Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 19750 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 19750 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a LOCRI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 31/01/2024 del TRIB. LIBEIRTA’ di MILANO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; Lette le conclusioni scritte per l’udienza camerale senza discussione orale (art. 23 co. 8 d.l. 137/2020 conv. dalla I. n. 176/2020, come prorogato, in ultimo, ex art. 11, comma 7, d.l. 30 dicembre 2023, n.215, conv. dalla I. 23 febbraio 2024 n. 18) , del P.G., in persona del Sost. Proc. Gen. NOME COGNOME, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 31 gennaio 2024 il Tribunale di Milano ha rigettato la richiesta di riesame personale avverso l’ordinanza emessa in data 12 gennaio 2024 con la quale il GIP del Tribunale di Milano ha applicato la misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di COGNOME NOME, in quanto indagato di detenzione ai fini di spaccio e cessione a COGNOME NOME di un quantitativo imprecisato di sostanza stupefacente del tipo cocaina, verosimilmente pari ad almeno un chilogrammo, fatto commesso in Noviglio il 15 febbraio 2023.
L’ordinanza premette che l’attività investigativa posta a fondamento della richiesta di applicazione della misura cautelare originava dal procedimento connesso numero 23398/2018 RGNR, a carico, tra gli altri, di COGNOME NOME, soggetto sospettato di essere coinvolto in un traffico internazionale di sostanze stupefacenti gestito in forma organizzata. Dall’analisi dei tabulati dell’utenza in uso a quest’ultimo emergevano una serie di contatti di interesse investigativo in data 22 novembre 2022 con una utenza, intestata fittiziamente, a sua volta in contatto con l’utenza numero NUMERO_TELEFONO, intestata a COGNOME NOME.
Gli approfondimenti investigativi facevano emergere la disponibilità in capo a quest’ultimo anche di un telefono cellulare criptato.
Venivano disposte attività di intercettazione sia con riguardo a questa utenza, sia con riguardo all’utenza italiana intestata a COGNOME, sia intercettazioni ambientali audio e video all’interno dell’autovettura Citroen C4 risultata in uso allo stesso.
Proprio da tale attività di monitoraggio era emersa la figura di COGNOME NOME quale fornitore di sostanza stupefacente di COGNOME.
Ricorre il COGNOME, a mezzo del proprio difensore di fiducia, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173, comma 1, disp. att., cod. p7oc. pen.
Con un primo motivo si lamentano violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 273 co. 1, 275, 292 co.1 lett. c), 192 e 125 cod. proc. pen.
Si deduce l’insussistenza della gravità indiziaria, precisando che, come rilevato in sede di riesame, la ricostruzione offerta dagli operanti di p.g., non sarebbe supportata da alcun elemento di riscontro.
Si evidenzia che il COGNOME, all’epoca dei fatti, era sottoposto ad intercettazioni e che la sua autovettura, dove avveniva lo scambio, era soggetta ad intercettazioni ambientali audiovisive.
Si contesta la mancanza di indizi per ritenere che il pacco scambiato contenesse stupefacente, così come si contesta l’identificazione di COGNOME NOME come l’autore della cessione contestata al RAGIONE_SOCIALE.
Priva di certezza sarebbero anche l’individuazione della vettura utilizzata per lo scambio nella Lancia Y di proprietà della mamma del ricorrente, l’utilizzo della stessa vettura da parte del NOME, nonché l’individuazione dell’utenza telefonica criptata utilizzata dall’autore del reato che si incontrava con il COGNOME, attribu al NOME.
Sostanzialmente, si contesta l’esistenza di qualsiasi cerl:ezza al fine di ritenere la sussistenza della gravità indiziaria per l’applicazione della misura cautelare.
Il ricorrente si duole che l’ordinanza impugnata dapprima sintetizzi correttamente i fatti, confermando in tal modo l’assenza di gravità indiziaria, e poi, del tutto illogicamente, concluda per la sussistenza della gravità indiziaria in ordine al mantenimento del titolo in esecuzione.
