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Guida in stato di alterazione: non basta il test positivo

Un conducente, risultato positivo alla cannabis dopo un incidente stradale, era stato condannato per guida in stato di alterazione. La Corte di Cassazione ha annullato la condanna, stabilendo che la sola positività al test tossicologico non è sufficiente. È indispensabile dimostrare, con una motivazione specifica, che il soggetto si trovasse effettivamente in uno stato di alterazione psico-fisica al momento della guida, elemento che i giudici di merito avevano omesso di accertare.

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Pubblicato il 2 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Guida in stato di alterazione: Non Basta il Test Positivo, Serve la Prova dell’Alterazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 7199 del 2024, torna su un tema cruciale in materia di circolazione stradale: la guida in stato di alterazione da sostanze stupefacenti. La pronuncia ribadisce un principio fondamentale: per una condanna non è sufficiente la semplice positività al test tossicologico, ma è necessario che il giudice accerti e motivi in modo specifico l’effettivo stato di alterazione psico-fisica del conducente al momento del fatto. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un automobilista coinvolto in un incidente stradale notturno. L’uomo, alla guida della sua autovettura, era uscito di strada finendo contro l’ala di un ponte. Soccorso e trasportato al Pronto Soccorso, acconsentiva al prelievo di campioni ematici, dai quali emergeva la sua positività alla cannabis. L’imputato aveva dichiarato di essersi addormentato alla guida.

Sia in primo grado che in appello, i giudici lo avevano ritenuto responsabile del reato di cui all’art. 187 del Codice della Strada, condannandolo a una pena detentiva e pecuniaria, con sospensione condizionale. La condanna si basava essenzialmente sulla positività degli esami e sul fatto che avesse provocato un incidente.

Il Ricorso in Cassazione e la Prova della Guida in Stato di Alterazione

La difesa ha proposto ricorso in Cassazione, lamentando un errore fondamentale nell’applicazione della legge. Secondo il ricorrente, le sentenze di merito non avevano adeguatamente affrontato il tema centrale: la prova dello stato di alterazione psico-fisica. I giudici si erano limitati a constatare l’assunzione della sostanza, senza però dimostrare che questa avesse concretamente alterato le capacità del conducente al momento della guida.

In sostanza, la difesa ha sostenuto che la mera positività al test non equivale automaticamente a una condanna per guida in stato di alterazione, in quanto la norma non punisce chi guida dopo aver assunto stupefacenti, ma chi guida mentre si trova in uno stato di alterazione causato da tale assunzione.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, ritenendolo fondato. Gli Ermellini hanno riaffermato un principio consolidato: ai fini della configurabilità del reato previsto dall’art. 187 C.d.S., non basta provare che l’agente si sia messo alla guida dopo aver assunto droghe. È necessario dimostrare che, per effetto di tale assunzione, egli guidasse in uno stato di alterazione psico-fisica.

Questo accertamento richiede una duplice verifica:
1. L’assunzione pregressa: da dimostrare tramite esami tecnici (come quelli del sangue o delle urine).
2. L’alterazione in atto durante la guida: da provare attraverso elementi sintomatici e contestuali.

La Corte ha censurato la sentenza impugnata proprio perché ha completamente omesso di motivare su questo secondo e cruciale punto. I giudici di merito si erano limitati a menzionare la positività alla cannabis e l’incidente, senza esplicitare il percorso logico-giuridico che collegava questi fatti alla conclusione che l’imputato fosse effettivamente alterato durante la guida.

La presenza di cannabinoidi nel sangue, il coinvolgimento in un sinistro e la condizione di conducente sono certamente circostanze rilevanti, ma da sole non bastano a fondare una condanna se non viene spiegato come e perché questi elementi dimostrino, oltre ogni ragionevole dubbio, l’esistenza di un’alterazione psico-fisica al momento del fatto.

Le Conclusioni

La sentenza è stata annullata con rinvio a un’altra sezione della Corte d’Appello di Bologna per un nuovo giudizio. Questa decisione rafforza una garanzia fondamentale per l’imputato. Non può esistere un automatismo tra positività al test e condanna. Spetta all’accusa, e di conseguenza al giudice, il compito di raccogliere e valutare tutti gli elementi sintomatici (comportamento, stato del soggetto, testimonianze degli agenti intervenuti, ecc.) che, uniti al dato scientifico, possano provare in modo rigoroso l’effettiva guida in stato di alterazione.

Per gli automobilisti, ciò significa che la sola traccia di una sostanza, magari assunta giorni prima e non più attiva a livello di effetti psicotropi, non può di per sé giustificare una sanzione penale così grave. Per la giustizia, è un richiamo alla necessità di una motivazione completa e rigorosa, che non si accontenti di facili presunzioni ma fondi la condanna su prove concrete e logicamente collegate.

Per essere condannati per guida sotto l’effetto di stupefacenti è sufficiente risultare positivi al test?
No. La sentenza chiarisce che la sola positività ai test tossicologici non è sufficiente. È necessario che l’accusa provi anche che il conducente si trovasse in un effettivo “stato di alterazione psicofisica” causato da tale assunzione al momento della guida.

Cosa deve dimostrare il giudice per provare lo stato di alterazione?
Il giudice deve motivare la sua decisione basandosi non solo sugli esami biologici, ma anche su dati sintomatici rilevati al momento del fatto (come ad esempio il comportamento del conducente, il suo stato apparente, le modalità dell’incidente) e sul contesto generale, spiegando il percorso logico che collega l’assunzione della sostanza all’alterazione delle capacità di guida.

Qual è stata la conseguenza della mancanza di motivazione sulla prova dell’alterazione in questo caso?
La Corte di Cassazione ha annullato la sentenza di condanna e ha rinviato il processo alla Corte d’Appello per un nuovo giudizio. Il nuovo giudice dovrà valutare se, oltre alla positività al test, esistano prove sufficienti a dimostrare l’effettivo stato di alterazione del conducente al momento dei fatti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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