Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 26304 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 26304 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 29/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a MODUGNO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 22/12/2023 del TRIB. LIBERTA’ di BARI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria scritta del Procuratore generale, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Bari con l’ordinanza indicata in epigrafe, in funzione di giudice del riesame in materia di misure cautelari personali, ha parzialmente accolto l’istanza di riesame presentata nell’interesse di COGNOME NOME avverso l’ordinanza emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bari il 6/11/2023 riqualificando il reato oggetto del capo 85) ai sensi dell’art. 73, comma 4, d.P.R. 9 ottobre 1990, n.309, ma confermando il titolo cautelare applicativo della misura della custodia in carcere per i seguenti fatti: reato di cui all’art. 74, commi 1, 2,3, 4,5, T.U. Stup. per avere anche con persona minore partecipato a un’associazione finalizzata a commettere un numero indefinito di delitti in materia di traffico e commercializzazione di cocaina, eroina, marijuana, e hashish con il ruolo di spacciatore – collaboratore in particolare di COGNOME NOME – nei tempi e nei modi stabiliti da COGNOME NOME, di sostanze stupefacenti del tipo cocaina, marijuana ed eroina. In Bitonto, Palo del Colle, Adelfia, Noicattaro dal 10 agosto 2019 al 24 febbraio 2020 e con permanenza all’attualità (capo 1); delitto di cui agli artt. 81, comma 2, 110 cod. pen., 2, 4 7 legge 2 ottobre 1967, n.895 per avere detenuto e portato in pubblico, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, in concorso con altri, armi comuni da sparo in Palo del Colle e Bitonto in data precedente e prossima al 3 gennaio 2020 (capo 2); tre reati scopo di detenzione continuata in concorso di sostanza stupefacente in Palo del Colle il 14 dicembre 2019 (capo 85), in Palo del Colle il 14-15 dicembre 2019 (capo 86), in Palo del Colle il 28 dicembre 2019 (capo 88).
2. NOME COGNOME propone ricorso per cassazione censurando l’ordinanza, con un primo motivo, per violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento al delitto di cui all’art. 74 T.U. Stup. e al ruolo ricoperto dall’indaga nel sodalizio in relazione all’art. 273 cod. proc. pen. La difesa aveva proposto riesame allegando l’assoluta inconsistenza dell’apparato indiziario a carico del COGNOME, dato il numero ridottissimo di conversazioni ambientali a lui riferibili e fatto che gli unici soggetti con i quali l’istante avesse avuto contatti erano il COGNOME e il COGNOME, ai quali è legato da un rapporto di amicizia. Si era evidenziato come non fossero state individuate ulteriori obiettive condotte concrete dell’indagato dalle quali poter desumere il suo effettivo contributo al funzionamento e all’operatività del sodalizio criminoso. Il Tribunale ha confermato la gravità indiziaria per il reato associativo senza offrire risposte alle deduzioni difensive, con le quali si erano messe in evidenza le seguenti circostanze: i collaboratori di giustizia non avevano fatto riferimento al COGNOME
quale partecipe al sodalizio criminale, mancavano intercettazioni sull’utenza in uso al COGNOME, mancava un «citofono» in uso all’indagato, mancavano conversazioni attestanti l’attività di pusher, mancavano riscontri oggettivi in merito all’attività di spacciatore del COGNOME per conto del sodalizio, mancavano sequestri di sostanza stupefacente in danno del COGNOME. Si era censurata la grave carenza di elementi indicativi del ruolo rivestito dall’indagato all’interno dell’organizzazione, tanto è vero che il COGNOME non risulta inserito nella cosiddetta «turnazione» e neppure risulta interessato da «accordi volti alla suddivisione del lavoro e alla spartizione dei guadagni». L’assenza di frequentazione del ricorrente con i coindagati e di elementi indicativi di un ruolo attivo in ordine ai reati scopo ascrittigli rendeva, secondo la difesa, del tutto insufficiente la circostanza che il ricorrente fosse stato «osservato» dalla polizia giudiziaria in compagnia di altri coindagati.
Manca, si assume, ogni riscontro circa l’approvvigionamento e la cessione di sostanza stupefacente né vi sono elementi che collochino il COGNOME nella piazza di spaccio in base ai turni stabiliti per i singoli pusher, per cui il Tribunale non ha individuato circostanze concrete capaci di rendere inequivoco e certo il contributo attuale dell’associato a favore della consorteria di appartenenza.