Le conclusioni tratte nell’impugnato provvedimento, sull’avvenuto scambio, contrasterebbero con i dati oggettivi, quali la mancanza di contatti tra l’indagato e il COGNOME e la mancata verifica del contenuto del pacco consegnato.
Si contesta il ragionamento seguito dal tribunale in relazione all’individuazione della Lancia Y, della quale non era leggibile la targa.
Con la richiesta di riesame si era contestato l’accertamento compiuto dalla p.g. mediante la consultazione dei varchi dei tratti straddli in prossimità del luogo dell’incontro e il calcolo dei tempi di percorrenza.
La difesa aveva eccepito la compromissione dei diritto di difesa per non essere stati indicati quali fossero i varchi verificati e perché non aveva il potere d reperire tali dati che, oltretutto i non sarebbero stati più disponibili iper il tempo trascorso, dalle autorità comunali.
Ancora, la difesa contesta l’affermazione relativa all’esaustività degli accertamenti compiuti in relazione alla verifica dei varchi in assenza di dati di riscontro.
Sostanzialmente, continua il ricorrente, si dà per scontato che siano stati verificati tutti i varchi nonostante non vengano nemmeno indicati, così come non è indicato quale operante vi abbia provveduto.
La motivazione fornita, secondo la tesi del ricorrente, travalica i criteri di valutazione dei gravi indizi di colpevolezza, non essendo sostenibile la privazione della libertà personale esclusivamente sulla fiducia dell’operato della p.g. e senza possibilità di riscontro e di difesa.
Le stesse critiche vengono formulate in relazione all’individuazione del NOME come utilizzatore della Lancia Y. Sul punto si precisa che l’utilizzo della vettura sarebbe stato dedotto da alcuni controlli sul territorio e dalla telecamera installata sull’auto successivamente all’episodio contestato.
In realtà il NOME ha ammesso di aver utilizzato l’auto successivamente al suo licenziamento avvenuto ad aprile 2023 mentre precedentemente utilizzava il furgone aziendale del fratello, come verosimilmente dimostrato dalla documentazione fornita.
In relazione all’utenza telefonica criptata, in primo luogo, si rileva la mancanza di connessione tra l’utenza e l’episodio contestato al capo A).
Anche l’ordinanza impugnata ammetterebbe la mancanza di contatti telefonici idonei a ricostruire l’episodio contestato, salvo poi affermare, in maniera contraddittoria, che l’utenza sia di COGNOME e risulti collegata all’ipotesi contestata capo A).
La mancanza di conversazioni intercettate viene evidenziata come circostanza inverosimile soprattutto alla luce delle metodiche utilizzate per l’intercettazione.
Si evidenzia di aver censurato con l’atto di riesame la ricostruzione operata dagli operanti non compatibile con gli orari indicati nell’informativa dei due telefoni in uso al COGNOME e il momento dell’incontro per lo scambio.
Sul punto ci si duole che nulla motivi il tribunale del riesame, senza rispondere alle specifiche censure. E si lamenta che il tribunale non risponda nemmeno alle critiche sollevate sulla ricostruzione dei tempi di percorrenza tra il punto dove avviene la consegna del pacco alle 11,54 e Casorate Primo dove il cellulare del COGNOME aggancia la cellula alle 12,04.
Il ricorrente critica poi l’informativa del 23/1/2024, successiva all’esecuzione della misura, laddove gli operanti pur avendo a disposizione i tracciati dei due telefoni in uso al COGNOME, evidenziano NOME quelli dove c’è corrispondenza negli spostamenti, tralasciando gli altri, in quanto sostiene che non gli sia stato dato accesso al dato tecnico completo.
Ci si duole che l’ordinanza impugnata attribuisca veridicità all’informativa senza spiegarne i motivi, nonostante la dichiarazione del datore di lavoro del COGNOME che ne attesta la presenza in cantiere sito a Milano, uno dei luoghi dove risulta agganciato il cellulare personale dell’indagato.
