Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 3090 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 3090 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 21/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME nato a Cosenza il 27/12/1984
avverso l’ordinanza emessa il 18 giugno 2024 dal Tribunale di Catanzaro visti gli atti, l’ordinanza e il ricorso; udita la relazione del Consigliere NOME COGNOME udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso; uditi i difensori, Avv. NOME COGNOME e Avv. NOME COGNOME che hanno concluso per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME ricorre per cassazione avverso l’ordinanza di rigetto dell’appello proposto avverso l’ordinanza con cn è stata applicata al ricorrente la misura interd:ttiva della sospensione dai pubblico ufficio espletato presso la Guardia di Finanza, per !a curata di dodici mesi, in relazione al reato di cui agli
articoli 326 e 416-bis.1 cod. pen.
1.1. Con un unico motivo di ricorso, ulteriormente sviluppato con i motivi aggiunti, deduce il vizio di motivazione in relazione al giudizio di gravità indiziaria in quanto il Tribunale si è limitato a confermare le argomentazioni contenute nell’ordinanza genetica, senza considerare le plurime doglianze difensive esposte nell’atto di appello con le quali si rappresentavano i seguenti elementi di criticità in ordine al quadro indiziario a carico del ricorrente:
-assenza di elementi idonei a provare che lo stesso fosse a conoscenza delle informazioni che avrebbe riferito a terzi. Rileva il ricorrente che a tal fine insufficiente la sua appartenenza al reparto SRAGIONE_SOCIALE della Guardia di Finanza, dal momento che lo stesso non ha partecipato alle indagini relative al presente procedimento né sono emersi incontri o contatti telefonici fra il ricorrente e i colleghi che stavano svolgendo dette indagini. Si rileva, al riguardo, che l’unico incontro tra COGNOME e i due colleghi non ha rilievo a tal fine, dal momento che gli stessi prestavano servizio a Crotone.
da nessuna delle conversazioni valorizzate dall’ordinanza genetica è possibile desumere con certezza che l’appartenente alla Guardia di Finanza responsabile della delazione sia proprio il ricorrente. Si segnala, in particolare, che la tesi accusatoria, secondo cui ad ogni incontro tra il ricorrente e l’amico NOME COGNOME (suocero di Rende) seguiva la fuga di notizie, non trova riscontro nella cronologia delle intercettazioni ed è, peraltro, in contrasto sia con il comportamento tenuto dal ricorrente allorché fu ritrovato il GPS nell’auto di Rende (informava i superiori e invitava l’amico Capitano a sollecitare la figlia a prendere le distanze dal marito), sia con il fatto che Capitano ha altri amici, oltre COGNOME nella Guardia di Finanza.
Si rileva, inoltre, che le due conversazioni del 19/10/2020 e del 30/11/2020, sono prive di valenza individualizzante in quanto: nella prima COGNOME rivelava ad COGNOME di aver saputo da un “parente nostro” di una imminente operazione di polizia; nella seconda, invece, COGNOME riferiva ad COGNOME di aver saputo delle indagini a suo carico in quanto un amico del suocero, NOME NOME, appartenente alla Guardia di Finanza, avrebbe rivelato a quest’ultimo di essersi dovuto giustificare con i superiori di contatti telefonici avuti con COGNOME una volta scoperto che era sottoposto ad indagini. Si aggiunge, inoltre, che dalla trascrizione della conversazione del 30/11/2020, reputata dai Giudici di merito quale unico elemento individualizzante a carico di COGNOME, emerge con certezza che la fonte della notizia riservata è un militare della Guardia di Finanza impegnato nell’indagine c.d. Reset, cosicchè tale dato è incompatibile con la sua individuazione nell’odierno ricorrente.
Sempre in relazione a tale conversazione del 30/11/2020, con i motivi aggiunti si è rappresentato che, successivamente alla pronuncia dell’ordinanza impugnata, sono stati sentiti a sommarie informazioni i militari della Guardia di Finanza del reparto G.I.C.O. in servizio a Cosenza nell’anno 2020 e che da tali dichiarazioni è emerso che il militare che ha avuto contatti con NOME COGNOME era il luogotenente NOME COGNOME il quale sarebbe stato un assiduo frequentatore della trattoria “La cusentina” di NOME COGNOME Si evidenzia, dunque, che tale elemento, benché acquisito successivamente, rivela la fallacia del ragionamento del Tribunale, posto che: i) non è COGNOME il soggetto cui si riferiscono gl interlocutori; ii) lo stesso non ha mai partecipato all’indagine “Reset” e non ha acquisito informazioni sulla stessa.
Si deduce, inoltre, che:
il Tribunale ha omesso di motivare in merito alla valenza indiziaria a carico del ricorrente della conversazione del 24/9/2020 in cui NOME COGNOME sollecitava NOME NOME a chiedere notizie rispetto alla presenza in città di militari della Guardia di Finanza impegnati in attività di indagine;
l’irrilevanza delle verifiche documentali relative agli incarichi e alle missioni d COGNOME in Calabria, atteso che non vi è alcun rapporto di consecutività temporale fra i contatti avvenuti in tali occasioni con Capitano e le fughe di notizie;
l’irrilevanza sia delle risultanze dei servizi di osservazione, che attestano esclusivamente rapporti di frequentazione fra COGNOME, NOME e COGNOME senza alcun elemento che consenta di sostenere che gli incontri o i contatti telefonici fra gli stessi fossero finalizzati a fornire informazioni, sia dei tabulati telefonici, stant l’assenza di coincidenza cronologica tra i contatti telefonici e il momento in cui sarebbe avvenuta la rivelazione di notizie.
