Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 24565 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 24565 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 20/05/2025
SENTENZA
Sul ricorso proposto da
NOME COGNOME nato a Prato il 14/02/2001 rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME di fiducia avverso l ‘ordinanza
emessa in data 07/03/2025 dal Tribunale di Firenze, sezione per il riesame visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; preso atto che non è stata avanzata richiesta di trattazione orale in presenza, ai sensi dell’art. 611, commi 1bis e 1ter , cod. proc. pen.; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni scritte depositate in data 29/04/2025 dal Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME con cui è stato chiesto il rigetto del ricorso; preso atto che l’avv . NOME COGNOME difensore del ricorrente, non ha depositato conclusioni scritte.
RITENUTO IN FATTO
Con l ‘ordinanza in epigrafe, il Tribunale di Firenze, sezione per il riesame, ha confermato il provvedimento emesso in data 13/02/2025 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Pistoia che aveva applicato nei confronti di NOME COGNOME la misura cautelare dell’obbligo di dimora nel comune di residenza, con divieto di uscita nelle ore notturne in ordine al reato di rapina pluriaggravata in concorso.
Avverso l ‘ordinanza ha proposto ricorso per cassazione l’indagato, tramite il difensore fiduciario, articolando un unico motivo con il quale si deduce , ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la violazione dell’art. 273 del codice di rito e la manifesta illogicità della motivazione in punto di gravi indizi di colpevolezza.
Rileva la difesa ricorrente che il provvedimento impugnato è illogico laddove ha attribuito rilievo – sul piano della ritenuta partecipazione di NOME COGNOME al delitto oggetto di contestazione provvisoria -alla sostanziale analogia degli apparati GPS rinvenuti presso l’abitazione dell’indagato con quello rinvenuto sulla autovettura delle due vittime della rapina e verosimilmente collocato dagli autori dell’azione predatoria per monitorarne i movimenti . Invero, l ‘ apparecchiatura utilizzata per la commissione dell’illecito non presentava peculiarità ‘indizianti’ ma era un oggetto molto comune e facilmente reperibile in commercio.
Priva di valenza indiziaria è la circostanza – ulteriormente valorizzata dal Tribunale – del comprovato rapporto di conoscenza tra COGNOME ed i due presunti correi NOME COGNOME e NOME COGNOME quest’ultimo utilizzatore della SIM 3512781232 che è risultata associata al GPS installato sulla vettura delle due persone offese: non risultano infatti emersi contatti o interlocuzioni tra i tre nel giorno della rapina o in quelli immediatamente successivi.
Manifestamente illogico è anche l’assunto secondo cui le due Sim collegate al dispositivo GPS rinvenuto nell’auto delle persone rapinate sarebbero state attivate agganciando la cella di Vernio e cioè il luogo di residenza dell’indagato il quale, invece, risiede in un altro comune (Vaiano, frazione INDIRIZZO), ossia in una località distante ben 16 chilometri da tale cella di aggancio.
Altrettanto contraddittoria è l’ordinanza impugnata laddove afferma che l’indagato avrebbe fattezze corrispondente alla descrizione degli aggressori fornita dalle vittime della rapina le quali, in realtà, si sono limitate a dichiarare che gli autori dell’a zione criminosa avevano un incarnato scuro e non erano di nazionalità italiana.
Analogamente deve dirsi con riferimento all’ulteriore dato rappresentato dal riconoscimento, da parte del tassista COGNOME dell’indagato e dei presunti correi, nei soggetti da lui trasportati in un periodo di tempo interessato da almeno due rapine in danno di soggetti cinesi, tra cui quella oggetto del provvedimento cautelare: nelle sommarie informazioni rese, tale autista ha precisato di non avere mai condotto l’odierno ricorrente in Quarrata, luogo di esecuzione dell’azione predatoria.
Il Tribunale per il riesame ha anche valorizzato il fatto che – pochi mesi dopo la rapina oggetto della ordinanza impugnata l’indagato era stato tratto in arresto per identico illecito perpetrato sempre in danno di soggetti di nazionalità cinese; appare, tuttavia, del tutto evidente che il successivo coinvolgimento di NOME COGNOME in un episodio analogo non può assurgere a elemento indiziario per il fatto precedente.
Neppure hanno rilievo le chat intercorse, a sei mesi di distanza dalla rapina in contestazione, tra l’indagato e il presunto concorrente NOME che sono del tutto generiche, non contengono alcun riferimento a tale fatto illecito e, anzi, nello scambio di messaggi, i due affermano di essere estranei alla vicenda dalla quale era scaturita una perquisizione a loro carico.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso va dichiarato inammissibile.
Manifestamente infondato è l’unico motivo proposto con il quale si deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la violazione dell’art. 273 del codice di rito e la manifesta illogicità della motivazione con riferimento alla ritenuta sussistenza di gravi indizi di colpevolezza.
2.1. Ritiene il Collegio – in ragione della natura della doglianza proposta – di dover chiarire in primo luogo i limiti di sindacabilità da parte di questa Corte dei provvedimenti restrittivi della libertà personale.