Ritiene la difesa che non vi sia alcun elemento nemmeno indiziario a carico del COGNOME in quanto non vi sono stati contatti o conversazioni propedeutiche all’incontro tra COGNOME e COGNOME, non è visibile la targa della vettura Lancia Y con a bordo il soggetto che incontra il COGNOME, tale soggetto non è identificabile e non vi è sequestro di stupefacente. Anzi, mancherebbe la prova che il pacco contenesse stupefacente e che si trattasse di un chilo di cocaina.
Tale ultimo dato viene dedotto dalla circostanza di una cessione realizzata a vantaggio di NOME NOME 15 giorni dopo e dana circostanza che il NOME sia stato trovato in possesso di 30 grammi di cocaina al momento dell’arresto.
Si lamenta l’illogicità di tale deduzione in quanto si potrebbe facilmente obiettare che essendo stato trovato il COGNOME, al momento dell’arresto, in possesso di diversi chili di hashish, ben avrebbe potuto trattarsi di questa sostanza.
Ci si duole che la contestazione di cui al capo A) sia estremamente specifica ma sfornita di qualsiasi elemento a supporto.
Si deduce, infine, che la circostanza che il COGNOME, al momento dell’arresto sia stato trovato in possesso di due cellulari criptati e non di quello in possesso del soggetto che aveva incontrato il COGNOME il 15/2/2023, rappresenti una circostanza valutabile ai fini dell’assenza della gravità indiziaria.
Con un secondo motivo si deducono violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 274, 275, 292 co.1 lett. c) bis, 192 e 125 cod. proc. pen.
Si contesta la sussistenza delle esigenze cautelari.
Il ricorrente sottolinea l’illogicità del provvedimento impugnato che ravvisa il pericolo recidivante dalle modalità del fatto, posto in essere con particolari accortezze che ne renderebbero evidente la caratura criminale e la spregiudicatezza.
Si obietta, in primo luogo, che l’unico episodio in cui è coinvolto il COGNOME è quello contestato al capo A); in secondo luogo, che pur essendo stato sottoposto ad intercettazioni nei sei mesi successivi al fatto con apposizione di microspia nella vettura, non si è verificato crttaa 3i altro episodio.
Si precisa che il COGNOME scopriva l’intercettazione NOME in un secondo momento.
Si sottolinea l’irrilevanza della condanna del 2016, trattandosi di un precedente risalente nel tempo e incompatibile con l’attualità delle esigenze cautelari.
Sostanzialmente.conclude il ricorrentele esigenze caul:elari sono state ritenute sulla base di affermazioni meramente ipotetiche.
Si ricorda di aver offerto idoneo domicilio presso il fratello dell’indagato per la concessione dell’alternativa degli arresti domiciliari.
Il ricorrente Chiede pertanto che questa Corte annulli l’ordinanza impugnata, con ogni conseguente statuizione di legge.
Nei termini di legge il PG ha rassegnato le proprie conclusioni scritte per l’udienza senza discussione orale riportate in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I motivi sopra illustrati appaiono infondati.
Per contro, il provvedimento impugnato appare contrassegnato da motivazione che, secondo il perimetro di cognizione del giudice di legittimità in sede cautelare, contiene l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato e l’assenza di illogicità evidenti, ossia la congruità delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento (anche con riferimento alla puntuale analisi delle specifiche doglianze difensive), oltre ad essere corretto in diritto.
CL Ne deriva il proposto ricorso va rigettato.
2. Ed invero, non coglie nel segno il primo motivo di ric:orso con cui il ricorrente lamenta vizio motivazionale e violazione di legge in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza per i reati contestati, in particolare rilevando c gli elementi di indagine non sarebbero di inequivoca interpretazione, nella ricorrenza di spiegazioni alternative, a fronte dell’assenza di elementi concreti da cui dedurre la sua partecipazione agli episodi contestati.
