Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 22655 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 22655 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato il 16/12/1981 a CASTROVILLARI avverso l ‘ordinanz a in data 06/02/2025 del TRIBUNALE DI CATANZARO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
letta la requisitoria del Pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
a seguito di trattazione in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 1 27 cod. proc. pen.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME per il tramite del proprio procuratore speciale, impugna l ‘ordinanza in data 06/02/2025 del Tribunale di Catanzaro, che ha rigettato l’istanza di riesame proposta avverso l’ordinanza in data 09/01/2025 del G.i.p. del Tribunale di Catanzaro, che aveva disposto la misura cautelare della custodia in carcere in relazione al delitto di estorsione aggravata ai sensi dell’art. 416 -bis .1 cod. pen. e ai sensi dell’art. 628, comma terzo, n. 1 cod. pen.
Deduce:
Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione ai gravi indizi di colpevolezza e alle esigenze cautelari.
2.1. Con riguardo ai gravi indizi di colpevolezza, il ricorrente premette che, per la posizione di COGNOME, i giudici del riesame hanno valorizzato le dichiarazioni di NOME COGNOME che narra di un viaggio effettuato con NOME COGNOME verso Lauropoli, presso la sede dei c.d. COGNOME, i quali avrebbero garantito, dietro compenso, la tranquilla esecuzione dei lavori.
Secondo quanto narrato da NOME, il viaggio avveniva con una Golf grigia, guidata da un soggetto che NOME, senza esserne sicuro, ha riconosciuto fotograficamente nell’odierno ricorrente.
Denuncia, quindi, scarsa valenza indiziaria di un riconoscimento che non abbia i connotati della certezza.
Si aggiunge che, mentre NOME ha dichiarato che era stato NOME a intimargli di non parlare in auto, il provvedimento cautelare attribuisce a COGNOME tale intimazione, così traendo la sua consapevolezza circa la richiesta estorsiva sulla base di un dato indiziario travisato.
Si rimarca, infine, come il ricor rente non avesse partecipato all’incontro nel corso del quale veniva fatta la richiesta estorsiva.
Si conclude osservando che non possono ritenersi gravi indizi di colpevolezza sulla base di un riconoscimento incerto, di un dato fattuale travisato e in mancanza di elementi concreti di partecipazione -sia pure silente- alla condotta estorsiva.
2.2. Sotto il profilo delle esigenze cautelari si denuncia il vizio di motivazione, in quanto nell’ordinanza non si adempie all’obbligo di esporre le specifiche e concrete esigenze per cui non era possibile applicare misure meno afflittive della custodia in carcere.
Si aggiunge che non può rinvenirsi il requisito dell’attualità in relazione a un’unica condotta , risalente a tre anni prima rispetto all’esecuzione della misura cautelare e quando oramai sul luogo degli accadimenti non ci sono più cantieri, così mancando il sostrato fattuale costituente l’occasione per la reiterazione del delitto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso é fondato.
La vicenda in esame si inserisce in un contesto più ampio, ove viene contestata alla cosca COGNOME una serie di estorsioni, realizzate con l’intermediazione di NOME COGNOME, in danno della RAGIONE_SOCIALE, alla quale veniva imposto di avvalersi delle società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE nell’esecuzione del sub
appalto ottenuto dalla società RAGIONE_SOCIALE per la realizzazione della variante del metanodotto PisticciSant’Eufemia, 4° tronco per conto della RAGIONE_SOCIALE, nel territorio di Trebisacce, in provincia di Cosenza.
Per quello che qui interessa, il fatto viene ricostruito sulla base delle dichiarazioni rese dal NOME COGNOME, Geometra responsabile del cantiere di Trebisacce, il quale riferiva che, un pomeriggio, veniva raggiunto da NOME COGNOME, capocantiere della Tre Colli RAGIONE_SOCIALE, il quale lo invitava a seguirlo e a salire sul suo automezzo, un fuoristrada cassonato COGNOME, con il quale si allontanavano dal cantiere dove si trovava a operare, per giungere nei pressi di un distributore di carburante, dove era in attesa un uomo con una Golf grigia.
