Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 25618 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 25618 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME NOME
Data Udienza: 12/05/2025
SENTENZA
su ricorso proposto dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Calabria nel procedimento a carico di: NOMECOGNOME nato il 06/03/1971 in Francia avverso l’ordinanza del 24/01/2025 del Tribunale di Reggio Calabria
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; sentita la relazione svolta dalla Consigliera NOME COGNOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME in cui conclude per l’accoglimento del ricorso; lette le conclusioni dell’avvocato NOME COGNOME nell’interesse di NOME COGNOME con cui chiede la conferma del provvedimento impugnato.
RITENUTO IN FATTO
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Con ordinanza indicata in epigrafe il Tribunale di tCatanzaroi ha accolto l’appello proposto da NOME COGNOME avverso l’ordinanza con la quale il Giudice per le indagini preliminari il 13 dicembre 2024 aveva rigettato l’istanza di revoca
della misura cautelare della custodia in carcere nei confronti dell’indagato quale promotore, dirigente ed organizzatore dell’articolazione territoriale della ndrangheta egemone nel territorio di Calanna dal 2003.
Avverso detta ordinanza propone ricorso il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Calabria con i seguenti articolati motivi.
2.1. Violazione di legge e vizio di motivazione, anche nei termini di travisamento del fatto, in quanto il provvedimento impugnato ha escluso categoricamente l’esistenza della cosca Greco di Calanna sulla base di sentenze assolutorie, emesse nei procedimenti c.d. NOME e COGNOME, il cui contenuto, al contrario, offre elementi di fatto per ritenerla operativa e omettendo sia il contenuto delle dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia, di comprovata attendibilità (NOME COGNOME e NOME COGNOME oltre che lo stesso COGNOME pur nel periodo del 2000). Né si è tenuto nel dovuto conto della sentenza definitiva, emessa nel processo c.d. COGNOME, citata dalla stessa ordinanza impugnata, che aveva accertato la contrapposizione, all’interno del gruppo mafioso dei Greco di Calanna, tra Pinci e Greco per il dominio sulla locale di ndrangheta, tali da confermare l’esistenza di una cosca mafiosa di cui il ferimento di Greco e l’agguato a Princi erano la prova, a prescindere da chi ne fossero stati gli autori diretti.
2.2. Violazione di legge in relazione all’art. 416-bis cod. pen. in quanto il provvedimento impugnato ha escluso la sussistenza della gravità indiziaria del delitto per assenza del numero minimo degli associati rimasti non identificati, in aperto contrasto con la consolidata giurisprudenza, richiamata dal ricorso, che configura detto requisito in senso oggettivo, bastando la partecipazione anche di soggetti ignoti, e nonostante la plurisoggettività del gruppo mafioso risultasse dalle intercettazioni e dalla già citata sentenza definitiva nel procedimento c.d. RAGIONE_SOCIALE
2.3. Vizio della motivazione, nei termini della illogicità e del travisamento del fatto, in ordine ai contenuti delle intercettazioni ambientali puntualmente richiamate alle pagg. 6-8 del ricorso.
2.4. Vizio della motivazione nella valutazione atomistica delle risultanze indiziarie, con specifico riferimento alle intercettazioni relative alla vicenda dei c.d. “selecontrollori”, riportate a pag. 23 e ritenute di carattere neutro, espressive invece del controllo del territorio di Calanna da parte di Princi anche alla luce delle altre conversazioni e delle dichiarazioni del collaboratore di giustizia NOME COGNOME.
2.5. Violazione del principio devolutivo del giudizio di appello in ordine alla ritenuta irrilevanza della lunga latitanza del ricorrente, nonostante il relativo motivo non fosse stato prospettato dalla difesa, e comunque illogicamente
svalutata nonostante fosse stata favorita da NOME COGNOME, esponente della storica cosca COGNOME operante nel territorio reggino.
