Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 20081 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 20081 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 26/03/2025
SENTENZA
Sui ricorsi proposti da:
1.Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Caltanissetta
2.NOME NOME nato a Gela il 02/02/1981
avverso l ‘ordinanza emessa in data 18/12/2024 dal Tribunale di Caltanissetta, sezione per il riesame visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; preso atto che i difensori hanno avanzato rituale richiesta di trattazione orale in presenza, ai sensi dell’art. 611, commi 1 -bis e 1ter , cod. proc. pen., udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udita la requisitoria del sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha chiesto declaratoria di inammissibilità di entrambi i ricorsi, riportandosi alla memoria scritta già depositata; udita la discussione del difensore del ricorrente COGNOME, avv. NOME COGNOME anche in sostituzione dell’avv. NOME COGNOME che ha chiesto declaratoria di
inammissibilità o di rigetto del ricorso proposto dal Pubblico Ministero;
preso atto che con dichiarazione depositata in data 06/03/2025 COGNOME ManuelCOGNOME personalmente, ed i difensori di fiducia hanno rinunciato al ricorso proposto, per sopravvenuta carenza di interesse;
letta la memoria difensiva depositata in data 06/03/2025 (con relativi allegati) con la quale si chiede declaratoria di inammissibilità del ricorso proposto dal Procuratore della Repubblica;
letta l’ulteriore memoria difensiva depositata in data 12/03/2025 ( con relativo allegato) con la quale si rappresenta che con ordinanza emessa in data 07/03/2025 il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Caltanissetta, su richiesta del Pubblico Ministero, ha sostituto nei confronti di COGNOME la misura cautelare della custodia in carcere con quella non detentiva dell’obbligo di presentazione trisettimanale alla polizia giudiziaria, congiuntamente al divieto di dimora in tutti i comuni della regione Sicilia e che pertanto è venuto meno l’interesse del pubblico Ministero alla coltivazione del ricorso proposto;
RITENUTO IN FATTO
Con l ‘ordinanza impugnata, il Tribunale di Caltanissetta – giudicando a seguito di annullamento con rinvio del precedente provvedimento emesso in data 27/03/2024 nei confronti di NOME COGNOME disposto con sentenza emessa in data 30/10/2024 dalla Corte di Cassazione, sesta sezione – così statuiva: -annullava il provvedimento del 01/04/2024 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Caltanissetta applicativo della misura cautelare della custodia in carcere, limitatamente ai delitti di cui ai capi 2) e 8) di imputazione provvisoria, con riferimento alla partecipazione di NOME COGNOME ad associazione mafiosa denominata Cosa Nostra operante in Gela e a quella ulteriore dedita al narcotraffico di cui all’art. 74 d.p.r. n. 309 del 1990. -confermava, invece, tale provvedimento nella parte in cui era stata ravvisata la gravità indiziaria con riferimento ai delitti di cui ai capi 26),28), 29) di imputazione , anche con riferimento alla sussistenza delle aggravanti di cui all’art. .1 cod. pen. e la sussistenza di
provvisoria 80 d.p.r. n. 309 del 1990 e di cui all’art. 416 bis esigenze cautelari con applicazione della misura custodiale in carcere.
Ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Caltanissetta articolando due motivi.
2.1. Con il primo motivo si deduce l’insufficienza e contraddittorietà della motivazione dell’ordinanza impugnata nella parte in cui è stata esclusa la gravità indiziaria in capo a NOME COGNOME con riferimento alla partecipazione dello stesso
alla consorteria mafiosa Cosa nostra operante in Gela, articolazione gruppo COGNOME, di cui al capo 2).
Il Tribunale non si è soffermato su una serie di conversazioni intercettate (parzialmente riportate nel ricorso) che danno conto del concreto contributo fornito da NOME COGNOME al sodalizio criminale in qualità di braccio operativo del cognato NOME COGNOMEpromotore ed organizzatore), impossibilitato a muoversi dalla abitazione in quanto sottoposto alla misura della detenzione domiciliare, in particolare dalla attività captativa emerge con chiarezza che:
(a) NOME COGNOME è stato uno dei principali emissari di COGNOME essendo intervenuto, quale latore della volontà di quest’ultimo, nella composizione del contrasto insorto tra COGNOME ed i componenti della famiglia COGNOME, che era stato non un ordinario conflitto tra privati, bensì una questione di ben altro spessore ove COGNOME NOME, esponente di una storica famiglia appartenente al gruppo COGNOME e già condannato per associazione mafiosa, si era rivolto a COGNOME chiedendogli di intervenire su COGNOME NOME, autore di una denuncia dalla quale era scaturito l’arresto di COGNOME NOME (figlio di NOME) per il delitto di estorsione.
