Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 605 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 605 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 28/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME COGNOME nato in Polonia il 10/9/1996 avverso l’ordinanza del 16/5/2024 emessa dal Tribunale di Potenza visti gli atti, l’ordinanza impugnata e il ricorso; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso; letta la memoria dell’Avvocato NOME COGNOME il quale conclude per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale del riesame rigettava il ricorso proposto da NOME COGNOME avverso l’ordinanza con la quale era stato sottoposto alla custodia cautelare in carcere, in quanto gravemente indiziato di aver commesso i reati di tentato omicidio, nonché di danneggiamento, anche mediante incendio, tentata estorsione, reati commessi
mediante armi illegalmente detenute e di provenienza illecita.
Avverso tale ordinanza, il ricorrente ha formulato due motivi di ricorso.
2.1. Con il primo motivo, deduce la violazione dell’art. 192 cod. proc. pen. e vizio di motivazione in ordine alla gravità indiziaria, desunta essenzialmente sulla base delle dichiarazioni rese dal collaboratore NOME COGNOME (fratello del ricorrente), senza che si fosse proceduto alla valutazione dell’attendibilità del predetto e in assenza di riscontri.
In particolare, per quanto riguarda l’attendibilità estrinseca, gli elementi evidenziati nell’ordinanza impugnata non fornirebbero alcuna conferma individualizzante, tale non potendosi considerare la mera denuncia del danneggiamento (capo 17); il rinvenimento di una testa di cinghiale nell’androne della vittima di tentata estorsione (capo 19); il rinvenimento di tre bossoli di pistola sul luogo del tentato omicidio contestato al capo 77), tanto più che il collaborante aveva riferito dell’utilizzo di un fucile.
2.2. Con il secondo motivo di ricorso, censura la mancanza di motivazione in ordine alle esigenze cautelari, sul presupposto che nel caso in esame non troverebbe applicazione la doppia presunzione di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., in quanto l’aggravante dell’uso del metodo mafioso, originariamente indicata nella richiesta di misura cautelare, era stata esclusa dal giudice per le indagini preliminari con riferimento ai reati per i quali il ricorrente ò sottoposto a misura.
Il ricorso è stato trattato in forma cartolare.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
Il primo motivo di ricorso sollecita una rivalutazione nel merito del quadro indiziario, nella misura in cui richiede di accertare l’idoneità o meno degli elementi oggettivi di riscontro a corroborare il giudizio di attendibilità estrinseca formulato dal Tribunale del riesame.
Si tratta di una valutazione che, non prospettando vizi di manifesta illogicità o contraddittorietà, è sottratta al giudizio in fase di legittimità.
Per consolidata giurisprudenza, infatti, quando è denunciato, con ricorso per cassazione il vizio di motivazione del provvedimento emesso dal Tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte
suprema spetta solo il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato e di controllare la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie ( Sez.U, n. 11 del 22/3/2000, COGNOME, Rv. 215828; Sez. 4, n. 26992 del 29/05/2013, COGNOME, Rv. 255460; Sez. 4, n. 22500 del 03/05/2007, Terranova, Rv. 237012). Restano fuori dal vaglio del giudice di legittimità, dunque, le censure che riguardino la ricostruzione dei fatti ovvero che si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (Sez. 6, n. 11194 del 08/03/2012, COGNOME, Rv. 25217801; Sez. 4, n. 18795 del 02/03/2017, Di Iasi Rv. 269884; Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, COGNOME, Rv. 270628).
2.1. Il ricorrente censura in maniera generica la ritenuta inattendibilità intrinseca del collaborante, mentre, per quanto attiene all’attendibilità estrinseca, si limita a evidenziare come il mero riscontro di elementi di fatto, sovrapponibili a quelli riferiti dal dichiarante, non assumerebbero valore di conferma.
Invero, il Tribunale ha compiuto una attenta valutazione, sottolineando come molti dei particolari afferenti alle condotte illecite, alcune delle quali commesse dal ricorrente in concorso con il collaborante, erano tali da poter essere note solo ai partecipi al reato o alle vittime (emblematico in tal senso l’atto intimidatorio commesso mediante la collocazione di una testa di cinghiale dinanzi l’abitazione della vittima di tentata estorsione; analoghe considerazioni valgono anche per il danneggiamento eseguito mediante l’esplosione di più colpi di arma da fuoco contro un’autovettura).
Nella fase delle indagini preliminari, i gravi indizi di colpevolezza richiesti per l’applicazione di una misura cautelare, che devono essere tali da lasciar desumere la qualificata probabilità di attribuzione all’indagato del reato per cui si procede, possono fondarsi sulla dichiarazione precisa, coerente e circostanziata rilasciata anche da un solo collaboratore di giustizia, sempre che tale dichiarazione abbia trovato riscontro in elementi esterni, anche di natura logica, tali da renderne verosimile il contenuto (Sez.2, n.16183 dell’1/2/2017, Fiore, Rv. 269987).
Applicando tale principio al caso di specie, ne consegue la correttezza del percorso motivazionale seguito dal Tribunale, lì dove ha riscontrato la sussistenza di elementi fattuali che confermavano le modalità delle condotte illecite riferite dal collaborante.
2.2. Ancor più solido il giudizio di attendibilità estrinseca riferito al tenta omicidio di NOME COGNOME in relazione al quale il Tribunale ha ampiamente
ricostruito la vicenda, anche con riguardo alle intercettazioni dalle quali emerge il ruolo assunto dai fratelli COGNOME senza che il ricorso abbia specificamente censurato le valutazioni rese con riguardo a tali elementi indiziari.
Il secondo motivo, concernente la mancanza di motivazione in ordine alle esigenze cautelari, è infondato posto che, a differenza di quanto sostenuto dal ricorrente, quanto meno con riguardo al tentato omicidio permane la contestazione dell’aggravante del metodo mafioso, dalla quale consegue la presunzione di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. (come espressamente evidenziato nell’ordinanza impugnata).
In ogni caso, il Tribunale ha motivato sulle esigenze cautelari (pg.42-43), come pure sulla esclusiva idoneità della custodia in carcere, senza che emergano vizi di manifesta illogicità o contraddittorietà.
Alla luce di tali considerazioni, il ricorso deve essere rigettato con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
PQM
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp.att. cod. proc. pen.
TABLE