Allorché sia denunciato, con ricorso per cassazione, il vizio di motivazione del provvedimento emesso dal Tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte spetta il compito di verificare, avuto riguardo alla peculiare natura del giudizio di legittimità ed ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice della cautela abbia dato adeguatamente conto delle ragioni sulle quali si è fondata l’affermazione di gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza del relativo costrutto argomentativo rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze investigative (Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, COGNOME, Rv. 215828-01, sulla cui scia si pongono, ex multis , Sez. 4, n. 26992 del 29/05/2013, COGNOME, Rv. 255460-01; Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, COGNOME, Rv. 276976-01).
Ne consegue che l’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza ex art. 273 cod. proc. pen. è rilevabile in cassazione soltanto se si traduce nella violazione di specifiche norme di legge od in mancanza o manifesta illogicità della motivazione, risultante dal testo del provvedimento impugnato; il controllo di legittimità non concerne, invece, né la ricostruzione dei fatti, né l’apprezzamento del giudice di merito circa la concludenza dei dati investigativi, onde sono inammissibili quelle doglianze che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione delle circostanze già esaminate dal giudice della cautela.
Quanto alla nozione di gravi indizi di colpevolezza, va ricordato che essa non è omologa a quella applicabile per la formulazione di un motivato giudizio finale di responsabilità essendo sufficiente, in sede cautelare, l’emersione di qualunque elemento probatorio idoneo a fondare una qualificata probabilità sulla responsabilità dell’indagato atteso che l’art. 273, comma 1 bis , cod. proc. pen. richiama soltanto i commi 3 e 4 dell’art. 192 dello stesso codice e non il comma 2, il quale richiede, oltre alla gravità, la precisione e la concordanza degli indizi (cfr., Sez. 4, n. 53369 del 09/11/2016, COGNOME, Rv. 268683-01; Sez. 2, n. 22968 del 08/03/2017, COGNOME, Rv. 270172-01; Sez. 4, n. 6660 del 24/01/2017, COGNOME, Rv. 269178-01; Sez. 4, n. 17247 del 14/03/2019, COGNOME, Rv. 276364-01; Sez. 4, n. 16158 del 08/04/2021, Kurbulla, Rv. 28101901).
Ai fini della configurabilità dei gravi indizi di colpevolezza necessari per l’applicazione di misure cautelari personali, la valutazione dei singoli dati acquisiti non va condotta in modo frazionato ed atomistico, dovendosi, invece, procedere alla verifica della gravità e precisione di ciascun elemento indiziario e poi al l’ esame globale ed unitario, che ne chiarisca l’effettiva portata dimostrativa del fatto e la congruenza rispetto al tema di indagine (Sez. 1, n. 30415 del 25/09/2020, COGNOME, Rv. 279789-01; Sez. F, n. 38881 del 30/07/2015, Salerno, Rv. 264515-01).
Tanto premesso, la censura proposta è essenzialmente volta ad ottenere in questa sede una alternativa lettura delle circostanze già esaminate dal giudice della cautela che, senza incorrere in illogicità evidenti, ha operato una ricostruzione del fatto aderente alle risultanze di indagine valutandole in modo globale ed unitario (anziché parcellizzato come invece impropriamente propone la difesa ricorrente) e giungendo pertanto ad un corretto giudizio di qualificata probabilità la partecipazione dell’odier no ricorrente alla rapina oggetto di imputazione provvisoria.
Il provvedimento impugnato (pagg. da 5 a 7) coordina tra loro numerosi elementi raccolti in sede di investigazioni, di mera valenza indiziaria ove singolarmente considerati, che, tuttavia, letti complessivamente, compone un concludente quadro di probabile e qualificata colpevolezza.
In tale senso, il Tribunale ha dato conto del risalente rapporto di conoscenza, frequentazione e contatti tra NOME COGNOME ed i due coindagati, ad uno dei quali era riferibile con certezza una delle Sim associate al Gps abusivamente installato sotto l’auto de i due soggetti rapinati e risultato di fattura del tutto analoga ai dispositivi di tal fatta rinvenuti presso l’abitazione dell’odierno ricorrente; a tali dati il Collegio ha accompagnato la circostanza, ulteriormente significativa ove letta in sinergia, che le due schede collegate al Gps posto sotto la vettura delle vittime erano state attivate agganciando la cella telefonica di Vernio, località Crinale, tra Ceraio e Vaiano (quest’ultima, località di residenza di El Mrabti, come , del resto, indicato a pag. 7 del ricorso qui in esame); completavano il quadro – anche valutat i i precedenti specifici dell’indagato e il successivo arresto per rapina realizzata con modalità analoghe a quella oggetto del presente procedimento – i contenuti della chat estrapolata dal cellulare in uso al coindagato NOME
NOME da cui emergeva come proprio l’odierno ricorrente aveva fornito ai complici indicazioni sulla gestione del GPS, poi affidato ad uno di loro.
Alla inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali relative al presente grado di giudizio e al versamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende Così deciso il 20/05/2025