Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 23594 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 23594 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME NOME nato a GIRONA( SPAGNA) il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 26/10/2023 del TRIB. LIBERTA di BRESCIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso; udito per l’indagato l’AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con l’ordinanza impugnata il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, in funzione di giudice del riesame, ha confermato il provvedimento con il quale è stata applicata a COGNOME NOME la misura cautelare della custodia in carcere per il reato di atto di terrorismo con ordigno esplosivo, aggravato ai sensi dell’art. 280-bis comma 4 c.p., nonché per quelli di fabbricazione e porto di congegni micidiali aggravati ai sensi dell’art. 270-bis.1 c.p. La vicenda riguarda l’attentato dinamitardo realizzato il 18 dicembre 2015 ai danni della RAGIONE_SOCIALE mediante un congegno esplosivo micidiale collocato presso l’ingresso dell’istituzione. Fatto in relazione a quale, accogliendo l’impostazione accusatoria, il Tribunale ha ritenuto essere stati acquisiti gravi indizi della partecipazione dell’indagato al reato sulla base di un articolato compendio indiziario la cui valutazione complessiva ha condotto il giudice del riesame a concludere che l’indagato abbia partecipato non solo all’ideazione, ma altresì all’esecuzione materiale dell’attentato.
2. Avverso l’ordinanza ricorre l’indagato articolando due motivi.
2.1 Con il primo deduce violazione di legge e vizi di motivazione in merito all’identificazione del NOME quale autore dell’attentato. Osserva il ricorrente come sul punto il Tribunale abbia valorizzato un compendio indiziario privo dei requisiti richiesti dall’art. 273 c.p.p. per legittimare l’adozione della misura cautelare applicata elevando al rango di gravi indizi risultanze al più idonee ad integrare meri sospetti del coinvolgimento dell’indagato nei reati contestatigli e colmando le lacune del ragionamento probatorio ricorrendo a mere congetture. In particolare il giudice del riesame avrebbe anzitutto apoditticamente valorizzato il documento di rivendicazione dell’attentato pubblicato su internet ben venti giorni dopo la sua realizzazione. Osserva in proposito il ricorrente che il Tribunale avrebbe illegittimamente fatto ricorso ad una praesumptio de praesumpto per inferire che l’autore della stessa sia da identificare in colui che aveva eseguito l’attentato. Peraltro il ragionamento censurato avrebbe solo assertivamente confutato l’obiezione relativa all’ampio arco temporale intercorso tra l’esecuzione dell’attentato e la rivendicazione. Altrettanto illogicamente il provvedimento impugnato avrebbe inoltre valutato in chiave indiziaria le indicazioni fornite nella rivendicazione sulla composizione dell’ordigno per inferirne che la stessa non possa essere stata redatta se non che da chi era stato coinvolto nella sua preparazione. Infatti, è un dato oggettivo che nel testo del documento viene fatto riferimento a “8 kg di polvere”, quando invece è stato altrettanto oggettivamente
accertato che il peso dell’esplosivo effettivamente impiegato non superava i 500 gr., talché del tutto arbitrariamente il Tribunale, pretermettendo il dato testuale, ha affermato che in realtà il documento intendesse fare riferimento al peso complessivo dell’ordigno.
2.2 Meramente apparente sarebbe poi la risposta fornita dai giudici del riesame alle obiezioni difensive relative alla compatibilità con l’indagato del profilo genetico isolat nelle tracce biologiche rinvenute sui resti del borsone che conteneva l’ordigno. In proposito lamenta il ricorrente che il Tribunale avrebbe abdicato al suo ruolo di custode del metodo scientifico, omettendo di motivare sulle ragioni per cui, avendo il consulente del pubblico ministero utilizzato per le analisi quattro distinti software d calcolo biostatistico che avevano restituito valori positivi di verosimiglianza assai diversi tra loro, abbia comunque attestato le proprie conclusioni sulla valenza indiziaria dell’indagine genetica sui risultati più elevati ottenuti, senza spiegare altresì perché tr i vari sistemi biostatistici impiegati quello che li ha generati sarebbe quello pi affidabile. I giudici del merito avrebbero poi sostanzialmente travisato il senso delle doglianze difensive sulla possibile contaminazione delle tracce biologiche, atteso che queste si appuntavano sul fatto che le suddette erano state rinvenute non già sull’ordigno, bensì sulla borsa impiegata per il suo trasporto, la quale, trattandosi di oggetto di uso comune, ben poteva essere stata maneggiata dall’indagato in precedenti occasioni del tutto prive di collegamento con l’attentato, posto che non è in dubbio che il COGNOME frequentasse il contesto anarchico nel cui ambito questo è maturato.