(b) NOME COGNOME era stato anche uno dei soggetti presenti agli incontri che si tenevano presso l’abitazione di Di COGNOME, tra i quali quello svoltosi con intranei alla consorteria Cosa nostra gruppo COGNOME, ed altresì quello avvenuto il 26 febbraio 2019, nel corso del quale il sodale COGNOME COGNOME aveva comunicato a COGNOME gli esiti del summit avvenuto tra i gelesi ed i catanesi per la risoluzione dei contrasti insorti nell’ambito della gestione illecita di stupefacenti.
(c) NOME COGNOME condivideva con COGNOME il sostegno economico fornito dalla organizzazione ai sodali detenuti, in conformità ad una delle regole fondamentali di Cosa nostra.
2.2. Con il secondo motivo si deduce l’insufficienza e contraddittorietà della motivazione dell’ordinanza impugnata nella parte in cui è stata esclusa la gravità indiziaria in capo a NOME COGNOME con riferimento alla partecipazione dello stesso alla associazione dedita al narcotraffico di cui al capo 8).
Il Tribunale aveva a disposizione una serie di elementi con i quali poter colmare il deficit motivazionale rilevato dalla sentenza rescindente, tutti univocamente dimostrativi della esistenza di legami tra NOME ed il cognato di NOME con i coindagati e idonei a configurare tra gli stessi un vero e proprio vincolo associativo ai sensi dell’art. 74 d.p.r. n. 309 del 1990 , e non un mero concorso di persone nel traffico di sostanze stupefacenti.
Sul punto, il Pubblico Ministero ricorrente evidenzia che COGNOME è stato ritenuto gravemente indiziato anche del reato di cui al capo 26)- sul quale si è formato
giudicato cautelare- relativo alla coltivazione di una ampia piantagione di marjuana collocata in Gela, in concorso con appartenenti al clan COGNOME (NOME NOME e COGNOME NOME); che il gruppo COGNOME ed il gruppo COGNOME erano due anime della consorteria Cosa nostra gelese, in dialogo costante tra loro grazie agli stretti contatti tenuti proprio da COGNOME NOME con NOME NOME, come attestato dalle numerose conversazioni telefoniche intercettate (da valutarsi congiuntamente alle attività di geolocalizzazione e di videosorveglianza eseguite nel corso delle indagini) e, altresì, dalle dichiarazioni rese da COGNOME NOME (il contenuto di tali esiti investigativi è illustrato alle pagine da 20 a 42 del ricorso); che l’ingente quantitativo di stupefacente prodotto dalla coltivazione delle serre oggetto dei capi di imputazione provvisoria sub 26, 28 e 29 e attivamente movimentato e i contatti tenuti da COGNOME NOME e dal cognato COGNOME con esponenti di altre consorterie mafiose (non solo gelesi ma anche catanesi), andavano considerati quali indici rivelatori della condotta associativa di cui all’art. 74 d.p.r. 309/1990.
Ha interposto ricorso per cassazione anche NOME COGNOME tramite i difensori di fiducia articolando tre motivi con i quali si è dedotta la violazione di legge con riferimento agli artt. 273 cod. proc. pen., 73 e 80 d.p.r. 309/90 e 416 bis . 1 cod. pen in ordine alla ritenuta gravità indiziaria in relazione ai reati contestati ai capi 26), 28) e 29).
Con dichiarazione depositata in data 06/03/2025 il ricorrente, personalmente, ed entrambi i difensori di fiducia hanno rinunciato alla impugnazione proposta, per sopravvenuta carenza di interesse.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Il ricorso proposto dal Pubblico Ministero va dichiarato inammissibile.
1.1. Va preliminarmente osservato – in diverso avviso da quanto prospettato nella memoria difensiva depositata in data 12/03/2025 – che non può ritenersi venuto meno l’interesse dell’ufficio pubblico impugnante a coltivare tale ricorso, il quale attiene al profilo della sussistenza di gravità indiziaria per reati diversi da quelli per i quali lo stesso ufficio ha sollecitato – nelle more del presente giudizio di legittimità – la disposta sostituzione della misura cautelare degli arresti domiciliari già applicata a NOME COGNOME con quella non detentiva dell’obbligo di presentazione trisettimanale alla polizia giudiziaria, congiuntamente al divieto di dimora in tutti i comuni della regione Sicilia.
