Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 2896 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 2896 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a VILLARICCA il DATA_NASCITA avverso l’ordinanza del 02/10/2023 del TRIBUNALE di NAPOLI Esaminati gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME; sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale COGNOME, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
sentito il difensore, AVV_NOTAIO del foro di Noia, che si è riportato ai motivi di ricorso.
FATTO E DIRITTO
Con ordinanza del 02/10/2023 il Tribunale di Napoli ha rigettato l’istanza proposta nell’interesse di NOME COGNOME avverso l’ordinanza emessa il 07/09/2023 dal Gip del Tribunale di Napoli, con la quale era stata applicata nei suoi confronti la misura della custodia in carcere, in relazione al reato di tentata estorsione in concorso, aggravata anche ai sensi dell’art. 416-bis.1 cod. pen.
Avverso l’ordinanza propone ricorso per cassazione il difensore di fiducia dell’COGNOME, eccependo con un unico motivo il vizio di motivazione con riferimento alla ritenuta attendibilità della persona offesa e all’identificazione dell’indaga quale mandante della pretesa estorsiva.
Il ricorso è inammissibile perché basato su motivi non deducibili in sede di legittimità.
3.1. Le Sezioni Unite hanno già avuto modo di chiarire che in tema di misure cautelari personali, allorché sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte spetta il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità ed ai lim che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi d diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie (Sez. U., n. 11 del 22/03/2000, Audino, rv. 215828).
Ne consegue che: a) l’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza ex art. 273 cod. proc. pen. è rilevabile in cassazione soltanto se si traduce nella violazione di specifiche norme di legge od in mancanza o manifesta illogicità della motivazione, risultante dal testo del provvedimento impugnato; b) il controllo di legittimità non concerne né la ricostruzione dei fatti, né l’apprezzamento del giudice di merito circa l’attendibilità delle fonti e la rilevanza e concludenza dei dati probatori, onde sono inammissibili quelle censure che – proprio come nel caso di specie – pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito (di recente, Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, Mazzelli, Rv. 276976).
Ciò premesso, l’ordinanza impugnata presenta una motivazione congrua, non manifestamente illogica e tantomeno contraddittoria in relazione ai motivi con i quali si contesta l’esistenza dei gravi indizi di colpevolezza in ordine all’episodio estorsivo.
In essa risultano, infatti, ricostruite le emergenze investigative – denunzia della persona offesa, riscontri della polizia giudiziaria – che portano a ritenere che l’COGNOME fu il soggetto che, tramite i complici, pretendeva da NOME COGNOME, titolare di un’attività commerciale, il pagamento di una somma di danaro, non giustificato da altra ragione se non dalla caratura criminale di chi prospettava alla vittima le conseguenze di un eventuale rifiuto: l’alternativa lettura, proposta dalla difesa, introduce una valutazione in fatto nel giudizio di legittimità, a fronte di una plausibile e lineare interpretazione fornita dal giudic della cautela, circa l’identificazione del ricorrente quale autore della richiesta estorsiva, effettuata tramite i correi e da lui stesso ribadita attraverso un collegamento in videochiamata, nonostante lo stato detentivo.
All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento e al versamento della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende
P.T.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso in Roma il giorno 21 dicembre 2023
Il Consigliere estensore COGNOME a Presidente