2.3 n ricorrente osserva poi che, una volta rivelatasi l’inconsistenza dell’asserita prova genetica, gli ulteriori elementi valorizzati dal Tribunale risulterebbero privi di u autonoma valenza dimostrativa. In particolare la consulenza linguistica ad oggetto la comparazione del testo della rivendicazione ed altri testi dei quali l’indagato è riconosciuto essere l’autore sarebbe stata valorizzata dal giudice del riesame senza alcuna effettiva dimostrazione della validità scientifica del metodo applicato. Quanto invece al fatto che, per quanto documentato dalle telecamere di sorveglianza della RAGIONE_SOCIALE, il borsone contenente l’ordigno sia stato trasportato da un uomo utilizzando l’arto sinistro, la circostanza solo suggestivamente sarebbe stata valorizzata a fini indiziari in ragione dell’accertato mancinismo dell’indagato. Anche i collegamenti con esponenti anarchici del territorio bresciano sarebbero stati oltremodo enfatizzati dal Tribunale, ergendo a dignità di indizio una circostanza priva di tale attitudine come il fatto che l’utenza dell’Oxoli è stata spenta in concomitanza con l’esecuzione dell’attentato, non sussistendo evidenza del fatto che l’indagato abbia utilizzato la suddetta utenza prima del suo temporaneo spegnimento. Con riguardo,
infine, alle analogie con gli altri attentati per i quali il NOME è imputato, osserv ricorrente come non solo nei suoi confronti non sia stata ancora pronunziata condanna definitiva, ma altresì che in realtà, per quanto concerne quello al Tribunale di Sorveglianza di Trento, lo stesso è stato assolto nel giudizio d’appello. Illogica sarebbe poi la conclusione dei giudici del riesame in merito all’insidiosità degli accorgimenti predisposti per evitare il ferimento accidentale di terzi, ritenuti in realtà una trappo finalizzata a coinvolgere nello scoppio dell’ordigno le forze dell’ordine, posto che il pubblico ministero ha contestato all’indagato il reato di cui all’art. 280-bis c.p. e no quello di cui all’art. 280 dello stesso codice.
2.4 Con il secondo motivo il ricorrente deduce vizi di motivazione in merito alla ritenuta sussistenza dell’aggravante della finalità di terrorismo, difettando nel provvedimento impugnato la dimostrazione dei presupposti indicati dall’art. 270-sexies c.p. per la configurabilità di tale aggravante.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è nel suo complesso infondato, ancorché risulti in alcuni suoi aspetti inammissibile, e deve pertanto essere rigettato.
Deve anzitutto essere ribadita la diversità dell’oggetto della delibazione cautelare, preordinata a un giudizio prognostico in termini di ragionevole e alta probabilità di colpevolezza del chiamato, rispetto a quella di merito, orientata invece all’acquisizione della certezza processuale in ordine alla colpevolezza dell’imputato (Sez. U, n. 36267 del 30/05/2006, Spennato, Rv. 234598). In altri termini, la regola di giudizio dell’incidente cautelare non impone, diversamente da quanto richiesto nel giudizio di merito, la dimostrazione, oltre ogni ragionevole dubbio, della insostenibilità della soluzione adottata dal primo giudice, essendo sufficiente, ai fini dell’applicazione della misura cautelare, la gravità indiziaria, cioè un livello di verosimiglianza della responsabilità penale dell’indagato inferiore alla soglia del ragionevole dubbio (ex multis Sez. 2, n. 12851 del 07/12/2017, dep. 2018, Miele, Rv. 272687).
