Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 3769 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2   Num. 3769  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
CAVALIERE NOME, nato a Pagani il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 16/10/2023 del Tribunale di Salerno visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME, la quale ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 16/10/2023, il Tribunale di Salerno, in sede di riesame ex art. 309 cod. proc. pen., confermava l’ordinanza del 26/09/2023 del G.i.p. del Tribunale di Nocera Inferiore, che aveva applicato a NOME COGNOME la misura della custodia cautelare in carcere per essere egli gravemente indiziato dei reati di rapina pluriaggravata ai danni di NOME COGNOME (titolare della tabaccheria rapinata), di ricettazione di un motociclo (a bordo del quale il rapinatore aveva raggiunto il luogo della rapina e se ne era poi allontanato dopo averla commessa), e di porto in luogo pubblico di una pistola, arma comune da sparo (che era stata utilizzata per commettere la rapina), e con riguardo alle esigenze cautelari di cui alla lett. c) del comma 1 dell’art. 274 cod. proc. pen.
Avverso l’indicata ordinanza del 16/10/2023 del Tribunale di Salerno, ha proposto ricorso per cassazione, per il tramite del proprio difensore, NOME COGNOME, affidato a un unico motivo, proposto in relazione all’art. 606, comma 1, lett. b) ed e) , cod. proc. pen., con riferimento all’art. 273 dello stesso codice, e con riguardo, quindi, alla ritenuta sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza dei reati sopra menzionati.
Il ricorrente afferma che il Tribunale di Salerno, nel confermare la sussistenza di tali gravi indizi di colpevolezza, avrebbe valorizzato delle circostanze prive di effettivo valore indiziante e costituite, in realtà, da «meri sospetti, ipot investigative».
Il COGNOME evidenzia anzitutto che coloro che subirono la rapina non erano stati in grado di riconoscere il rapinatore, in quanto questi era travisato. In secondo luogo, il ricorrente asserisce che sarebbe privo di valore indiziante il fatto che i RAGIONE_SOCIALE, alle ore 19:50 del 23/06/2023, cioè circa 30 minuti dopo la commissione della rapina, lo avrebbero visto a bordo del motociclo che era stato utilizzato dal rapinatore per raggiungere il luogo della rapina e per allontanarsene dopo la commissione della stessa. Il COGNOME deduce in proposito che: a) poiché il luogo in cui i RAGIONE_SOCIALE intercettarono il suddetto motociclo (INDIRIZZO) distava dalla tabaccheria rapinata «appena 4 minuti», sarebbe «inverosimile che il rapinatore sia rimasto in giro per oltre mezz’ora dopo aver consumato la rapina con una moto rubata, con il bottino e con una pistola, troppo rischioso»; b) l’abbigliamento indossato dal conducente di tale moto era diverso da quello che era stato indossato dal rapinatore, atteso che, mentre NOME COGNOME e NOME COGNOME, che assistettero alla rapina, avevano riferito che il rapinatore indossava una maglia azzurra/celeste, il RAGIONE_SOCIALE avevano riferito che la maglia che era indossata dal conducente della moto era blu; c) a tale proposito, sarebbe del tutto anapodittica l’affermazione del Tribunale di Salerno secondo cui sarebbe «ben verosimile che, subito dopo la rapina, il COGNOME, consapevole di essere stato ripreso dalle immagini di videosorveglianza, cambiasse abbigliamento» (pag. 5 dell’ordinanza impugnata), atteso che non si comprenderebbe da quale elemento il Tribunale di Salerno avrebbe tratto detta valutazione di verosimiglianza, e il conseguente convincimento, sicché si verserebbe «nel campo delle mere supposizioni, dei sospetti inidonei a corroborare la gravità indiziaria»; d) non avrebbe valenza individualizzante neppure il fatto che il soggetto che fu intercettato dai RAGIONE_SOCIALE alla guida del motociclo avesse al braccio un casco jet nero, come quello che era stato indossato dal rapinatore, atteso che, anche ad ammettere che i due caschi fossero identici – ancorché non si comprenderebbe su quali elementi il Tribunale di Salerno abbia fondato tale valutazione di identità, posto che non si conosceva né la marca né il modello del Corte di Cassazione – copia non ufficiale
casco – si trattava di un tipo di casco e di un colore assai comuni e diffusi, con la conseguenza che l’elemento in considerazione sarebbe, appunto privo di valenza individualizzante; e) vi sarebbero «seri dubbi anche in ordine all’individuazione del COGNOME e della moto rubata da parte dei RAGIONE_SOCIALE», atteso che, posto che, quando incrociò i RAGIONE_SOCIALE, il motociclo non aumentò la velocità e che i RAGIONE_SOCIALE, ciò nonostante, non riuscirono a raggiungerlo, sarebbe «logico desumere che la moto viaggiava ad una velocità sostenuta: il che rende l’identificazione del passeggero della moto e della targa della stessa perlomeno incerta».
