Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 46277 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 46277 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 30/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a POGGIOMARINO il 22/08/1977
avverso l’ordinanza del 01/07/2024 del TRIB. LIBERTA’ di SALERNO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette/sentite le conclusioni del PG COGNOME
Il Procuratore Generale si riporta alla memoria in atti e conclude per l’inammissibilità del ricorso.
udito il difensore
L’avvocato NOME COGNOME espone i motivi di gravame e chiede l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Salerno con ordinanza del 3 luglio 2024 ha respinto la richiest di riesame avverso quella con cui il Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale aveva applicato a COGNOME NOME Tommaso la custodia cautelare in carcere, in relazione al capo 8) della imputazione provvisoria.
In particolare, il capo 8) contestava allo COGNOME il concorso in estorsione in danno COGNOME Rosario, costretto a versare una somma mensile variabile tra i 4.000 ed i 5.000 euro, per poter installare macchinette videogiochi nei bar di San Marzano Sul Sarno, San Valentino Torio e Poggiomarino, reato aggravato dalle più persone riunite e dall’uso del metodo mafioso
Il ricorso, proposto nell’interesse dello COGNOME dal suo difensore, è sorretto da solo motivo che sarà enunciato a seguire nei limiti strettamente necessari per la motivazione, secondo quanto disposto dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con l’unico motivo di ricorso, il ricorrente si duole dell’erronea applicazione degli 273 e 192 cod. proc. pen., della manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione relazione alla ritenuta gravità indiziaria per il delitto contestato.
La difesa evidenzia come il giudizio di gravità indiziaria è fondato sulle s.i.t. di V Rosario che avrebbe incontrato Giugliano Rosario tra la fine del 2018 e l’inizio del 2019, ma l stesso COGNOME ha riferito che in quel periodo di tempo era detenuto in carcere.
Con requisitoria scritta del 25.09.2024, il sostituto procuratore generale del Repubblica presso la Corte di cassazione, dott. NOME COGNOME chiede che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
1.1. Giova premettere al riguardo che, secondo il costante orientamento di questa Corte, allorquando si impugnano provvedimenti relativi a misure cautelari personali, il ricorso pe cassazione è ammissibile soltanto se denuncia la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento secondo i canoni della logica ed principi di diritto, ma non anche quando propone censure che riguardino la ricostruzione dei fatt ovvero si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (Sez. 4 n. 18795 del 02/03/2017, COGNOME, Rv. 269884; conformi, Sez. 6, n. 11194 del 08/03/2012, COGNOME, Rv. 252178).
Questo perché il controllo di legittimità che la Corte è chiamata ad effettuare consiste nel verifica della sussistenza delle ragioni giustificative della scelta cautelare nonché dell’asse nella motivazione di evidenti illogicità ed incongruenze, secondo un consolidato orientamento espresso dalle Sezioni unite (Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, COGNOME, Rv. 215828), e successivamente ribadito dalle Sezioni semplici (Sez. 4, n. 26992 del 29/05/2013, COGNOME, Rv. 255460; Sez. F, n. 47748 del 11/08/2014, COGNOME, Rv. 261400; Sez. 3, n. 40873 del 21/10/2010, Merja, Rv. 248698).
Di conseguenza, quando la motivazione è adeguata, coerente ed esente da errori logici e giuridici, il controllo di legittimità non può spingersi oltre, coinvolgendo il giudizio rico del fatto e gli apprezzamenti del giudice di merito sull’attendibilità e la capacità dimostr delle fonti di prova.
1.2. Nello scrutinio dei motivi di ricorso non si può prescindere, inoltre, dalla distinzion l’accertamento della responsabilità e quello, rilevante in questa sede, della gravità indiziaria.
Invero, la valutazione affidata al giudice in tema di misure cautelari personali, vincolata rispetto dei requisiti di gravità indiziaria di cui all’art. 273 cod. proc. pen., non coincide con finalizzata all’accertamento della responsabilità sulla base delle emergenze probatorie in sede dibattimentale, essendo la prima caratterizzata da esigenze interinali (cautelari, appunto) ch postulano la seria probabilità, ma non necessariamente la certezza della commissione del reato da parte della persona sottoposta ad indagini; e la seconda, invece, legata alla necessità che la colpevolezza dell’imputato venga affermata “al di là di ogni ragionevole dubbio”.
Con un consolidato orientamento giurisprudenziale, cui questo collegio, intende dare continuità, si è da tempo sostenuto come il termine “indizi”, adoperato dall’art. 273, comma 1, cod. proc. ten., abbia una valenza completamente diversa da quella che il medesimo termine assume nell’art. 192, comma 2, cod. proc. pen.