Nel corpo del motivo si rappresenta anche che il difensore non ha potuto consultare il contenuto di tutti i file relativi alle intercettazioni, di cui aveva chiesto copia al Pubblico ministero subito dopo la notifica dell’ordinanza cautelare, in quanto detta richiesta non è stata evasa, come rappresentato nel corso dell’udienza dinanzi al Tribunale del riesame.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato per le ragioni di seguito esposte.
Secondo la costante lezione ermeneutica della giurisprudenza di legittimità, in tema di misure cautelar’ personali, per gravi indizi di colpevolezza ai sensi dell’art. 273 cod. proc. pen. devono intendersi tutti quegli elementi a carico, di
natura logica o rappresentativa che – contenendo “in nuce” tutti o soltanto alcuni degli elementi strutturali della corrispondente prova – non valgono, di per sè, a provare oltre ogni dubbio la responsabilità dell’indagato e tuttavia consentono, per la loro consistenza, di prevedere che, attraverso la futura acquisizione di ulteriori elementi, saranno idonei a dimostrare tale responsabilità, fondando nel frattempo una qualificata probabilità di colpevolezza (Sez. U, n. 11 del 21/04/1995, Costantino, Rv. 202002; Sez. 2, n. 5491 del 29/11/2019, dep. 2020, Rispoli. Rv. 278242; Sez. 3, n. 17527 del 11/01/2019, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 275699 – 02). Si è, infatti, condivisibilmente affermato che, in tema di misure cautelari personali, un indizio può definirsi “grave” qualora sia pertinente rispetto al fatto da provare, idoneo ad esprimere una elevata probabilità di derivazione del fatto noto da quello ignoto e dotato di un elevato grado di capacità dimostrativa del fatto da provare (Sez. 6, n. 26115 del 11/06/2020, COGNOME, Rv. 279610).
3. Il Tribunale del riesame non si è attenuto a tali coordinate ed ha posto a fondamento del giudizio di gravità indiziaria degli elementi ambigui che, pur denotando una opacità delle relazioni tra il ricorrente, Capitano e NOME, non appaiono dotati di adeguata ed individualizzante valenza inferenziale rispetto al fatto oggetto di imputazione provvisoria (ovvero la asserita rivelazione a COGNOME NOME, direttamente o tramite Capitano NOME, NOME e NOME NOME, di informazioni riservate relative al c.d. procedimento “Reset” sull’associazione mafiosa cosentina con al vertice NOME COGNOME).
Invero, al di là del dato, ammesso dallo stesso ricorrente, relativo alle sue frequentazioni con NOME e COGNOME, gli indizi valorizzati non appaiono idonei a rivelare, nei termini di qualificata probabilità propri della delibazione cautelare, che la fonte delle informazioni riservate, specificamente contestate nell’imputazione provvisoria, sia proprio il ricorrente, non essendo, a tal fine, sufficienti, in assenza di altri elementi indiziari dotati di siffatta capacità rappresentativa, il mer riferimento descrittivo della fonte delle informazioni, desunto dalle conversazioni intercettate, quale “amico” di NOME COGNOME, elemento, questo, che, di per sè considerato, appare privo di adeguata valenza “individualizzante”.
Ad avviso del Collegio, infatti, sebbene non siano utilizzabili ai fini del sindacato richiesto a questa Corte gli ulteriori elementi emersi successivamente all’ordinanza impugnata, menzionati nei motivi aggiunti, la motivazione sulla identificazione di tale soggetto nell’odierno ricorrente appare poco persuasiva e frutto di una sorta di sillogismo in forza del quale poiché il COGNOME appartiene alla Guardia di Finanza e frequentava Capitano, lo stesso deve necessariamente essere l’amico” che ha rivelato le informazioni.
Ad avviso del Collegio tale inferenza appare frutto di un salto logico, posto che: i) il ricorrente non appartiene al reparto che stava procedendo all’indagine oggetto delle indebite rivelazioni: ii)non risulta dimostrato alcun contatto tra COGNOME e componenti del nucleo investito di tale indagine; iii) l’unico contatto, oggetto del servizio di osservazione menzionato dall’ordinanza impugnata, attiene ad un incontro con colleghi della Guardia di Finanza di Crotone.
Tale lacuna del giudizio di gravità indiziaria, non appare, peraltro, colnnabile attraverso il contenuto delle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Porcaro, trattandosi di dichiarazioni de relato e riferite ad altro procedimento (c.d. Testa di serpente). Va, peraltro, considerato che tali dichiarazioni sono state utilizzate dal Tribunale senza alcun rispetto dei canoni di valutazione, costantemente indicati dalla giurisprudenza di questa Corte, con riferimento alla verifica della intrinseca attendibilità della fonte dichiarativa ed alla presenza di riscontri estrinseci individualizzanti, tali cioè da attribuire capacità dimostrativa e persuasività probatoria in ordine all’attribuzione del fatto-reato al soggetto destinatario di esse, ferma restando la diversità dell’oggetto della delibazione cautelare, preordinata a un giudizio prognostico in termini di ragionevole e alta probabilità di colpevolezza del chiamato, rispetto a quella di merito, orientata invece all’acquisizione della certezza processuale in ordine alla colpevolezza dell’imputato. (cfr. Sez. U, n. 36267 del 30/05/2006, Spennato, Rv. 234598).
4 . Alla luce di quanto sopra esposto, l’ordinanza impugnata va annullata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Catanzaro competente ai sensi dell’art. 310 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per Catanzaro. nuovo giudizio al Tribunale di
Così deciso il 21 novembre 2024
Il Consigliere estensare
Il Presidente