Va premesso che questa Corte Suprema è ferma nel ritenere che, in tema di impugnazione delle misure cautelari personali, il ricorso per cassazione con il quale si lamenti l’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza è ammissibile soltanto se denuncia la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento, secondo i canoni della logica ed i principi di diritto, ma non anche quando propone e sviluppa censure che riguardano la ricostruzione dei fatti, ovvero che si risolvono in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (Sez. 6, n. 11194 dell’8/3/2012, Lupo, Rv. 252178). Conseguentemente, allorquando si censuri la motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte Suprema spetta NOME il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad es ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato e di controllare la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie (Sez. 4, n. 26992 del 29/5/2013, Rv. 255460; conf. Sez. 4, n. 37878 del 6/7/2007, COGNOME e altri, Rv. 237475).
Parametro ermeneutico centrale ai fini della delimitazione della cognizione della Corte in materia cautelare è quello secondo il quale non è conferita a questo giudice di legittimità alcuna possibilità di revisione degli elementi materiali fattuali delle vicende indagate, né dello spessore degli indizi; e non è dato nemmeno alcun potere di riconsiderazione delle caratteristiche del fatto o di quelle
soggettive dell’indagato in relazione all’apprezzamento delle stesse che sia stato operato ai fini della valutazione delle esigenze cautelari e delle misure ritenute adeguate. Donde l’inammissibilità delle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono in realtà nella sollecitazione a compiere una diversa valutazione di circostanze esaminate dal giudice di merito (cfr., tra le altre, Sez.1, n.7445/2021).
Il controllo di logicità, peraltro, deve rimanere interno al provvedimento impugnato, non essendo possibile procedere a una nuova o diversa valutazione degli elementi indizianti o a un diverso esame degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate. In altri termini, è consentito in questa sede esclusivamente verificare se le argomentazioni spese sono congrue rispetto al fine giustificativo del provvedimento impugnato. Se, cioè, in quest’ultimo, siano o meno presenti due requisiti, l’uno di carattere positivo e l’altro negativo, e cioè l’esposizione del ragioni giuridicamente significative su cui si fonda e l’assenza di illogicità evidenti risultanti cioè prima facie dal testo del provvedimento impugnato.
Questa Corte di legittimità, più volte ha ribadito come la nozione di gravi indizi di colpevolezza in sede cautelare non sia omologa a quella che serve a qualificare il quadro indiziario idoneo a fondare il giudizio di colpevolezza finale (c ex multìs Sez. 5 n. 36079 del 5/6/2012, COGNOME ed altri, Rv. 253511). Al fine dell’adozione della misura cautelare, infatti, è sufficiente l’emersione di qualunque elemento probatorio idoneo a fondare “un giudizio di qualificata probabilità” sulla responsabilità dell’indagatoe in ordine ai reati addebitati,
In altri termini, in sede cautelare gli indizi non devono essere valutati secondo gli stessi criteri richiesti, per il giudizio di merito, dall’art. 192, comma cod. proc. pen. Ciò lo si desume con chiarezza dal fatto che l’art. 273, comma ibis, cod. proc. pen. richiama i commi 3 e 4 dell’art. 192, cod. proc. pen., ma non il comma 2 del medesimo articolo, il quale oltre alla gravità, richiede la precisione e concordanza degli indizi (così univocamente questa Corte, ex plurimis Sez. 2, n. 26764 del 15/3/2013, COGNOME, Rv. 256731; Sez. 6 n. 7793 del 5/2/2013, COGNOME, Rv. 255053; Sez. 4 n. 18589 del 14/02/2013, Superbo, Rv. 255928).
Ebbene, se quelli illustrati in premessa sono i limiti del sindacato di questa Corte in punto di sussistenza della gravità indiziaria apparechiaro che con i motivi del presente ricorso si propongono e sviluppano censure che riguardano la ricostruzione dei fatti, ovvero che si risolvono in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito, a fronte di argomentazioni spese nel provvedimento impugnato che appaiono congrue rispetto al fine giustificativo del provvedi-mento impugnato, per cui quello che si chiede è proprio quello che questo giudice di legittimità non può fare, e cioè una rivalutazione nel merito del compendio indiziario. Dunque, nel caso all’odierno esame non risulteessersi verificatí
né violazione di legge e nemmeno vizio di motivazione rilevante ex art. 606, co. 1, lett. e), cod. proc. pen.
