Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 9164 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 9164 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 20/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMECOGNOME nato a Palermo il 26/10/1982
avverso l’ordinanza del 29/10/2024 del Tribunale del riesame di Palermo letti gli atti, il ricorso e l’ordinanza impugnata; udita la relazione del Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico ministero in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il difensore NOME COGNOME ha proposto ricorso avverso l’ordinanza in epigrafe con la quale il Tribunale del riesame di Palermo ha confermato quella emessa il 7 ottobre 2024 dal GIP presso il medesimo Tribunale, applicativa della misura custodiale nei confronti del COGNOME per i reati di cui agli artt. 74 d.P.R. 309 del 90 e 629, comma 2, cod. pen., aggravati ex art. 416 bis cod. pen. – per aver partecipato all’associazione finalizzata al traffico di cocaina, eroina, crack e hashish, operante nel mandamento mafioso di INDIRIZZO, e per l’estorsione commessa con armi ai danni di COGNOME NOME, COGNOME NOME e
NOMECOGNOME agendo nell’interesse del sodalizio mafioso e con metodo mafioso-, contestati ai capi 2) e 3) dell’imputazione provvisoria.
Ne chiede l’annullamento per due motivi.
1.1. Con il primo denuncia la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. c) ed e) cod. proc. pen. in relazione all’art. 74 d.P.R. 309 del 90 per violazione della legge processuale e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla gravità indiziaria per inutilizzabilità degli elementi probatori relativi al perio precedente al 12 marzo 2019 – da cui decorre la contestazione del reato associativo-, avendo il GIP precisato che a carico dell’indagato si è già proceduto nell’ambito di altro procedimento all’esito del quale il COGNOME è stato assolto.
Anziché espungerle, il Tribunale ha utilizzato le dichiarazioni dei collaboratori COGNOME e COGNOME, confluite in detto procedimento, senza considerare che erano relative ad un periodo risalente, coperto dal giudicato assolutorio, sicché, una volta eliminate, il quadro probatorio risulta costituito solo dalle dichiarazioni di NOME COGNOME, prive di riscontri esterni ed inidonee a provare la partecipazione all’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, potendo al più dimostrare la partecipazione mafiosa del Rizzuto, peraltro, già accertata con sentenza definitiva di condanna nel procedimento cd Cupola 2.0, ma di assoluzione- al pari di NOME COGNOME– dal reato di cui all’art. 74 d.P.R. 309/90. Nessuna incidenza può, quindi, attribuirsi a detta sentenza; anche il riferimento alla sentenza del 22 febbraio 2024 del GUP di Palermo è privo di rilievo, non essendo la sentenza definitiva e riguardando solo il contesto di Porta Nuova, sicché illogicamente viene valorizzato nell’ordinanza per sostenere che il Rizzuto avrebbe gestito la piazza di spaccio per conto dell’associazione.
Le dichiarazioni del COGNOME sono generiche; egli non indica con precisione il ruolo di partecipe del ricorrente né chiarisce da chi avrebbe appreso del suo coinvolgimento; anche i riscontri indicati nell’ordinanza sono inidonei a supportare l’accusa, in quanto de relato e provenienti dallo stesso COGNOME NOME: ciò vale per le dichiarazioni della compagna NOME NOME e per la conversazione registrata il 9 febbraio 2023; anche i colloqui intercettati presso l’abitazione di NOME COGNOME non dimostrano il coinvolgimento del COGNOME nell’associazione diretta al traffico di stupefacenti, ma solo la partecipazione mafiosa, già accertata.
1.2. Con il secondo motivo denuncia la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione all’estorsione aggravata di cui al capo 3) per mancanza di gravi indizi di colpevolezza.