2.6. Vizio della motivazione, anche nei termini del travisamento, nella valutazione delle dichiarazioni del collaboratore di giustizia NOME COGNOME ritenuto attendibile dalla sentenza definitiva c.d. COGNOME, in quanto: a) non risalenti, essendo state rese con riferimento al periodo di tempo compreso sino al 2016 – in cui si erano verificati i due agguati mafiosi coinvolgenti la cosca di Calanna -;b) puntuali nella descrizione di luoghi, dei soggetti coinvolti, delle tempistiche, dei moventi e persino delle percentuali di spartizione degli utili tra le cosche COGNOME e COGNOME; c) provenienti da un soggetto intraneo al gruppo mafioso capeggiato dal fratello NOME; d) riscontrate sia dagli atti del processo COGNOME che dalle intercettazioni richiamate, comunque mai «sconfessate da pronunciamenti giurisdizionali» diversamente da quanto sostenuto dal provvedimento impugnato.
Il ricorso, infine, ha rappresentato le gravissime ed attuali esigenze di cautela legate agli interessi mafiosi dell’indagato sul territorio.
Il difensore di NOME COGNOME ha depositato memoria difensiva, con allegati, in cui chiede di dichiarare inammissibile il ricorso, rilevando non solo che è tutto imperniato su una ricostruzione fattuale ed alternativa del ragionamento del giudice della cautela non consentita in sede di legittimità, ma contestando la violazione del principio devolutivo in relazione al tema della latitanza del ricorrente alla luce delle deduzioni difensive contenute sia nell’istanza ex art. 299 cod. proc. pen., sia nell’atto di appello (entrambi allegati).
Il giudizio di cassazione si è svolto a trattazione scritta, ai sensi dell’art. 23, comma 8, d.l. n. 137 del 2020, convertito dalla I. n. 176 del 2020 per come prorogata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è inammissibile.
Deve innanzitutto premettersi che nei confronti di NOME COGNOME il Giudice per le indagini preliminari di Reggio Calabria aveva emesso l’ordinanza cautelare della custodia in carcere ritenendolo gravemente indiziato del delitto di cui all’art. 416-bis cod. pen., quale promotore della cosca di ndrangheta di Calanna, avverso la quale non è stata proposta istanza di riesame cosicchè, come correttamente rappresentato dal provvedimento impugnato (pagg. 6 e 7), il procedimento
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incidentale che si è instaurato con la richiesta di revoca della misura cautelare ha una portata più ampia rispetto al caso in cui sull’ordinanza genetica si sia formato il giudicato a seguito di riesame e ricorso in cassazione.
Prima di esaminare l’ampio e articolato ricorso del Procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, al fine di evitare ripetizioni, è necessario richiamare il limite che spetta al sindacato di questa Corte di legittimità in sede d impugnazione delle misure cautelari.
Il ricorso per cassazione deve riscontrare la violazione di specifiche norme di legge o il vizio di motivazione nei termini della mancanza o della manifesta illogicità nel testo del provvedimento impugnato.
Il controllo di legittimità, in particolare, non può intervenire nella ricostruzio dei fatti, né sostituire l’apprezzamento del giudice di merito circa l’attendibili delle fonti e la rilevanza dei dati probatori, ma deve essere volto a verificare che la motivazione della pronuncia: 1) sia «effettiva» e non meramente apparente; 2) non sia «manifestamente illogica», in quanto risulti sorretta, nei suoi punti essenziali, da argomentazioni non viziate da evidenti errori nell’applicazione delle regole della logica; 3) non sia «internamente contraddittoria», ovvero sia esente da insormontabili incongruenze tra le sue diverse parti o da inconciliabilità logiche tra le affermazioni in essa contenute; 4) non risulti logicamente «incompatibile con altri atti del processo» in termini tali da risultarne vanificata o radicalment inficiata sotto il profilo logico.
Per la configurabilità del vizio della motivazione non è sufficiente che gli atti del processo indicati dal ricorrente siano astrattamente idonei a fornire una ricostruzione più persuasiva di quella fatta propria dal giudicante.
Ne consegue che non possono ritenersi ammissibili le censure che, pur formalmente investendo la motivazione, si risolvono in realtà nella sollecitazione a compiere una diversa valutazione di circostanze esaminate dal giudice di merito.
Con specifico riferimento alla censura della motivazione del provvedimento cautelare circa la consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, la Corte di legittimità può solo verificare che il giudice di merito: abbia dato adeguato conto delle ragioni che lo hanno convinto della sussistenza degli elementi del quadro indiziario a carico dell’indagato e verificarne la congruenza rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie; stabilire se i giudici di merito abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione e fornito esauriente risposta alle deduzioni delle parti.
