Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31641 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31641 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 14/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il 03/04/1989
avverso la sentenza del 27/03/2025 della CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
I
Motivi della decisione
Visti gli atti e la sentenza impugnata;
esaminato il ricorso proposto a mezzo del difensore da NOME COGNOME ritenuto responsabile, nelle conformi sentenze di merito, del reato di cui agli artt. 186, comma 2, lett. b) e 2-sexies cod. strada, fatto commesso il 29 settembre 2018.
Rilevato che il ricorrente ha articolato i seguenti motivi di doglianza: 1. Inesistenza della prova attestante lo stato di ebbrezza per inaffidabilità dell’etilometro; 2. Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla mancata declaratoria di estinzione del reato per intervenuta prescrizione; 3. Inosservanza ed erronea applicazione della legge penale con riferimento al mancato riconoscimento della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen.; 4. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
Considerato che la sentenza impugnata è sorretta da conferente apparato argomentativo sotto ogni profilo dedotto dalla difesa.
Considerato, quanto al primo motivo di doglianza, che la Corte territoriale ha operato una corretta applicazione del principio, più volte ribadito da questa Corte di legittimità, secondo cui in tema di guida in stato di ebbrezza, l’esito positivo dell’alcoltest costituisce prova dello stato di ebbrezza con la conseguenza che è onere della difesa dell’imputato suffragare con idonee allegazioni la prospettata invalidità dell’accertamento, dimostrando la sussistenza di vizi ed errori di strumentazione ovvero di vizi correlati all’omologazione dell’apparecchio, o l’assenza o l’inattualità dei controlli prescritti dalla legge (cfr. ex multis Sez. 4, 46146 del 13/10/2021, COGNOME, Rv. 28255; conf. Sez. 4, n. 46841 del 17/12/2021, COGNOME, Rv. 282659; Sez. 4, n. 11679 del 15/12/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 280958).
Considerato, quanto al secondo motivo di ricorso, che la prospettazione, del tutto generica nella sua formulazione, trova evidente smentita alla luce dell’applicazione dei periodi di sospensione previsti dalla c.d. legge Orlando.
Il reato, infatti, è stato commesso il 29/9/2018, dopo l’entrata in vigore della legge 23 giugno 2017, n. 103, applicabile ai fatti commessi a decorrere dal 3 agosto 2017 e fino al 31 dicembre 2019. Assume decisivo rilievo che le Sezioni Unite di questa Corte, con sentenza del 5 giugno 2025 (ud. 12 dicembre 2024), n. 20989, precedute da informazione provvisoria, hanno stabilito che la sospensione del corso della prescrizione prevista dall’art. 159, commi 2, 3 e 4, cod. pen., nel testo introdotto dalla legge n. 103 del 2017, continua ad essere applicabile, dopo l’introduzione dell’art. 2, comma 1, lett. a), della legge n. 134 del 27 novembre 2021, ai reati commessi tra il 3 agosto 2017 e il 31 dicembre 2019. Tale legge, come è noto, aveva modificato la previgente norma dell’art. 159, comma 2, cod. proc. pen, nonché introdotto la sospensione del corso della prescrizione: a) dal termine previsto dall’art. 544 cod. proc. pen. per il deposito della sentenza di condanna di primo grado, sino alla pronuncia del dispositivo della sentenza che definisce il grado successivo per un tempo, comunque, non superiore a un anno e sei mesi; b) dal termine previsto dall’art. 544 cod. proc. pen. per il deposito della motivazione della sentenza di condanna di secondo grado, sino alla pronuncia del dispositivo della sentenza definitiva, per un tempo comunque non superiore a un anno e sei mesi. Ne consegue, dunque, che, nel caso di specie, alla data di emissione della impugnata sentenza di appello (27 marzo 2025), non fosse ancora decorso il termine di prescrizione, dovendo computarsi, fra il primo ed il secondo grado, il periodo di sospensione previsto dalla disposizione sopra richiamata.
Considerato, quanto al terzo motivo di ricorso, che la causa di non punibilità di cui all’art 131-bis cod. pen. è stata validamente esclusa in sentenza alla luce del rilevato disvalore oggettivo della condotta accertata, elemento apprezzato con argomentare immune da incongruenze logiche e coerente con le risultanze
istruttorie, tale da portare la decisione adottata in parte qua al riparo da censure prospettabili in sede di legittimità.
Considerato, quanto alle doglianze in punto di trattamento sanzionatorio, che i profili riguardanti la determinazione della pena in concreto irrogata e la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche sono sostenuti da conferente motivazione, avendo la Corte di merito posto in evidenza la negativa personalità dell’imputato, il quale annovera altri precedenti penali, e la gravità del fatto.
Considerato che, ai fini della concessione del beneficio invocato, non è richiesto al giudice di merito la considerazione di tutti gli elementi all’uopo valutabili contenuti nell’art. 133 cod. pen., dovendo ritenersi sufficiente il richiamo soltanto ad uno di essi, ritenuto prevalente rispetto agli altri elementi (cfr. Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, Rv. 279549 – 02:”Al fine di ritenere o escludere le circostanze attenuanti generiche il giudice può limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall’art. 133 cod. pen., quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio, sicché anche un solo elemento attinente alla personalità del colpevole o all’entità del reato ed alle modalità di esecuzione di esso può risultare all’uopo sufficiente”).
Considerato che, nel giudizio di cassazione, è inammissibile la censura che miri ad una nuova valutazione della congruità della pena, la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di un ragionamento illogico (Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013 – 04/02/2014, COGNOME, Rv. 259142).
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 14 luglio 2025
Il Consigliere estensore
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