Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 2035 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 2035 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/12/2023
SENTENZA
art. 309 cod. proc. pen. in data 31/05/2023 del Tribunale sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato a Palermo il DATA_NASCITA rappresentato ed assistito dall’AVV_NOTAIO, di fiducia avverso la ordinanza ex di Palermo;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
preso atto che non è stata richiesta dalle parti la trattazione orale ai sensi degli artt. 611, comma 1-bis cod. proc. pen., 23, comma 8, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con modificazioni dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, prorogato in forza dell’art. 5-duodecies del dl. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199 e, da ultimo, dall’art. 17 del d.l. 22 giugno 2023, n. 75, convertito con modificazioni dalla legge 10 agosto 2023, n. 112 e che, conseguentemente, il procedimento viene trattato con contraddittorio scritto;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria scritta ex art. 23, comma 8, del di. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176 e succ. modif., con la quale il Sostituto procuratore generale, NOME COGNOME, ha concluso chiedendo di dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza in data 31/05/2023, il Tribunale di Palermo, in parziale accoglimento della richiesta di riesame proposta nell’interesse di NOME COGNOME, sostituiva la misura cautelare degli arresti domiciliari, applicata in relazione ai reati di rapina aggravata in concorso con tali NOME COGNOME e NOME COGNOME (capo A) e di ricettazione aggravata (capo B) con quelle dell’obbligo di dimora nel comune di residenza e dell’obbligo di presentazione periodica alla polizia giudiziaria.
2. Avverso la predetta ordinanza, nell’interesse di NOME COGNOME, è stato proposto ricorso per cassazione, il cui unico formale motivo viene di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.: violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla ritenuta gravità indiziaria per i delitti contestati.
Assume il ricorrente che il Tribunale non ha specificato sulla base di quale iter motivazionale è pervenuto a ritenere che il ricorrente avrebbe avuto la disponibilità dell’autovettura senza tuttavia tenere nel debito conto come in realtà il giorno prima della rapina la stessa Fiat cinquecento, già provento di furto, era stata utilizzata per effettuare il sopralluogo presso la banca da parte del solo COGNOME. Se quest’ultimo aveva la disponibilità dell’autovettura già dal giorno prima, non si comprende per quale ragione il ricorrente ne dovesse avere la disponibilità esclusiva il giorno dopo, se si tiene nel debito conto che nessun tipo di elemento indiziario depone in tal senso e neppure ne viene dato atto nella motivazione dell’ordinanza impugnata. Questa appare incoerente e illogica poiché non ha fornito un adeguato supporto motivazionale sotto il profilo del ragionamento indiziario, se si tiene conto che non vi sono intercettazioni di alcuna natura che riguardano il COGNOME e che non è stato neppure accertato se quest’ultimo avesse la effettiva disponibilità dell’autovettura come invece, senza alcun riscontro, si appalesa certo nell’ordinanza impugnata. Parimenti, non si è spiegato neppure per quale ragione il ricorrente dovesse conoscere le intenzioni di NOME COGNOME con cui non risulta avere nessun tipo di rapporto. L’ordinanza, inoltre, è priva di qualsiasi riferimento ad intercettazioni che potessero collegare il COGNOME con i coindagati che invece annoverano tra di loro diversi contatti, fondando il coinvolgimento del ricorrente sulla base di mere illazioni prive di riscontri.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
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2. Ritiene il Collegio, a fronte di deduzioni che invocano principi estranei alla fase cautelare, di dover chiarire i limiti di sindacabilità da parte di questa Suprema Corte dei provvedimenti adottati dal giudice del riesame dei provvedimenti sulla libertà personale.
Invero, secondo l’orientamento consolidato di questa Suprema Corte, che il Collegio condivide, l’ordinamento non conferisce al giudice di legittimità alcun potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi compreso lo spessore degli indizi, né alcun potere di riconsiderazione delle caratteristiche soggettive dell’indagato, ivi compreso l’apprezzamento delle esigenze cautelari e delle misure ritenute adeguate, trattandosi di apprezzamenti rientranti nel compito esclusivo e insindacabile del giudice cui è stata chiesta l’applicazione della misura cautelare, nonchè del tribunale del riesame. Il controllo di legittimità sui punti devoluti è, perciò, circoscritto all’esclusivo esame dell’att impugnato al fine di verificare che testo di esso sia rispondente a due requisiti, uno di carattere positivo e l’altro negativo, la cui presenza rende l’atto incensurabile in sede di legittimità: a) l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato; h) l’assenza di illogicità evidenti, ossia la congruità delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento (cfr., Sez. 6, n. 2146 del 25/05/1995, COGNOME, Rv. 201840; Sez. 2, n. 56 del 07/12/2011, dep. 2012, Siciliano, Rv. 251760).