Il NOME precisa che NOME lasciava il suo telefono nel fuoristrada e gli intimava di lasciare anche il suo. Scesi dal fuoristrada, salivano sulla Golf grigia, il NOME seduto al lato guida e NOME sul sedile posteriore. Il NOME scambiava poche battute amichevoli con l’autista. Giungevano, quindi, a Lauropoli, nei pressi di un’abitazione, dove vi erano alcune persone ad attendere NOME , che facevano strada dentro l’abitazione.
L’autista rimaneva fuori ad attendere.
Nell’abitazione -secondo quanto ricostruito dagli inquirenti- veniva avanzata la richiesta estorsiva.
Usciti dall’abitazione, NOME e NOME rientravano nell’autovettura per fare ritorno a Trebisacce. Rispetto a tale frangente degli accadimenti, il Tribunale riporta il contenuto delle dichiarazioni rese da NOME: «Una volta a bordo della macchina di NOME, gli ho chiesto sarcasticamente e preoccupato dove mi avesse portato e quali persone avevamo incontrato poco prima. Di tutta risposta NOME COGNOME con i gesti mi ha fatto capire di non parlare in auto. Giunti a Trebisacce e scesi dall’autovettura , NOME mi ha detto se avevo, a questo punto, capito che la richiesta estorsiva provenisse da quell’ambiente criminale, invitandomi a ricercare su internet chi fossero gli Abbruzzese, facendomi capire chiaramente che da questi eravamo stati».
NOME COGNOME effettuava successivamente un riconoscimento fotografico, per come riportato nel provvedimento impugnato: «il COGNOME procedeva quindi al riconoscimento fotografico dei soggetti indicati, dichiarando ‘Riconosco con sicurezza, nell’album fotograf ico come l’individuo con il quale NOME si è appartato nell’occasione in cui mi ha condotto a Lauropoli. Inoltre, anche se non sono sicuro, riconosco il soggetto ritratto alla foto nr. 23 come una persona che lavora con la ditta RAGIONE_SOCIALE COGNOME il quale era presente all’incontro di Lauropoli in quanto autista della Golf grigia che ci ha accompagnati nella seconda parte del tragitto verso Lauropoli’».
La fotografia n. 23 effigiava l’odierno ricorrente, che, all’epoca dei fatti, era dipendente dalla società RAGIONE_SOCIALE con le mansioni di autista.
Così delineati gli elementi indicati dal Tribunale, il ricorrente nega la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, osservando che:
il riconoscimento fotografico è stato effettuato in termini di incertezza, così che non assurge a indizio a carico di COGNOME;
lungo il tragitto, quando NOME e NOME si trovavano a viaggiare nella Golf, da Trebisacce e Lauropoli e ritorno, non si è mai parlato di estorsioni e di quanto accaduto dentro l’abitazione nell’incontro con gli Abbruzzese;
il Tribunale trae la consapevolezza di COGNOME di quanto accaduto all’interno dall’abitazione dal fatto che COGNOME zittiva NOME quando, rientrato in macchina dopo l’incontro con gli Abbruzzese, iniziava a parlare di quanto accaduto dentro l’abitazione. A tale riguardo il ricorrente osserva che NOME, invece, ha dichiarato che era stato NOME e non COGNOME a zittirlo, così che era stato travisata un’emergenza procedimentale.
2.1. Così delineati i termini della vicenda, il ricorso si mostra fondato, anzitutto con riguardo alla possibilità di identificare NOME COGNOME con l’autista che ebbe ad accompagnare NOME COGNOME e NOME COGNOME da Trebisacce a Lauropoli, presso gli Abbruzzese.
La difesa ha evidenziato che il riconoscimento è stato effettuato in termini di incertezza e lo stesso COGNOME, in sede di interrogatorio di garanzia, ha spiegato che -per ragioni di servizioaveva accompagnato in un’occasione NOME e NOME presso lo Scalo di Spezzano, da tale NOME, ma non a Lauropoli.
A fronte di un riconoscimento effettuato in termini di incertezza e di una spiegazione offerta dall’indagato che gli investigatori avrebbero potuto verificare, sarebbe stato preciso compito del Tribunale spiegare come si sia pervenuti alla certezza che l’autista di NOME e di NOME, nell’episodio in disamina , fosse proprio l’odierno ricorrente.