Ne deriva che la valutazione della “prova” in sede cautelare, rispetto a quella nel giudizio di cognizione, si contraddistingue non in base alla differente intrinseca capacità dimostrativa del materiale acquisito, ma per l’aspetto di provvisorietà del compendio indiziario che, in una prospettiva di evoluzione dinamica, potrà essere arricchito (ex multis Sez. 1, Sentenza n. 13980 del 13/02/2015, Cilio, Rv. 262300).
Va poi ricordato che, ai fini dell’applicazione di una misura cautelare personale, per oramai consolidato insegnamento di questa Corte, è sufficiente qualunque elemento probatorio idoneo a fondare un giudizio di qualificata probabilità sulla responsabilità
dell’indagato in ordine ai reati addebitatigli, perché i necessari “gravi indizi colpevolezza” non corrispondono agli “indizi” intesi quale elemento di prova idoneo a fondare un motivato giudizio finale di colpevolezza e non devono, pertanto, essere valutati secondo gli stessi criteri richiesti, per il giudizio di merito, dall’art. 192, c 2, c.p.p. – che, oltre alla gravità, richiede la precisione e la concordanza degli indizi giacché il comma 1-bis dell’art. 273 c.p.p. richiama espressamente i soli commi 3 e 4, ma non il comma 2 del suddetto art. 192 (ex multis Sez. 4, Sentenza n. 16158 del 08/04/2021, COGNOME, Rv. 281019). Non di meno un indizio può definirsi “grave” qualora sia pertinente rispetto al fatto da provare, ossia idoneo ad esprimere una elevata probabilità di derivazione del fatto noto da quello ignoto e dotato di un elevato grado di capacità dimostrativa de fatto da provare (Sez. 6, Sentenza n. 26115 del 11/06/2020, COGNOME, Rv. 279610).
E’ altrettanto radicato nella giurisprudenza di legittimità il principio per cui il ric per cassazione per vizio di motivazione del provvedimento del tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza consente al giudice di legittimità, in relazione alla peculiare natura del giudizio ed ai limiti che ad es ineriscono, la sola verifica delle censure inerenti la adeguatezza delle ragioni addotte dal giudice di merito ai canoni della logica e ai principi di diritto che governan l’apprezzamento delle risultanze probatorie e non il controllo di quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito (ex multis Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, Mazzelli, Rv. 276976). In altri termini il controllo d legittimità non riguarda nè la ricostruzione dei fatti, nè l’apprezzamento del giudice di merito circa l’attendibilità delle fonti e la rilevanza e concludenza dei dati probator per cui non sono consentite le censure, che pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze esaminate dal giudice di merito. Sicché, ove venga denunciato il vizio di motivazione in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, è demandato al giudice di merito “la valutazione del peso probatorio” degli stessi, mentre alla Corte di cassazione spetta solo il compito di verificare se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica ed ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie (Sez. 2, n. 1926 del 13/12/2016, dep. 2017, Commisso, Rv. 268760).
Infine va ribadito che, ai fini della configurabilità dei gravi indizi di colpevolezza richiesta una valutazione non frazionata od atomistica dei singoli dati acquisiti, nna
coordinata degli stessi, che consenta di verificare se la loro valutazione sinottica sia o meno idonea a sciogliere le eventuali incertezze o ambiguità discendenti dall’esame parcellizzato dei singoli elementi di prova, e ad apprezzare quindi la loro effettiva portata dimostrativa e la loro congruenza rispetto al tema di indagine prospettato nel capo di incolpazione provvisoria (ex multis Sez. 1, n. 30415 del 25/09/2020, COGNOME, Rv. 279789; Sez. 1, n. 39125 del 22/0912015, COGNOME, Rv. 264780).
Alla luce delle illustrate coordinate interpretative deve anzitutto riconoscersi che l doglianze del ricorrente sono caratterizzate da una valutazione esclusivamente parcellizzata ed atomistica del materiale indiziario, che evita di affrontare il profi della convergenza degli elementi considerati, pure ampiamente e logicamente valorizzato dai giudici del riesame, che attraverso l’apprezzamento unitario degli indizi ha inteso superare l’attitudine dei medesimi a restituire, come eccepito, una pluralità di significati sul piano probatorio.
