Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 9170 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 9170 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 20/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato a Desio il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 27/06/2023 del Tribunale di Catanzaro;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO; udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso; udito l’AVV_NOTAIO, difensore del ricorrente, che ha concluso chiedendo l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza sopra indicata il Tribunale di Catanzaro, adito ai sensi dell’art. 309 cod. proc. pen., confermava il provvedimento del 1° giugno 2023 con il quale il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catanzaro aveva disposto l’applicazione della misura della custodia cautelare in carcere nei
confronti di NOME COGNOME, in relazione ai reati di cui agli artt. 416-bis, primo secondo, terzo, quarto, quinto e sesto comma, cod. pen. (capo 1); 81, 110, 112, primo comma n. 2, 629, secondo comma, in relazione all’art. 628, primo e terzio terzo comma n. 3, e 416-bis.1 cod. pen., commesso in Vibo Valentia dal 21 novembre 2014 al 2018 (capo 3); 110, 112, primo comma n. 2, 629, secondo comma, in relazione all’art. 628, primo e terzo comma n. 3, e 416-bis.1 cod. pen., commesso in Mileto il 18 aprile 2019 (capo 21); 110, 112, primo comma n. 2, 629, secondo comma, in relazione all’art. 628, primo e terzo comma n. 3, e 416-bis.1 cod. pen., commesso in Vibo Valentia dall’agosto 2018 al febbraio 2109 (capo 23), per avere fatto parte, in veste di promotore e dirigente, di una RAGIONE_SOCIALE per delinquere di stampo ‘ndranghetistico operante nella provincia di Vibo Valentia, in particolare della ‘ndrina di Paravati facente parte della locale di Mileto; e per avere concorso nella commissione di tre estorsioni pluriaggravate commesse rispettivamente ai danni del titolare della ditta RAGIONE_SOCIALE, di tale “COGNOME” titolare del ristorante RAGIONE_SOCIALE e del titolare di una impresa di pompe RAGIONE_SOCIALE.
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso NOME COGNOME, con atto sottoscritto dal suo difensore, il quale ha dedotto i seguenti motivi.
2.1. Violazione di legge, in relazione all’art. 629 cod. pen., e vizio d motivazione, per travisamento della prova, per avere il Tribunale del riesame confermato il provvedimento genetico della misura con riferimento al delitto del capo 3), benché non sia stato spiegato quale sia stato il contributo concorsuale dato dal COGNOME nella vicenda asseritamente estorsiva, né se il COGNOME sia stato effettivamente vittima di minacciose richieste di denaro.
2.2. Violazione di legge, in relazione all’art. 629 cod. pen., e vizio d motivazione, per travisamento della prova, per avere il Tribunale del riesame confermato il provvedimento genetico della misura con riferimento al delitto del capo 21), nonostante non sia stata identificata la persona offesa e l’ipotesi di una richiesta estorsiva sia il frutto di meri sospetti senza alcun collegamento a dati reali.
2.3. Violazione di legge, in relazione agli artt. 110 e 629 cod. pen., 192 e 273 cod. proc. pen., e vizio di motivazione, per mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità, per avere il Tribunale del riesame confermato il provvedimento genetico della misura con riferimento al delitto del capo 23), benché il coinvolgimento del COGNOME nella vicenda estorsiva ai danni del titolare dell’RAGIONE_SOCIALE di pompe RAGIONE_SOCIALE sia stata affermata sulla base di elementi privi di concretezza indiziaria, essendo stato valorizzato solo un brano di una
conversazione intercettata che riguarda la restituzione di una ridotta somma di denaro che al COGNOME era dovuta dal NOME COGNOME.
2.4. Violazione di legge, in relazione agli artt. 416-bis.1 cod. pen., 192 e 273 cod. proc. pen., e vizio di motivazione, per mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità, per avere il Tribunale del riesame confermato il provvedimento genetico della misura con riferimento all’aggravante speciale contestata nei capi 3), 21) e 23), senza chiarire se la circostanza addebitata sia stata quella del metodo o dell’agevolazione mafiosa, e benché non siano state indicate le emergenze procedimentali poste a fondamento della affermazione di sussistenza della gravità indiziaria.
