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Guida in ebbrezza: quando l’avviso al difensore è valido

Un automobilista, condannato per guida in ebbrezza aggravata da un incidente, ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando vizi procedurali. La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, stabilendo che la semplice menzione nel verbale della polizia giudiziaria dell’avvenuto avviso alla persona indagata della facoltà di farsi assistere da un difensore è prova sufficiente dell’adempimento. Il ricorso, ritenuto una mera riproposizione di motivi già respinti, è stato rigettato con condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 5 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Guida in Ebbrezza: Verbale di Polizia Fa Piena Prova dell’Avviso al Difensore

L’ordinanza n. 9597/2024 della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento sulla validità delle procedure di accertamento per il reato di guida in ebbrezza. La Suprema Corte ha ribadito un principio fondamentale: la menzione nel verbale di polizia giudiziaria dell’avvenuto avviso all’indagato della facoltà di farsi assistere da un difensore è sufficiente a provare la regolarità dell’atto. Vediamo nel dettaglio il caso e le conclusioni dei giudici.

I Fatti del Caso: Dalla Condanna al Ricorso in Cassazione

Un automobilista veniva condannato in primo grado dal Tribunale di Rovigo e successivamente in appello dalla Corte di Venezia per il reato di guida in stato di ebbrezza, con l’aggravante di aver causato un incidente stradale. L’imputato decideva di ricorrere in Cassazione, basando la sua difesa su due principali motivi: la violazione del diritto di difesa per il mancato accoglimento della richiesta di rinnovare l’istruttoria e l’omessa valutazione di una richiesta di acquisizione di prove documentali. Sostanzialmente, la difesa contestava la regolarità della procedura con cui era stato effettuato l’alcoltest, in particolare riguardo all’avviso di farsi assistere da un legale.

L’Ordinanza della Cassazione: Ricorso Inammissibile

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. I giudici hanno osservato che i motivi proposti non erano altro che una riproposizione di censure già esaminate e correttamente respinte dalla Corte d’Appello, senza che venisse offerta una critica argomentata della decisione impugnata. La Corte ha quindi proceduto a confermare la logicità e la correttezza giuridica della sentenza di secondo grado.

Le Motivazioni: Il Valore Probatorio del Verbale e la guida in ebbrezza

Il cuore della decisione risiede nel valore probatorio attribuito al verbale redatto dalla polizia giudiziaria. La Cassazione ha richiamato il suo consolidato orientamento secondo cui, ai fini della prova dell’adempimento dell’obbligo di avvisare la persona sottoposta all’esame alcolimetrico della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia, è sufficiente che di tale circostanza sia fatta menzione negli atti.

Questi atti, redatti da un pubblico ufficiale, sono dotati di valore fidefaciente, ovvero fanno piena prova fino a querela di falso. Nel caso specifico, dal verbale risultava chiaramente che l’imputato era stato ritualmente avvisato di tale facoltà prima dell’alcoltest e che aveva esplicitamente dichiarato di non volersene avvalere. Di fronte a tale attestazione, secondo la Corte, non è possibile superare la prova con una semplice testimonianza contraria. L’unico strumento per contestare la veridicità di quanto attestato nel verbale sarebbe stata un’impugnazione per falso, che non era stata proposta. Inoltre, la Corte ha definito “ovvio” che l’orario di compilazione del verbale sia successivo a quello delle operazioni di accertamento in esso descritte, rigettando anche questa linea difensiva.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Decisione

L’ordinanza in esame rafforza un principio cruciale nella procedura penale relativa ai reati stradali, in particolare per la guida in ebbrezza. La decisione sottolinea che il verbale della polizia giudiziaria costituisce una prova robusta e difficilmente contestabile per quanto riguarda le attività compiute e le dichiarazioni ricevute dagli agenti. Per chi si trova in una situazione simile, è fondamentale comprendere che per scardinare la validità di un verbale non è sufficiente una diversa ricostruzione dei fatti, ma è necessario intraprendere un procedimento specifico, la querela di falso, per dimostrarne la non veridicità. La declaratoria di inammissibilità del ricorso ha comportato, per il ricorrente, non solo la condanna al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una cospicua somma alla Cassa delle Ammende, a conferma della serietà con cui l’ordinamento sanziona i ricorsi palesemente infondati.

È sufficiente la menzione sul verbale di polizia per provare che l’imputato è stato avvisato della facoltà di farsi assistere da un difensore prima dell’alcoltest?
Sì, secondo la Corte di Cassazione è sufficiente. Il verbale redatto dalla polizia giudiziaria ha valore fidefaciente, ovvero fa piena prova di quanto attestato dal pubblico ufficiale, e la semplice menzione dell’avvenuto avviso è considerata prova dell’adempimento.

È possibile contestare quanto scritto nel verbale delle forze dell’ordine con una semplice prova testimoniale?
No. La Corte ha specificato che le attestazioni contenute in un atto con valore fidefaciente, come il verbale di accertamento, non possono essere superate da una prova testimoniale. L’unico modo per contestarne la veridicità è attraverso una formale impugnazione per falso.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile perché ripropone le stesse argomentazioni già respinte?
Se il ricorso è dichiarato inammissibile e non si ravvisa un’assenza di colpa nel ricorrente, come nel caso di specie, quest’ultimo viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle Ammende. Questo avviene perché il ricorso è considerato un tentativo infruttuoso di mettere in discussione una decisione già motivata correttamente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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