Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 32925 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: COGNOME
Penale Sent. Sez. 1 Num. 32925 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Data Udienza: 04/07/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta da
– Presidente –
NOME COGNOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a NOCERA INFERIORE il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 14/11/2024 della Corte d’appello di Salerno visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore, NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso;
L’ avvocato NOME COGNOME conclude riportandosi ai motivi del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte di appello di Salerno ha confermato la sentenza di condanna emessa dal Tribunale di Nocera Inferiore nei confronti di NOME COGNOME in ordine ai reati di cui agli artt. 648, 61 n. 1 e n. 2, 99, comma quarto, cod. pen., 697 cod. pen., 703 cod. pen., nonchØ in ordine al reato di cui all’art. 23, comma 3, della legge 18 aprile 1975 n.110 (Norme integrative della disciplina vigente per il controllo delle armi, delle munizioni e degli esplosivi) condannandolo alla pena di anni 4 e mesi 8 di reclusione e di euro 4.600,00 di multa.
2.Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione, NOME COGNOME, per il tramite del difensore di fiducia, AVV_NOTAIO, deducendo tre motivi di seguito enunciati, in conformità al disposto di cui all’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1.Con il primo motivo il ricorrente ha eccepito, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen. l’insussistenza, l’illogicità e la contraddittorietà della motivazione in relazione alla univocità e alla concordanza degli indizi, nonchØ la mancanza di motivazione con violazione delle disposizioni di cui agli artt. 546, 125 e 192 cod. proc. pen.In particolare, nel ricorso si Ł dedotto che la sentenza di appello non ha dato conto dei motivi per i quali le prove offerte dal ricorrente siano state disattese.Piø in particolare il ricorrente ha censurato la sentenza, in relazione alle pagine da 4 a 6 evidenziandone l’illogicità lì doveafferma che il ricorrente veniva qualificato come ‘uno dei 5 componenti il commando armato’ sul rilievo che pur essendo residente a Nocera Inferiore veniva rinvenuto dalla polizia giudiziaria a Sarno nei luoghi prossimi alla scena del delitto; ed ancora nella parte in cui la motivazione, riprodotta per relationem rispetto alla sentenza di primo grado, ha desunto l’utilizzo dell’arma
da parte del ricorrente dalla visione del frame 16 estrapolato dal DVD versato in atti, che ritrae il ricorrente in caserma con indumenti comuni e simili a quelli indossati dal soggetto ripreso mediante il sistema di videosorveglianza. Il ricorrente ha altresì dedotto che la Corte di appello di Salerno ha omesso di considerare la doglianza difensiva con la quale si evidenziava la necessità una perizia antropometrica tale da consentire e classificare i parametri del corpo umano quale la proporzione del volto, la larghezza delle spalle, la lunghezza degli arti, l’altezza dell’individuo la dimensione di mani e piedi. Inoltre, la difesa ha eccepito che la sentenza censurata non contiene alcun riferimento alla differente ricostruzione alternativa offerta con i motivi di appello secondo la quale, il ricorrente quando Ł stato sorpreso dai militari nascosto nella boscaglia soltanto per timore ha alzato le mani, riferendo di non avere nulla e non invece, come affermato nella sentenza impugnata, perchØ fosse consapevole che la polizia giudiziaria stesse alla ricerca di persone armate. Nel ricorso sì Ł altresì dedotta l’insussistenza di una congrua motivazione in ordine ai punti di gravame concernenti il mancato espletamento dell’esame STUB e degli accertamenti sul DNA sui guanti in lattice sottoposti a sequestro e, altrettanto contraddittoria, sarebbe la motivazione in relazione al mancato riconoscimento in udienza del COGNOME da parte del COGNOME, ritenendolo soggetto diverso da quello che il 3 luglio 2023 aveva cercato di bloccare. In relazione a tale profilo il ricorrente ha evidenziato che l’iter argomentativo della sentenza impugnata contrasta con quanto affermato dal giudice di primo grado secondo il quale il soggetto che il teste COGNOME aveva visto fuggire verso la boscaglia era COGNOME e che il mancato riconoscimento era da imputarsi alla concitazione del momento; mentre la sentenza impugnata afferma che l’uomo di cui il teste ha parlato non era il COGNOME, ma uno dei quattro complici.