Va, infatti, rimarcato che «in tema di misure cautelari personali, sebbene per la loro applicazione sia necessaria una probatio minor di quella richiesta per la condanna, essendo sufficiente una qualificata probabilità di colpevolezza, occorre tuttavia che l’identificazione del soggetto nei confronti del quale si procede sia certa» (Sez. 3, n. 30056 del 25/02/2021, COGNOME, Rv. 282232 -01; Sez. 5, n. 9192 del 07/02/2007, Vallelunga, Rv. 236258 -01).
Certezza che non può ritenersi raggiunta in forza di un riconoscimento fotografico dichiaratamente insicuro e in presenza di una spiegazione offerta dall’indagato e non verificata dagli investigatori, così che il dubbio sulla stessa risulta arbitrario.
2.2. A parte tale assorbente rilievo, si vuole comunque evidenziare come le deduzioni difensive risultino fondate anche in relazione alla ritenuta consapevolezza di COGNOME su quanto accaduto nell’abitazione degli Abbruzzese in Lauropoli.
A tale proposito il Tribunale scrive: «Con riferimento al ruolo specificamente svolto da COGNOME NOME, NOME COGNOME raccontava di aver riconosciuto in foto
NOME COGNOME come colui il quale, pur lavorando con la RAGIONE_SOCIALE, li aveva accompagnati a Lauropoli con la Golf di colore grigio (la seconda autovettura impiegata nel viaggio verso Lauropoli), chiarendo altresì come, mentre si erano rimessi in macchina per fare il viaggio di ritorno, aveva provato a chiedere spiegazioni sull’incontro appena avven uto con Abbruzzese, ma ‘l’altro’ soggetto in auto, il guidatore NOME COGNOME, prudentemente e perentoriamente gli aveva intimato di non parlare in macchina».
Tale brano di motivazione risulta viziato da contraddittorietà, sia perché attribuisce al riconoscimento fotografico termini di certezza che -come visto- non ha; sia perché afferma che NOME ha dichiarato che era stato zittito ‘dall’altro’, ossia dal guidatore: tale ultimo assunto, invero, risulta in contraddizione con quanto esposto dallo stesso Tribunale alla pagina 8 del provvedimento impugnato, dove si evidenzia che NOME ha riferito che era stato NOME che gli aveva fatto capire a gesti di non parlare, e non anche COGNOME.
Il T ribunale, invero, valorizza un inciso di un’intercettazione riportata alla pagina 13 del provvedimento impugnato per affermare che a intimare a NOME di non parlare fosse stato ‘l’altro’, ossia il guidatore.
Va, dunque, osservato che emergono dalla stessa lettura del provvedimento impugnato due elementi di significato opposto: sulla base delle dichiarazioni rese da NOME COGNOME, emerge che fu NOME a fargli cenno di non parlare; dal contenuto dell’intercettazione, invece, secondo la lettura data dal tribunale, fu ‘l’altro’ a intimare a NOME di non parlare.
A fronte di un dato in tal senso contraddittorio, i giudici avrebbero dovuto spiegare le ragioni per cui hanno ritenuto prevalente un inciso estrapolato da una conversazione intercettata rispetto alle dichiarazioni rese dalla persona offesa; spiegazione tanto più necessaria ove si consideri che proprio da tale circostanza il tribunale ha tratto la consapevolezza di COGNOME su quanto avvenuto nell’abitazione di Abbruzzese e in ragione della minor valenza indiziaria dell’intercettazione rispetto alle dichiarazioni della persona offesa.
Le restanti condotte addebitate all’autista della Golf (non essendovi certezza che quell’autista fosse proprio COGNOME) , invero, risultano del tutto estranee alla condotta estorsiva.
