Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 30609 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 30609 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME nato a Cinquefrondi il 30/09/1987
avverso l’ordinanza emessa il 3 dicembre 2024 dal Tribunale di Catanzaro
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso; udito il difensore, Avv. NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
RILEVATO IN FATTO
1.NOME COGNOME ricorre per cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale di Catanzaro che ha confermato la misura della custodia cautelare in carcere applicata al ricorrente per i reati di cui ai capi 2), 36), 37), 38), 41), 43), 58 61). Deduce quattro motivi di ricorso di seguito riassunti nei termini strettamente necessari per la motivazione.
1.1. Violazione di norma processuale e inutilizzabilità a fini cautelari delle conversazioni intercettate, valorizzate ai fini del giudizio di gravità indiziaria, pe effetto della intempestiva consegna di copia dei file audio richiesti dalla difesa il
14/11/2024, richiesta evasa dal Pubblico Ministero solo in data 2/12/2024, appena ventuno ore prima dell’udienza di riesame.
Sostiene il ricorrente che: i) a tale richiesta, il Pubblico Minister inizialmente rispose chiedendo copia della carta di identità e del codice fiscale del difensore, nonché un supporto capiente per riversare i dati richiesti; ii) soddisfatta tale richiesta, il Pubblico Ministero, in data 27/11/2024, richiese di specificare frame video di interesse; iii) il successivo 29/11/24 la difesa rinunciava alla copia delle videoriprese e sollecitava il rilascio di copia dei file audio in considerazione dell’imminenza dell’udienza dinanzi al Tribunale del riesame.
Il Tribunale ha rigettato l’eccezione di inutilizzabilità in considerazione della mancata specificazione, nell’istanza di rilascio delle copie, del carattere urgente dell’istanza in quanto formulata in vista dell’udienza di riesame.
Così facendo, il Tribunale ha aderito ad un indirizzo ermeneutico che non è univoco nella giurisprudenza di legittimità, contrapponendosi a questo altro indirizzo, di recente affermato da Sez. 6, n. 4021 del 2024, di cui il motivo riporta ampi brani della motivazione, che, ai fini della inutilizzabilità a fini cautelari de intercettazioni, ritiene sufficiente che dal contenuto della richiesta di accesso o dal comportamento del difensore si evinca inequivocabilmente che l’istanza è volta al soddisfacimento di esigenze correlate allo stato custodiale dell’indagato.
Si sottolinea, infine, il colpevole ritardo del Pubblico Ministero che, a fronte della prima richiesta e della successiva integrazione con i documenti e il supporto richiesti, avrebbe potuto, quanto meno, consegnare tempestivamente i file audio
1.2. Violazione di norma processuale e, in particolare dell’art. 523, comma 5, cod. proc. pen., norma che, ad avviso del ricorrente, può estendersi anche al procedimento camerale, in relazione al rigetto dell’istanza del difensore di interloquire in ordine alla produzione documentale del Pubblico Ministero e, comunque, di concludere per ultimo, con conseguente compromissione della pienezza del contraddittorio che si esplica anche «nel diritto della difesa dell’indagato o dell’imputato ad intervenire per ultimo», soprattutto ove lo richieda espressamente.
1.3. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al giudizio di gravità indiziaria concernente le fattispecie di cui agli artt. 74 e 73 d.P.R. n. 309 del 1990.
Quanto al capo 36), si eccepisce che il Tribunale ha confermato il giudizio di gravità indiziaria sulla base di due sole conversazioni del 2022 tra COGNOME e Cracolici Domenico in cui il primo, menzionando il “cugino”, raccontava di una cessione, avvenuta due anni prima, di 70-80 kg di droga. La censura investe i seguenti punti: a) l’individuazione del ricorrente quale “cugino” cui faceva riferimento COGNOME; b) il ruolo che avrebbe svolto il “cugino” nella cessione, non
specificando COGNOME di cosa avrebbe parlato; c) l’individuazione del tipo di sostanza ceduta, atteso che il supposto debito contratto da COGNOME (60.000-80.000 euro) appare incompatibile con il valore, ben superiore, di 100 kg di cocaina.
