Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 3447 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 3447 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato a Gioia Tauro 1’01/05/1976
avverso l’ordinanza del 21/06/2024 del Tribunale di Milano visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento in epigrafe, il Tribunale di Milano, adito in sede di riesame ex art. 309 cod. proc. pen., confermava l’ordinanza emessa dal Giudice per le indagini preliminari presso il medesimo Tribunale in data 21 maggio 2024 con cui veniva applicata la misura degli arresti domiciliari nei confronti di NOME COGNOME per il reato di cui all’art. 73, comma 1, d.P.R. 9 ottobre 1990 n.309 sub capo 23), di cui alla contestazione provvisoria.
1 Ha proposto ricorso NOME COGNOME con atto sottoscritto dal difensore, con cui ha dedotto:
-vizio di motivazione per manifesta illogicità e contraddittorietà in ordine alla gravità degli indizi ex art. 273 cod. proc. pen., per avere il Tribunale del riesame desunto il coinvolgimento del COGNOME nella vicenda per cui è processo sulla base di conversazioni dal linguaggio criptico, intercorse tra COGNOME e COGNOME e per non avere chiarito sulla base di quali elementi il ricorrente avesse la consapevolezza che all’interno dei “gommoni” era stata nascosta la cocaina, vieppiù in ragione del fatto che il trasporto degli pneumatici era stato effettivo, come comprovato dalla documentazione prodotta dalla difesa ( i.e. bolle di accompagnamento);
-violazione di legge, in relazione agli artt. 274 e 275 cod. proc. pen., e vizio di motivazione per manifesta illogicità, per avere il Tribunale desunto l’attualità del pericolo di recidiva e la adeguatezza della misura in ragione della modalità del fatto e della contiguità del Papasidero a contesti di criminalità, in violazione dei principi enunciati in materia dalla Corte di cassazione quanto alla necessità che il pericolo di reiterazione si traduca “nell’alta probabilità che l’imputato possa commettere delitti della stessa specie°.
Il procedimento è stato trattato in forma scritta in assenza di tempestiva richiesta di discussione orale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso non supera il preliminare vaglio di ammissibilità, perché manifestamente infondato, generico e perché declinato in fatto.
Manifestamente infondato è il primo motivo di ricorso con cui la difesa ha censurato il provvedimento gravato – sotto il profilo della gravità indiziaria ex art. 273 cod. proc. pen. – in ordine al ritenuto concorso ex art. 110 cod. pen. del Papasidero nell’episodio criminoso di cui alla provvisoria contestazione.
2.1. Secondo la ricostruzione operata dai Giudici di merito, NOME COGNOME aveva gestito, per conto della famiglia COGNOME, il trasferimento di due chili di cocaina dalla Calabria alla Lombardia. Il carico di sostanza stupefacente era destinato al sodalizio – dedito al narcotraffico- che aveva la sua base logistica nel comasco ed era diretto da NOME COGNOME della cui compagine era parte integrante anche il figlio del ricorrente, NOME COGNOME che rivestiva il ruolo di corriere.
Il quadro indiziario- osservavano i Giudici di merito- poggiava essenzialmente sugli esiti dell’attività di intercettazione telefonica e, nonostante l’utilizzo da part
degli interlocutori di un linguaggio volutamente criptico, nondimeno la lettura sinottica dei colloqui aveva consentito sia di risalire alla vera causale del trasporto (pag. 25 del provvedimento) sia di individuare il fattivo contributo del Papasidero.
Ed effettivamente – spiegavano i Giudici – come, in relazione allo specifico episodio in contestazione, il predetto COGNOME avesse “curato” nel dettaglio la trasferta del carico di stupefacente ( celato all’interno degli pneumatici) ,avvisando con solerzia il destinatario NOME COGNOME (braccio destro di NOME COGNOME) dell’arrivo in anticipo rispetto al previsto del “carico”, manifestando una certa premura nell’informare il “mittente” Cutrì del buon esito dell’operazione, mostrando una certa ansia e preoccupazione in merito all’awenuta “appropriazione”, all’insaputa del COGNOME, da parte del Bono di una parte della “provvista” (“i gommoni che ha scaricato NOME … ne abbiamo uno in meno … NOME se ne è preso uno che un amico suo ha scoppiato qui di fronte al distributore…”).
2.3. Il percorso argomentativo è congruo, scevro da vulnus motivazionali e soprattutto non neutralizzato dalle generiche e ripetitive censure difensive circa la mancanza di consapevolezza in capo al Papasidero della causale del trasporto.
Ed infatti, in materia di provvedimenti de libertate, la Corte di cassazione non ha alcun potere né di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate (ivi compreso lo spessore degli indizi), né di rivalutazione delle condizioni soggettive dell’indagato in relazione alle esigenze cautelari ed all’adeguatezza delle misure, poiché sia nell’uno che nell’altro caso si tratta di apprezzamenti propri del giudice di merito : il controllo di legittimità è circoscritto all’esame d contenuto dell’atto impugnato per verificare, da un lato, le ragioni giuridiche che lo hanno determinato, la correttezza allo stato degli atti della qualificazione giuridica attribuita ai fatti e, dall’altro, l’assenza di illogicità evidenti, argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento (Sez. Un., n. 11 del 22/3/2000, COGNOME, Rv 215828; Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, COGNOME, Rv. 276976; Sez. 4, n. 18807 del 23/3/2017, Rv 269885).
Analogamente è inammissibile per genericità il secondo motivo di ricorso.
3.1. I Giudici nell’incipit del provvedimento – si soffermavano sulla genesi, sulla struttura e sulle modalità operative del sodalizio capeggiato da NOME COGNOME evidenziando come il gruppo fosse in contatto e avesse in corso” affari di droga” anche con le ‘ndrine calabresi, dalle quali si riforniva periodicamente di stupefacente con continue trasferte dalla Calabria alla Lombardia (pagg. 3 e ss dell’ordinanza).
3.2. In tale contesto fattuale , si inseriva anche l’episodio specifico contestato al ricorrente. Si evidenziava, a tal uopo, come l’organizzazione e la gestione della spedizione di un carico importante di cocaina (20 chili) costituisse elemento
sintomatico dell’esistenza di un rapporto fiduciario tra il COGNOME e i componenti del sodalizio criminale e/o quanto meno di una contiguità dello stesso con ambienti di spessore criminale e/o con persone, stabilmente inserite nel settore del narcotraffico
3.3. Secondo il Tribunale, dunque, l’inserimento del Papasidero “nel circuito del narcotraffico” deponeva per la non “occasionalità” della condotta, di guisa che il pericolo di reiterazione poteva essere adeguatamente arginato con la misura intra moenia (pag. 26 del provvedimento).
La motivazione, per come strutturata, è scevra da deficit logici né del resto è “vulnerata” dalle censure che sono astratte e reiterative di questioni esaustiva mente scrutinate.
Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente – ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen. – al pagamento delle spese processuali e al pagamento in favore della Cassa delle ammende della somma che si stima equo fissare in tremila euro, non ravvisandosi una sua assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (vedi Corte Costit., sent. n 186 del 13 giugno 2000).
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 17/12/2024.