi sulla validità della prova indiziaria e sulla discrezionalità del giudice nel bilanciamento delle circostanze del reato. La vicenda riguarda un giovane neopatentato, condannato per essersi messo alla guida di un motociclo con un tasso alcolemico molto elevato (2,09 g/l), provocando anche un incidente stradale. L’analisi della Suprema Corte offre spunti fondamentali per comprendere i limiti del ricorso e la solidità delle decisioni dei giudici di merito.
I Fatti: la condanna aggravata
Un giovane conducente veniva condannato in primo grado e in appello alla pena di nove mesi di arresto e 2.800 euro di ammenda. L’accusa era quella di guida in stato di ebbrezza ai sensi dell’art. 186 bis del Codice della Strada. La sua posizione era aggravata da più fattori: aver provocato un incidente, essere minore di ventuno anni all’epoca dei fatti e aver conseguito la patente da meno di tre anni. Insoddisfatto della decisione della Corte d’Appello, l’imputato proponeva ricorso per Cassazione, basandolo su due motivi principali.
I motivi del ricorso: prova e pena
Il ricorrente contestava, in primo luogo, la violazione della legge processuale. A suo dire, la sua identificazione quale conducente del veicolo era basata su indizi non gravi, precisi e concordanti, con un conseguente travisamento della prova. In sostanza, si doleva del fatto che non ci fosse una prova diretta (come una testimonianza oculare) che lo collocasse alla guida al momento del sinistro.
In secondo luogo, criticava la motivazione della sentenza d’appello riguardo al trattamento sanzionatorio. Lamentava che i giudici non avessero adeguatamente spiegato perché le circostanze attenuanti generiche, pur concesse, non fossero state considerate prevalenti sull’aggravante contestata, limitandosi a un giudizio di equivalenza.
La Prova Indiziaria nella Guida in Stato di Ebbrezza
La Cassazione ha ritenuto il primo motivo inammissibile. I giudici hanno sottolineato l’esistenza di un “doppio accertamento conforme”, ovvero due sentenze di merito che avevano ricostruito i fatti allo stesso modo. In questi casi, il sindacato della Suprema Corte è molto limitato. Il ricorso, per essere ammissibile, avrebbe dovuto evidenziare un palese travisamento della prova, cosa che non è avvenuta.
La Corte ha validato il ragionamento dei giudici di merito, basato su due indizi chiari: la proprietà del motoveicolo in capo all’imputato e l’elevato tasso alcolemico riscontrato sulla sua persona. Questi elementi, corroborati dal fatto che l’imputato non aveva mai negato di essere stato alla guida, sono stati ritenuti sufficienti. Secondo la Cassazione, tale ragionamento si fonda su una massima di esperienza comune: di norma, il conducente di un veicolo privato è chi ne ha la proprietà o il possesso. Le argomentazioni della difesa sono state quindi liquidate come “mere congetture”.
Le Motivazioni
La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile anche il secondo motivo di ricorso. I giudici hanno chiarito che la Corte d’Appello, nel confermare la pena stabilita in primo grado e nel giudicare equivalenti le circostanze attenuanti e aggravanti, ha implicitamente ma inequivocabilmente rigettato la richiesta di prevalenza delle attenuanti. La motivazione, seppur sintetica, è stata ritenuta sufficiente e non illogica, in quanto ha confermato come adeguata la pena determinata attraverso il bilanciamento operato. Non è sempre necessario, quindi, che il giudice si dilunghi in una spiegazione dettagliata quando la sua decisione sul bilanciamento è chiara e coerente con il quadro processuale.
Conclusioni
Questa ordinanza ribadisce due principi fondamentali. Primo: nel reato di guida in stato di ebbrezza, la responsabilità del conducente può essere provata anche solo attraverso indizi, a condizione che questi siano gravi, precisi e concordanti, come la proprietà del mezzo e il tasso alcolemico. Secondo: la valutazione del giudice sul bilanciamento tra attenuanti e aggravanti gode di ampia discrezionalità e, se logicamente motivata, anche in modo implicito, non è censurabile in sede di legittimità. La decisione rafforza la validità delle ricostruzioni basate sulla prova logica e conferma che non è sempre possibile rimettere in discussione in Cassazione l’apprezzamento dei fatti compiuto nei primi due gradi di giudizio.
La proprietà di un veicolo è una prova sufficiente per essere condannati per guida in stato di ebbrezza?
Secondo questa ordinanza, la proprietà del veicolo, unita ad altri elementi indiziari come il tasso alcolemico riscontrato sulla persona e la mancata smentita da parte dell’imputato, costituisce un quadro probatorio sufficiente (indizi gravi, precisi e concordanti) per affermare la responsabilità penale.
Cosa significa che due sentenze di merito sono “conformi”?