Escluse le dichiarazioni dei collaboratori, inutilizzabili per le ragioni prima esposte, le dichiarazioni del COGNOME sono prive di riscontro relativamente alla vicenda estorsiva, avendo i riscontri carattere circolare, in quanto le dichiarazioni della compagna e la conversazione del 9 febbraio hanno ad oggetto fatti appresi
dal La Dolcetta; il riferimento di NOME a un certo NOME proviene dalla stessa fonte, ma, soprattutto, non si è tenuto conto del rancore nutrito dal dichiarante nei confronti del COGNOME e della volontà vendicativa che ha animato la collaborazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi, che solo formalmente denunciano violazioni di legge, in realtà, propongono una lettura riduttiva del compendio probatorio, sollecitandone una rivalutazione, preclusa in questa sede, specie a fronte di una motivazione congrua, completa e lineare, che ha già esaminato e confutato le argomentazioni riproposte in questa sede.
In particolare, il primo motivo di ricorso è diretto a sminuire la rilevanza delle dichiarazioni del RAGIONE_SOCIALE e dei riscontri valorizzati dal Tribunale, invece, integranti un solido quadro probatorio.
Del tutto infondata è l’eccezione di inutilizzabilità delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia relative al periodo precedente a quello oggetto del giudizio in corso perché coperto da giudicato assolutorio, atteso che delle stesse l’ordinanza dà atto in quanto menzionate nella sentenza irrevocabile del 29 maggio 2024, acquisita agli atti, che ha definitivamente accertato l’appartenenza organica del ricorrente al mandamento di Porta Nuova, la posizione di vertice rivestita ed il ruolo attivo svolto in due episodi estorsivi.
Il riferimento dell’ordinanza a detta sentenza ed a quella emessa il 22 febbraio 2024 dal GUP del Tribunale di Palermo, che ha riconosciuto lo stretto rapporto di interdipendenza tra l’associazione mafiosa e quella dedita al narcotraffico nel territorio di Porta Nuova, è solo funzionale a descrivere il contesto svelato da pregresse indagini aventi ad oggetto la composizione e la ricostruzione delle attività criminali del mandamento di Porta Nuova, tra cui il narcotraffico, costituenti il substrato sul quale si innestano le indagini svolte nel procedimento in oggetto, concentrate su detto settore illecito e nel cui ambito sono state nuovamente assunte le dichiarazioni dei collaboratori COGNOME COGNOME e quelle ben più rilevanti di NOME COGNOME che non ha assunto lo status di collaboratore né ha usufruito dei relativi benefici, ma ha reso dichiarazioni su fatti dei quali è stato protagonista, accusandosi di gravi reati, ignoti agli inquirenti, confermando quanto già accertato nelle sentenze in atti circa il ruolo di vertice del COGNOME nel mandamento mafioso e nel traffico di stupefacenti.
Nessuna violazione è riscontrabile nell’impostazione accusatoria validata dal Tribunale, atteso che l’imputazione provvisoria ha ad oggetto il periodo successivo a quello coperto da giudicato assolutorio, essendo stati acquisiti elementi nuovi a sostegno dell’accusa, costituiti dalle dichiarazioni di cui si è detto, da quelle della compagna del COGNOME, dal colloquio dalla stessa registrato il 9 febbraio 2023 e dalle conversazioni intercettate nell’abitazione del padre del COGNOME, coinvolto nel traffico di stupefacenti con il figlio e vittima dell’episod estorsivo insieme ad NOMECOGNOME
L’ordinanza illustra il contenuto delle dichiarazioni rese dai collaboratori e ne rileva la convergenza sul ruolo verticistico del COGNOME nella gestione del traffico di stupefacenti per conto e nell’interesse della famiglia mafiosa di Porta Nuova nel territorio del mandamento; reputa attendibili le ulteriori dichiarazioni del COGNOME, confermando il giudizio di credibilità già espresso dai giudici di merito, per avere questi riferito fatti e vicende alle quali aveva personalmente assistito. Questi ha dichiarato che il COGNOME era il referente al quale ci si doveva rivolgere per ottenere l’autorizzazione a spacciare nel territorio del mandamento e colui che ordinava di sanzionare chi non l’aveva richiesta, avvalendosi dello COGNOME, noto picchiatore alle sue dipendenze- aveva, infatti, assistito a pestaggi di soggetti morosi, ordinati dal COGNOME-; gestiva le piazze di spaccio, imponendo il quantitativo da acquistare e un prezzo più alto di quello di mercato per ricavarne una quota destinata alla famiglia, in particolare, al mantenimento dei detenuti (pag. 7-9).
