Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 30577 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 30577 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 10/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a GELA il 12/10/2002
avverso l’ordinanza del 27/02/2025 del TRIB. RAGIONE_SOCIALE‘ di CALTANISSETTA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del PG NOME COGNOME il quale ha chiesto pronunciarsi l’inammissibilità del ricorso.
esaminate le conclusioni della difesa del ricorrente, in persona dell’avv.to NOME COGNOME la quale ha depositato una memoria difensiva insistendo nell’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.11 Tribunale di Caltanisetta, in funzione di giudice del riesame cautelare, ha rigettato la richiesta di riesame proposta da COGNOME NOME avverso l’ordinanza del Tribunale di Caltanisetta del 30 gennaio 2025 che aveva disposto nei suoi confronti la misura della custodia in carcere in relazione ai delitti di tentato omicidio volontario in concorso ai danni di COGNOME NOME e di detenzione e porto di armi, nonché di partecipazione ad associazione su base familiare dedita al traffico di sostanze stupefacenti, unitamente al genitore COGNOME NOME e al fratello, COGNOME NOME, oltre alla perpetrazioni di alcuni reati fine, tra cui quello di detenzione di sostanze stupefacenti di varia tipologia rinvenute e sequestrate all’interno dell’abitazione familiare.
2. Il Tribunale del Riesame ha confermato la gravità indiziaria in relazione alla prospettazione accusatoria sulla base di accertamenti di PG, sommarie informazioni assunte, rinvenimento di bossoli sui luoghi delle sparatorie e, in particolare ; di esiti di intercettazioni telefoniche e ambientali, di cui forniva evidenza dei brogliacci, ricostruendo le ragioni del dissidio verificatosi nel corso di una serata danzante tra l’odierno ricorrente e il COGNOME e dando atto degli spostamenti del COGNOME nel corso della stessa serata fino al trasferimento verso l’abitazione della famiglia COGNOME ove – si assume nella prospettazione accusatoria – veniva attinto da uno dei colpi esplosi verso la sua figura. Dal coacervo del compendio intercettivo, in parte acquisito dopo che l’indagato e i suoi familiari erano stati convocati presso gli uffici di PG per essere sentiti in merito, il giudice del riesame, al pari di quello che ha disposto la cautela, riconosceva la gravità indiziaria nei confronti di COGNOME NOME in quanto, nel corso delle interlocuzioni intercettate, COGNOME NOME, padre del ricorrente, aveva sostanzialmente ammesso di avere egli stesso esploso colpi di arma da fuoco in direzione del RANTOLO ed erano emerse anche le ragioni ritorsive del gesto, che trovava origine nello sgarbo ricevuto dal figlio NOME; veniva inoltre in luce la partecipazione alla sparatoria di un altro familiare, nonché la circostanza che gli autori del reato avevano a disposizione tre caricatorii In una delle suddette interlocuzioni NASTASI NOME affermava che il figlio NOME era estraneo alla vicenda, mentre in molteplici interlocuzioni emergeva il temperamento violento, ritorsivo e irascibile del ricorrente, il quale aveva maturato un grave risentimento nei confronti del COGNOME, tanto che gli altri familiari lo avevano invitato a contenersi e a mantenere il
riserbo anche nelle conversazioni telefoniche, ricevendo al contempo la solidarietà di altri familiari per l’impresa criminosa.
