Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 623 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 623 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 19/10/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a GUARDIAGRELE il 02/02/1.978
avverso la sentenza del 23/01/2023 della CORTE APPELLO di L’AQU:iLA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso nel senso del
rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
La Corte d’appello di L’Aquila, con il provvedimento indicato in epigrafe, ha confermato la responsabilità di NOME COGNOME per il reato di cui all’art. 186, commi 2, lett. b), 2 -bis e 2 -sexies, d.lgs. n. 30 aprile 1992, n. 285 (di seguito: «cod. strada»).
Avverso la sentenza d’appello l’imputato, tramite il difensore, ha proposto ricorso per cassazione, articolando sei motivi, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione (ex art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.).
2.1. Con i primi tre motivi si deducono I difetto assoluto di motivazione (per apoditticità), ovvero vizio cumulativo di essa (anche in termini di travisamento della prova) circa la ritenuta responsabilità per la fattispecie ascritta in rubrica.
Per i giudici di merito sarebbe emersa la prova del sinistro stradale provocato (tra le ore 1:30-2:00 AM) dall’imputato, avendo egli percorso, con vettura appartenente alla famiglia del trasportato (NOME COGNOME), un tratto di strada nel senso inverso di marcia con conseguente impatto con una vettura il cui conducente, NOME COGNOME, sarebbe stato trasportato in ospedale. Dopo l’incidente NOME COGNOME sarebbe rimasto in loco, in attesa del sopraggiungere dei propri genitori (previ contatti telefonici con essi) mentre l’imputato si sarebbe recato presso l’abitazione della sua amica NOME COGNOME per farvi ritorno, tra le 4:00 e le 5:00 AM, previa sollecitazione delle forze dell’ordine (attuata mediante l’utenza cellulare di NOME COGNOME). Ivi giunto, NOME COGNOME sarebbe risultato positivo agli accertamenti alcolimetrici, essendo emerso un tasso pari a 1,19 g/I.
Di qui, quindi, in ragione dei meri esiti del detto accertamento, eseguito a distanza di ore dal sinistro, sarebbe conseguita la conferma della sentenza di condanna dell’imputato per la fattispecie asc:rittagli con una motivazione, a detta del ricorrente, omessa o perlomeno contraddittoria, manifestamente illogica nonché travisante i mezzi di prova.
La Corte territoriale, in particolare, non si sarebbe confrontata con quanto dichiarato da NOME COGNOME circa l’assenza di assurzione di bevande alcoliche da parte dell’imputato prima di mettersi alla guida (dovendo egli svolgere attività sportiva il giorno seguente) e in ordine alle ragioni della percorrenza contromano del tratto di strada (dal testimone individuate nella presenza di foschia), oltre che con la deposlione di NOME COGNOME. Quest’ultima avrebbe confermato che, effettivamente, l’imputato si sarebbe recato presso la sua abitazione al fine di ricaricare il cellulare e chiarito che, ivi giunto, NOME
COGNOME, agitato in ragione del sinistro, avrebbe consumato una bevanda alcolica per poi, insieme a lei, recarsi sul luogo dell’incidente perché contattato dalle forze dell’ordine. Travisati, per totale omessa considerazione, i suddetti mezzi di prova, il giudice di merito, in termini manifestamente illogici oltre che contraddittori, avrebbe ritenuto l’imputato in stato di ebbrezza al momento della guida della vettura nonostante l’accertamento del tasso alcolico fosse stato eseguito a distanza di oltre due ore dal sinistro (in particolare alle 5:23 AM) e in assenza di qualsivoglia elemento sintomatico dell’ebbrezza, in quanto non riferito da nessuno dei testimoni, compreso NOME COGNOME che pure aveva discusso con NOME COGNOME immediatamente dopo l’incidente. In definitiva, la Corte territoriale, più che evidenziare e valutare elementi tali da provare, in ipotesi mediante un ragionamento logico-inferenziale, il fatto ignoto (l’ebbrezza al momento della guida), avrebbe finito, peraltro travisando mezzi di prova, con il ritenere accertata, la guida in stato di ebbrezza solo ritenendo «non attendibile» la tesi difensiva per cui l’imputato si sarebbe allontanato per ricaricare il proprio cellulare, vista la disponibilità di un telefono da parte di NOME COGNOME che era rimasto sui luoghi dell’incidente in attesa dei propri genitori. L’inattendibilità della tesi difensiva, peraltro, sarebbe stata solo prospettata e non il frutto di valutazioni d’inattendibilità delle deposizioni rese da NOME COGNOME, circa la mancata assunzione di sostanze alcooliche da parte dell’imputato, e da NOME COGNOME in merito all’assunzione, presso la di lei abitazione e dopo il sinistro, di bevande alcooliche da parte di NOME COGNOME ivi giunto agitato per quanto accaduto anche al fine di ricaricare il proprio cellulare.