In sostanza il controllo di legittimità non è funzionale a stabilire se la decisione di merito proponga effettivamente la migliore ricostruzione degli accadimenti criminosi esaminati, alla luce delle captazioni oggetto di esame, nè deve
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condividerne il percorso argomentativo, ma deve limitarsi a verificare se tale giustificazione sia compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento giurisdizionale (Sez. 1, n. 19092 del 9/03/2021, COGNOME, Rv. 281410).
Nonostante questa cornice ermeneutica, il ricorso chiede di operare una reinterpretazione complessiva anche del contenuto delle intercettazioni che, come è noto, costituisce questione di fatto rimesso all’esclusiva competenza del giudice di merito a meno che non venga rappresentata la manifesta illogicità ed irragionevolezza della motivazione con cui dette intercettazioni vengono recepite (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715).
4. Nel caso di specie il Tribunale del riesame ha accolto l’appello della difesa, avverso il provvedimento del Giudice per le indagini preliminari che aveva negato la revoca della misura cautelare applicata ad NOME COGNOME ritenendo non integrata la gravità indiziaria dell’art. 416-bis cod. pen. per assenza del presupposto: l’esistenza di una cosca Greco a Calanna.
Il Tribunale è pervenuto a detta conclusione con un’articolata motivazione che ha esaminato, in modo dettagliato, numerose fonti probatorie: a) tutte le sentenze di assoluzione ad oggi emesse nei diversi procedimenti penali a carico dei Greco e tali da escludere che sia stata accertata giudizialmente la presenza di una cosca Greco di Calanna (procedimento Olimpia, pag. 7; procedimento Cage, pagg. 7-8; procedimento Meta, pagg. 8-9 assoluzione confermata dalla sentenza della Corte di cassazione n. 36401 del 2015); b) le dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia (COGNOME, COGNOME); c) le intercettazioni del processo COGNOME (pagg. 1921) ritenute meri frammenti di condotte estorsive, non collocati dalle indagini in termini spazio-temporali o individuandone le vittime; d) le intercettazioni del 4 giugno 2021 (pag. 21) relativa al controllo della discarica RSU di Sambatello, ritenuta “neutra” anche in base alla motivazione della stessa ordinanza genetica per assenza di riscontri attuali e per le dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia; e) la latitanza di Princi ritenuta, invece, una fuga a seguito dell’attentato subìto, per come rappresentato dalle sentenze nel processo Kalanè, e l’assenza di una precisa rete di protezione; f) le intercettazioni relative al controllo delle cosche di ndrangheta dei territori in cui svolgere l’attività venatoria ritenute neutre rispetto al potere di Princi (pagg. 22-24); g) le intercettazioni relative all’incendio dell’auto di COGNOME in cui viene sottolineata un’ambiguità rispetto al Nino indicato e la sua riferibilità all’indagato (pagg. 24-26); h) la sentenza emessa nel c.d. processo Kalanè (pagg. 13 e 17-18), per l’agguato armato ai danni di NOME COGNOME in cui NOME COGNOME era stato individuato come il responsabile, dandosi atto del suo decesso, mentre gli altri coimputati erano stati assolti; i) la sentenza
di assoluzione di NOME per il tentato omicidio ai danni di COGNOME per non aver commesso il fatto.
Da dette ultime pronunce assolutorie (sub h e i), delle quali sono stati riportati ampi stralci, risulta come fosse emersa un’aperta contrapposizione tra Princi e COGNOME per il dominio criminale della locale di Caranna «suscettibile di ulteriori approfondimenti investigativi in merito alla portata ed operatività dell’associazione ndranghetistica sul territorio».
In conclusione, il provvedimento impugnato, nell’esaminare l’intero compendio investigativo, costituito essenzialmente da stralci di sentenze assolutorie sulla cosca COGNOME di Calanna e non contrastate dalla sentenza del procedimento COGNOME, su dichiarazioni di collaboratori di giustizia e su intercettazioni, ha ritenuto come gli attentati nei confronti di Princi e del suo antagonista e parente, NOME COGNOME, fossero volti al controllo delle attività criminali nel territorio senza che ad oggi le indagini abbiano comprovato, anche solo in termini di gravità indiziaria, l’esistenza di una compagine ndranghetista.
