Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 13997 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 13997 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 15/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 18/05/2023 del Tribunale di Bari in funzione di riesame udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, che ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso;
la difesa, AVV_NOTAIO, ha fatto pervenire richieste scritte, con le quali ha conclu chiedendo l’accoglimento del ricorso.
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RITENUTO IN FATTO
1.Con l’ordinanza impugnata il Tribunale di Bari, in funzione di riesame, ha rigettato l’istanza avente ad oggetto il provvedimento con il quale il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale in sede, in data 29 aprile 2023, ha applicato a NOME COGNOME la misura cautelare della custodia in carcere, in relazione al reato di omicidio commesso ai danni di NOME COGNOME, realizzato, secondo la contestazione provvisoria, colpendo la vittima con almeno due fendenti, inferti con armi da taglio, così cagionandone la morte per le gravissime lesioni subite in aree vitali.
L’incolpazione provvisoria attiene anche al reato contravvenzionale di cui all’art. 4 legge n. 110 del 1975, aggravato ai sensi dell’art. 61 n. 2 cod. pen.
Il provvedimento richiama gli elementi indiziari posti a base del titolo genetico e fonda la ricostruzione degli accadimenti sugli esiti dell’annotazione di servizio del 28 aprile 2021, anche con riferimento alle dichiarazioni ricevute da NOME COGNOME, patrigno convivente dell’indagato, dell’autopsia sul cadavere della vittima, sulle dichiarazioni di NOME COGNOME, escusso a sommarie informazioni testimoniali e sull’operato riconoscimento fotografico dell’odierno, ricorrente, da parte di quest’ultimo, nonché sugli esiti della perquisizione domiciliare svolta presso l’abitazione di NOME.
2.Avverso detto provvedimento propone tempestivo ricorso l’indagato, per il tramite del difensore, AVV_NOTAIO, che denuncia tre vizi.
2.1.Con il primo motivo si denuncia erronea applicazione dell’art. 273 comma 1 cod. proc. pen. in punto di gravità indiziaria.
Si sostiene, in primo luogo, che gli elementi a carico dell’indagato /con particolare riferimento alle informazioni rese dal teste NOME, non avrebbero contenuto indiziario grave /posto che quando l’indagato era stato fermato nella stazione indossava altri indumenti, diversi da quelli che sono stati descritti dal teste, con particolare riferimento allo scaldacollo di colore nero con un bordo di colore bianco che era stato indicato come indossato dall’autore del ferimento in sede di sommarie informazioni rese dal teste.
Si evidenzia, inoltre, che la felpa che indossava l’indagato oggetto di sequestro aveva delle tasche laterali così piccole da non poter nascondere i due coltelli descritti da NOME in sede di sommarie informazioni testimoniali.
Il ricorrente peraltro non ha precedenti per accoltellamento ma, a suo carico, risultano soltanto due sentenze di condanna, emesse dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale per i minorenni dì Bari nell’anno 2013, in relazione ai reati di furto con strappo e resistenza a pubblico ufficiale.
Peraltro, l’omicidio risulta verificatosi alle 04:00 del mattino, momento in cui è ancora buio: dunque, il luogo non sarebbe stato sufficientemente illuminato, in modo tale da permettere al teste oculare di vedere gli occhi della persona e riconoscerli, come è avvenuto per l’indagato, trattandosi di persona descritta come travisata e che, appunto, aveva solo gli occhi scoperti.
In secondo luogo, si contesta il movente dell’omicidio ritenuto nell’ordinanza del Tribunale non noto al NOME. Né detto movente è conosciuto da NOME COGNOME figlio della vittima.
Ancora/ si contesta che il Tribunale non attribuiscez alcuna rilevanza al mancato ritrovamento delle armi del delitto e, quanto al sollecitato approfondimento investigativo, indicato dallo stesso Tribunale, relativo all’esame e alla comparazione delle macchie ematiche, repertate al momento del reperimento dell’indagato presso la stazione ferroviaria da parte della polizia giudiziaria, si segnala che, pur a distanza di mesi dai fatti, questa sollecitata comparazione, con il sangue della vittima non era stata ancora svolta.