1.2. Ciò posto, i due motivi di ricorso hanno ad oggetto la carenza e contraddittorietà della motivazione dell’ordinanza impugnata , emessa in sede di
giudizio di rinvio, nella parte in cui è stata esclusa la gravità indiziaria della partecipazione di NOME COGNOME alla consorteria mafiosa Cosa nostra, gruppo COGNOME e a quella ulteriore dedita al narcotraffico di cui all’art. 74 d.p.r. n. 309 del 1990 (capi 2 e 8 di imputazione provvisoria).
In ragione della natura delle doglianze dedotte, va ricordato che in tema di misure cautelari personali – allorché sia denunciato, con ricorso per cassazione, il vizio di motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza- il giudice di legittimità, tenuto conto della peculiare valutazione demandata e dei limiti che ad essa ineriscono, deve verificare se il giudice della cautela abbia dato adeguatamente conto delle ragioni sviluppate al riguardo, controllando la congruenza dell’apparato motivazionale riguardante l’analisi degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie (Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, Audino, Rv. 215828).
Tale principio, affermato da questa Corte nella sua più autorevole composizione orientamento, è stato ribadito anche in pronunce più recenti ove si è affermato che il controllo di logicità deve rimanere ‘all’interno’ del provvedimento impugnato, non essendo possibile procedere a una nuova o diversa valutazione degli elementi indizianti o a un differente esame degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate’ ( ex multis Sez. 4, n. 17651 del 28/03/2023, Simone, non mass.; Sez. 2 n. 27866 del 17/06/2019, COGNOME Rv. 276976; Sez. 4, n. 26992 del 29/05/2013, P.M. in proc. COGNOME, Rv. 255460).
Ne consegue, in primo luogo, che l’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza ex art. 273 cod. proc. pen. è rilevabile in cassazione soltanto se si traduce nella violazione di specifiche norme di legge ovvero nella mancanza o manifesta illogicità della motivazione, risultante dal testo del provvedimento impugnato; in secondo luogo, che il controllo di legittimità non concerne né la ricostruzione dei fatti, né l’apprezzamento del giudice di merito circa l’attendibilità delle fonti e la rilevanza e concludenza dei dati probatori, onde sono inammissibili quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito.
In particolare, costituisce questione di fatto rimessa alla valutazione del giudice di merito e non sindacabile nella fase di legittimità, l’ interpretazione del linguaggio adoperato nelle conversazioni telefoniche intercettate, e ciò anche nei casi in cui esso sia criptico o cifrato, di talchè in questa sede è possibile prospettare una interpretazione del significato di una intercettazione diversa da quella proposta dal giudice di merito solo in presenza del travisamento della prova, ovvero nel caso in cui il contenuto sia stato indicato in modo difforme da quello
reale e la difformità risulti decisiva e incontestabile (Sez. U, n. 22471 del 26/2/2015, Sebbar, Rv. 263715 ; Sez. 2, n. 50701 del 04/10/2016, COGNOME, Rv. 268389; Sez. 3, n. 35593 del 17/05/2016, COGNOME, Rv. 267650; da ultimo, Sez. 1, n. 22336 del 23/03/2021, La Torre, non mass.).
Richiamati e ribaditi tali principi, le doglianze dedotte nel ricorso interposto dal Pubblico Ministero, non solo finiscono per proporre surrettiziamente un diverso e non consentito apprezzamento di dati investigativi (anche prospettando una lettura alternativa delle conversazioni telefoniche intercettate in corso di indagine), ma valorizzano elementi e circostanze che già la sentenza rescindente di questa Corte aveva ritenuto non sufficienti ad integrare il requisito della gravità indiziaria, dando per presupposto l’inserimento, con ruolo apicale, di NOME COGNOME (posizione strettamente connessa con quella di NOME COGNOME) nella consorteria mafiosa e nella associazione finalizzata al narcotraffico che, invece, in sede cautelare, è stata ormai definitivamente esclusa essendo irrevocabile l’ordinanza , emessa proprio al riguardo, dal Tribunale del riesame in data 01/03/2024 a seguito di annullamento con rinvio di questa Corte, in diversa composizione (si veda la documentazione allegata alla memoria difensiva depositata in data 06/03/2025).
Ed invero, con l’ordinanza impugnata (pagg. 8 e 9) il collegio della cautela ha dato correttamente conto che la sentenza rescindente di legittimità – quanto alla partecipazione alla associazione mafiosa e a quella dedita al narcotraffico sia di COGNOME che dello zio COGNOME -aveva ritenuto non sufficienti, ai fini della sussistenza del requisito di cui all’art. 273 cod. proc. pen., le conversazioni intercettate tra COGNOME con familiari, conoscenti o altri soggetti nelle quali questi (peraltro parlando solo di sé stesso) si era accreditato come ‘ mafioso’ ed anche i dialoghi tra lo stesso COGNOME e NOME COGNOME i quali, seppure significativi della illecita coltivazione di sostanza stupefacente del tipo marijuana, non attestavano la cointeressenza di costoro con altri soggetti operanti in quel settore criminale.
