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Guida in stato di alterazione: il test del sangue basta?

Una donna condannata per guida in stato di alterazione dopo aver investito un pedone ricorre in Cassazione, sostenendo che il solo esame del sangue non provi l’alterazione. La Corte dichiara il ricorso inammissibile, confermando che la presenza di droga nel sangue, a differenza delle urine, è prova sufficiente dello stato di alterazione, specialmente se corroborata dalle modalità dell’incidente.

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Pubblicato il 19 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Guida in stato di alterazione: il test del sangue è una prova sufficiente?

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito principi fondamentali in materia di guida in stato di alterazione psicofisica dovuta all’assunzione di sostanze stupefacenti. La pronuncia chiarisce il valore probatorio del prelievo ematico e la sua sufficienza, in determinate circostanze, a fondare una sentenza di condanna per il reato previsto dall’art. 187 del Codice della Strada. Questo caso offre spunti cruciali sulla differenza tra esami del sangue e delle urine e su come le dinamiche di un sinistro stradale possano corroborare l’ipotesi accusatoria.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da un incidente stradale in cui una conducente investiva un pedone che stava attraversando sulle strisce pedonali. L’impatto avveniva in pieno giorno, su una strada ampia e con ottima visibilità. Dalle indagini emergeva che il pedone era già a metà dell’attraversamento e quindi perfettamente visibile, e che la conducente non aveva accennato ad alcuna frenata prima dell’impatto. Sottoposta a un prelievo ematico, la donna risultava positiva alla cocaina con una concentrazione superiore al valore soglia (cut off).
Condannata in primo grado e in appello, la ricorrente si rivolgeva alla Corte di Cassazione, contestando principalmente due punti: la violazione di legge sulla prova della condotta, sostenendo che il solo esito positivo del test ematico non fosse sufficiente a dimostrare lo stato di alterazione al momento della guida, e il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.

La Prova della guida in stato di alterazione e il valore del test ematico

Il fulcro della decisione della Cassazione ruota attorno al primo motivo del ricorso. La Corte ha dichiarato il motivo manifestamente infondato, cogliendo l’occasione per consolidare un orientamento giurisprudenziale ormai prevalente. I giudici hanno chiarito che, sebbene il reato non consista nel guidare dopo aver assunto stupefacenti, ma nel guidare in stato di alterazione causato da tale assunzione, l’esame del sangue assume un ruolo probatorio decisivo.

A differenza degli esami sulle urine, che rilevano i metaboliti della droga anche a distanza di molto tempo e non provano un effetto psicoattivo in atto, il prelievo ematico ha un’affidabilità molto maggiore. La presenza del principio attivo nel sangue indica che la sostanza è in circolazione e sta inevitabilmente raggiungendo il sistema nervoso, alterando le capacità cognitive e i riflessi del soggetto. Pertanto, un esito positivo del test ematico, con valori superiori al cut off, è considerato di per sé sufficiente a dimostrare l’attualità degli effetti e, di conseguenza, lo stato di alterazione.

Altri elementi di prova: le dinamiche dell’incidente

La Corte ha inoltre valorizzato le modalità concrete con cui si è verificato l’incidente stradale. La totale distrazione della conducente, che non si è avveduta di un pedone chiaramente visibile nel mezzo di un attraversamento pedonale, in condizioni di luce e traffico ideali, è stata ritenuta un elemento sintomatico dello stato di alterazione. Questi elementi fattuali, secondo i giudici, depongono in modo inequivocabile per una condizione psicofisica non idonea alla guida, corroborando ulteriormente le risultanze del test ematico.

Il Diniego delle Circostanze Attenuanti Generiche

Anche il secondo motivo di ricorso è stato respinto. La difesa sosteneva che il comportamento post-delictum dell’imputata (essersi fermata a prestare soccorso) dovesse valere per la concessione delle attenuanti. Tuttavia, la Cassazione ha ritenuto logica la valutazione della Corte d’Appello, secondo cui fermarsi è un dovere di legge (la cui violazione costituirebbe un ulteriore reato) e non una ragione sufficiente per uno sconto di pena. Inoltre, a sfavore della ricorrente giocavano i suoi precedenti penali, anche specifici in materia di stupefacenti, che indicavano una non occasionale propensione a delinquere.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile perché manifestamente infondato e assertivo. I motivi presentati erano una mera riproposizione di censure già esaminate e respinte nei gradi di merito, senza un reale confronto critico con la motivazione della sentenza d’appello. La decisione si allinea all’ormai consolidato orientamento secondo cui il prelievo ematico positivo, a differenza di quello urinario, è prova sufficiente dello stato di alterazione. Questo perché rileva la presenza del principio attivo nel sangue, che per sua natura è destinato ad agire sul sistema nervoso centrale, compromettendo le capacità di guida. La dinamica dell’incidente, caratterizzata da una palese disattenzione, ha fornito un ulteriore e decisivo riscontro logico alla condizione di alterazione dell’imputata. Il diniego delle attenuanti è stato giudicato corretto in virtù dei precedenti penali della ricorrente.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame rappresenta un importante promemoria sulla severità con cui l’ordinamento giuridico tratta la guida in stato di alterazione. La decisione cristallizza il principio secondo cui, ai fini della prova del reato di cui all’art. 187 Codice della Strada, un esame del sangue che attesti la presenza di sostanze stupefacenti con valori superiori ai limiti soglia è considerato una prova forte e spesso sufficiente. Questo provvedimento sottolinea inoltre che la condotta di guida, se palesemente anomala e pericolosa, costituisce un riscontro fattuale potente che rafforza le evidenze scientifiche. Infine, viene ribadito che la mera assenza di ulteriori reati (come l’omissione di soccorso) non costituisce di per sé un elemento a favore per la concessione di benefici come le attenuanti generiche, specialmente in presenza di una storia criminale pregressa.

Un esame del sangue positivo è sufficiente per essere condannati per guida in stato di alterazione?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, un esame ematico che rileva la presenza di principi attivi di sostanze stupefacenti in concentrazioni superiori ai valori soglia (cut off) è considerato prova sufficiente dello stato di alterazione psicofisica, in quanto dimostra che la sostanza è in circolazione e sta influenzando il sistema nervoso.

Perché le modalità di un incidente stradale sono importanti in questi casi?
Le modalità dell’incidente possono costituire un forte elemento di prova a sostegno dell’accusa. Una guida palesemente distratta o anomala (come investire un pedone ben visibile senza frenare) può essere considerata una manifestazione esteriore dello stato di alterazione, corroborando così le risultanze degli esami clinici.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile perché manifestamente infondato?
Se il ricorso è dichiarato inammissibile, la Corte non esamina il merito della questione. Ciò preclude la possibilità di dichiarare eventuali cause di non punibilità sopravvenute, come la prescrizione del reato. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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