Inoltre, il controllo di legittimità sulla motivazione delle ordinanze di riesame dei provvedimenti restrittivi della libertà personale, è diretto a verificare, da un lato, la congruenza e la coordinazione logica dell’apparato argomentativo che collega gli indizi di colpevolezza al giudizio di probabile colpevolezza dell’indagato e, dall’altro, la valenza sintomatica degli indizi. Tale controllo, stabilito a garanzia del provvedimento, non involge il giudizio ricostruttivo del fatto e gli apprezzamenti del giudice di merito circa l’attendibilità delle fonti e l rilevanza e la concludenza dei risultati del materiale probatorio, quando la motivazione sia adeguata, coerente ed esente da errori logici e giuridici. In particolare, il vizio di mancanza della motivazione dell’ordinanza del riesame in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza non può essere sindacato dalla Corte di legittimità, quando non risulti “prima facie” dal testo del provvedimento impugnato, restando ad essa estranea la verifica della sufficienza e della razionalità della motivazione sune questioni di fatto (Sez. 1, n. 1700 del 20/03/1998, Barbaro, Rv. 210566), nè possono essere dedotte come motivo di ricorso per cassazione avverso il provvedimento adottato dal tribunale del riesame pretese manchevolezze o illogicità motivazionali di detto provvedimento, rispetto a elementi o argomentazioni difensive in fatto di cui non risulti in alcun modo
dimostrata l’avvenuta rappresentazione al suddetto tribunale, come si verifica quando essa non sia deducibile dal testo dell’impugnata ordinanza e non ve ne sia neppure alcuna traccia documentale quale, ad esempio, quella costituita da eventuali motivi scritti a sostegno della richiesta di riesame, ovvero da memorie scritte, ovvero ancora dalla verbalizzazione, quanto meno nell’essenziale, delle ragioni addotte a sostegno delle conclusioni formulate nell’udienza tenutasi a norma dell’art. 309, comma 8, cod. proc. pen. (Sez. 1, n 1786 del 05/12/2003, dep. 2004, Marchese, Rv. 227110).
In ogni caso, la nullità che la legge pone a presidio del corretto adempimento del dovere di valutazione critica non può essere infatti relegata in una dimensione squisitamente formalistica, e non può quindi essere dedotta facendo leva esclusivamente sulla rilevazione di particolari tecniche di redazione che al più possono valere quali indici sintomatici ma non sono esse stesse ragioni del vizio. La parte interessata deve, invece, indicare gli aspetti della motivazione in relazione ai quali l’asserita accettazione acritica avrebbe impedito apprezzamenti di segno contrario e di tale rilevanza da condurre a conclusioni diverse da quelle adottate (Sez. 1, n. 333 del 28/11/2018, dep. 2019, Esposito, Rv. 274760).
3. Fermo quanto precede, evidenzia il Collegio come il ricorrente prospetti una ricostruzione alternativa in fatto non consentita in sede di legittimità; il tutto, a fronte di un’ordinanza impugnata che, in termini del tutto congrui ed ampiamente giustificati, ha riconosciuto come le risultanze istruttorie abbiano consentito di raggiungere l’esistenza di un grave quadro indiziario a carico del COGNOME in relazione ad entrambi i reati contestati. All’indagato “… era attribuito il compito di custodire e “accendere” la vettura Fiat cinquecento, di illecita provenienza, poi utilizzata per la commissione del delitto, rispettando la precisa scansione temporale prevista. Ed invero il COGNOME, ricevuta da RAGIONE_SOCIALE catania (ovvero NOME COGNOME) la richiesta di consegna dell’autovettura con indicazione del tempo e del luogo in cui la stessa sarebbe dovuta avvenire, ha scritto a NOME COGNOME (NOME COGNOME) che custodiva la Fiat cinquecento (già utilizzata il giorno precedente per effettuare il sopralluogo presso la filiale), precisando l’orario in cui questi avrebbe dovuto far trovare l’auto “accesa” con l’avvertimento che se non avesse rispettato i tempi concordati, avrebbero fatto un “buco nell’acqua” … Alle ore 14.31, il COGNOME ha inoltrato al COGNOME lo screenshot della conversazione intrattenuta con il contatto RAGIONE_SOCIALE catania, in cui quest’ultimo chiedeva di fargli trovare l’autovettura con il motore già acceso nei pressi di un panificio. E’ evidente come il COGNOME facesse da tramite tra NOME COGNOME … e NOME COGNOME, soggetto deputato alla custodia dell’autovettura e alla sua accensione. Particolarmente
significativa è poi l’immagine pubblicata alle ore 19.34, dopo la commissione della rapina, sullo stato whatsapp del COGNOME che lo ritrae insieme al COGNOME, seguita dalla fotografia inviata al contatto denominato “Ou” che raffigura i pantaloni e la mano del COGNOME con una consistente mazzetta di banconote da 50,00 euro, verosimilmente il compenso per il contributo offerto per la realizzazione dell’impresa illecita. Privo di pregio è l’assunto difensivo volto a sostenere il difetto di consapevolezza in capo all’indagato circa la provenienza illecita dell’autovettura, utilizzata per la commissione della rapina. E’ appena il caso di rilevare che dal verbale di sequestro del 17 gennaio 2022 risulta che il mezzo presentava il “blocco accensione danneggiato, motorino di accensione mancante, cruscotto danneggiato”, segni inequivocabili del furto precedentemente commesso. La sussistenza dell’elemento soggettivo del reato in parola risulta ulteriormente corroborata dalla richiesta di previa “accensione” del veicolo ad un orario ben determinato inoltrata da COGNOME al COGNOME che non trova alcuna plausibile giustificazione se non con la mancata disponibilità in capo allo stesso delle chiavi per mettere in moto il veicolo e della conseguente necessità di prevedere un tempo adeguato per provvedere al più macchinoso adempimento”.
Il motivo proposto, per come articolato, si mostra, pertanto, del tutto aspecifico non confrontandosi con il portato della motivazione che precede.
Alla pronuncia consegue, per il disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila, così quantificata in ragione dei profili di colpa emergenti dal ricorso, in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma il 19/12/2023.