2.5. Violazione di legge, in relazione agli artt. 416-bis cod. pen., 192 e 273 cod. proc. pen., e vizio di motivazione, per mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità, per avere il Tribunale del riesame confermato il provvedimento genetico della misura, anche con riferimento alla circostanza aggravante del delitto del capo 1), nonostante non sia stata fornita alcuna dimostrazione della esistenza di una adesione del COGNOME al sodalizio criminale in contestazione, essendo stata, al più, provato il concorso del prevenuto alla commissione di singoli reati istantanei: soggetto che, peraltro, le intercettazioni comprovano non avere mai mantenuto gli impegni assunti, avendo lo stesso agito solo per soddisfare esigenze personali e individuali.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso presentato nell’interesse di NOME COGNOME va accolto, sia pur nei limiti e con gli effetti di seguito precisati.
Il primo, il secondo e il quinto motivo del ricorso sono in parte infondati e in parte inammissibili perché generici ovvero perché presentati per fare valere ragioni diverse da quelle consentite dalla legge.
È pacifico nella giurisprudenza di questa Corte di cassazione come il controllo dei provvedimenti di applicazione delle misure limitative della libertà personale sia diretto a verificare la congruenza e la coordinazione logica dell’apparato argomentativo che collega gli indizi di colpevolezza al giudizio di probabile colpevolezza dell’indagato, nonché il valore sintomatico degli indizi medesimi. Controllo che non può comportare un coinvolgimento del giudizio ricostruttivo del fatto e degli apprezzamenti del giudice di merito in ordine all’attendibilità delle fonti ed alla rilevanza e concludenza dei risultati del materiale probatorio, quando la motivazione sia adeguata, coerente ed esente da errori logici e giuridici.
Questa Corte ha, dunque, il compito di verificare se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie, nella peculiare prospettiva dei procedimenti incidentali de libertate (si veda, ex multis, Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, Mazzelli, Rv. 276976).
Alla luce di tali regulae iuris, bisogna riconoscere come, nel caso di specie, i giudici di merito abbiano dato puntuale e logica contezza degli elementi indiziari sui quali si fonda il provvedimento cautelare, con riferimento ai reati dei capi di imputazione provvisoria 1), 3) e 21).
A tal fine è stato valorizzato il preciso contenuto delle conversazioni intercettate, da cui è risultato che il COGNOME partecipava alla riscossione delle somme che il titolare della ditta RAGIONE_SOCIALE era stato costretto a versare alla locale RAGIONE_SOCIALE per poter continuare a svolgere il servizio di raccolta dei rifiuti nel comune di pertinenza: dovendosi leggere il testo delle conversazioni captate dagli inquirenti, così come sintetizzate nella ordinanza impugnata (v. pagg. 2-3 ord. impugn.), nel contesto degli elementi indiziari portati in rassegna nella richiamata motivazione del provvedimento genetico della misura cautelare (v. pagg. 23 e segg. ord. Gip), ai quali significativamente il ricorrente non fatto alcun riferimento. Analogamente è stato valorizzato il contenuto della conversazione nel corso della quale il COGNOME e il COGNOME avevano esplicitamente commentato l’estorsione commessa ai danni di un ristoratore, senza trascurare che la identificazione della vittima è stata operata dal Giudice per le indagini preliminari (v. pag. 3 ord. impugn.; v. pagg. 56 e segg. ord. Gip); e il contenuto degli ulteriori colloqui captati dagli inquirenti, che avevano comprovato come il COGNOME, oltre a commettere gli indicati delitti con metodo mafioso, coadiuvasse il capo della ‘ndrina di Paravati per la gestione della “cassa comune” di quel gruppo criminale utilizzata per finanziare il sostegno economico degli associati detenuti in carcere (v. pagg. 1-6 ord. impugn.; pag. 296 ord. Gip). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Da tanto il Collegio del riesame ha arguito, con un procedimento deduttivo nel quale non si è ravvisabile alcun vizio di manifesta illogicità, come l’odierno ricorrente dovesse essere considerato, a livello indiziario, partecipe dell’RAGIONE_SOCIALE di stampo ‘ndranghetistico in argomento e concorrente nella consumazione dei delitti contestatigli ai capi 3) e 21).
