Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 2328 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 2328 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: TRIPICCIONE DEBORA
Data Udienza: 07/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME NOME nato a Napoli il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza emessa il 21 luglio 2023 dal Tribunale di Napoli visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATT O
NOME COGNOME ricorre per cassazione avverso l’ordnanza del Tribunal di Napoli che, giudicando in sede di rinvio a seguito della sentenza di annullam parziale emessa dalla Seconda sezione di questa Corte, n. 29570 del 15/6/2023, confermato l’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa per i reati di c capi 12, 13, 15, 19 e 23.
k)
Con un unico motivo deduce vizi cumulativi di violazione di legge e di mancanza e manifesta illogicità della motivazione che, senza osservare il principio di diritto affermato nella sentenza rescindente, si è limitata a formulare un giudizio di gravità indiziaria in ordine ai reati fine, riportando stralci della conversazioni intercettat senza effettuare una valutazione logico-deduttiva idonea ad argomentare in ordine alla loro capacità dimostrativa.
Considerato in diritto
Il ricorso è inammissibile in quanto deduce un motivo generico e manifestamente infondato.
Va, innanzitutto, considerato che la sentenza rescindente ha annullato con rinvio l’ordinanza custodiale, limitatamente ai reati fine di cui ai capi di imputazione provvisoria 12, 13, 15, 19 e 23, e confermato il giudizio di gravità indiziaria in ordine sia alla partecipazione del ricorrente ad un’associazione dedita al narcotraffico che ad altri reati fine. In particolare, è stata ritenuta insufficiente la motivazione su sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza relativi ai capi sopra indicati in quanto “cumulativa”, essendo fondata su considerazioni generali relative a “gruppi di cessioni illecite” in relazione alle quali il Tribunale si era limitato a segnalare la capaci dimostrativa di alcune conversazioni, senza indicare «quali sono gli specifici indizi che si riferiscono alle singole contestazioni provvisorie.»
Rileva il Collegio che l’ordinanza impugnata, uniformandosi al principio di diritto statuito dalla sentenza di annullamento, ha colmato il vuoto della motivazione in ordine4capi ivi indicati e, sulla base dell’analisi delle conversazioni intercettate (non specificamente censurate dal ricorso), ha confermato il giudizio di gravità indiziaria a carico del COGNOME, indicando, per ciascun capo oggetto di contestazione provvisoria, la condotta ed il ruolo da questo,svolto nel perfezionamento dell’illecito accordo (si vedano, in particolare, le conversazioni analizzate a pagina 10 quanto al capo 12, e alle pagine 11 e 12 quanto ai capi 13, 15 e 23). In particolare, il Tribunale, con motivazione persuasiva ed immune da vizi logici o giuridici, con la quale il ricorrente omette il dovuto confronto critico, ha sottolineato che dalle intercettazioni agli atti è emerso che, per ogni capo, venivano in rilievo una pluralità di episodi di cessione in favore di un determinato cliente abituale, poste in essere dal «piccolo nucleo organizzato» su base prevalentemente familiare, composto dal ricorrente, con ruolo «preminente» soprattutto nella fase della conclusione degli accordi – dal fratello NOME e dal cugino NOME, oltre che da NOME COGNOME, ai quali,
il primo, in caso di impossibilità a soddisfare personalmente le richieste del clienti, demandava la materiale consegna della sostanza stupefacente. Con argomentazioni non manifestamente illogiche, completamente trascurate dal ricorrente, il Tribunale ha, inoltre, ritenuto che agli accordi documentati dalle conversazioni intercettate sia seguita la materiale cessione della sostanza stupefacente, non risultando agli atti alcuna conversazione in cui uno dei clienti abituali sollecitava la fornitura richiesta.
All’inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila da versare in favore della cassa delle ammende, non potendosi ritenere che lo stesso abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. n. 186 del 2000).
P.QM.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 7 dicembre 2023
Il AVV_NOTAIO estensore,
Il Presidente