In terzo luogo, il ricorrente contesta l’elemento, valorizzato dal Tribunale di Salerno, del «rinvenimento del medesimo motociclo nella disponibilità del COGNOME in sede di perquisizione locale» (pag. 5 dell’ordinanza impugnata), in quanto ciò non risulterebbe dagli atti del procedimento e «non è mai avvenuto», atteso che, come emergerebbe dal verbale di perquisizione che fu redatto dai RAGIONE_SOCIALE della Stazione di Nocera Inferiore (il 04/07/2023), il motociclo «non venne ritrovato nei pressi dell’abitazione del COGNOME bensì a INDIRIZZO, (l’imputato risiede a Pagani), tra l’altro in un complesso di palazzine e in una zona ad alta densità di pregiudicati», con la conseguenza che anche la suddetta citata valutazione del Tribunale di Salerno rimarrebbe «senza riscontri, un mero sospetto».
Il ricorrente conclude che sarebbe pertanto «evidente il vuoto motivazionale contenuto nell’ordinanza che vuole passare dal presunto possesso di un motociclo alla dimostrazione della responsabilità del ricorrente nella consumazione di una rapina consumata precedentemente, senza chiarire adeguatamente i passaggi logici che consentano di fare tale affermazione con la dovuta serenità e sicurezza», atteso anche che, nell’intervallo di tempo intercorso tra la consumazione della rapina e l’intercettazione del motociclo da parte dei RAGIONE_SOCIALE, «il mezzo, ad esempio, potrebbe essere passato di mano». 
CONSIDERATO IN DIRITTO
Occorre preliminarmente rammentare che le Sezioni Unite di questa Corte hanno da tempo chiarito che, «n tema di misure cautelari personali, allorché sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte suprema spetta il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, se giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti
rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie» (Sez. U., n. 11 del 22/03/2000, Audino, Rv. 21582801).
Tale orientamento, dal quale il Collegio non ha ragione di discostarsi e al quale intende, perciò, dare continuità, è stato ribadito anche in pronunce più recenti di questa Corte (tra le altre: Sez. 4, n. 26992 del 29/05/2013, COGNOME, Rv. 25546001; Sez. 4, n. 22500 del 03/05/2007, COGNOME, Rv. 237012-01).
Da ciò consegue che «’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza ex art. 273 cod. proc. pen. e delle esigenze cautelari di cui all’art. 274 stesso codice è rilevabile in cassazione soltanto se si traduce nella violazione di specifiche norme di legge od in mancanza o manifesta illogicità della motivazione, risultante dal testo del provvedimento impugnato. (In motivazione, la S.C. ha chiarito che il controllo di legittimità non concerne né la ricostruzione dei fatti, n l’apprezzamento del giudice di merito circa l’attendibilità delle fonti e la rilevanz e concludenza dei dati probatori, onde sono inammissibili quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito)» (tra le altre: Sez. F, n. 47748 del 11/08/2014, COGNOME, Rv. 261400-01).
Più in generale, con riguardo all’illogicità della motivazione, si deve ricordare che l’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione essere limitato – per espressa volontà del legislatore – a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilità di verificare l’adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali. L’illogicità della motivazione, come vizio denunciabile, deve essere evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile ictu ocull, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purché siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del convincimento (Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, COGNOME, Rv. 214794-01; in senso analogo, Sez. U, n. 47289 del 24/09/2003, COGNOME, Rv. 226074-01).
Rammentati tali principi, l’unico motivo si deve reputare non consentito.
Il Tribunale di Salerno ha ritenuto la gravità del quadro indiziario a carico del COGNOME per i reati a lui provvisoriamente contestati sulla base degli elementi che lo stesso COGNOME era stato visto e riconosciuto dai RAGIONE_SOCIALE, a distanza di poco tempo dalla commissione dei fatti di reato, mentre si trovava alla guida del
motociclo rubato che, poco prima, era stato utilizzato dal rapinatore per compiere la rapina (come risultava dal filmato della videocamera installata sul luogo di commissione di essa), che nel frangente il COGNOME aveva con sé un casco identico a quello che era stato utilizzato dal rapinatore e che il suddetto motociclo era stato successivamente rinvenuto dai RAGIONE_SOCIALE nelle adiacenze di una corte comune dove veniva rintracciato l’indagato (a conferma della disponibilità del mezzo in capo allo stesso).
Il Collegio reputa tale motivazione priva di contraddizioni o illogicità, tant meno manifeste, e le doglianze del ricorrente, reiterative di quelle da esso già sottoposte al Tribunale del riesame, pur formalmente indirizzate a censurare la motivazione dell’ordinanza impugnata, sostanzialmente dirette a ottenere una diversa valutazione delle circostanze già logicamente esaminate dal giudice del merito, il che non è consentito in questa sede di legittimità.
Pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento, nonché, essendo ravvisabili profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma Iter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 21/12/2023.