2.2. Con il secondo motivo il ricorrente ha dedotto, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c) cod. proc. pen., l’inosservanza della norma processuale di cui all’articolo 63 cod. proc. pen. In particolare, si Ł eccepito che i giudici di appello hanno violato la disposizione processuale richiamata, avendo utilizzato le dichiarazioni rese dal ricorrente a seguito dell’arresto, dovendosi configurare un’ipotesi di inutilizzabilità patologica delle stesse come affermata dal giudice di primo grado.
2.3. Con il terzo motivo il ricorrente ha rilevato la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione alla determinazione del trattamento sanzionatorio e con riferimento al rigetto della richiesta concernente la revoca della misura di sicurezza; al riguardo, Ł stato eccepito che a fronte di uno specifico motivo di appello in ordine alla misura elevata della pena base e all’aumento eccessivo per la continuazione, nella sentenza non vi Ł alcuna motivazione, nØ vi Ł sulla richiesta di revoca della disposta misura di sicurezza.
Il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, ha concluso per la dichiarazione di inammissibilità del ricorso, depositando memoria scritta.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł infondato, per le ragioni di seguito indicate.
1.1. Va premesso che il ricorrente sia in primo che in secondo grado Ł stato ritenuto responsabile dei reati sopra indicati per aver detenuto una pistola TARGA_VEICOLO con matricola abrasa, sei cartucce calibro TARGA_VEICOLO, ed Ł stato ritenuto responsabile di aver esploso, insieme con altre quattro persone, plurimi colpi, di cui unoin direzione del portone dell’abitazione di NOME COGNOME posta al INDIRIZZO di INDIRIZZO in Sarno e di aver viaggiato con i complici a bordo di un’autovettura Fiat 500 bianca L, risultata di illecita provenienza
2. Ciò evidenziato, con il primo e il secondo motivo di ricorso, i quali pongono profili di censura tra loro connessi e quindi suscettibili di trattazione congiunta, il ricorrente ha eccepito l’insufficiente motivazione in ordine alla gravità indiziaria circa la riconducibilità dei fatti al COGNOME. Le censure sono destituite di fondamento dovendosi rilevare che la sentenza ha dato conto delle ragioni della certa identificazione del COGNOME in colui che ha esploso il colpo di pistola contro il portone sopra indicato. I giudici di appello hanno evidenziato che il ricorrente, pochi minuti dopo l’esplosione dei colpi d’arma da fuoco in danno del portone dell’abitazione e dell’auto del COGNOME, era stato trovato dalla polizia giudiziaria nascosto nella boscaglia limitrofa alla strada lungo la quale alcuni dei complici erano sono stati visti scappare subito dopo l’esplosione dei colpi; i giudici di appello hanno anche evidenziato che alcune telecamere avevano ripreso, subito prima dell’esplosione dei colpi lo speronamento dell’autovettura dello zio del COGNOME da parte della Fiat 500 bianca L, autovettura dalla quale erano scesi i cinque malviventi entrati nel cortile dell’abitazione del COGNOME attingendo il portone e l’auto con i colpi d’arma da fuoco.Ed ancora, la sentenza ha evidenziato che al momento in cui Ł stato sorpreso nascosto nella boscaglia, il COGNOME lamentava un dolore alla spalla, venendo tale circostanza indicata come compatibile con l’incidente di pochi minuti prima. Inoltre, la sentenza ha specificato che al momento in cui veniva sorpreso dalla PG, il COGNOME indossava vestiti uguali a quelli indossati dall’uomo travisato, immortalato nelle immagini del sistema di videosorveglianza nel mentre fuoriusciva dall’autovettura con una pistola impugnata con la mano destra, con guanto di lattice di colore azzurro e mano sinistra con guanto in lattice di colore nero, revolver identica a quella rinvenuta nel cortile dell’abitazione del COGNOME. L’uomo immortalato dalle riprese secondo i giudici dell’appello aveva la stessa corporatura e altezza del COGNOME.La sentenza, inoltre ha dato atto che nel cortile, la sera dell’esplosione dei colpi erano stati rinvenuti due paia di guanti in lattice, un passamontagna e una tuta ed ancora il revolver utilizzato per l’esplosione dei colpi in danno del portone, come risultato dagli accertamenti balistici, e che la stessa sera la polizia giudiziaria aveva rinvenuto su indicazione dei testimoni in un cestino posto nelle vicinanze del INDIRIZZO anche la pistola semiautomatica utilizzata per danneggiare l’auto del COGNOME. Nella valutazione degli elementi identificativi del ricorrente come la persona cui ricondurre l’esplosione in danno del portone, la sentenza, poi, ha attribuito specifico rilevante significato al fatto che, successivamente all’arresto, alle ore 21.55, il ricorrente aveva accompagnato gli operanti presso il INDIRIZZO, dove, come sopra riportato era già stata rinvenuta dalla p.g. operante, la pistola revolver con cui era stato danneggiato il portone.