Ad avviso del ricorrente, il Tribunale ha risposto alle eccezioni difensive in termini apparenti, richiamando la motivazione «presente allo stato diffuso» nell’ordinanza genetica, senza neanche indicare le pagine in cui poteva rinvenirsi tale motivazione.
Si obietta ancora che non è, a tal fine, sufficiente il richiamo alla conversazione in cui Messina, dinanzi alla possibilità prospettagli da COGNOME di una visita alla piantagione di Corazzo di Maida da parte di NOME COGNOME, rispondeva «la baracca di mio cugino tiro io», espressione intesa illogicamente dal Tribunale con riferimento all’odierno ricorrente, atteso che, poiché i due conversanti appartenevano al supposto gruppo dei “rosarnesi”, ove avessero voluto fare riferimento al ricorrente, avrebbero utilizzato il possessivo “nostro” cugino.
Il Tribunale ha, infine, ignorato che COGNOME, come emerge dalla contestazione di cui al capo 39), agiva anche autonomamente senza doversi rapportare al ricorrente.
Quanto al capo 37), si rileva che il giudizio di gravità indiziaria si fonda su una conversazione del 19/2/2022 in cui COGNOME confidava a COGNOME che COGNOME aveva a disposizione 700 gr. di droga. Con la memoria presentata all’udienza di riesame si era eccepito che da tale conversazione non emergeva che COGNOME fosse il cedente nè il coinvolgimento del ricorrente. Tale eccezione è stata respinta dal Tribunale in considerazione del contenuto di altra conversazione del 16/2/22 in cui COGNOME, NOME e COGNOME facevano riferimento al fatto che si erano recati “da quelli di Rosarno” per saldare i debiti di COGNOME e menzionavano il fatto che uno «è arrestato», circostanza, questa, reputata individualizzante e riferibile al ricorrente che all’epoca dei fatti si trovava agli arresti domiciliari. Sostiene ricorrente che il termine impiegato nella conversazione deve intendersi riferito a un soggetto detenuto in quanto dalla lettura del brano, ove si considera che COGNOME, alla domanda «quei ragazzi i discorsi non li sanno quelli?», rispondeva «il grande è arrestato», con ciò volendosi riferire alla condizione di chi, in stato di detenzione, non poteva essere informato.
Quanto al capo 38), si rileva che il giudizio di gravità indiziaria si fonda su una conversazione del 19/2/2022 in cui COGNOME riferiva a COGNOME di avere ceduto la droga a COGNOME che, a sua volta, l’aveva rivenduta a un ragazzo di Lamezia. A fronte della censura difensiva circa la carenza di elementi indiziari a carico del ricorrente, il Tribunale si è limitato a porre l’accento sull’uso del pronome “noi” impiegato nella conversazione intercettata, riferita anche a COGNOME, omettendo di valutare che non sono stati registrati rapporti, visivi o telefonici, tra quest’ultim
e COGNOME il quale, peraltro, come confermato da talune imputazioni provvisorie (capi 39), 40), 54) e 55), agiva anche in autonomia.
Quanto ai capi 58) e 61), si rileva che: il primo episodio attiene alla cessione di marijuana da parte di COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME a NOME sulla base, secondo l’imputazione provvisoria, delle direttive di COGNOME; a fronte delle censure difensive relative alla carenza di elementi indiziari a carico del ricorrente, il Tribunale, con motivazione illogica, ha escluso la rilevanza della perquisizione negativa di NOME, fermato mentre si allontanava dalla piantagione che si assume curata dal ricorrente, e ciò sulla base di una mera congettura ovvero che la droga fosse stata già ceduta durante il tragitto; non si è considerato che la parte ceduta potesse essere quella di spettanza di Cracolici.
Inoltre, la difesa aveva anche eccepito la carenza di elementi relativi all’effettiva consegna a Serena dei 5 kg di marijuana e ciò in ragione del fatto che in occasione del sequestro della piantagione venivano rinvenuti proprio i cinque involucri contenenti la predetta sostanza; da ciò ne conseguiva che, non essendo mai stati commercializzati, tale condotta doveva ritenersi assorbita in quella di coltivazione illegale contestata al capo 41).