In tal modo, lungi dal proporre un ‘travisamento delle prove’, vale a dire una incompatibilità tra l’apparato motivazionale del provvedimento impugnato ed il
contenuto degli atti del procedimento, tale da disarticolare la coerenza logica dell’intera motivazione, il ricorso è stato presentato per sostenere, in pratica, una ipotesi di ‘travisamento dei fatti’ oggetto di valutazione, sollecitando una inammissibile rivalutazione del materiale d’indagine rispetto al quale è stata proposta un significativo alternativo rispetto a quello privilegiato dal Tribunale nell’ambito di un sistema motivazionale perspicuo e completo.
Valutazione, questa, che vale soprattutto in considerazione del fatto che gli elementi indiziari a carico del ricorrente sono stati desunti in gran parte dal contenuto delle conversazioni intercettate durante le indagini: materiale rispetto al quale si pone un mero problema di interpretazione delle frasi e del linguaggio usato dai soggetti interessati a quelle conversazioni intercettate, che è questione di fatto, rimessa all’apprezzamento del giudice di merito, che si sottrae al giudizio di legittimità se – come nella fattispecie è accaduto – la valutazione risulta logica in rapporto alle massime di esperienza utilizzate.
Il quarto e il quinto motivo del ricorso (per quest’ultimo nella parte in cui si pone il problema della aggravante del ruolo apicale) non superano il vaglio preliminare di ammissibilità per carenza di interesse.
Costituisce ius receptum nella giurisprudenza di legittimità il principio secondo il quale nel procedimento cautelare sussiste l’interesse concreto e attuale dell’indagato alla proposizione del riesame o del ricorso per cassazione quando l’impugnazione sia volta ad ottenere l’esclusione di un’aggravante ovvero una diversa qualificazione giuridica del fatto, nel solo caso in cui ciò incida sull'”an” sul “quomodo” della misura: principio, questo, significativamente enunciato in una fattispecie in cui era stata addebitata la partecipazione ad un’RAGIONE_SOCIALE per delinquere di tipo mafioso, nella quale è stata giudicata corretta la decisione dichiarativa dell’inammissibilità del ricorso finalizzato alla sola esclusione del ruolo apicale dell’indagato all’interno del sodalizio, elemento privo di riflessi su presupposti della misura cautelare e sulla sua durata (in questo senso, tra le tante, Sez. 2, n. 17366 del 21/12/2022, dep. 2023, Renna, Rv. 284489; Sez. 6, n. 5213 del 11/12/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 275028).
E’, invece, fondato il terzo motivo del ricorso, in quanto – in un sufficientemente definito contesto indiziario riguardante una vicenda di estorsione aggravata e continuata ai danni del titolare di una RAGIONE_SOCIALE di pompe RAGIONE_SOCIALE (v. pagg. 3-4 ord. impugn.; pagg. 58-59 ord. Gip) – i giudici di merito, benché a tanto specificamente sollecitati dalla difesa, non sono stati in grado di chiarire quale fosse stato il contributo causale fornito dall’odierno ricorrente alla consumazione di quel delitto: posto che nel provvedimento gravato è stato
riportato esclusivamente il testo di una conversazione tra il COGNOME e il COGNOME dal quale sembra evincersi, da un lato, che il primo aveva informato il secondo che da lì a poco la vittima della estorsione gli avrebbe portato il denaro richiesto, e, dall’altro, che il COGNOME aveva sì preteso che una parte di quella somma gli venisse consegnata, fatto però riferimento alla necessità che gli venissero restituiti i soldi che aveva prestato al compagno.
Allo stato degli elementi di conoscenza a disposizione va, dunque, esclusa la sussistenza del requisito della gravità indiziaria e il materiale investigativo non sembra utilmente integrabile in un eventuale giudizio di rinvio (data l’assenza di ulteriori elementi da valutare, come desumibile dall’analisi dei due provvedimenti dei giudici di merito), il cui svolgimento risulta, dunque, superfluo. L’ordinanza impugnata va annullata senza rinvio limitatamente al reato del capo 23) ai sensi dell’art. 602, comma 1, lett. I), cod. proc. pen., con conseguente declaratoria di perdita di efficacia della misura cautelare ai sensi dell’art. 626 cod. proc. pen. e con formale scarcerazione del ricorrente in relazione a quel capo.
Alla cancelleria vanno demandati gli adempimenti comunicativi previsti dalla legge.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata limitatamente al reato di cui al capo 23, dichiarando per lo stesso l’inefficacia della misura e disponendo la scarcerazione formale. Rigetta nel resto il ricorso.
disp.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, att. cod. proc. pen.
Così deciso il 20/02/2024