3.1 Seguendo un approccio metodologico corretto, il Tribunale, acquisita la valenza indicativa – sia pure di portata possibilistica e non univoca – di ciascun elemento, ha infatti proceduto alla verifica della loro confluenza verso un determinato risultato probatorio, e, all’esito di una valutazione fondata su inferenze la cui manifesta illogicità il ricorso si è limitato ad asserire, è giunto alla conclusione che il compend indiziario nel suo insieme considerato assume effettivamente il significato dimostrativo perseguito, ossia quello della sussistenza di gravi indizi della partecipazione dell’indagato all’attentato del 2015 ai danni della RAGIONE_SOCIALE.
3.2 II ricorrente confonde poi il profilo della certezza degli indizi – da intendersi com certezza fattuale dell’elemento assunto a presupposto del ragionamento probatorio con quello della loro corretta valutazione inferenziale.
Che l’attentato sia stato rivendicato – per ben due volte – da una sigla dell’ambito anarchico è un dato di fatto non contestato dal ricorrente, mentre è legittima deduzione sul piano logico quella dei giudici del riesame per cui la decisione di commetterlo sia maturata all’interno del circolo di coloro che in tale sigla si riconoscono o nel quale comunque gravitano. Ed in tal senso il giudice del riesame non è ricorso ad alcuna praesumptio de praesumpto, rimanendo una mera ipotesi recessiva sul piano logico in assenza di elementi concreti idonei a sostenerla, quella per cui la rivendicazione possa essere riconducibile a soggetti estranei all’ideazione o alla materiale esecuzione del delitto, tanto più che il Tribunale ha sottolineato come la stessa contenga non una generica apologia dell’attentato, ma esplicita e specifica auto-attribuzione della paternità del fatto a colui che ha redatto i comunicati. In proposito non è poi decisivo che il dato ponderale dell’ordigno indicato nella
rivendicazione sia riferito alla quantità di esplosivo e non al congegno nel suo complesso. Meri paralogismi sono invece quelli relativi alla distanza temporale dall’attentato in cui è intervenuta la rivendicazione.
3.3 Mere censure in fatto, tese a sollecitare una rivalutazione del merito indiziario degli elementi in questione, sono poi quelle tese a contrastare la valorizzazione dei contatti del COGNOME con l’ambiente anarchico bresciano e delle cautele dallo stesso assunte per entrare in contatto con i suoi interlocutori. Invece solo assertive risultano l critiche mosse alla valutazione della consulenza linguistica condotta sul messaggio di rivendicazione, la quale ha evidenziato nel testo sgrammaticature che, con elevata probabilità logica, orientano ad identificare il suo autore in un soggetto di madrelingua spagnola, nonché forti analogie stilistiche con scritti certamente riconducibili alla mano dell’indagato. E’ indubbio che tali circostanze non siano autonomamente sufficienti a collegare il COGNOME all’attentato, ma i giudici del riesame non lo hanno mai sostenuto, essendosi invece limitati ad accostare tali dati agli altri acquisiti nel cors dell’indagine e rilevato, per l’appunto, la complessiva convergenza del loro insieme nell’evidenziare il suo coinvolgimento nella vicenda.