Sulla base di tali censure relative ai ritenuti reati-fine, il ricorrente censura anche il giudizio di gravità indiziaria relativo alla partecipazione al sodalizio finalizzato al narcotraffico di cui al capo 2), ponendo l’accento sul carattere occasionale del rapporto instauratosi tra il c.d. “gruppo dei rosarnesi” e il sodalizio di narcotrafficanti, rapporto finalizzato esclusivamente alla coltivazione di una sola delle cinque piantagioni, per tutelare la quale vi è stato anche l’esborso economico funzionale alla corruzione del Igt. COGNOME.
Ad avviso del ricorrente, gli elementi indiziari a suo carico (quali incontri, accordi, esborsi di denaro) devono essere letti alla luce di tale diversa connotazione del rapporto con il sodalizio in quanto commessi in funzione del solo buon esito dell’unica operazione economica svolta in cooperazione con i Cracolici.
Si aggiunge, ancora, che il Tribunale ha omesso di considerare che l’acquirente della sostanza con riferimento ai capi 36), 37) e 38) era solo Cappellano e non i Cracolici.
1.4. Con il quarto motivo si deducono vizi della motivazione e di di violazione di legge in relazione alla ritenuta aggravante di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen. in relazione alla finalità agevolatrice della condotta a soddisfare gli interessi della compagine mafiosa facente capo ai Cracolici. Si rileva, infatti, che il richiamo dei procedimenti in cui è stata accertata l’esistenza della cosca di ‘ndrangheta dei Cracolici è insufficiente in quanto: a) NOME COGNOME non è stato attinto dai provvedimenti che hanno interessato i cugini; b) il ricorrente proviene da una diversa area territoriale; c) non vi è alcun elemento da cui potersi
evincere che COGNOME conoscesse la caratura criminale di COGNOME e le finalità da questo perseguite, atteso che, peraltro, COGNOME non ha mai fatto ricorso al suo «potere mafioso» per la realizzazione del reato né per la corruzione del lgt. COGNOME.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è complessivamente infondato e va, pertanto, rigettato per le ragioni di seguito esposte.
Il primo motivo è infondato in quanto, in primo luogo, il ricorrente non ha specificato le ragioni di urgenza sottese all’istanza; inoltre, una volta ottenuta copia dei file richiesti, sia pure nell’imminenza dell’udienza, pur avendone la possibilità, non ha formulato alcuna istanza al Tribunale al fine di ottenere un termine per il loro esame.
Rileva, peraltro, il Collegio che la sentenza richiamata nel motivo in esame (Sez. 6, n. 4021 del 19/12/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 285905) appare eccentrica rispetto alla presente fattispecie in quanto attiene alla diversa ipotesi della omessa consegna dei file. Nel caso in esame, invece, i file sono stati consegnati sia pure nell’imminenza dell’udienza di riesame e l’elemento dirimente, correttamente valorizzato dal Tribunale, al fine di escludere il carattere ingiustificato del ritardo nell’evasione della richiesta da parte del Pubblico Ministero attiene proprio all’assenza di elementi da cui potesse evincersi la sua urgenza e, soprattutto, la sua esplicita finalizzazione alla proposizione del riesame e alla contestazione della misura cautelare applicata al ricorrente.
Così facendo, il Tribunale ha fatto buon governo della regula iuris, qui ribadita, secondo la quale, in tema di diritto della difesa all’accesso e all’acquisizione degli esiti captativi nel giudizio di riesame, il difensore ha l’oner di presentare a tal fine una richiesta tempestiva, ovvero in tempo utile per consentire al pubblico ministero di provvedere, e specifica, ossia formulata in termini tali da evidenziare le ragioni di urgenza dell’istanza stessa, con precisa indicazione dei file delle captazioni di cui chiede l’autorizzazione all’ascolto e il rilascio di copia, sicché, in mancanza di tali indicazioni, il ritardo dell’organo inquirente a provvedere non può ritenersi ingiustificato e l’eventuale mancato accesso della difesa agli atti non determina alcuna nullità del procedimento (cfr. Sez. 3, n. 37136 del 10/06/2021 COGNOME, Rv. 282370).
