Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 16345 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 16345 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 02/04/2025
R E P U B B L I C A I T A L I A N A
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SESTA SEZIONE PENALE
Composta da
COGNOME COGNOME Presidente – Sent.n.sez.432/25
NOME COGNOME CC
– 2/04/2025
NOME COGNOME R.G.N.6190/2025
NOME COGNOME – Relatore
–
NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOMECOGNOME nato a Castrovillari il 4/11/1997
avverso l’ordinanza del 10/12/2024 emessa dal Tribunale di Catanzaro visti gli atti, l’ordinanza impugnata e il ricorso; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale NOME COGNOME che chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale del riesame di Catanzaro confermava l’ordinanza applicativa della custodia cautelare in carcere, disposta nei confronti di NOME COGNOME in ordine ai reati di associazione ex 74 D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 e tentata estorsione aggravata dall’uso del metodo mafioso.
Nell’interesse del ricorrente sono stati formulati tre motivi di impugnazione.
2.1. Con il primo si deducono violazione di legge e vizi di motivazione in punto di gravità indiziaria per il delitto associativo.
Sostiene la difesa che l’ordinanza impugnata ha valorizzato essenzialmente il contenuto di un’unica conversazione intercettata, dalle quali non emergerebbe né l’esistenza di una struttura organizzata , né il ruolo di associato dell’indagato, ma, al più, un accordo occasionale tra alcuni individui, prodromico ad eventuali attività illecite riconducibili nell’alveo del mero concorso di per sone nel reato.
Il ricorrente evidenzia, inoltre, come a suo carico non siano state elevate contestazioni in ordine alla commissione di reatiscopo dell’associazione finalizzata al narcotraffico, il che si pone in aperto contrasto con il preteso ruolo di custode, trasportatore e spacciatore al dettaglio dello stupefacente.
2.2. Con il secondo motivo si deduce il vizio di motivazione e la violazione di legge in relazione al tentativo di estorsione in danno di COGNOME NOME, rispetto al quale la difesa censura l’assoluta insufficienza delle intercettazioni valorizzate, posto che da tali colloqui non emergerebbe la formulazione di pretese estorsive, tanto meno sarebbero state formulate minacce esplicite alla persona offesa.
Si contesta, altresì, la ritenuta sussistenza del metodo mafioso, non essendo stata in alcun modo evocata la forza intimidatrice del vincolo associativo.
2.3. Con il terzo motivo di ricorso denuncia i medesimi vizi in punto di esigenze cautelari, rilevando che il Tribunale si sarebbe limitato a dar valore alla presunzione di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., senza individuare specifici elementi di fatto da cui desumere la concretezza e l’attualità dei pericoli ritenuti, non potendo trovare applicazione la regola della tendenziale stabilità dell’adesione al sodalizio criminale, valevole per le consorterie mafiose.
3. Il ricorso è stato trattato in forma cartolare.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è parzialmente fondato
L’ordinanza impugnata, con riguardo all’imputazione associativa, è costruita mediante l’individuazione degli elementi dimostrativi dell’esistenza del sodalizio, per poi individuare gli indici dell’appartenenza nei confronti di Cofone.
In questa seconda parte, la motivazione è manifestamente contraddittoria.
In primo luogo, si evidenzia come l’unico elemento indiziario specificamente riferibile a COGNOME è costituito dalla conversazione intercorsa tra questi e i fratelli
Abbruzzese –NOME e NOME -presunti vertici del gruppo.
A prescindere da ogni considerazione in ordine alla possibilità di fondare la gravità indiziaria sulla base di una sola intercettazione, dal contenuto di per sé non dirimente, la contraddittorietà della motivazione emerge dal commento che il Tribunale dedica al contenuto della conversazione.
Si afferma, infatti, che «i fratelli COGNOME abbiano approntato, nei confronti del COGNOME, un’opera di convincimento per fa rlo diventare socio o, quantomeno, per indurlo ad acquistare da loro la sostanza, pagandola di volta in volta» (p.10) .
Il Tribunale, pertanto, descrive una condotta propedeutica all’eventuale ingresso di Cofone nell’associazione capeggiata dagli COGNOME, ipotizzando, in alternativa, un accordo per il solo acquisto di stupefacente. La prospettazione, formulata nei suddetti termini, rende di per sé incerto se Cofone abbia successivamente aderito o meno alla proposta dei fratelli COGNOME, decidendo di far parte del sodalizio, piuttosto che limitarsi ad acquisti occasionali e inidonei a dar luogo alla partecipazione.
Quest’ultimo aspetto dirimente ai fini della configurabilità della gravità indiziaria -è rimasto sostanzialmente inesplorato, posto che nel prosieguo della motivazione il Tribunale afferma che COGNOME sarebbe divenuto un collaboratore dei fratelli COGNOME, senza specificare in alcun modo la fonte di tale affermazione.
Il vizio della motivazione, peraltro, è reso ancor più evidente dal fatto che a Cofone non è contestato alcun reato-fine di spaccio, il che rende ancor più incerta la sua effettiva adesione all’associazione .
È pur vero che, in astratto, la partecipazione ad un’associazione non presuppone la dimostrazione della commissione di reati-fine, ma è altrettanto innegabile che in un quadro di scarsa certezza in ordine all’appartenenza, il fatto che nei confronti dell’indagato non emergano indizi di commissione di reati -scopo diviene un elemento a favore della sua estraneità al sodalizio, con il quale il Tribunale si sarebbe dovuto confrontare.
Il secondo motivo di ricorso, concernente la tentata estorsione poste in essere ai danni di NOME COGNOME, è infondato.
Il Tribunale ha compiutamente ricostruito la vicenda, basandosi non solo sul contenuto -peraltro inequivoco -delle intercettazioni, ma anche dall’annotazione della polizia giudiziaria con la quale si dava atto che COGNOME aveva riferito delle minacce subite, pur rifiutandosi di formalizzare la denuncia per il timore di ritorsione, nonché sulle dichiarazioni rese dai familiari di COGNOME che, parimenti, avevano confermato l’esistenza delle minacce.
In tale contesto, COGNOME ha assunto un ruolo diretto, contattando il genero di
COGNOME al fine di indurre quest’ultimo a recarsi ad un incontro con i fratelli COGNOME.
Il contesto complessivo emergente dagli elementi indicati dal Tribunale del riesame è tale da escludere qualsivoglia vizio della motivazione, anche in relazione alla ritenuta sussistenza dell’aggravante dell’uso del metodo mafioso, essendosi evidenziata l’efficacia intimidatoria promanante dal gruppo costituito dai fratelli COGNOME.
Una volta confermata la misura cautelare, quanto meno in relazione al reato di tentata estorsione aggravata ai sensi dell’art. 416 -bis .1 cod. pen., ne consegue la manifesta infondatezza delle doglianze relative alla sussistenza delle esigenze cautelari, trovando applicazione la doppia presunzione di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen.
Alla luce di tali considerazioni, ferma restando la conferma della misura cautelare in ordine al reato di tentata estorsion e, deve disporsi l’annullamento con rinvio limitatamente alla verifica della sussistenza della gravità indiziaria in ordine al reato associativo.
PQM
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Catanzaro competente ai sensi dell’art. 309, co. 7, c.p.p.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 2 aprile 2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME Di NOME