La motivazione del tribunale del riesame in punto di gravità indiziaria è stata prospettata in concreto e diffusamente in modo logico,, senza irragionevolezze, con completa e coerente giustificazione di supporto alla affermata persistenza della misura e della sua adeguatezza.
Nel caso di specie l’ordinanza impugnata ha giustificato la propria valutazione degli elementi indiziari relativi alla sussistenza dell’ipotizzato reato con mo tivazione dotata di logica coerenza e linearità argomentativa,, che come tale, per le ragioni dette, si sottrae a censure nella presente sede di legittimità.
I giudici della cautela hanno, infatti, ben messo in luce le condotta del ricorrente, dotato di utenza criptata, che nel corso dell’incontro con NOME NOME ha ceduto a quest’ultimo almeno un chilo di stupefacente, verosimilmente di tipo cocaina, utilizzando l’autovettura Lancia Y intestata alla madre.
Il provvedimento impugnato, alle pagine 7 e seguenti,. confutando specificamente le argomentazioni difensive poste a sostegno del gravame cautelare, dà conto analiticamente del perché il collegio milanese ritiene che gli accertamenti compiuti dalla p.g., compendiati nella nota del 20 novembre 2023 e, da ultimo in quella del 23 gennaio 2024, conducano a confermare – nonostante non siano stati registrati contatti tra le utenze attribuite a COGNOME e quelle attribuite COGNOME, nè r strate conversazioni ambientali sull’autovettura del COGNOME utili a ricostruire even tuali accordi, né sia stato immortalato il numero di targa dell’autovettura o il volt del soggetto che si è avvicinato al COGNOME e nemmeno sia stato sequestrato lo stupefacente – il quadro indiziario già ritenuto sussistente nell’ordinanza genetica. Si dà conto dell’incontro immortalato dalle telecamere installate presso l’esercizio commerciale “Bar Petra” e presso l’esercizio commerciale RAGIONE_SOCIALE che immortalano il parcheggio ove è avvenuto lo scambio, delle registrazioni dei dispositivi presenti all’interno dell’autovettura Citroen in uso a COGNOME NOME, così come dei criteri che hanno portato all’individuazione della Lancia Y e del suo utilizzatore. A pag. 9 ci si sofferma, poi, sulle utenze in uso al ricorrente e sulla loro collocazione.
Nel provvedimento impugnato ci si confronta anche con la ricostruzione alternativa proposta dall’indagato, evidenziando come la stessa allo stato non trovi alcun conforto nelle risultanze investigative, in quanto, come si rileva dall’annotazione di p.g. del 23 gennaio, in data 15 Febbraio l’indagato non è stato localizzato presso aree ove erano in corso lavori edili e con tempistiche coerenti allo svolgimento di tali lavori. E di come, pertanto, risulti corroborata dai gravi indizi su cienti in questa fase l’ipotesi investigativa secondo cui sia stai:o il ricorrente il getto che il 15 Febbraio 2023 ha incontrato a Naviglio COGNOME NOME per consegnargli lo stupefacente.
E che si sia trattato di cocaina, per un peso di almeno un chilogramm secondo la logica motivazione dei giudici della cautela deriva dalle forti ana con la cessione realizzata a vantaggio di NOME NOME 15 giorni dopo. E ad ulteri mente corroborare la verosimiglianza dell’impostazione accusatoria vengono coe rentemente ritenuti deponenti gli esiti delle attività di perquisizione co presso l’abitazione dell’odierno ricorrente, che è stato trovato in possesso p di cocaina e di due telefoni cellulari criptati.