3.4 Considerazioni analoghe devono essere effettuate anche con riferimento alla valutazione di quegli elementi da cui l’ordinanza ha tratto la conclusione della partecipazione dell’indagato alla stessa esecuzione dell’attentato. In particolare, quanto ai risultati dell’indagine genetica è lo stesso giudice del riesame ad ammettere che la disomogeneità delle frequenze registrate applicando differenti strumenti di analisi al campione rilevato sul reperto restituisce un dato probatorio non del tutto univoco e da solo insufficiente ad affermare, seppure nei limiti indiziari propri dell’incidente cautelare, che il COGNOME abbia maneggiato la borsa che conteneva l’ordigno esplosivo. Ciò che i giudici del merito hanno valorizzato è il fatto che però alcuno dei tentativi esperiti ha sancito l’incompatibilità del profilo genetico estratto c quello dell’indagato e che il perito incaricato dell’accertamento abbia espresso un giudizio di probabile identificazione di una certa consistenza. Ed ancora una volta, in maniera metodologicamente corretta, il Tribunale ha calato questi dati nel complessivo contesto indiziario acquisito, mentre la difesa ha nuovamente cercato di isolare l’autonomo significato probatorio dei medesimi, sostanzialmente omettendo di confrontarsi con la motivazione del provvedimento impugnato. Nel medesimo senso l’accertata coincidenza tra il mancinismo del COGNOME e l’arto utilizzato dall’attentatore per trasportare l’ordigno è circostanza di per sé non decisiva, ma la sua valenza indiziaria è logicamente potenziata dalla sinergia con gli altri elementi considerati e per l’ennesima volta ignorata nelle censure difensive.
3.5 Quanto, infine, alle segnalate analogie riscontrate in occasione di precedenti attentati, è sì vero che, come documentato dalla difesa, per quello al Tribunale di Sorveglianza di Trento il COGNOME è stato nel frattempo assolto, ma al contempo va osservato che per quello alla sede della RAGIONE_SOCIALE di Villorba egli è stato condannato con sentenza oramai divenuta definitiva a seguito della dichiarata inammissibilità del suo ricorso con pronunzia di questa stessa Sezione del 26 gennaio 2024 e che comunque, anche facendo riferimento alla sentenza all’epoca non ancora definitiva, il Tribunale ha legittimamente tratto da quella vicenda elementi di valutazione. Né il ricorrente precisa perché, una volta amputata la motivazione del provvedimento impugnato della parte relativa alla comparazione con il primo attentato, la tenuta dell’intero ragionamento probatorio articolato dal giudice del riesame verrebbe meno, il che rende inevitabilmente aspecifica la doglianza, tanto più che il ricorso nemmeno ha confutato in maniera sufficientemente specifica l’ulteriore argomento tratto dallo stesso giudice dall’accertato possesso in passato da parte dell’indagato di pentole a pressione, ossia della medesima tipologia di involucro utilizzato anche a RAGIONE_SOCIALE per contenere il materiale esplodente.
3.6 Infondata è anche l’obiezione per cui il Tribunale – non tenendo conto della contestazione del reato di cui all’art. 280-bis c.p. e non già di quello di cui all’art. dello stesso codice – avrebbe presupposto che l’attentato avesse finalità omicidiarie. In realtà il provvedimento non ha inteso procedere ad alcuna surrettizia riqualificazione del fatto contestato, ma semplicemente evidenziare la pericolosità e oggettiva insidiosità dell’azione delittuosa.
3.7 Quanto infine al secondo motivo di ricorso lo stesso è inammissibile nella misura in cui il ricorrente non ha esplicitato l’interesse a contestare la sussistenza dell’aggravante di terrorismo in riferimento al reato di fabbricazione dell’ordigno esplosivo di cui al capo 2), non avendo precisato in che termini la stessa incida sull’an o sul quomodo della misura (Sez. 2, n. 17366 del 21/12/2022, dep. 2023, Renna, Rv. 284489), tanto più che non sono stati proposti motivi in merito alla sussistenza delle esigenze cautelari e all’adeguatezza e proporzionalità della misura applicata. In secondo luogo, dimentica il ricorrente che la finalità di terrorismo è elemento costitutivo del reato di cui all’art. 280-bis c.p. contestato al capo 1), in riferimento a cui configurabilità il giudice del riesame ha ampiamente argomentato a p. 25 dell’ordinanza, motivazione con la quale il ricorso non si è confrontato e che comunque completa quella resa alla precedente p. 23, di cui si lamenta la genericità, in merito alla sussistenza dell’aggravante, atteso che il reato di cui al capo 2) è stato il mezzo per l’esecuzione di quello di cui al citato capo 1).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla cancelleria per gli adempinnenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 28/