2.2. Con i motivi quarto e quinto si deducono il difetto assoluto di motivazione (trattandosi di «motivazione di mera facciata») oltre vizio cumulativo di motivazione in merito alla congruità della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida per un anno (come già determinata in primo grado).
2.3. Con il sesto motivo si deduce la violazione di legge per non aver dichiarato estinto il reato per prescrizione.
La Procura generale ha concluso per iscritto nei termini di cui in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Le prime tre doglianze sono fondate nei termini di seguito esplicitati, con assorbimento dei motivi quarto e quinto, e c:onseguente annullamento con rinvio della sentenza impugnata, non essendosi allo stato il reato estinto per prescrizione, diversamente da quanto prospettato con il sesto motivo di ricorso.
In primo luogo, coglie nel segno la censura con la quale si deduce il travisamento, per mancata considerazione di una parte decisiva del relativo significante, delle deposizioni di NOME COGNOME circa la non assunzione di bevande alcoliche da parte dell’imputato prima di essersi messo alla guida (in ragione dell’attività sportiva programmata per il giorno seguente) e di NOME COGNOME Quanto a tale secondo mezzo di prova il travisamento ricade sulle dichiarazioni rese dalla testimone circa l’essersi NOME COGNOME recato presso la di lei abitazione, dopo il sinistro, al fine di ricaricare il cellulare, e di aver consumato una bevanda alcolica in quanto agitato per l’accaduto (per poi insieme, sollecitati dalle forze dell’ordine, recarsi sul luoghi). Trattasi, particolare, di travisamento decisivo nell’economia dell’apparato motivazionale sotteso alla decisione in relazione all’accertamento della previa assunzione di bevande alcoliche, dalla quale sarebbe derivata l’ebbrezza integrante il fatto materiale tipico del reato ascritto in rubrica. Ne è conseguita la conferma dell’accertamento della previa assunzione di bevande alcoliche da parte dell’imputato sostanzialmente in ragione non delle emergenze processuali bensì della ritenuta mera non attendibilità della .i:esi difensiva prospettata, invece, in sede d’appello, proprio sulla base di elementi fattuali indicati come emergenti dalle evidenziate dichiarazioni testimoniali con le quali il decidente non si è confrontato al fine di valutarle, in ipotesi, non attendibili ovvero attendibili ma non conducenti.
In secondo luogo, il giudice d’appello, con l’apparato argomentativo sintetizzato nella parte espositiva delle doglianze in esame (si veda il precedente paragrafo 2.1. del «ritenuto in fatto»), accertata la previa assunzione di bevande alcoliche con l’evidenziato del travisamento dei mezzi di prova, ha ritenuto sussistente lo stato di ebbrezza dell’imputato, al momento dell’incidente, in considerazione dell’astratta inattendibilità della tesi difensiva nonché dei meri dati oggettivi del verificato sinistro e dagli esiti dell’accertamento alcolimetrico, eseguito però con apprezzabile soluzione di continuità tra sin stro e reperimento dell’imputato sui luoghi, senza valorizzare elementi sintomatici di un’alterazione psico-fisica del conducente da assunzione di sostanze alcoliche (in merito al rilievo dell’eventuale soluzione di continuità tra accertamento e reperimento del soggetto sui luoghi del sinistro si veda Sez. 5, n. 35594 del 16/06/2015, COGNOME, Rv, 264665).