Le argomentazioni spese sul punto dal tribunale della libertà appaiono, pe tanto, immuni dalle proposte censure di legittimità, in quanto ampie, congru non manifestamente illogiche nel ritenere sussistenti i gravi indizi di colpevol a fronte delle implausibili alternative ipotesi reiterate nel presente ricorso
3. Il provvedimento impugnato si rileva del tutto logico e coerente anc in relazione alla sussistenza delle esigenze cautelar’, dovendosi ricordare ch sistema processualpenalistico vigente, così come non è conferita a questa Cor di legittimità alcuna possibilità di revisione degli elementi materiali e fattua vicende indagate, né dello spessore degli indizi, nir e tTdato nem:mei:3D alcun potere di riconsiderazione delle caratteristiche del fatto o di quelle soggettive de gato in relazione all’apprezzamento delle stesse che sia stato operato ai fin valutazione delle esigenze cautelari e delle misure ritenute adeguate. Si t infatti, di apprezzamenti rientranti nel compito esclusivo e insindacabile del gi cui è stata chiesta l’applicazione della misura, nonché, in sede di gravame stessa, del tribunale del riesame.
Dopo l’intervento riformatore del 2015, questa Corte di legittimità, in pronunce sul punto, ha condivisibilmente chiarito (vedasi, soprattutto, Sez. 43880 del 4/7/2017, COGNOME, non mass.) che il requisito dell’attua del pericolo di reiterazione del reato di cui all’art. 274, lett. c), cod. pro testo introdotto dalla legge 16 aprile 2015, n. 47, richiede una valutazion gnostica circa la probabile ricaduta nel delitto, fondata sia sulla permanenza stato di pericolosità personale dell’indagato dal momento di consumazione d fatto sino a quello in cui si effettua il giudizio cautelare, desumibile dal soggettiva della sua personalità, sia sulla presenza di condizioni oggetti “esterne” all’accusato, ricavabili da dati ambientali o di contesto – quali concrete condizioni di vita in assenza di cautele – che possano attivarne la l pericolosità, favorendo la recidiva, conseguendone che il pericolo di reiterazio attuale ogni volta in cui sussista un pericolo di recidiva prossimo all’epoca viene applicata la misura, seppur non imminente (cfr. Sez. 2, n. 53645 8/9/2016, Lucà, Rv. 268977 nella cui motivazione, la Corte ha precisato che
valutazione prognostica non può estendersi alla previsione di una “specifica occasione” per delinquere, che esule dalle facoltà del giudice; Sez. 2, n. 47619 del 19/10/2016, COGNOME, Rv. 268508; Sez. 2, n. 11511 del 14/12/2016 dep. il 2017, COGNOME, Rv. 269684).
Orbene, nel caso che ci occupa il giudice del gravame cautelare evidenzia, quanto alle esigenze cautelari, che nel caso in esame risulta di tutta evidenza come non siano stati dedotti elementi concreti da cui desumere un mutamento del complessivo quadro relativo alle esigenze cautelari, che appaiono in tutta la loro evidenza e gravità.
I giudici milanesi, infatti, hanno spiegato le ragioni della decisione facendo riferimento alla presenza di precedenti penali anche della stessa specie, alla gravità dei fatti e alle loro modalità, elementi dimostrativi di elevata capacità criminal , nonché disPZElpienermilte inserittrnell’ambito dei meccanismi di diffusione della droga; elementi quindi indiscutibilmente conducenti ad una prognosi altamente negativa in ordine alla astensione da reati, e che consigliano , attesa l’attuale pericolosità, il permanere della misura cautelare inflitta.
Come si legge nel provvedimento impugnato non può giungersi a conclusioni diverse da quelle dell’ordinanza genetica; e ciò finanche si volesse ritenere che la sostanza trattata nell’occasione non fosse cocaina ma una sostanza inquadrabile nell’ambito del quarto comma della norma violata (con conseguente più tenue sanzione).
Per i giudici milanesi depongono nel senso della sussistenza delle esigenze di cautela connesse al pericolo di recidiva le modalità dei fatto, connotatesi per la particolare accortezza utilizzata dai protagonisti dello scambio, segno evidente di una certa caratura criminale e spregiudicatezza.