Il Tribunale ha dato atto della convergenza delle dichiarazioni del COGNOME e della rilevanza di quelle del La Dolcetta, determinatosi a rivelare quanto a sua conoscenza dopo l’arresto per detenzione di cocaina (avvenuto ad inizio 2023) perché non più disposto a subire minacce ed a tollerare le intimidazioni e le prevaricazioni degli esponenti mafiosi, che imponevano i quantitativi di sostanza da acquistare, il prezzo di acquisto, fuori mercato, i tempi stretti di pagamento e il versamento di una quota in favore delle casse del mandamento.
L’ordinanza riporta (pag. 10-13), inoltre, le dichiarazioni del COGNOME, che ricostruiscono le fasi del primo contatto con l’associazione mafiosa e descrivono l’approccio cercato tramite un suo amico,- precisamente identificato e indicato in NOME COGNOME a differenza di quanto sostenuto nel ricorso-, con i referenti del mandamento, che gli avevano imposto di acquistare soltanto da loro a prezzo maggiorato per risarcirli del danno loro arrecato nel periodo in cui aveva lavorato senza autorizzazione. Sono descritti i rapporti con lo COGNOME, incaricato della riscossione; la richiesta di protezione rivolta ad esponenti della famiglia mafiosa della Noce e la richiesta di mediazione rivolta al suo fornitore, esitata nell’imposizione di pagare anche un contributo mensile alla Noce oltre ad acquistare cocaina a prezzo maggiorato; la necessità di rapportarsi e di trattare / ;
con il referente del mandamento ovvero con il COGNOME, che aveva incontrato presso la sua abitazione ove era detenuto agli arresti domiciliari con il braccialetto elettronico, e che gli aveva ordinato di rivolgersi al COGNOME, ma, a seguito della sua opposizione, si era verificato il grave episodio ai danni del padre e dell’Aruta che lavoravano con lui, oggetto del capo 3).
Nell’occasione erano stati trattenuti in una stalla e minacciati con pistole dal COGNOME, dal COGNOME, dallo COGNOME e dal COGNOME, il quale aveva esploso un colpo d’arma da fuoco ad altezza d’uomo, colpendo il muro alle spalle del padre, imponendo loro di vendere un kg di cocaina per loro conto al prezzo di 55 mila euro da versare entro la sera stessa. A tale episodio erano seguiti ulteriori richieste di protezione presso altri esponenti mafiosi ed un ulteriore incontro con il COGNOME, in ragione della posizione di vertice e del potere decisionale riconosciutogli, per comprendere il motivo della doppia imposizione (anche in favore della Noce), ottenendo nuove condizioni, fermo l’obbligo di acquistare da loro cocaina al prezzo imposto da versare entro i tempi stabiliti e di saldare i debiti.
A fronte di tale puntuale ricostruzione dei fatti risulta priva di ogni fondamento la dedotta genericità delle dichiarazioni del COGNOME, la cui attendibilità intrinseca ed estrinseca è stata ritenuta in ragione della spontaneità delle dichiarazioni e della singolare convergenza con quanto già riferito dai collaboratori ed emerso dalle indagini precedenti di cui davano atto le sentenze acquisite.