È invece infondato il sesto motivo di ricorso, con il quale si deduce la mancata declaratoria di estinzione del reato per prescrizione, tuttora non
realizzatasi in ragione delle sospensioni previste per legge e operanti in ragione della data del commesso reato (il 17 dicembre 2017).
3.1. Per il ricorrente, in sintesi, avrebbe errato la Corte territoriale ne ritenere non decorso (in data 17 dicembre 2022) il termine di prescrizione del reato (commesso il 17 dicembre 2017) in ragione dell’operatività dell’art. 159, comma secondo, cod. pen., così come modificato dall’art. 1, I. 23 giugno 2017, n. 103.
3.2. La critica si fonda sostanzialmente sull’intervenuta sostituzione della detta norma, a decorrere dal 10 gennaio 2020, dall’art. 1, comma 1, lett. e, n. 1, I. 9 gennaio 2019, n. 3, e sulla successiva abrogazione ex art. 2, comma 1, I. 27 settembre 2021, n. 134, cui conseguirebbe, per il ricorrente, una sorta di ultrattività della disciplina previgente relativa alla sospensione del decorso del termine di prescrizione nonostante l’intervento di norme che l’anno modificata nei termini che seguono, come recentemente chiarito da SEI. 4, n. 39170 del 28/06/2023, COGNOME in motivazione.
3.3. Il reato per cui si procede è stato commesso il 17 dicembre 2017 e, dunque, dopo l’entrata in vigore della I. n. 103 del 2017, applicabile ai fatti commessi a decorrere dal 3 agosto 2017 (cd. «legge Orlando»).
Tale legge aveva modificato il previgente art. 159, comma secondo, cod. pen, e introdotto la sospensione del corso della prescrizione: a) dal termine previsto dall’art. 544 cod. proc. pen. per il deposito della sentenza di condanna di primo grado, sino alla pronuncia del dispositivo della sentenza che definisce il grado successivo e, comunque, per un tempo non superiore a un anno e sei mesi; b) dal termine previsto dall’art. 544 cod. proc. pen. per il deposito della motivazione della sentenza di condanna di secondo grado, sino alla pronuncia del dispositivo della sentenza definitiva, per un tempo comunque non superiore a un anno e sei mesi.
L’art. 159, comma secondo, cod. pen., così come introdotto dalla legge su indicata, era stato riformulato dall’art. 1, comma 1, lett. e) n. 1 della legge 9 gennaio 2019 n. 3 (c.d. «legge Bonafede»), che aveva introdotto, a decorrere dal 1 gennaio 2020, la previsione per cui il corso della prescrizione rimane sospeso dalla pronunzia della sentenza di primo grado, o dal decreto di condanna, fino alla data di esecutività della sentenza che definisce il giudizio o della irrevocabilità del decreto di condanna.
Il citato art. 159, comma secondo, cod. pen., infine, è stato definitivamente abrogato dall’art. 2, comma 1, lett. a) della legge 27 settembre 2021 n. 134, che ha contestualmente introdotto l’art. 161-bis cod. pen., a norma del quale il corso della prescrizione cessa definitivamente con la pronuncia della sentenza di primo grado. La stessa legge ha introdotto, solo per i reati commessi a far data dal 10
gennaio 2020 (ai sensi dell’art.2 comma 3), all’art. 344-bis cod. proc. pen., l’improcedibilità dell’azione penale in caso cii mancata definizione del giudizio di appello e di cassazione entro il termine, rispettivamente, di due anni e di un anno, decorrenti dal novantesimo giorno successivo alla scadenza del termine previsto dall’art. 544 cod. proc. pen., eventualmente prorogato ai sensi dell’art. 154 disp. att. cod. proc. pen., termini prorogabili con ordinanza nei casi previsti dall’art. 344-bis, comma 4, cod. proc. pen.