Infine, sull’alterazione della scena del delitto / si rimarca che nelle immediatezze la polizia giudiziaria aveva fatto salire a bordo della vettura di servizio il NOME sporco di sangue della vittima, per poi portarsi con lo stesso presso l’abitazione del ricorrente, luogo dove, alle ore 10:00 del giorno successivo erano state trovate tracce di sangue, stranamente non rilevate al momento del sopralluogo precedente, cioè quello operato nelle immediatezze dell’omcidio.
2.2. Con il secondo motivo si denuncia erronea applicazione dell’art. 274, comma 1, lett. b) cod. proc. pen. in relazione all’art. 606 lett. b) cod. proc. pen. rilevando l’insussistenza della esigenza cautelare del pericolo di fuga.
Si assume che le informazioni, da parte del patrigno del ricorrente, non sarebbero state assunte attraverso verbalizzazione del dichiarante, escusso a sommarie informazioni testimoniali, ma solo attraverso la consultazione telefonica del patrigno dell’indagato.
Peraltro, si tratta di dichiarazioni rese da soggetto che non era presente al momento della perquisizione da parte della polizia giudiziaria dell’abilitazione.
COGNOME ha dichiarato che l’indagato era passato da casa per prepararsi uno zaino e, poi, dileguarsi e non tornare per due giorni.
La difesa contesta tale ricostruzione ritenendola inverosimile anche all’esito della perquisizione domiciliare nel corso della quale gli oggetti che, secondo COGNOME, sarebbero stati portati con sé da parte del NOME COGNOME, erano stati, invece, sequestrati sul posto.
Dall’annotazione di polizia giudiziaria, peraltro, si ricava che, alla vista degli agenti alla stazione ferroviaria, l’indagato si era alzato ed andato in bagno, ma che qui era stato raggiunto dagli operanti e non aveva fatto resistenza.
2.3. Con il terzo motivo si denuncia erronea applicazione dell’art. 274, comma 1, lett. c) cod. proc. pen. in relazione ai requisiti di attualità concretezza del pericolo di reiterazione.
NOME COGNOME ha soltanto precedenti per furto e resistenza a pubblico ufficiale, peraltro risalenti al 2013, mentre il titolo fa riferimento ai precede penali e alla personalità negativa tratta solo dalle modalità del fatto, senza l’indicazione di alcun precedente specifico.
Si ribadiscono le censure relative alla contaminazione della scena del delitto e le carenze investigative quanto alle macchie ematiche e agli accertamenti comparativi necessari, nonché circa il mancato reperimento delle armi del delitto.
3.11 Sostituto Procuratore generale di questa Corte, NOME COGNOME, ha chiesto con requisitoria scritta, ai sensi dell’art. 23, comma 8, del d. I. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, come prorogato, ai sensi dell’art. 94, comma 2, d.lgs. n. 150 del 10 ottobre 2022, come modificato dall’art. 5-duodecies del d.l. n. 162 del 31 ottobre 2022, nel testo che risulta all’esito della conversione avvenuta con legge n. 199 del 30 dicembre 2022, la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
La difesa ha fatto pervenire a mezzo p.e.c., conclusioni scritte con le quali ha insistito per l’accoglimento dei motivi di ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è inammissibile.
1.1. Il primo motivo è inammissibile in quanto manifestamente infondato e, comunque, in quanto devolve censure non consentite in sede di legittimità.
È noto che in materia di provvedimenti de libertate, il sindacato del giudice di legittimità non possa estendersi alla revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi compreso lo spessore degli indizi, né alla rivalutazione delle condizioni soggettive dell’indagato, in relazione alle esigenze cautelari e all’adeguatezza delle misure. Si tratta di apprezzamenti di merito, rientranti nel compito esclusivo e insindacabile del giudice che ha applicato la misura e del Tribunale con funzione di riesame.
La motivazione del provvedimento che dispone una misura coercitiva è, dunque, censurabile solo quando sia priva dei requisiti minimi di coerenza, completezza e logicità al punto da risultare meramente apparente o assolutamente inidonea a rendere comprensibile la logica seguita dal giudice di merito o talmente priva di coordinazione e carente dei necessari passaggi logici da far risultare incomprensibili le ragioni che hanno giustificato l’applicazione
della misura (tra le altre, Sez. 6, n. 49153 del 12/11/2015, Mascolo, Rv. 265244; Sez. 1, n. 6972, del 7/12/1999, dep. 2000, Alberti, Rv. 215331).