Infatti, mentre in tale ultima norma la scelta lessicale operata dal legislatore trova la evidente ragion d’essere nell’esigenza di distinguere tra prove ed indizi (e soprattutto on stabilire le condizioni in cui questi ultimi possono, considerati nel loro complesso, assurgere dignità di “prove” e giustificare, quindi, le affermazioni di colpevolezza), l’uso del termine i nell’art. 273, comma 1, cod. proc. pen. non è in alcun modo riconducibile ad un’analoga distinzione, ma unicamente alla diversa natura del giudizio (di probabilità e non di certezza) ch è richiesto ai fini dell’applicazione di una misura cautelare e rispetto al quale deve, qui parlarsi non di “prove”, ma sempre comunque di “indizi”, non essendovi altrimenti congruenza fra detta natura probabilistica del giudizio stesso ed i fondamenti ai quali quest’ultimo de essere ancorato (Sez. 6, n. 4825 del 12/12/1995, dep. 1996, COGNOME, Rv. 203600; in senso conforme, ex multis Sez. 3, n. 742 del 23/02/1998, Dersziova, Rv. 210514, e Sez. 6, n. 2547 del 05/07/1999, COGNOME, Rv. 214930).
2. In conformità a quelli che sono i confini del sindacato di legittimità sulla motivazi ovvero la verifica della completezza e della non manifesta illogicità della stessa, è all sufficiente osservare che il Tribunale del riesame non ha trascurato alcun elemento potenzialmente idoneo a condurre ad un diverso esito del giudizio ed ha evidenziato circostanze certamente sintomatiche – tanto più a livello di gravità indiziaria – di una condotta concorsua da parte del ricorrente nell’estorsione posta in essere in danno del COGNOME, con il compit prelevare mensilmente la somma estorta.
Correttamente articolata e sorretta da congrua logica espositiva è la motivazione spesa nell’ordinanza impugnata per quanto concerne la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in relazione alla estorsione contestata. In particolare, il Collegio della cautela ha evidenziato, s
scorta delle dichiarazioni del collaboratore di giustizia COGNOME NOME e delle sit della per offesa COGNOME Raffaele e, del riconoscimento fotografico effettuato da quest’ultimo, che: –a) la p.c. consegnava mensilmente il denaro estorto a COGNOME NOME; –b) COGNOME NOME agiva su indicazione di COGNOME Rosario.
Quanto alla doglianza prospettata dalla difesa, ed oggi costituente motivo di ricorso, relati all’essere il COGNOME ristretto in carcere al momento della riscossione del denaro provento estorsione, si osserva che: –a) la p.o. non colloca temporalmente l’eventuale incontro, giacché precisa solo di aver iniziato a pagare tra la fine del 2018 e l’inizio 2019 (v. verbale d novembre 2023, allegato al ricorso in cassazione); –b) la detenzione del Giugliano all’epoca dell’incontro con la vittima è circostanza che non emerge dal verbale del 13 giugno 2023 del Giugliano (allegato al ricorso in cassazione); –c) il tempus commissi delicti indicato nel capo di imputazione riguarda il biennio 2019-2021, quindi estraneo all’orizzonte temporale valorizzato dalla difesa.
Inoltre, la difesa nulla riferisce – trattandosi di circostanza facilmente accertab documentabile – se il Giugliano al momento dell’incontro era sottoposto a custodia cautelare, si trovava in espiazione pena, in misura alternativa ovvero se godeva di permessi (al riguardo si osserva che lo stesso collaboratore di giustizia ha riferito che tra il 2012 ed il 2016 semi libero).
Tali elementi privano di rilevanza la doglianza diretta a contestare l’attendibilità della ed in ogni caso non è contestata la dazione di denaro da parte della vittima all’odierno ricorrente
Pertanto, la motivazione dell’ordinanza impugnata supera il vaglio di legittimità demandato a questo collegio, il cui sindacato deve arrestarsi alla verifica del rispetto delle regole della e della conformità ai canoni legali che presiedono all’apprezzamento dei requisiti previsti dal legge per l’emissione e il mantenimento dei provvedimenti restrittivi della libertà persona senza poter attingere l’intrinseca consistenza delle valutazioni riservate al giudice di merito.
Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della cassa delle ammende, equitativamente determinata in tremila euro.
La cancelleria curerà gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. pro pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. pro pen.
Così deciso in Roma il 30/10/2024
L’estensore GLYPH
La Presidente