Il secondo motivo è inammissibile per manifesta infondatezza. Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, dalla quale il Collegio non ha ragione di discostarsi, nei procedimenti in camera di consiglio non trova applicazione l’art.
art. 523, comma 5, cod. proc. pen. secondo cui nella discussione l’imputato e il difensore devono avere, a pena di nullità, la parola per ultimi se la domandano, riferendosi tale disciplina al dibattimento (Sez. 6, n. 45182 del 19/09/2019, Greco, Rv. 277383; Sez. 6, n. 9250 del 26/01/2005, Faro, Rv. 230939).
Il terzo motivo è parzialmente fondato con riferimento al giudizio di gravità indiziaria relativa ai reati di cui ai capi 36) 37), 38), 58) e 6 dell’imputazione provvisoria, mentre è infondato nel resto.
In particolare, quanto ai capi 36) 37) e 38), il Tribunale ha confermato tale giudizio senza valutare le censure difensive e, soprattutto, valorizzando degli indizi, desunti dal contenuto delle conversazioni intercettate, dotati di una elevata carica di ambiguità quanto alla loro valenza individualizzante e, in ultima analisi, alla loro diretta riferibilità all’indagato.
Ad avviso del Collegio, infatti, le argomentazioni circa la riferibilità al ricorrente, nei termini di elevata probabilità propri del giudizio di gravità indiziaria dei termini impiegati dagli interlocutori, quali “cugino”, “noi” o “quello arrestato” sono poco persuasive; in particolare: a) appare illogico, il riferimento al ricorrente del termine “cugino”, impiegato in una conversazione relativa ad una cessione avvenuta nel 2021, sulla base del contenuto, non particolarmente chiaro, di altra conversazione intercettata un anno dopo; b) analoghe considerazioni valgono per l’interpretazione dell’espressione «uno è arrestato» con riferimento alla posizione dell’indagato; c) risulta meramente apodittica, con riferimento al capo 38), la motivazione relativa alla ascrivibilità al ricorrente della cessione che sembrerebbe attuata dal solo COGNOME.
Inoltre, il giudizio di gravità indiziaria relativo al capo 58) si fonda solo su una congettura del Tribunale, ovvero l’interesse del ricorrente correlato al finanziamento della piantagione e alla fornitura di manodopera.
Parimenti poco persuasivo e fondato su argomenti prevalentemente congetturali (quanto all’esisto negativo della perquisizione a carico del presunto acquirente NOME) è, infine, il giudizio di gravità indiziaria relativo al capo 61), rispetto al quale nessuna delle conversazioni intercettate si riferisce, direttamente o indirettamente, al ricorrente.
4.1.Sono, invece, infondate le censure relative al giudizio di gravità indiziaria relativo al reato di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990.
4.1.1. Va, innanzitutto, premesso che secondo la giurisprudenza di questa Corte, qui ribadita, la prova del vincolo permanente, nascente dall’accordo associativo, può essere data anche mediante l’accertamento di facta concludentia, quali i contatti continui tra gli spacciatori, i frequenti viaggi per i rifornimenti de droga, le basi logistiche, i beni necessari per le operazioni delittuose, le forme
organizzative utilizzate, sia di tipo gerarchico che mediante divisione dei compiti tra gli associati, la commissione di reati rientranti nel programma criminoso e le loro specifiche modalità esecutive (Sez. 3, n. 47291 del 11/06/2021, COGNOME, Rv. 282610; Sez. 5, n. 8033 del 15/11/2012, dep. 2013, COGNOME, Rv. 255207; Sez. 4, n. 25471 del 07/02/2007, COGNOME, Rv. 237002). Si è, infatti, condivisibilmente affermato, estendendosi un principio già affermato con riferimento al reato di cui all’art. 416-bis cod. pen., che, trattandosi di un reato a forma libera, detta condotta può realizzarsi in forme diverse, purché si traduca in un apprezzabile contributo alla realizzazione degli scopi dell’organismo, posto che in tal modo si verifica la lesione degli interessi salvaguardati dalla norma incriminatrice (Sez. 3, n. 35975 del 26/05/2021, COGNOME, Rv. 282139).