In tal senso, la motivazione dell’ordinanza impugnata dà conto, secondo cadenze argomentative insindacabili nella presente fase incidentale, della ricostruzione unitaria degli indizi e della loro intrinseca gravità.
Ciò comporta che debbano essere reputate inammissibili, in quanto integralmente versate in fatto e, comunque, tendenti alla rivisitazione dei detti elementi indiziari, tutte le censure svolte con il primo motivo di ricorso che confutano il giudizio cui è giunto il Tribunale, in punto di gravità indiziari attraverso un ragionamento immune da illogicità manifesta e che, comunque, la difesa attacca sollecitando un riesame di merito inibito a questa Corte.
Per altro verso, si contesta l’attendibilità del teste e del riconoscimento fotografico /attribuendo valenza ad argomenti non decisivi, posto che lo stesso dichiarante afferma che già conosceva l’indagato in quanto suo amico; sicché la circostanza che questi possa essere stato riconosciuto nonostante avesse il volto parzialmente coperto non è dato decisivo per inficiare l’attendibilità dell’operata individuazione fotografica, come ritenuta secondo il ragionamento immune da illogicità manifesta svolta dai giudici del Tribunale con funzione di riesame.
È noto che il riconoscimento fotografico effettuato in sede di indagini costituisce una prova atipica, la cui rilevanza dipende dall’attendibilità accordata alla deposizione di chi l’ha compiuto (Sez. 6, n. 17203 del 31/10/2018, Rv. 275548, fattispecie in cui la Corte ha ritenuto che correttamente si era attribuita rilevanza probatoria al riconoscimento fotografico di uno spacciatore di stupefacenti, in quanto effettuato dall’acquirente in termini di assoluta certezza, scevro da intenti calunniatori e corroborato da frequenti contatti telefonici), valutazione svolta nella specie, con ragionamento coerente e non manifestamente illogico dai giudici della cautelare (cfr. p. 9 e 5;s.).
Del resto, lo stesso Tribunale afferma, nel ritenere attendibile la ricostruzione del teste, che NOME aveva affermato di aver visto arrivare, unitamente alla vittima, nel bar teatro dei fatti, NOME il NOME /persona già nota perché suo amico, pur presentandosi con il volto travisato, il quale aveva profferito all’indirizzo di COGNOME la frase “non ti ricordi di me” e di averlo istantaneamente colpito con due coltellate. Il Tribunale precisa, inoltre, che secondo le dichiarazioni di NOME, questi era stato in grado di scorgere le fattezze dell’aggressore anche perché, nel frangente in cui questi aveva accoltellato la vittima, si era scoperto parte del viso (cfr. p. 11).
Infine, si deve rilevare che il Tribunale ha sottolineato, con ragionamento completo e immune da illogicità manifesta, quanto al giudizio di affidabilità del riconoscimento fotografico e delle dichiarazioni testimoniali rese, la riscontrata (in sede di interrogatorio reso al Giudice per le indagini preliminari che ha
adottato la misura cautelare) inflessione cubana dell’indagato, la similarità del nome di battesimo di NOME COGNOME con quello indicato dal teste (NOME COGNOME), l’avvenuto riconoscimento della voce del soggetto che, pur parzialmente travisato, aveva accoltellato la vittima, con la precisazione di conoscerlo personalmente perché suo amico, il riconoscimento anche per la parte del volto che era risultata scoperta (gli occhi).
Si rileva, inoltre, che parte dell’abbigliamento descritto dal teste è corrispondente a quello che i giudici della cautela indicano come indossato da NOME COGNOME al momento del suo reperimento, da parte delle Forze dell’ordine, presso la stazione ferroviaria ove era in procinto di partire.
Il Tribunale, infine, ha dato altresì rilievo a elementi di riscontro al dichiarazioni eteroaccusatorie rese dal teste oculare, valorizzando quelle rese dal patrigno dell’indagato e, soprattutto l’esito degli accertamenti di polizia giudiziaria che avevano condotto a reperire tracce ematiche, non soltanto sul vetro del portone, nell’androne del portone e sulla ringhiera dell’appartamento sito al piano rialzato ove l’indagato ha dichiarato di risiedere (insieme al patrigno, NOME e alla nonna) e dove gli operanti hanno provveduto a repertare tali tracce, ma anche sugli indumenti indossati e sulle mani di questi, oltre che sulle scarpe da ginnastica trovate presso il domicilio, prelievi oggetto di specifici accertamenti disposti da parte del AVV_NOTAIO ministero, e che, ovviamente, quanto all’esito, dovranno essere riconsiderati all’esito del loro espletamento.