Significa che il tribunale di primo grado e la corte d’appello sono giunti alla stessa conclusione sulla ricostruzione dei fatti. Questa circostanza, nota come “doppio accertamento conforme”, rende molto difficile contestare i fatti davanti alla Corte di Cassazione, il cui compito non è rivalutare le prove, ma verificare la corretta applicazione della legge.
Se il giudice ritiene le attenuanti equivalenti alle aggravanti, deve fornire una motivazione dettagliata?
Non necessariamente. La Corte di Cassazione ha stabilito che la decisione di considerare equivalenti le circostanze (il cosiddetto “giudizio di equivalenza”) rigetta implicitamente ma in modo inequivocabile la richiesta di prevalenza delle attenuanti. Se la motivazione complessiva sulla pena è ritenuta sufficiente e logica, non è richiesto un ulteriore e specifico approfondimento su questo punto.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 45502 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 45502 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 21/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a VERONA il 26/12/1998
avverso la sentenza del 14/12/2023 della CORTE APPELLO di VENEZIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Venezia ha confermato es D’et-r sentenza del Tribunale di Verona del 231M·7w73 , con cui NOME NOME era stato condannato alla pena di mesi nove di arresto ed euro duemilaottocento ammenda, in ordine al reato di cui all’ art. 186 bis, commi 1 e 3, cod. strad., in relazione all’art. 186 commi 2 lett. c) e 2 bis, cod. strada, per aver guidato in stato di ebbrezza il motoveicolo Honda SH 125 tg.to EL75294, provocando incidente stradale, fatto aggravato dall’essere stato commesso da soggetto inferiore anni ventuno e nei primi tre anni dal conseguimento della patente di gui categoria B (esito accertamento 2,09 g/l); condotta tenuta in Verona il 6 lu 2019.
L’imputato, a mezzo del proprio difensore, ricorre per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello, proponendo i seguenti motivi: con il pr motivo di ricorso, il ricorrente deduce violazione della legge processuale (art. comma 2, cod.proc.pen.) e l’illogicità, la contraddittorietà e la mani insufficienza della motivazione, per travisamento della prova, essendo st desunta l’esistenza di un fatto decisivo oggetto del processo e presupposto reato (guida del mezzo da parte dell’imputato) da indizi non gravi, preci concordanti; con il secondo motivo, deduce nuovamente vizio di motivazione, nella parte in cui la sentenza impugnata afferma la prevalenza del dispositivo rispe alla motivazione sul punto della concessione delle attenuanti generiche e computo della pena, nonché l’omessa motivazione in ordine alla invocata concessi) e della prevalenza delle medesime circostanze attenuanti sulla aggravante contestata.
I motivi di ricorso non superano il vaglio di ammissibilità.
Quanto, al primo, va rilevato che le due sentenze di merito costituiscono doppio accertamento conforme, relativamente ai fatti posti a fondamento dell responsabilità penale del ricorrente in ordine al reato contestato (Sez. 37295 del 12/06/2019; Rv. 277218 – 01); pertanto, è senz’altro inammissibile censura di illogicità, contraddittorietà e insufficienza della motivazione ince esclusivamente sulla astratta illegittimità della motivazione per relationen e senza in alcun modo evidenziare un effettivo travisamento di prove o una irragionevol deduzione comune alle due motivazioni, lette congiuntamente; piuttosto, il motiv riproduce in modo inammissibile la stessa doglianza, relativa alla identificaz del conducente della moto nella persona dell’imputato, che la Corte di appello adeguatamente respinto, mediante la considerazione che a tale accertamento si pervenuto considerando i due indizi costituiti dalla proprietà del mezzo e del alcolemico riscontrato, corroborati dal fatto che l’imputato non aveva disconosciuto di essere stato alla guida. E’ dunque evidente che il ragioname
probatorio non è articolato attraverso il riferimento ad una prova diretta, il cui contenuto potrebbe essere stato travisato, ma attraverso la prova logica indiziaria, che il motivo non scalfisce. Infatti, i due indizi sono precisi e gravi, conducono ad esito concordante e rispondono alla massima di esperienza secondo cui il conducente di un mezzo privato è colui il quale ha una relazione di possesso o di proprietà del medesimo. Le considerazioni del ricorrente non intaccano il ragionamento e si risolvono in mere congetture.
Il secondo motivo è pure inammissibile, posto che inerisce al trattamento punitivo benché sorretto da sufficiente e non illogica motivazione e da adeguato esame delle deduzioni difensive; la Corte territoriale ha infatti confermato il giudizio sulla pena consolidato nel dispositivo, considerando adeguata la pena ivi determinata mediante il giudizio di equivalenza tra le circostanze attenuanti generiche e la circostanza aggravante possibile oggetto di bilanciamento. Con ciò implicitamente ma inequivocabilmente rigettattivil relativo motivo d’impugnazione (Sez. 5, n. 33114 del 08/10/2020, COGNOME Rv. 279838 – 02).
Pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna COGNOME ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 21 novembre 2024 La Consigliera est. GLYPH