Inoltre, quanto alla possibile rilevanza della commissione di uno o più reati fine, quale indice sintomatico della partecipazione al sodalizio, si è ritenuto che, pur non essendo indispensabile la loro commissione, stante l’autonomia del reato associativo rispetto ai singoli reati fine (così, da ultimo, Sez. 4, n. 11470 del 09/03/2021, COGNOME, Rv. 280703 – 02), anche il coinvolgimento in un solo reatofine può integrare l’elemento oggettivo della partecipazione, nel caso in cui le connotazioni della condotta dell’agente, consapevolmente servitosi dell’organizzazione per commettere il fatto, ne rivelino, secondo massime di comune esperienza, un ruolo nelle dinamiche operative del gruppo criminale (così, da ultimo, Sez. 3, n. 36381 del 09/05/2019, Cruzado, Rv. 276701 – 06).
4.1.2. L’ordinanza impugnata, muovendosi nel solco di tali coordinate ermeneutiche, con motivazione non manifestamente illogica e saldamente ancorate alle risultanze investigative (intercettazioni e video riprese), ha desunto la partecipazione del ricorrente al sodalizio finalizzato al narcotraffico considerando la peculiare valenza, ai fini dell’attività dell’associazione e della sua espansione, del contributo prestato nella coltivazione della piantagione di marijuana, attività che veniva svolta sulla base delle direttive di NOME COGNOME (considerato il capo del sodalizio) e con l’impiego di manodopera inviata dal ricorrente e dal fratello; un’attività, dunque, svolta in modo coordinato, sotto un un’unica guida, inserita nell’ambito della più ampia progettualità del sodalizio e, soprattutto, protetta dalle eventuali iniziative delle forze dell’ordine attraverso l’attivi corruttiva del Lgt. COGNOME, alla quale ha contribuito lo stesso ricorrente. Emblematica, in tal senso, è la conversazione ambientale riportata a pagina 7 dell’ordinanza, intercorsa tra il ricorrente, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME in quanto da questa, come evidenziato dal Tribunale, emergevano i dettagli degli accordi presi tra COGNOME, NOME COGNOME (ritenuto a capo del sodalizio) ed i “rosarnesi” (guidati dal ricorrente), in merito alla divisione della marijuana prodotta nella serra di INDIRIZZO.
5. Il quarto motivo è inammissibile per carenza di interesse del ricorrente, atteso che l’eventuale esclusione delle contestata aggravante non avrebbe alcuna
ricaduta sulla legittimità della misura disposta né tantomeno sui termini di durata della stessa (cfr. Sez. 3, n 20891 del 18/6/2020, COGNOME, Rv. 279508).
Va, infatti, ribadito che in tema di procedimento cautelare, sussiste l’interesse concreto e attuale dell’indagato alla proposizione del riesame o del
ricorso per cassazione quando l’impugnazione sia volta ad ottenere l’esclusione di un’aggravante, ovvero una diversa qualificazione giuridica del fatto, nel solo caso
in cui ciò incida sull’an o sul quomodo
della misura (Sez. 2, n. 17366 del 21/12/2022, dep.2023, COGNOME, Rv. 284489).
6. Alla luce di quanto sopra esposto, va disposto l’annullamento dell’ordinanza impugnata, limitatamente ai capi 36) 37), 38), 58) e 61) delle
imputazioni provvisorie, con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Catanzaro competente ex art. 309, comma 7, cod. proc pen. Il ricorso va, invece, rigettato
nel resto.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente ai capi 36) 37), 38), 58) e 61) delle imputazioni provvisorie e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Catanzaro competente ex art. 309, comma 7, cod. proc pen. Rigetta nel resto.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 9 maggio 2025
GLYPH
Il Consigliere estensore