2.1. L’esito delle intercettazioni telefoniche evidenziava altresì l’esistenza di una incessante attività di spaccio realizzata da parte della famiglia COGNOME, caratterizzata da canali di rifornimento dedicati, da una rudimentale organizzazione su base familiare, ckl es i istenza di una cassa comune e di una contabilità tenuta dai fratelli COGNOME anche nella prospettiva della riscossione di crediti. Iev carattere stabile e organizzato del sodalizio, in uno con il rinvenimento di varie tipologie di stupefacenti, il riconoscimento di una ripartizione di compiti nell’approvvigionamento della droga e nell’attività di spaccio giustificavano, con gli standard probatori richiesti nella presente fase cautelare, la prospettazione di una partecipazione al delitto associativo a carico del ricorrente COGNOME NOMECOGNOME
La ricorrenza di esigenze cautelari veniva tratta dalla presunzione di cui all’art.275 comma 4 cod. proc. pen., dalla particolare gravità ed efferatezza del delitto di tentato omicidio, realizzato con armi da sparo ) e dai profili personologici del ricorrente come emersi nel corso delle indagini, sia in relazione ai motivi a delinquere del delitto tentato, sia in relazione ai sentimenti di disprezzo, alla violenza e alla crudeltà del NASTASI che trasparivano dalle intercettazioni telefoniche.
Avverso il suddetto provvedimento ha proposto ricorso per cassazione la difesa di COGNOME NOMECOGNOME la quale ha articolato due motivi di ricorso.
Con il primo motivo deduce motivazione apparente e manifestamente illogica con riferimento all’affermazione della gravità indiziaria in relazione al reato di tentato omicidio. In particolare rileva che in alcuni passaggi motivazionali dell’ordinanza impugnata veniva operata una ricostruzione della vicenda omicidiaria che si poneva in contrasto con le emergenze delle riprese video registrate e delle intercettazioni telefoniche, soprattutto laddove si era ritenuto che, in base alle video riprese nei pressi delle abitazioni dei soggetti coinvolti, sarebbe stato possibile trarre la dimostrazione della presenza del ricorrente sui luoghi in cui si erano realizzate le sparatorie, circostanza non vera in quanto le video riprese afferivano esclusivamente agli spostamenti della persona offesa COGNOME k oL4-0,..’ ‘A.A.A.Z n ke., che il rinvenimento dei bossoli da parte della PG era avvenuto presso l’abitazione del COGNOME e che nessun elemento probatorio era in grado di collocare il ricorrente nel luogo e al momento in cui si sarebbe compiuto il tentato omicidio, così come la valutazione del materiale captativo era travisata laddove la preoccupazione palesata dal padre del ricorrente,
COGNOME NOME, veniva interpretata quale timore che dalle impronte digitali si sarebbe potuto risalire alla responsabilità del figlio, mentre la preoccupazione del COGNOME era rivolta verso la propria persona. Sotto diverso profilo evidenzia che da ulteriori intercettazioni doveva ricavarsi la mancanza dell’elemento soggettivo del delitto contestato, atteso che sempre COGNOME NOME, nel corso di una interlocuzione intercettata, aveva espressamente escluso di avere inteso provocare la morte della persona nei confronti della quale aveva esploso un unico colpo di arma da fuoco con l’intenzione di spaventarlo.
Con una seconda articolazione deduce motivazione apparente e manifestamente illogica con riferimento alla gravità indiziaria in relazione al delitto associativo. Assume che a fronte delle censure avanzate avverso la misura cautelare che delineava i caratteri dell’associazione che coinvolgeva la famiglia COGNOME prospettando l’assenza di organizzazione, la mancanza di interdipendenza degli apporti dei singoli partecipi che andavano invece esaminati in un prospettiva di autonomia, l’assenza di ruoli predefiniti o di una autonomia patrimoniale, il Tribunale del riesame si era limitato a riportare stralci di intercettazioni telefoniche in cui il capofamiglia ammetteva l’esistenza di un’attività di spaccio che coinvolgeva i propri familiari, ma non veniva fornito nessun ulteriore elemento per consentire di riconoscere l’esistenza di un accordo stabile,do svolgimento in comune di un’attività nel settore degli stupefacenti, risolvendosi la motivazione in un mero richiamo all’ordinanza impugnata, carente di qualsivoglia risposta alle argomentazioni difensive, così da realizzarsi un costrutto motivazionale privo dei caratteri di compiutezza, capacità esplicativa e logicità che debbono caratterizzare il provvedimento giudiziario in materia di libertà personale, tanto da tracimare in vizio di motivazione assente o apparente.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Va ricordato che, in tema di impugnazione delle misure cautelari personali, il ricorso per cassazione è ammissibile soltanto se denuncia la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento secondo i canoni della logica ed i principi di diritto, ma non anche quando propone censure che riguardino la ricostruzione dei fatti ovvero si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito. In questa prospettiva, alla Corte spetta solo il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di
merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato e di controllare la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie. Tale controllo di logicità, comunque, deve rimanere “interno” al provvedimento impugnato, non essendo possibile procedere ad una nuova o diversa valutazione degli elementi indizianti o ad un diverso esame degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate (Sez.2, n.27866 del 17/06/2019, COGNOME, Rv.276976; Sez.4, n.26992 del 29/05/2013, PM in proc.COGNOME, Rv.255460).