1.2.11 secondo motivo è inammissibile in quanto devolve censura non consentita in sede di legittimità.
Le circostanze relative all’avvenuto reperimento del NOME COGNOME ad opera del personale di polizia giudiziaria alla stazione ferroviaria, peraltro dopo essersi dileguato dal domicilio, sono descritte dal Tribunale con ragionamento immune da illogicità manifesta (cfr. p. 12 e ss).
Quanto al pericolo di fuga, non si può in sede di legittimità rivedere il giudizio di merito sull’esigenze cautelari già adeguatamente svolto in sede di merito, peraltro con ragionamento convergente con quello svolto nell’ordinanza genetica, posto che, secondo un determinato indirizzo interpretativo, l’ordinanza del Giudice e quella resa, nello stesso senso, dal Tribunale distrettuale, si completano reciprocamente a formare un unico complesso argomentativo (Sez. 5, n. 3255 del 07/12/2006, dep. 2007, Sani, Rv. 236036 – 01).
Si tratta di motivazione in linea con la giurisprudenza costante di questa Corte secondo la quale il giudizio sulla sussistenza della esigenza cautelare di cui all’art. 274, comma 1, lett. b) cod. proc. pen. deve essere ancorato a concreti elementi dai quali sia logicamente possibile dedurre, attraverso la valutazione di un’attività positiva del soggetto, la reale ed effettiva preparazione della fuga o che siano, comunque, attuate condotte espressione di fatti ad essa prodromici,
essendo sufficiente accertare, con giudizio prognostico verificabile, perché ancorato alla concreta situazione di vita del soggetto, alle sue frequentazioni, ai precedenti penali, alle pendenze giudiziarie e, più in generale, a specifici elementi vicini nel tempo, l’esistenza di un effettivo e prevedibilmente prossimo pericolo di allontanamento, che richieda un tempestivo intervento cautelare (tra le altre, Sez. 6, n. 48103 del 27/09/2018, Roncali, Rv. 274220 01).
Si deve, infine, rimarcare che /con riferimento alle deduzioni relative alla dedotta irregolarità delle dichiarazioni rese dal patrigno convivente dell’indagato, alla polizia giudiziaria circa quanto, a sua volta, da questi appreso da NOME COGNOME prima del suo dileguarsi da casa, queste non tengono conto del contenuto dell’annotazione di polizia giudiziaria del 28 aprile 2023 (cfr. p. 6 dell’ordinanza) che, comunque, rende atto, secondo quanto esposto nel provvedimento impugnato, dell’esito della perquisizione domiciliare e delle successive ricerche che avevano condotto al recupero dell’indagato all’interno della stazione ferroviaria di Bitontof in procinto di partire.
1.3. Il terzo motivo è inammissibile perché generico.
Si osserva che il ricorso si concentra sulla natura dei precedenti penali del ricorrente che non sarebbero espressione di concreto e attuale pericolo di reiterazione del reato.
Tuttavia, si rileva che la motivazione resa dal Tribunale si concentra, in primo luogo, sulla gravità del fatto ben descritta a p. 13 dell’ordinanza, nonché, in secondo luogo, sulla presunzione relativa, di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. derivante dal titolo di reato per il quale si procede in via provvisoria carico del NOME COGNOME, motivazione rispetto alla quale il ricorso è generico e non attinge, specificamente, il contenuto delle considerazioni comunque ineccepibili del Tribunale (cfr. p. 14).
2.Segue alla pronuncia, la condanna alle spese processuali, nonché al pagamento dell’ulteriore somma indicata in dispositivo, in favore della Cassa delle ammende, non ricorrendo le condizioni previste dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000, importo che si ritiene di determinare equitativamente, tenuto conto dei motivi devoluti.
Non conseguendo a tale provvedimento la liberazione dell’indagato, si dispongono gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen. a cura della Cancelleria.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento de spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa de ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’ari:. 94, comma 1disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 15 novembre 2023
Il Consigliere estensore
^ II Presidente