Si tratta di modalità che, secondo quanto si legge nel provvedimento impugnato, inducono ad escludere che si sia trattato di spaccio al minuto (cosa che invero è esclusa anche dalle caratteristiche del pacco consegnato, anche laddove si ritenesse contenere droga cd. leggera) o episodico, emergendo, per contro, il quadro di una attività di spaccio svolta in modo professionale e non certo improvvisato, come didascalicamente acclarato dal possesso – in capo ad entrambi gli indagati – di utenze criptate e dall’atteggiamento estremamente guardingo e cauto tenuto dall’indagato a bordo dell’autovettura monitorate: come risulta dagli atti, COGNOME ha talora comunicato a gesti, fatto cenno ai propri interlocutori di fare silenzio, ha fatto in modo di ostacolare concretamente, sabotandole, le attività di captazione in corso.
Tale prognosi negativa, secondo la logica motivazione dei giudici del gravame cautelare, indica chiaramente come concrete ed attuali siano le esigenze di cautela connesse alla pericolosità sociale dell’indagato, inaffidabile e inserito in
contesti di narcotraffico di rilevante spessore. Ed è corroborata dai precedenti penali del COGNOME, cheg risulta essere stato condannato con sentenza della Corte d’appello di Milano, irrevocabile il 3 febbraio 2021, per più ipotesi di cessione e detenzione di sostanze stupefacenti in relazione a fatti commessi tra il gennaio e l’ottobre 2016 e per i quali è stata irrogata, all’esito del giudizio, lai pena finale di a 5 mesi 8 di reclusione oltre alle ulteriori statuizioni. Dal casellario, inoltre, ri che in data 13 gennaio 2022 veniva disposta la sospensione dell’esecuzione della pena in relazione al residuo periodo da scontare indicato nel casellario in anni 2, mesi 11 e giorni 10 di reclusione, il che significa che i fatti in contestazione sono stati commessi nonostante la pendenza di tale provvedimento.
Infine, viene ricordato anche ai fini cautelari come, all’esito delle perquisizioni effettuate in occasione dell’esecuzione dell’ordinanza genetica, nella disponibilità dell’odierno ricorrente sono stati rinvenuti 30 grammi lordi di sostanza stupefacente del tipo cocaina, materiale per il confezionamento e macchina sottovuoto e due telefoni cellulari criptati.
Reputa in definitiva il giudice del gravame cautelare che non siano emersi elementi utili a fondare una prognosi cautelare più favorevole di quella articolata dal giudice impugnato, anche laddove si volesse ritenere insussistente, in ragione della natura degli elementi a carico, il pericolo di inquinamento probatorio in relazione alla specifica ipotesi di reato per cui si procede. Da un lal:o appare in tutta la sua concretezza ed attualità il pericolo connesso alla reiterazione datti analoghi a quelli in contestazione. Dall’altro non pare che tale pericolo possa essere presidiato attraverso l’applicazione di misure meno afflittive.
Il provvedimento impugnato, conclusivamente, opera un buon governo del pacifico principio secondo cui la concretezza e attualità delle esigenze di cautela non deve essere concettualmente confusa con l’attualità e la concretezza delle condotte criminose, onde il pericolo di reiterazione di cui all’art. 274, comma primo, lett. c) cod. proc. pen., può essere legittimamente desunto dalle modalità delle condotte contestate, anche nel caso in cui esse siano risalenti nel tempo, ove persistano atteggiamenti sintomaticamente proclivi al delitto e collegamenti con l’ambiente in cui il fatto illecito contestato è maturato (cfr. Sez. 2, n. 9501 d 23/02/2016, Rv. 267785).
4. Al rigetto del ricorso consegue, ex lege, la condanna di parte ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Vanno dati gli avvisi di cui all’art. 94 c. 1 ter disp. att. cod. proc. pen.
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P.Q.M
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter disp. att. cod. proc. pen. Così deciso il 17/04/2024