Inoltre, la nozione di gravi indizi di colpevolezza in sede cautelare non è omologa a quella che serve a qualificare il quadro indiziario idoneo a fondare il giudizio di colpevolezza finale (sez. 5 n. 36079 del 5.6.2012, COGNOME ed altri, rv. 253511). Al fine dell’adozione della misura cautelare, infatti, è sufficiente l’emersione di qualunque elemento probatorio idoneo a fondare “un giudizio di qualificata probabilità” sulla responsabilità dell’indagato» in ordine ai reati addebitati. In altri termini, in sede cautelare gli indizi non devono essere valutati secondo gli stessi criteri richiesti, per il giudizio di merito, dall’art. 192, comma 2, cod. proc. pen.
2. Tali essendo i canoni ermeneutici cui è ancorato il giudizio della Corte di legittimità va rilevato che, nel caso in esame, non si riscontra alcuna violazione di legge né un vizio motivazionale rilevante ex art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. Il ricorrente si limita infatti a segnalare alcune imprecisioni o trasposizioni del significante di elementi indiziari valorizzati dalla Corte (è infatti pacifico che le telecamere non abbiano mai ripreso il ricorrente nei due episodi in cui sono stati esplosi colpi di arma da fuoco), ma la motivazione del giudice del riesame si presenta molto più ampia e, in relazione all’episodio omicidiario, condensa un coacervo di elementi presuntivi a sostegno della partecipazione, quantomeno in termini di gravità indiziaria, di COGNOME NOME all’episodio in cui il COGNOME venne attinto da colpi di arma da fuoco nei pressi dell’abitazione della famiglia COGNOME.
Invero, la difesa reitera i motivi di riesame, contestando genericamente le argomentazioni addotte dal provvedimento impugnato a sostegno del rigetto del gravame. Il Tribunale del riesame di Caltanissetta ha evidenziato come la gravità indiziaria sia stata desunta, con riferimento al reato associativo sub D (partecipazione all’associazione dedita al narcotraffico di matrice familiare, costituita da COGNOME NOME e dai due figli COGNOME NOME e NOME), da quanto emerso dalle numerose intercettazioni
telefoniche, GLYPH analiticamente GLYPH richiamate GLYPH nell’ordinanza GLYPH genetica GLYPH e sommariamente in quella impugnata, il cui contenuto non lascia spazio ad interpretazioni alternative, riscontrate dal rinvenimento di sostanza stupefacente di tipo cocaina, marijuana e hashish oltre a un bilancino di precisione presso l’abitazione del nucleo familiare dei Nastasi. Come noto, per giurisprudenza pacifica, ai fini della configurabilità di un’associazione finalizzata al narcotraffico, è necessario: a) che almeno tre persone siano tra loro vincolate da un patto associativo (sorto anche in modo informale e non contestuale) avente ad oggetto un programma criminoso nel settore degli stupefacenti, da realizzare attraverso il coordinamento degli apporti personali; b) che il sodalizio abbia a disposizione, con sufficiente stabilità, risorse umane e materiali adeguate per una credibile attuazione del programma associativo; c) che ciascun associato, a conoscenza quantomeno dei tratti essenziali del sodalizio, si metta stabilmente a disposizione di quest’ultimo (ex multis, Sez. 6, Sentenza n. 7387 del 03/12/2013, Rv. 258796 – 01). Perché il delitto associativo (nella specie ex 74 