Con il secondo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari. Il ricorrente non è gravato da segnalazioni successive alla commissione dei reati-fine, risalenti al 2019, e l’ultimo controllo sul territorio in compagnia di altri coindagati risale all’ann 2020. Il Tribunale ha omesso di valorizzare l’importante lasso di tempo trascorso tra l’ultimo controllo del COGNOME in compagnia di altri coindagati e l’esecuzione della misura, affrontando in maniera del tutto illogica il tema della possibilità di soddisfare le esigenze cautelari attraverso la misura degli arresti domiciliari anche con applicazione di braccialetto elettronico. Il Tribunale ha ritenuto che il ricorrente avesse dimostrato di svolgere il traffico anche mediante l’uso del solo telefono, ma tale assunto si pone in contraddizione con gli elementi raccolti durante le indagini.
Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I motivi di ricorso sono infondati.
Il Tribunale del riesame, dopo aver richiamato gli elementi indicativi della gravità indiziaria a sostegno del reato associativo di cui all’ipotesi accusatoria (pagg.7-8, 12-47), ha confermato il giudizio espresso nell’ordinanza genetica circa la gravità indiziaria a carico di NOME COGNOME con il ruolo di partecipe dei traffici illeciti in materia di stupefacenti e nella detenzione di armi per conto della compagine criminale.
Occorre premettere che, ai fini dell’applicazione o della conferma di una misura cautelare, è necessario ma anche sufficiente che i giudici delle fasi di merito cautelare non si sottraggano a una approfondita e scrupolosa disamina del compendio intercettativo a loro disposizione, potendo desumere il giudizio di gravità indiziaria anche dalle sole conversazioni, tanto più allorchè siano plurime, inequivoche e continuative nel tempo. E’, infatti, sufficiente il requisito della sola gravità degli indizi, posto che l’art. 273, comma 1 -bis, cod.proc.pen. richiama espressamente il terzo ed il quarto comma dell’art. 192, ma non anche il secondo comma (che prescrive la valutazione della precisione e della concordanza, accanto alla gravità, degli indizi): ne consegue che, in sede di giudizio de libertate, la valutazione degli indizi non va operata secondo i parametri richiesti ai fini dell’affermazione di responsabilità all’esito del giudizio di cognizione. Il diverso regime trova evidente giustificazione nella diversità dell’oggetto della delibazione cautelare, preordinata ad un giudizio prognostico in termini di ragionevole ed alta probabilità di colpevolezza del chiamato, rispetto a quella di merito, orientata invece all’acquisizione della certezza processuale in ordine alla colpevolezza dell’imputato (Sez. 2, n.8948 del 10/11/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 284262 – 01; Sez. 2, n.48276 del 24/11/2022, COGNOME, Rv. 284299 – 02; Sez. 6, n.26115 del 11/06/2020, COGNOME, Rv. 279610 – 01, in cui si definisce il requisito della gravità dell’indizio). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Quanto al ruolo del partecipe di un’associazione finalizzata al narcotraffico, si deve ritenere che a fronte di gravi indizi di plurime commissioni, in concorso con altri partecipi, di fatti integranti i reati-fine dell’associazione, e ragione della natura permanente del reato associativo, la prova dell’inesistenza di un vincolo di natura associativa con i correi non può consistere nella limitata durata dei rapporti con costoro (Sez. 3, n. 42228 del 03/02/2015, Prota, Rv. 265346 – 01); la qualifica di partecipe deve, poi, essere vagliata tenendo conto
del fatto che, con riferimento all’attività di procacciamento e spaccio di sostanze stupefacenti, non è necessaria per la configurabilità dell’associazione una struttura articolata o complessa o una esplicita reciproca manifestazione di intenti, essendo sufficiente una struttura anche esile alla quale i compartecipi possano fare reciproco, anche tacito, affidamento (Sez. 5, n. 11899 del 05/11/1997, Saletta, Rv. 209646 – 01). In un simile contesto, il ruolo del partecipe può desumersi dalle più diverse forme di collaborazione alle attività del sodalizio, talvolta configurandosi come condotta agevolatrice di reati-scopo, talaltra anche come condotta più in generale indicativa di una stabile disponibilità a compiere quanto si renda necessario per la realizzazione delle attività del sodalizio (Sez. 6, n. 50133 del 21/11/2013, Casoria, Rv. 258645 01).