Piuttosto è generica e priva di consistenza l’obiezione difensiva, che reputa ricavabili da tali dichiarazioni solo il profilo e la caratura mafiosa del Rizzuto, non la partecipazione all’associazione dedita al narcotraffico, atteso che, proprio in ragione della posizione qualificata nell’associazione mafiosa, al ricorrente spettava analoga e riconosciuta posizione di livello verticistico nella parallela associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, operante nel territorio del mandamento, impegnata a mantenere il controllo e la gestione delle piazze di spaccio con imposizione delle regole del sodalizio mafioso e la repressione violenta della loro inosservanza con netta percezione all’esterno della coincidenza e convergenza di scopi illeciti delle due strutture associative.
Contrariamente all’assunto difensivo, anche la valutazione espressa sugli elementi di riscontro alle dichiarazioni del COGNOME risulta corretta, avendo il Tribunale dato conto del carattere diretto e non de relato delle dichiarazioni della COGNOME, compagna del dichiarante, in quanto ella aveva riferito fatti direttamente appresi per avervi assistito, oltre a documentare le circostanze riferite nel corso del colloquio con l’COGNOME, perfettamente coincidenti con quanto dichiarato dal COGNOME NOME (pag. 16-17 ordinanza). Decisiva è risultata l’indicazione dell’Aruta della persona da cui proveniva l’imposizione di continuare a smerciare
cocaina alle condizioni previste e di pagare periodicamente, individuata nel Rizzuto per lo stato di detenzione nonché per particolari e caratteristiche fisiche nonché chiaramente indicata come colui che comandava e aveva il potere di minacciare pur di ottenere un fondo cassa (pag.17); è, inoltre, netto il riscontro emerso dal colloquio registrato, in cui l’Aruta ammetteva di aver incontrato il Rizzuto presso la sua abitazione, confermandone ruolo e potere di imporre le regole e il rispetto delle stesse.
Analogamente giustificata è la valenza di riscontro attribuito ai colloqui intercettati presso il padre del COGNOME, particolarmente valorizzati perché dimostrativi della provenienza delle imposizioni e intimidazioni dal COGNOME e dallo COGNOME, tanto da indurre il padre del COGNOME a recarsi presso il COGNOME e prendere le distanze dalla decisione del figlio di collaborare per evitare ritorsioni, ma nella consapevolezza che le dichiarazioni del figlio avrebbero potuto danneggiare molti associati (pag. da 19 a 22).
Tali dichiarazioni confermano appieno il ruolo del COGNOME non solo quale esponente mafioso, ma di referente di vertice del sodalizio dedito al narcotraffico, essendo in questo settore impegnato il dichiarante. In particolare, trova conferma l’imposizione, anche con violenza, del rispetto delle regole dettate dai vertici del mandamento, imponendo a tutti gli operatori delle piazze di spaccio di ottenere l’autorizzazione, di corrispondere somme di denaro destinate alla cassa dell’associazione, sanzionando gli inadempienti o imponendo l’acquisto di stupefacenti di cattiva di qualità a prezzi fuori mercato.
Analogamente inammissibile è il secondo motivo relativo all’estorsione commessa ai danni del padre del COGNOME e dell’COGNOME, di cui si è detto, chiaramente emergente dalle dichiarazioni della COGNOME, che aveva constatato lo stato di prostrazione e di terrore del suocero, minacciato con arma e che aveva visto esplodere un colpo ad altezza d’uomo che aveva colpito il muro alle sue spalle, e da quelle dell’COGNOME, che aveva spiegato la finalità dell’azione e della minaccia armata, destinata ad imporre l’acquisto di un kg di cocaina al prezzo di 55 mila euro da versare entro la sera stessa. Dichiarazioni queste che riscontrano perfettamente quelle del La Dolcetta NOME, della cui attendibilità i giudici di merito non dubitano, a differenza del ricorrente, risultando valorizzata la spontaneità della decisione maturata dopo l’arresto, vissuto come liberazione dall’oppressione e dalle imposizioni del Rizzuto e dei suoi emissari, divenuta intollerabile.
All’inammissibilità consegue ex art. 616 cod. proc. pen. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della cassa delle ammende, equitativamente determinata in tremila euro.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso, 20 febbraio 2025
Il consigliere COGNOME nsore