Si tratta di argomenti completi e coerenti che, a prescindere dalla loro condivisibilità o meno, non possono ritenersi né generici, né apparenti, né manifestamente illogici.
Il ricorso del Pubblico ministero propone motivi non consentiti perché implica apprezzamenti di merito preclusi in sede di legittimità.
Non sono consentite le censure che, sotto forma di vizio di motivazione nei termini del travisamento, sollecitano, in realtà, una rilettura del materiale investigativo, come, invece, avvenuto nella specie.
5.1. È un dato non contestato dallo stesso ricorso che, ad oggi, non vi sono sentenze di condanna che attestano l’esistenza della cosca Greco di Calanna, qualificata nei termini dell’art. 416-bis cod. pen., cosicché gli stralci dell motivazioni delle singole sentenze che danno conto dell’esistenza di «fazioni contrapposte all’interno del gruppo mafioso dei Greco di Calanna» e della «lotta per l’affermazione del potere di controllo ndranghetistico sul territorio di Calanna» nell’ambito della quale sono stati inseriti gli agguati sia di Greco che di Princi (sentenza del processo c.d. Kalanè), non sono stati ritenuti dal Tribunale elementi adeguati e sufficienti per la sussistenza della gravità indiziaria del delitto contestato al ricorrente e questo a prescindere dalla questione posta sulla plurisoggettività.
Se, infatti, è un orientamento consolidato, puntualmente riportato a pagina 5 del ricorso, che il numero minimo degli associati previsto per la configurabilità del delitto associativo deve essere valutato in senso oggettivo e a prescindere dalla loro identificazione, non è manifestamente illogico ritenere, come prospettato dal
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provvedimento impugnato, che di una cosca esistente dall’ottobre del 2003 (per come è contestata l’imputazione) non sia stato individuato nessun componente
oltre Princi.
5.2. Anche le intercettazioni, che il ricorso ritiene di alto valore dimostrativo
(pagg. 5-8 del ricorso), sono state oggetto di dettagliato esame da parte del provvedimento impugnato che ne ha offerto una propria lettura che, nella
prospettiva posta in premessa dell’assenza di una compagine ndranghetista di riferimento, può essere ritenuta non convincente dalla parte pubblica, ma non è
né apparente, né generica, né manifestamente illogica così da non consentire il sindacato di questa Corte.
5.3. Alle stesse conclusioni si deve pervenire in ordine alla valutazione del
Tribunale circa la latitanza del ricorrente, avvenuta prima dell’emissione dell’ordinanza cautelare emessa nei suoi confronti, con l’aiuto della cosca di
ndrangheta COGNOME in quanto, a prescindere dalla censurata violazione della natura devolutiva dell’appello, è stato ripreso e valorizzato l’argomento, contenuto
nella sentenza del processo c.d. COGNOME, per cui la latitanza era dipesa dalla preoccupazione di Princi per la propria incolumità a seguito dell’agguato subìto dal gruppo avverso e, comunque, era stata sostenuta da membri di altra consorteria mafiosa, tanto da escluderne il rilievo sintomatico della forza intimidatrice del vincolo associativo.
5.4. In ordine, infine, al giudizio di attendibilità del collaboratore di giustizi NOME COGNOME è lo stesso ricorso a rappresentare come non vi sia stato alcun vizio di motivazione al riguardo, in quanto il provvedimento impugnato aveva provveduto ad una rivisitazione «a 360 gradi» delle sue dichiarazioni, riportate per ampi stralci alle pagg. 14 e 15, ridimensionandole ma non ritenendole inattendibili (dunque a prescindere dalla sentenza emessa nell’ambito del cosiddetto processo De bello gallico), e questo, ancora una volta, perché il Tribunale aveva collocato il contrasto tra Greco e Princi nell’ambito del solo controllo del territorio e delle attività delinquenziali a Calanna, senza che a monte vi fosse un clan di ‘ndrangheta da dirigere, anche per assenza di specifici reati-fine attribuitigli nell’arco dell’inter periodo.
Dagli argomenti che precedono consegue l’inammissibilità del ricorso.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso. Così deciso il 12 maggio 2025
La Consigliera estensora
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