Il primo motivo di ricorso si incentra sulla figura del pusher; la difesa contesta che gli indizi ravvisati dal giudice della cautela siano idonei a sostenere che il COGNOME abbia rivestito tale ruolo, senza considerare che nell’ipotesi accusatoria gli si attribuisce il ruolo di «spacciatore – quale collaboratore in particolare di COGNOME NOME». L’ordinanza qui impugnata deve, dunque, essere letta alla luce di tale differente indicazione. Per quanto nel ricorso siano elencati gli argomenti sottoposti al giudice del riesame dei quali il Tribunale avrebbe omesso ogni valutazione, nessun confronto effettivo è rinvenibile nell’atto di impugnazione con gli argomenti sviluppati dal giudice del riesame, implicitamente reiettivi delle argomentazioni difensive.
5.1. Non può essere, in primo luogo, ignorato l’importante compendio indiziario, corroborato dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, che costituisce premessa di ogni valutazione a carico del COGNOME, avente ad oggetto la descrizione del più ampio contesto criminale nel quale si devono collocare, in particolare NOME COGNOME in posizione apicale e NOME COGNOME, con ruolo di partecipe dedito a plurime attività sotto le direttive, tra gli altri, COGNOME. L’ipotesi accusatoria colloca, infatti, NOME COGNOME nella posizione di collaboratore del RAGIONE_SOCIALE, soggetto a pieno titolo collocato all’interno di un contesto indiziario molto più ampio inerente, oltre che al reato associativo, a numerosi reati-scopo elencati in 138 capi d’imputazione.
5.2. Alle pagg. 47-48 il Tribunale ha riportato le doglianze difensive, sovrapponibili a quelle riproposte con il ricorso per cassazione, così proseguendo la motivazione con l’illustrare le ragioni per le quali tali doglianze sono state ritenute infondate. COGNOME conversa con COGNOME NOME e COGNOME NOME (RIT. 2710/19 progr.197) mentre si trovano nel veicolo Seat Marbella intestato al COGNOME, intenti in attività di occultamento di sostanza stupefacente (pagg.51,
67-74); il 14/12/2019 (RIT. 2710/19 progr. 198) COGNOME NOME e COGNOME NOME incontrano COGNOME NOME informandolo dell’arresto di COGNOME NOME e della massiccia presenza delle forze dell’ordine nel centro storico di Palo del Colle (pagg. 53, 76-96); sempre il 14/12/2019 (RIT. 2710/19 progr. 199) COGNOME NOME e COGNOME NOME dialogano a proposito della necessità di nominare un legale all’arrestato (pag.54). Sempre a pag. 54 dell’ordinanza un elenco di conversazioni che documentano il rapporto di COGNOME con altri sodali, oltre che la collaborazione nell’attività di spaccio dei medesimi (pag.1954 ordinanza genetica); esiti dei controlli sul territorio attestano la frequentazione di COGNOME con altri coindagati in un arco temporale che va dal 2016 al 2020 (pagg. 56-57, pag.1849 ordinanza genetica); un’intercettazione del 3 gennaio 2020 (RIT. 2806/19 progr.1269) fornisce secondo il Tribunale gravi indizi in merito al fatto che il COGNOME fosse ben a conoscenza dell’esistenza di armi a disposizione del sodalizio (pagg. 60, 66) e commentasse la qualità delle armi a loro disposizione. Altro significativo indice della intraneità del COGNOME è stato individuato nelle espressioni utilizzate al momento dell’arresto del COGNOME; ritenendo i sodali che quest’ultimo avesse consentito agli inquirenti di trovare il locale ove era nascosto lo stupefacente, il COGNOME lo apostrofa come «infame» (pag.1348 ordinanza genetica), mostrando altresì di sapere che si trattava del locale in uso al sodalizio, definendolo come «locale di Fedele» (così come indicato da altri soggetti intercettati); con riguardo alla fornitura di almeno 1 chilo di hashish la cui detenzione è contestata al capo 88), dalle intercettazioni esaminate dai giudici del merito cautelare risulta che il COGNOME ne commentasse la qualità, dimostrando di sapere bene che la sostanza fosse stata occultata in campagna per un certo periodo (pagg. 103-104, pag.1380 ordinanza genetica).
5.3. Con tali, plurimi, elementi indiziari il ricorso omette di confrontarsi risultando, dunque per tale profilo aspecifico.