Tanto premesso, va rilevato che gli elementi indicati dalla sentenza censurata rispondono ad un iter argomentativo logico e completo e, in quanto tale, indicativo di una puntuale motivazione in punto di gravità indiziaria in ordine alla identificazione del COGNOME quale l’autore dell’esplosione del colpo di pistola. Con argomentazioni esaustive, i giudici di appello hanno dato conto della riconducibilità della condotta al COGNOME valorizzando, nella ricostruzione della dinamica fattuale, il collegamento spaziale e temporale degli elementi indiziari indicati, saldati logicamente tra di loro attraverso l’apprezzamento del rinvenimento nella immediatezza dei fatti, e su indicazione del ricorrente, del revolver utilizzato per l’esplosione (a prescindere dalla circostanza che fosse già stata rinvenuta dalla p.g operante). L’adeguatezza della motivazione in punto di gravità indiziaria, non Ł suscettibile di essere smentita dalla doglianza difensiva della inutilizzabilità delle dichiarazioni spontanee rese dall’indagato, avendo i giudici di appello fatto corretta applicazione del principio, che va qui ribadito, secondo cui il divieto di utilizzare in sede dibattimentale le dichiarazioni
spontanee della persona sottoposta ad indagine non concerne il caso in cui sussistano fatti storicamente rilevanti, condotte oggettivamente descrivibili – tenute dall’indagato alla presenza di agenti di polizia giudiziaria – le quali ben possono essere descritte dagli operanti in sede dibattimentale con conseguente utilizzazione in detta sede del risultato di tali indagini (Sez. 5, n. 7127 del 01/12/2011, dep. 2012, Aracri, Rv. 251947 – 01: nella specie l’indagato aveva accompagnato gli operanti sul posto in cui erano sotterrate le armi, indicando agli inquirenti i luoghi in cui scavare con conseguente rinvenimento delle stesse). Va anche rilevato che coerente risulta la motivazione in punto di valutazione della deposizione del COGNOME (che non ha riconosciuto il COGNOME in colui che aveva tentato di bloccare nel corso della fuga) lì dove Ł stata ritenuta recessiva rispetto al complessivo quadro indiziario, trattandosi di elemento non decisivo a fronte degli ulteriori elementi indiziari valutati. NØ la mera prospettazione del differente significato da attribuire al comportamento del COGNOME, consistito nell’alzare le mani al momento di essere trovato nella boscaglia può assumere valore sminuente la solidità dell’impianto argomentativo indiziario.