d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309) si perfezioni, è poi sufficiente anche un’organizzazione minima e, sotto il profilo probatorio, la ricerca dei tratti organizzativi è essenzialmente diretta a provare, attraverso tale dato sintomatico, l’esistenza dell’accordo indeterminato a commettere più delitti che di per sé concreta il reato associativo (Cass. Sez. 4, 21.4.2006 n. 22824). I giudici della cautela hanno individuato gli elementi indiziari conformemente agli anzidetti criteri ermeneutici, puntualmente evidenziati a pag. 13-14-15 dell’ordinanza impugnata (continuità e frequenza dei rapporti tra i sodali; utilizzo del “noi”; esistenza di una cassa comune; ripartizione di ruoli seppure non netta; prassi operative standardizzate; progettualità e volontà di incrementare sempre più l’attività di spaccio; percezione, da parte dei clienti, dei COGNOME come componenti una unica organizzazione). Ha inoltre logicamente rappresentato come il contributo fornito dal ricorrente all’attività associativa sia stato tutt’altro che occasionale e modesto ma che, al contrario, sia risultato vitale per il mantenimento dell’associazione e per la prosecuzione dell’attività associativa, tenuto altresì conto della stabilità del sodalizio, dell’interscambio dei ruoli, del collegamento continuo tra sodali, pienamente compatibile con una organizzazione ristretta fondata su rapporti solidaristici su base familiare (Sez.5, n.6782 del 16/01/2015, COGNOME Rv.262733), in cui i vincoli familiari non escludono ma, al contrario, sono in grado di esaltare il vincolo associativo tra i componenti (Sez.2, n.49007 del
16/09/2014, lussi e altri, Rv.261426; Sez.3, n.48568 del 25/02/2016,
COGNOME, Rv.268184).
3. Con riferimento, poi, alla gravità indiziaria con riferimento ai capi d’incolpazione A (tentato omicidio ai danni di NOME NOME, in concorso
con COGNOME NOME) e B ( illegale detenzione di armi a da sparo e munizioni, in concorso, utilizzate per commettere il delitto sub A), è noto che, in
materia di intercettazioni telefoniche, costituisce questione di fatto, rimessa all’esclusiva competenza del giudice di merito, l’interpretazione e la
valutazione del contenuto delle conversazioni, il cui apprezzamento non può
essere sindacato in sede di legittimità se non nei limiti della manifesta illogicità ed irragionevolezza della motivazione con cui esse sono recepite
(ex multis, Sez. 3, n. 44938 del 05/10/2021 Rv. 282337 – 01). Nella specie, la difesa si limita a proporre una non consentita lettura alternativa
del consistente compendio intercettativo e delle captazioni ambientali sulla base delle quali (unitamente al dato delle immagini riprese dai sistemi di
videosorveglianza e delle s.i.t. rese da COGNOME Chiara e da COGNOME Rosario:
pag. 7 ordinanza impugnata) si fonda il giudizio di gravità indiziaria (in particolare interlocuzioni riconducibili a NOME NOME sul movente del gesto e sul ruolo del figlio NOME), in quanto la valutazione degli elementi indiziari non risulta inficiata da manifesta illogicità, e come tale, non è censurabile in questa sede.
Il ricorso deve pertanto essere rigettato e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali. Seguono da dispositivo i provvedimenti consequenziali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso in Roma, il 10 luglio 2025
Il Consigliere estensore