6. Il secondo motivo di ricorso è infondato.
6.1. La difesa si concentra sul dato del lungo lasso temporale intercorso dal momento dell’ultimo controllo del COGNOME sul territorio in compagnia dei coindagati al momento dell’esecuzione della misura, con la conseguente rilevanza del cd. «tempo silente» al fine di superare la presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. (Sez. 1 n. 13044 del 16/12/2020, dep. 2021, P., Rv. 280983 – 01).
La motivazione incorrerebbe, inoltre, nel vizio di manifesta illogicità laddove si è esclusa l’adeguatezza della misura degli arresti domiciliari con applicazione del braccialetto elettronico, giacchè l’assunto che il COGNOME abbia commesso i
reati per i quali è indagato anche con l’uso del solo telefono non trova riscontro nell’esito investigativo.
6.2. Premesso in linea di principio che il vizio di manifesta illogicità della motivazione non possa configurarsi ponendo quali termini di raffronto il percorso argomentativo del provvedimento e l’attività investigativa o istruttoria, sulla questione relativa alla possibile incidenza del tempo decorso dai fatti contestati sulla concretezza e attualità delle esigenze cautelari, nei casi in cui opera la presunzione di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. si è andato consolidando nella giurisprudenza di legittimità l’orientamento secondo il quale il «tempo silente» (ossia il decorso di un apprezzabile lasso di tempo tra l’emissione della misura e i fatti contestati), anche se non accompagnato da altri elementi fattuali idonei a determinare un’attenuazione del giudizio di pericolosità, debba comunque essere espressamente considerato dal giudice, ove si tratti di un rilevante arco temporale privo di ulteriori condotte dell’indagato sintomatiche di perdurante pericolosità, potendo lo stesso rientrare tra gli «elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari», cui si riferisce lo stesso art. 275, comma 3, cod. proc. pen. (Sez. 6, n. 31587 del 30/05/2023, COGNOME, Rv. 285272; Sez. 3, n. 6284 del 16/01/2019, Pianta, Rv. 274861).
6.3. Si è, infatti, affermato che la presunzione della quale si tratta – in particolare nelle ipotesi in cui sono contestati un reato per sua natura non permanente oppure un reato permanente, come quello associativo, ma oggetto di contestazione di fatto «chiusa» e solo formalmente «aperta» – tende ad affievolirsi, quando un considerevole arco temporale separi il momento di consumazione del reato da quello dell’intervento cautelare. Tale soluzione ermeneutica appare coerente con la stessa struttura del reato associativo e, in particolare, con le connotazioni «dinamiche» proprie della condotta di partecipazione. Va, infatti, considerato che secondo il consolidato principio di diritto, più volte affermato anche dalle Sezioni Unite, il contributo all’attualit della vita associativa e alla realizzazione dei fini che la stessa si propone non può risolversi in una semplice adesione di tipo ideologico, che sicuramente rileva sul piano psicologico, ma deve, comunque, concretarsi in una condotta partecipativa, anche di rilievo non particolarmente incisivo e, come tale, sostituibile, che sia funzionale alla realizzazione degli scopi illeciti dell compagine e dimostrativa di una attualità dell’inserimento in essa dell’indagato e, quindi, della permanenza del delitto associativo non solo sul versante oggettivo della struttura associativa in sé considerata, ma anche su quello soggettivo della personale adesione a essa del singolo indagato. Si tratta, dunque, più che di un mero status di appartenenza, di un ruolo dinamico e funzionale, connotato dallo stabile inserimento dell’agente nella struttura
organizzativa dell’associazione, idoneo, per le specifiche caratteristiche del caso concreto, ad attestare la sua «messa a disposizione» in favore del sodalizio per il perseguimento dei comuni fini criminosi (Sez. U., n. 36958 del 27/05/2021, COGNOME, Rv. 281889; Sez. U., n. 33748 del 12/07/2005, COGNOME, Rv. 231670).
6.4. Il tema del tempo trascorso dai fatti è stato, nel caso concreto, esaminato; il Tribunale ha, tuttavia, ritenuto che l’insussistenza di elementi idonei a far ritenere l’intervenuta cessazione della permanente operatività del sodalizio ovvero la cessazione dell’adesione all’associazione da parte dei singoli indagati fosse indicativo della concretezza e attualità del pericolo di reiterazione, non risultando tale motivazione sindacabile.
Per tali ragioni il ricorso deve essere rigettato; segue, ai sensi dell’art.616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario competente perché provveda a quanto stabilito dall’art. 94 c. 1 ter disp. att. cod. proc. pen.
(”
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1 ter, disp.att. c.p.p.
Così deciso il 29 maggio 2024
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