A fronte di tale dictum , il Tribunale del riesame, in sede di giudizio di rinvio, ha escluso la gravità indiziaria in capo a NOME COGNOME osservando come, con riferimento al capo 2 di imputazione provvisoria, una volta esclusi i dialoghi intercettati che vedevano interlocutore lo zio COGNOME perché ritenuti scarsamente significativi dalla pronuncia rescindente, non erano individuabili altri elementi indiziari, in particolare nulla aveva riferito il collaboratore NOME COGNOME in ordine alla intraneità di NOME COGNOME alla consorteria mafiosa. Analoghe considerazioni erano svolte dal Collegio della cautela con riferimento al capo di imputazione provvisoria sub capo 8) rispetto al quale difettavano elementi diversi da quelli già reputati non idonei dai giudici di legittimità.
Ebbene, a fronte di tale costrutto argomentativo, il ricorso del Pubblico Ministero si risolve, in sostanza, nella valorizzazione degli stessi elementi – dei quali si chiede impropriamente in questa sede una rilettura -che la sentenza rescindente ha reputato non utili per affermare la gravità indiziaria in ordine alla partecipazione di NOME COGNOME ai sodalizi indicati nei capi 2) e 8) dell’imputazione provvisoria.
Quanto all’addebito sub) 2, p artendo dal postulato che COGNOME fosse soggetto organico al l’associazione mafiosa gruppo COGNOME (assunto definitivamente disatteso in sede di legittimità), l’ufficio impugnante sollecita una rivalutazione di merito proprio delle conversazioni intercettate ove COGNOME si attribuiva un ruolo all’interno della consorteria che il Tribunale del riesame, doverosamente uniformandosi ai principi affermati dalla sentenza rescindente, ha evidenziato come non sufficienti ad integrare la gravità indiziaria, sia in capo allo stesso COGNOME che a NOME COGNOME (quest’ult imo neppure menzionato nei dialoghi richiamati).
Il ricorso richiama altresì ulteriori risultanze captative che individuerebbero NOME COGNOME come lo stretto collaboratore (se non addirittura il braccio operativo) di COGNOME la cui intraneità nella cosca, tuttavia, lo si ripete, è stata ormai giudizialmente esclusa in sede cautelare, con inevitabile incidenza sulla posizione di COGNOME, descritta dalla stessa pubblica accusa come strettamente connessa a quella dello zio.
Anche con riferimento all’addebito sub 8), il Pubblico Ministero propone una rilettura di elementi indiziari già reputati inidonei nel giudizio rescindente a dimostrare -sul piano della gravità indiziaria l’inserimento di NOME COGNOME nel sodalizio dedito al narcotraffico.
Viene in primo luogo richiamato il diretto coinvolgimento di COGNOME nella gestione di una piantagione di marijuana oggetto del capo 26 di imputazione provvisoria, ma tale circostanza è stata correttamente ritenuta in sede di legittimità non espressiva dell’inserimento in un contesto organizzato e stabile di mezzi e di uomini e tale assunto il Tribunale del riesame si è correttamente uniformato; analoghe considerazioni valgono con riferimento agli evidenziati contatti telefonici e visivi tra COGNOME, COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, anch’essi già valutati già dalla sentenza rescindente come espressivi non di una intraneità al sodalizio dedito al narcotraffico ma di cointeressenze esclusivamente funzionali allo smercio dello stupefacente coltivato; infine, il ricorso richiama le dichiarazioni del collaboratore NOME COGNOME che il Tribunale ha valutato, dando conto che tale apporto non conteneva alcun riferimento alla figura di NOME COGNOME
Il ricorso proposto da NOME COGNOME va dichiarato inammissibile, ai sensi dell’art. 591, comma 1 lett. d) cod. proc. pen. in ragione della intervenuta rituale dichiarazione di rinuncia alla trattazione, formulata da parte dell’indagato, personalmente, e dei due difensori di fiducia.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso proposto da ll’indagato NOME COGNOME per intervenuta rinuncia, genericamente giustificata, consegue la condanna dello stesso al pagamento delle spese processuali relative al presente giudizio e al pagamento a favore della Cassa delle ammende che si ritiene equo determinare in euro cinquecento.
PQM
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna COGNOME al pagamento delle spese processuali e della somma di euro cinquecento in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 26/03/2025