La sentenza, poi, non ha omesso di considerare l’argomentazione difensiva con la quale la quale la carenza della gravità indiziaria veniva fatta valere per non essere stato espletato l’esame STUB, la perizia antropometrica e l’accertamento sul Dna; si tratta, infatti di motivo di appello riportata nei sentenza di appello tra i motivi di gravame e implicitamente riscontrata alla luce della complessiva struttura argomentativa in punto di sussistenza della gravità indiziaria. Giova ricordare che secondo il consolidato orientamento di questa Corte, non Ł censurabile, in sede di legittimità, la sentenza che non motivi espressamente in relazione a una specifica deduzione prospettata con il gravame, quando il mancato accoglimento risulti dalla complessiva struttura argomentativa della sentenza (cfr., ex pluribus, da ultimo, Sez. 4, n. 5396 del 15/11/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 284096-01; Sez. 5, n. 6746 del 13/12/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 275500-01; (Sez. 2, n. 35817 del 10/07/2019, COGNOME, Rv. 276741-01; già Sez. 4, n. 7673 del 11/07/1983, AVV_NOTAIO, Rv. 16032101, aveva affermato che si ha motivazione implicita quando i motivi della soluzione di una determinata questione debbono intendersi logicamente contenuti e indirettamente svolti nelle considerazioni e nelle ragioni esposte per dar conto della soluzione adottata rispetto ad altra questione, distinta dalla prima e la cui trattazione implica necessariamente, per imprescindibile presupposto logico, anche la trattazione della prima questione» (in motivazione, Sez. 2, n. 2103 del 17/12/2024 dep. 2025, NOME Gaetano, Rv. 287330 01). Va, peraltro, rilevato che nella sentenza da ultimo indicata si Ł, altresì, specificato che, invece, non può parlarsi di motivazione implicita quando il profilo di gravame non risulti neppure preso in carico dal giudice di appello, fattispecie che per quanto evidenziato non ricorre nel caso in esame, per le anzidette ragioni.
Manifestamente infondato Ł, poi, il terzo motivo di ricorso.
Quanto alla doglianza difensiva avente ad oggetto il vizio di motivazione in ordine alla determinazione della pena base per il reato piø grave e dell’aumento per la continuazione, va rilevato che essa non si confronta affattocon la sentenza censurata che ha approfonditamente motivato il percorso argomentativo che ha condotto alla conferma del trattamento sanzionatorio, ponendo in rilievo l’estrema gravità dei fatti (agguato ben pianificato, effettuato utilizzando armi clandestine, in una zona densamente popolata) e la congruità degli aumenti effettuati per ciascun reato posto in continuazione, in relazione ai quale anche Ł stata fornita specifica motivazione in punto di gravità delle condotte e di pericolosità del ricorrente. La sentenza di appello ha dunque scrupolosamente applicato il principio di diritto affermato da Sez. U, n. 47127 del 24/06/2021, COGNOME, Rv. 282269 – 01),
secondo cui in tema di reato continuato, il giudice, nel determinare la pena complessiva, oltre ad individuare il reato piø grave e stabilire la pena base, deve anche calcolare e motivare l’aumento di pena in modo distinto per ciascuno dei reati satellite. (La Corte ha precisato che il grado di impegno motivazionale richiesto in ordine ai singoli aumenti di pena Ł correlato all’entità degli stessi e tale da consentire di verificare che sia stato rispettato il rapporto di proporzione tra le pene, anche in relazione agli altri illeciti accertati, che risultino rispettati i limiti previsti dall’art. 81 cod. pen. e che non si sia operato surrettiziamente un cumulo materiale di pene); (conf. Sez. U, n.7930/95, Rv.201549-01).
Parimenti infondata Ł la doglianza relativa al vizio di motivazione in Ł ordine al diniego della revoca della libertà vigilata, avendo i giudici di appello fornito puntuali argomentazioni al riguardo, in considerazione della elevata pericolosità del ricorrente esaustivamente spiegata con riferimento alle modalità del fatto e alle condanne precedenti per fatti analoghi, ovvero un precedente specifico nel 2015 per il reato di porto d’arma clandestina con il quale ha commesso due rapine e per un altro precedente specifico del 2020 per porto d’arma comune da sparo, con cui ha tentato di commettere un’altra rapina.
4. In conclusione, alla luce delle esposte considerazioni il ricorso deve essere rigettato. Alla pronuncia di rigetto consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così Ł deciso, 04/07/2025
Il AVV_NOTAIO estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME