Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 22455 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 22455 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 27/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a CERIGNOLA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 27/12/2024 del TRIB. LIBERTA di BARI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; sentite le conclusioni del PG, nella persona del sostituto NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1.Con ordinanza pronunciata a norma dell’art. 309 cod. proc. pen., COGNOME il Tribunale del Riesame di Bari ha confermato l’ordinanza con cui il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Trani, in esito al giudizio di convalid dell’arresto in flagranza, ha applicato nei confronti di NOME COGNOME la misura della custodia cautelare in carcere in ordine a plurimi delitti, commessi in Barletta il 6 dicembre 2024 e in particolare:
al delitto di cui all’art. 110 cod. pen. e 23, comma 3, legge n. 110/1975 relativo alla detenzione di una pistola semiautomatica, priva di matricola;
al, delitto di cui all’art. 648 cod. pen. relativo alla ricezione della pis suddetta;
-al delitto di cui agli artt. 110 cod. pen. e 73 e 80 d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309 relativo alla detenzione di kg 11,4 di sostanza stupefacente del tipo cocaina suddivisa in n. 10 panetti.
I fatti nell’ordinanza genetica e in quella impugnata sono stati descritti nel modo seguente. Nella data su indicata, personale della Polizia di Stato, nel corso di un servizio di appostamento nel piazzale della RAGIONE_SOCIALE ove si trovano numerosi box, aveva visto arrivare NOME COGNOME a bordo in auto; nel corso del controllo, sul sedile di tale auto era stata rinvenuta una chiave con la quale era stato aperto il box n. 82; all’interno di detto box, risultato locato dal proprietario NOME COGNOME a NOME COGNOME, era parcheggiata l’autovettura BMW intestata a COGNOME, le cui chiavi erano state riposte sopra i tasti di accensione RAGIONE_SOCIALE luci del locale; la perquisizione dell’auto aveva consentito di rinvenire una busta contenente n. 10 panetti di sostanza stupefacente del tipo cocaina del peso complessivo di 11,4 chilogrammi, mentre nel locale box era stata rinvenuta, all’interno di un borsone, una pistola semiautomatica priva di matricola e n. 233 cartucce, una RAGIONE_SOCIALE quali nel serbatoio dell’arma.
Contro l’ordinanza, la difesa dell’indagato ha proposto ricorso, formulando due motivi.
2.1. Con il primo motivo, ha dedotto la violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza dei reati contestati. In primo luogo il difensore osserva che l’affermazione del Tribunale per cui, per poter posteggiare la sua auto, NOME avrebbe dovuto spostare la BMW per la strada, non trova alcun riscontro negli atti, rappresentanti dal verbale di arresto, in cui di tale circostanza non si fa cenno alcuno, né sono
menzionate le dimensioni del locale box. Il Tribunale, inoltre, nel ritenere che sarebbe stato troppo rischioso per NOME lasciare per strada la sua auto contenente un quantitativo così rilevante di sostanza stupefacente, non aveva considerato che la droga era occultata e non era visibile. I giudici, comunque, a fronte della assunzione, da parte di NOME, della titolarità esclusiva di quanto rinvenuto nel box da lui locato, non avevano chiarito in che senso il ricorrente avesse contribuito alla detenzione della sostanza stupefacente e dell’arma. Ai fini della configurazione del concorso è sufficiente la partecipazione alla altrui attività criminosa, con la volontà di adesione, che può manifestarsi in forme agevolative della detenzione, ovvero nel garantire una collaborazione nel caso di bisogno: il Tribunale non avrebbe fatto buon governo di tali principi, in quanto, al di là del mero dato della disponibilità RAGIONE_SOCIALE chiavi del box, non aveva individuato elementi ulteriori indicativi di una qualsivoglia forma di partecipazione alla detenzione.
L’ordinanza, inoltre, secondo il difensor, è contraddittoria, in quanto, per un verso, dà atto dell’inesistenza di elementi rivelatori di un pregresso accordo fra i due indagati e, anche solo, di una loro pregressa frequentazione e, per altro verso, COGNOME afferma in maniera apodittica l’intenzione del ricorrente di accedere al box per prelevare parte del materiale illecito ivi custodito.
Infine l’ordinanza non si sarebbe soffermata sugli elementi da cui desumere la consapevolezza del ricorrente della ingente quantità di sostanza stupefacente imputazione soggettiva della circostanza aggravante di cui all’art. 80, comma 2, d.P.R. n. 309/90: dal verbale di arresto emerge che il materiale sequestrato si presentava accuratamente nascosto all’interno di buste, a loro volta custodite all’interno della BMW, la cui rinvenuta e, dunque, in ultima analisi sulla COGNOME chiave non era nella disponibilità di NOME.
2.2. Con il secondo motivo, ha dedotto la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione alla sussistenza RAGIONE_SOCIALE esigenze cautelari ed alla scelta della misura massimamente afflittiva. Ai fini della configurabilità del pericolo di reiterazione dei reati di cui all’art. 274 lett. c) cod. proc. pen. il parametro costituito dalla personalità dell’indagato va desunto da comportamenti o atti concreti, ovvero in via disgiuntiva dai suoi precedenti penali, mentre la gravità della condotta deve essere valutata in concreto e non già sulla sola base del titolo di, reato astrattamente considerato. Il Tribunale, nel caso di specie, non avrebbe spiegato le ragioni per le quali, tenuto conto della condizione di incensuratezza e dell’assenza anche di semplici pendenze, la misura degli arresti domiciliari non fosse idonea a contenere il pericolo di recidivanza.
Il Procuratore Generale, in persona del sostituto NOME COGNOME, COGNOME ha presentato conclusioni scritte con cui ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Il primo motivo, con cui si contesta la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, è inammissibile in quanto versato in fatto, e, comunque, manifestamente infondato.
A tale fine, si deve ribadire che in tema di misure cautelari personali, il ricorso per cassazione per vizio di motivazione del provvedimento del Tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza consente al giudice di legittimità, in relazione alla peculiare natura del giudizio ed ai limiti c ad esso ineriscono, la sola verifica RAGIONE_SOCIALE censure inerenti la adeguatezza RAGIONE_SOCIALE ragioni addotte dal giudice di merito ai canoni della logica e ai principi di dirit che governano l’apprezzamento RAGIONE_SOCIALE risultanze e non il controllo di quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito (Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, Mazzelli, Rv. 276976 – 01). La valutazione in ordine alla sussistenza o insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza ex art. 273 cod. proc. pen. è, quindi, censurabile in cassazione soltanto se si traduce nella violazione di specifiche norme di legge o in mancanza o manifesta illogicità della motivazione. Sotto tale ultimo profilo, il vizio logi della motivazione deducibile in sede di legittimità deve risultare dal testo della decisione impugnata e deve essere riscontrato tra le varie proposizioni inserite nella motivazione, senza alcuna possibilità di ricorrere al controllo RAGIONE_SOCIALE risultanze processuali; con la conseguenza che il sindacato di legittimità deve essere limitato soltanto a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo, senza spingersi a verificare l’adeguatezza RAGIONE_SOCIALE argomentazioni, senza che possa integrare un vizio deducibile la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione RAGIONE_SOCIALE risultanze processuali (Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, COGNOME, Rv. 207945; ex multis Sez. 6, n. 22445 del 08/05/2009, COGNOME, Rv.244181, Sez. 5, n. 17905 del 23/03/2006, COGNOME, Rv. 234109). Corte di RAGIONE_SOCIALEzione – copia non ufficiale
2.1 Così perimetrati i confini COGNOME dello scrutinio di legittimità, il ricorrente invoca, sotto l’apparente censura del vizio di motivazione, una considerazione alternativa RAGIONE_SOCIALE risultanze processuali.
Il Tribunale del riesame ha desunto il coinvolgimento di COGNOME, in concorso con NOME, nella detenzione dell’arma e della droga custodite nel box dalla circostanza per cui egli era in possesso RAGIONE_SOCIALE chiavi di detto locale, ove
all’atto del controllo stava facendo ingresso e NOME dalla inverosimiglianza della versione, secondo la quale era stato NOME a consegnargli le chiavi per fare in modo che egli potesse posteggiare ivi la sua auto. Le inferenze tratte dalle risultanze riportate, ed in primis quella per cui è inverosimile che colui che detiene armi e droga in un dato luogo lasci la disponibilità dello stesso a un soggetto che non sia coinvolto nella detenzione, non presentano alcun profilo di illogicità, in quanto sono rispondenti, semmai, a massime dì esperienza, ovvero a generalizzazioni tratte dall’esperienza comune.
Il richiamo ai principi che governano il concorso di persone del reato e il riferimento alla mancata specificazione da parte del Tribunale della condotta concorsuale sono, dunque, inconferenti, in quanto nella prospettiva del Tribunale, ancorata alle emergenze su indicate, la droga e l’arma appartenevano al ricorrente (oltre che a COGNOME), sicché è la titolarità di tali beni a fondare la gravità indiziaria. In altri termini, nella prospettiva del giudi della cautela la contestazione mossa a COGNOME non è quella di aver contribuito, materialmente o moralmente con condotta causale o anche solo agevolatrice, alla detenzione illecita di droga e armi da parte del coimputato, bensì quella di avere egli stesso detenuto detti beni e di averne avuto diretta disponibilità.
In ordine alla contestazione relativa alla imputazione soggettiva della circostanza aggravante di cui all’art. 80 d.P. R. n. 309/90, si deve premettere che, secondo la non contestata elencazione dei motivi di riesame di cui all’ordinanza impugnata (con riferimento alla rilevanza della omessa contestazione si veda Sez. 2 n. 31650 del 03/04/2017, Ciccarelli, Rv. 270627), la censura non era stata dedotta davanti al Tribunale. Ne consegue che deve trovare applicazione il principio per cui, la parte che propone richiesta di riesame, per la natura di mezzo di gravame della stessa, è tenuta ad articolare appositi motivi, sicché, ove successivamente proponga ricorso per cassazione avverso la decisione del Tribunale del riesame, è tenuta a dedurre motivi corrispondenti a quelli con i quali erano state fatte valere le questioni a questo prospettate, pena l’inammissibilità RAGIONE_SOCIALE deduzioni, siccome nuove (Sez. 3, n. 29366 del 23/04/2024, COGNOME, Rv. 286752 – 01; Sez. 5, n. 47078 del 19/06/2019, COGNOME, Rv. 277543 – 01; Sez. 2, n. 11027 del 20/01/2016, COGNOME, Rv. 266226 – 01; Sez. 2, n. 42408 del 21/09/2012, COGNOME, Rv. 254037 – 01; Sez. 1, n. 1786 del 05/12/2003, dep. 2024, COGNOME, Rv. 227110 – 01; Sez. 1, n. 292 del 22/04/1997, COGNOME, Rv. 207759 – 01). Sotto tale profilo, dunque, la censura è di per sé inammissibile.
In ogni caso, la censura è manifestamente infondata, in quanto, come detto, secondo la ricostruzione dei giudici della cautela l’addebito mosso al ricorrente
consiste nella codetenzione della sostanza stupefacente, COGNOME ritenuta a lui direttamente riferibile, COGNOME sicché il tema della conoscenza o conoscibilità del quantitativo ingente non può venire in rilievo.
Il secondo motivo, con cui si censura la sussistenza RAGIONE_SOCIALE esigenze cautelari e la individuazione della misura da applicare, è manifestamente infondato
Sotto il primo profilo, il Tribunale, in coerenza con il principio per cui l’ulti periodo della lettera c) dell’art. 274 cod. proc. pen. così come modificato dalla legge n. 47 del 2015, impedisce di desumere il pericolo di reiterazione dalla sola gravità del “titolo di reato”, astrattamente considerato, ma non dalla valutazione della gravità del fatto medesimo nelle sue concrete manifestazioni (Sez. 5 n. 49038 del 14/06/2017, COGNOME, Rv. 271522- 01; Sez. 1, n. 37839 del 02/03/2016, COGNOME, v. 267798 – 01), ha confermato il giudizio già formulato dal G.I.P. in merito al pericolo di reiterazione di reati della stessa specie ancorando detto giudizio alle concrete modalità del fatto e alla capacità a delinquere manifestata dall’indagato con la condotta posta in essere; in particolare i giudici hanno, in tale senso, valorizzato la micidialità dell’arma, corredata di munizionamento, e il quantitativo ingente di droga detenuta, indicativo dell’inserimento in circuiti criminali di elevato spessore.
Sotto il secondo profilo, il Tribunale ha verificato la idoneità della misura degli arresti domiciliari anche mediante applicazione del presidio elettronico a salvaguardare le esigenze cautelari ritenute sussistenti, formulando un giudizio negativo, sulla scorta di elementi fattuali rilevanti e congruamente evidenziati, quali la particolare la COGNOME gravità RAGIONE_SOCIALE condotte di reato, suscettibili di essere reiterate anche in ambiente domestico. Deve, in tal senso, ribadirsi che gli arresti domiciliari con braccialetto elettronico non costituiscono una nuova e autonoma misura cautelare, in quanto il mezzo tecnico previsto dall’art. 275 bis, cod. proc. pen., COGNOME è strumento di controllo applicabile, nei casi previsti dal legislatore, alle misure cautelari esistenti «a seguito di una specifica valutazione di adeguatezza operata dal giudice della cautela» (cfr. in motivazione Sez. U., n. 20769 del 28/04/2016, Lovisi, Rv. 266652). Il Giudice è, dunque, in ogni caso, chiamato a valutare l’adeguatezza della misura anche presidiata dal controllo rispetto alle esigenze cautelari ritenute sussistenti nel caso concreto, tanto più che lo strumento del braccialetto vale a garantire rispetto al pericolo di fuga, ma non già rispetto ad eventuali contatti volti alla ripresa dell’attività criminale.
Il motivo di ricorso, di contro, si limita a richiamare i principi giurisprudenzi che presiedono al trattamento cautelare, senza riferimenti specifici al caso
concreto e senza contrapporre agli argomenti individuati dal Tribunale ragioni di fatto e di diritto tali da incrinarne la tenuta logica.
4. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali. Tenuto conto della sentenza
della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000, e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che il ricorrente non versasse in colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità, deve essere disposto a suo carico, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere di versare la somma di C 3.000,00
in favore della RAGIONE_SOCIALE, somma così determinata in considerazione RAGIONE_SOCIALE ragioni di inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa RAGIONE_SOCIALE
ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 comma Iter disp. att. cod. proc. pen.
Deciso il 27 maggio 2025