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Guida in stato di ebbrezza: basta un solo test?

Un automobilista, condannato per guida in stato di ebbrezza e sotto l’effetto di stupefacenti, ha presentato ricorso in Cassazione sostenendo l’insufficienza di una sola prova alcolimetrica. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando un principio chiave: una singola misurazione con etilometro è prova sufficiente per la condanna, a condizione che sia supportata da altri elementi sintomatici, come difficoltà di linguaggio o andatura incerta, osservati dagli agenti.

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Pubblicato il 21 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Guida in stato di ebbrezza: una sola misurazione è sufficiente?

La questione della prova nel reato di guida in stato di ebbrezza è un tema di costante dibattito nelle aule di giustizia. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: una sola misurazione alcolimetrica può essere sufficiente per una condanna, ma solo a determinate condizioni. Analizziamo questa importante decisione per capire quali sono i limiti e le garanzie per gli automobilisti.

I Fatti del Caso

Un conducente veniva condannato in primo grado e in appello per i reati previsti dagli articoli 186 (guida in stato di ebbrezza) e 187 (guida sotto l’effetto di sostanze stupefacenti) del Codice della Strada. La condanna prevedeva una pena di dieci mesi di arresto e 3000 Euro di ammenda, con sospensione condizionale. L’imputato, non soddisfatto della decisione della Corte d’Appello, decideva di presentare ricorso alla Corte di Cassazione, affidandosi a due specifici motivi di contestazione.

I Motivi del Ricorso

La difesa dell’imputato si basava su due argomentazioni principali:

1. Per il reato di guida in stato di ebbrezza: Si sosteneva che una singola prova alcolimetrica, anche se corroborata da generici indici sintomatici dello stato di ebbrezza, non fosse sufficiente a fondare una sentenza di condanna. Secondo la difesa, la procedura richiede una maggiore certezza probatoria.
2. Per il reato di guida sotto l’effetto di stupefacenti: La difesa contestava la condanna basata sulla sola positività dell’esame ematico ai cannabinoidi, in assenza di un approfondimento specifico sullo stato di alterazione psico-fisica al momento della guida. Inoltre, si lamentava la mancata notifica degli avvisi di legge riguardanti la facoltà di farsi assistere da un difensore prima di procedere ai prelievi ematici.

La Decisione della Cassazione sulla guida in stato di ebbrezza

La Corte di Cassazione ha dichiarato entrambi i motivi di ricorso manifestamente infondati, e di conseguenza, il ricorso inammissibile. Per quanto riguarda la guida in stato di ebbrezza, la Corte ha riaffermato un suo consolidato orientamento. Il principio è chiaro: ai fini della prova, è sufficiente anche una sola misurazione alcolimetrica che indichi un valore rientrante nelle fasce penalmente rilevanti, a patto che questa sia supportata da elementi sintomatici desumibili dagli atti. Nel caso di specie, l’attestazione degli agenti operanti, secondo cui l’imputato ‘si esprimeva a fatica’, è stata considerata un elemento di riscontro sufficiente a corroborare il dato strumentale.

La questione della Guida sotto Sostanze Stupefacenti

Anche il secondo motivo è stato respinto. La Corte ha sottolineato che, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, la sentenza impugnata menzionava chiaramente lo stato di alterazione dell’imputato, come riferito anche da un testimone presente prima dell’arrivo delle forze dell’ordine. Per quanto riguarda la presunta violazione delle garanzie difensive, è emerso dagli atti che l’imputato era stato regolarmente informato della possibilità di farsi assistere da un difensore di fiducia, ma aveva espressamente rinunciato a tale facoltà.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Suprema Corte si fondano sulla coerenza tra il dato scientifico (il test) e l’osservazione fattuale (i sintomi). Per la guida in stato di ebbrezza, non è necessaria una doppia misurazione conforme se il risultato della singola prova è logicamente collegato a comportamenti che denotano una condizione di alterazione. La Corte cita una propria precedente sentenza (n. 4633/2020) per rafforzare questo principio, stabilendo che la prova del reato non dipende rigidamente dal numero di misurazioni, ma dalla solidità complessiva del quadro probatorio. Per la guida sotto effetto di droghe, la Corte evidenzia che la prova dello stato di alterazione non deve necessariamente provenire da esami clinici complessi, ma può essere dedotta anche da testimonianze e dal comportamento dell’imputato. La rinuncia esplicita all’assistenza legale, inoltre, sana qualsiasi potenziale vizio procedurale relativo alla mancata presenza del difensore.

Le Conclusioni

Questa ordinanza conferma che la valutazione del giudice si basa su un complesso di elementi. Per gli automobilisti, ciò significa che non è possibile contestare una condanna per guida in stato di ebbrezza basandosi unicamente sul fatto che sia stato eseguito un solo test con l’etilometro, se sono presenti altri fattori che confermano l’alterazione. La decisione ribadisce l’importanza delle garanzie difensive, ma chiarisce anche che la rinuncia volontaria a tali garanzie rende gli accertamenti pienamente validi. Il ricorso, giudicato inammissibile, ha comportato per il ricorrente la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di tremila euro.

È sufficiente una sola prova alcolimetrica per una condanna per guida in stato di ebbrezza?
Sì, secondo la Corte di Cassazione, una sola misurazione alcolimetrica che produce un risultato penalmente rilevante è sufficiente per la condanna, a condizione che sia corroborata da elementi sintomatici (come difficoltà nel parlare, andatura incerta, ecc.) che confermino lo stato di ebbrezza.

Per la condanna per guida sotto l’effetto di stupefacenti, è necessaria la prova di uno stato di alterazione oltre alla positività ai test?
Sì, la condanna richiede non solo la positività a un esame, ma anche la prova di uno stato di alterazione psico-fisica. Tuttavia, tale stato può essere dimostrato non solo da esami medici, ma anche da testimonianze e dal comportamento del conducente al momento del fatto.

La mancata assistenza di un difensore durante i prelievi ematici rende nullo l’accertamento?
No, se l’imputato è stato correttamente informato del suo diritto a farsi assistere da un difensore di fiducia e ha espressamente rinunciato a tale facoltà, l’accertamento (come il prelievo ematico) è pienamente valido.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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