Infatti:
a) il soggetto che accompagnava NOME e NOME era autista della società Tre Colli, così che la sua condotta era espressione delle mansioni ricoperte nell’ambito aziendale. Tanto importa la necessità di indicare elementi concreti utili a evidenziare che quella condotta non era legata alle mansioni rivestite, ma a una consapevole partecipazione alle finalità del viaggio;
b) a ll’interno dell’autovettura , durante il tragitto da Trebisacce a Lauropoli e ritorno, NOME e NOME non parlano mai dello scopo del viaggio, né di quanto
accaduto nell’abitazione, così che non vi sono elementi per ritenere che l’autista avesse consapevolezza dell’uno e dell’altro;
c) a ulteriore conferma di quanto evidenziato nel punto b), in base a quanto riferito da NOME NOME lo zittiva quando, una volta all’interno della Golf, durante il viaggio di ritorno, aveva iniziato a parlare di quanto accaduto nell’abitazione. Tanto vale a significare che quanto accaduto nell’abitazione non doveva essere portato a conoscenza dell’unico soggetto che non era entrato nell’abitazione, ossia l’autista, così non potendosi affermare che questi fosse a conoscenza dello scopo del viaggio e di quanto accaduto all’interno dell’abitazione ;
NOME riferisce che NOME gli evidenziava la caratura criminale degli Abbruzzese soltanto dopo che erano scesi dall’autovettura , così confermandosi che quello non voleva farsi sentire dall’autista, dal che deve ulteriormente evincersi che questi fosse ignaro degli accadimenti.
2.3. Tali rilievi evidenziano come il Tribunale abbia ritenuto la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza sulla base di elementi che non sono dotati della gravità, ossia di un requisito che suppone che le circostanze poste a fondamento del ragionamento logico inferenziale siano certe nella loro esistenza oltre che convincenti (cfr. in motivazione, Sez. 6, n. 26115 del 11/06/2020, Pesce, Rv. 279610 -01).
In un arresto certamente risalente, ma pur sempre valido, è stato spiegato che «ai fini dell’applicazione delle misure cautelari personali si richiede che gli indizi abbiano i requisiti della certezza e della gravità. Il primo, non esplicitamente menzionato dalla disposizione dell’art. 273, comma 1, cod. proc. pen. postula la verifica processuale circa la reale sussistenza della circostanza stessa, posto che non potrebbe essere consentito fondare la prova critica su un fatto verosimilmente accaduto, valorizzando inammissibilmente il mero sospetto o la personale congettura. Il requisito della gravità puntualizza, invece, la capacità dimostrativa, la pertinenza cioè del dato rispetto al thema probandum , in quanto non sarebbe utilizzabile l’indizio cui si possa attribuire un significato ben diverso da quello di inferenza (nel rapporto logico fatto noto – fatto da dedurre)» (Sez. 2, n. 2935 del 17/09/1992, dep. 1993, Palermo, Rv. 191072 -01; successivamente, Sez. 1, n. 49359 del 17/11/2009, COGNOME, non mass.).
Nel caso in esame, manca il requisito della certezza sia in relazione all’identificazione, sia in relazione a quanto avvenuto all’interno della Golf (eventualmente) condotta da COGNOME, nonché sulla consapevolezza di quest’ultimo dello scopo dello scopo del viaggio e di quanto avvenuto nell’abitazione .
La totale mancanza di elementi indiziari realmente esistenti, certi e concreti porta al necessario annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata, non rinvenendosi la possibilità di inferire gravi indizi di colpevolezza a carico di COGNOME
sulla base di una rilettura oggettiva delle emergenze procedimentali, così come enucleate.
4. I motivi sulle esigenze cautelari restano assorbiti.
All’annullamento s enza rinvio dell’ordinanza impugnata consegue la cessazione della misura cautelare e l’ordine di immediata liberazione di COGNOME Gino se non detenuto per altro titolo o causa. Manda alla cancelleria per l’immediata comunicazione al Procuratore generale in sede per quanto di competenza ai sensi dell’art. 626 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata. Dichiara la cessazione della misura cautelare e ordina l’immediata liberazione di COGNOME Gino se non detenuto per altro titolo o causa. Manda alla cancelleria per l’immediata comunicazione al Procuratore generale in sede per quanto di competenza ai sensi dell’art. 626 cod. proc. pen.
Così deciso il 05/06/2025