Con riferimento alla diversa disciplina della prescrizione dettata dalla c.d. legge Orlando e dalla cd. legge COGNOME, ha precisato la citata Sez. 4, n. 39170 del 2023, COGNOME, non si è verificato il fenomeno della successione delle leggi penali nel tempo, regolamentato dall’art. 2 cod. pen., posto che le leggi che si sono succedute contengono la previsione della loro applicabilità ai reati commessi a decorrere da una certa dal:a. Con riferimento all’applicabilità dell’istituto dell’improcedibilità (peraltro, di carattere processuale), è stat ritenuta manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 344-bis cod. proc. pen., introdotto dall’art. 2, comma 2, della legge 27 settembre 2021, n. 134, per contrasto con cili artt. 3, 25 e 111 Cost., nella parte in cui limita ai procedimenti relativi a reati commessi a far data dal primo gennaio 2020 l’improcedibilità delle impugnazioni per superamento del termine di durata massima del giudizio di legittimità. Si è in tal senso ritenuto, difatti, che la limitazione cronologica dell’applicazione di tale causa di improcedibilità, cui consegue la non punibilità delle condotte, sia frutto di una scelta discrezionale del legislatore, giustificata dalla diversità delle situazioni, coerente con la riforma introdotta dalla legge 9 gennaio 2019, n. 3, in materia di sospensione del termine di prescrizione nei giudizi di impugnazione, egualmente applicabile ai soli reati commessi a decorrere della suddetta data, essendo ragionevole la graduale introduzione dell’istituto per consentire un’adeguata organizzazione degli uffici giudiziari (Sez. 3, n. 1567 del 14/12/2021, dep. 2022, lana, Rv. 282408, richiamata da Sez. 4, n. 39170 del 2023, COGNOME, cit.). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Un fenomeno di successioni di leggi penali nel tempo si è, invece, verificato con riferimento all’abrogazione a opera della c.d. «riforma Cartabia» (art.2 comma 1 lett. a, d.lga. n. 150 del 2022) dell’art. 159, comma secondo, cod. pen., così come introdotto dalla c.d. legge Orlando, e alla speculare introduzione dell’art. 161-bis cod. pen. che fa cessare il corso della prescrizione definitivamente con la pronuncia della sentenza di primo grado. Più favorevole deve ritenersi la disciplina della legge Orlando che, comunque, prevedeva, anche dopo la pronuncia della sentenza di primo grado e di grado di appello, il decorrere del termine di prescrizione, sia pure con periodi di sospensione.
3.4. Ne consegue la coesistenza di diversi regimi di prescrizione, applicabili in ragione della data del commesso reato e in particolare, come chiarito dalla citata Sez. 4, n. 39170 del 2023, COGNOME:
-per i reati commessi fino al 2 agosto 2017, si applica la disciplina della prescrizione dettata dagli artt. 157 e ss. cod. pen., così come riformulati dalla legge 5 dicembre 2005 n. 251 (c.d. legge e>: COGNOME);
per i reati commessi a far data dal 1 agosto 2017 e fino al 31 dicembre 2020, si applica la disciplina della prescrizione come prevista dalla legge 23 giugno 2017 n. 103 (c.d. legge Orlando), con i periodi di spspensione previsti dall’art. 159, comma secondo, cod. pen. nel testo introdotto da detta legge;
per i reati commessi a far data dal 10 gennaio 2020, si applica in primo grado la disciplina della prescrizione come dettata dagli artt. 157 e ss. cod. proc. pen, senza conteggiare la sospensione della prescrizione di cui all’art. 159, comma 2, cod. pen., essendo stata tale norma abrogata dall’art. 2, comma 1, lett. a) della legge 27 settembre 2021 n. 134 e sostituita cori l’art. 161-bis cod. pen. GLYPH (c.d Riforma Cartabia), e GLYPH nei gradi successivi la disciplina della improcedibilità, introdotta appunto da tale legge.
3.5. Orbene, il reato di cui in rubrica non è prescritto.
Trattandosi di fattispecie commessa il 17 dicembre 2017, quindi nel periodo ricompreso tra il 3 agosto 2017 e il 31 dicembre 2020, difatti, come correttamente ritenuto dal giudice d’appello, si applica la disciplina della prescrizione prevista dalla legge n. 103 del 2017 (c.d. legge Orlando), con i periodi di sospensione previsti dall’art. 159, comma secondo, cod. pen., nel testo introdotto da detta legge, in concreto computabili per il tempo massimo di un anno e sei mesi.
In conclusione, la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte d’appello di Perugia.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte d’appello di Perugia.
Così deciso il 19 ottobre 2023
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