Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 10931 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 10931 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 10/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOMECOGNOME nato ad Acerra il 15/01/1986 avverso l’ordinanza del 11/07/2024 del Tribunale di Napoli visti gli atti, l’ordinanza impugnata e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza dell’Il luglio 2024, il Tribunale di Napoli ha rigettato la richiesta di riesame proposta dall’indagato, confermando l’ordinanza del Gip del Tribunale di Napoli del 11 giugno 2024, con la quale era stata applicata la misura della custodia cautelare in carcere a carico del medesimo e di altri soggetti, per reati di cui all’art. 74 commi 1 e 2, del d.P.R. n. 309 del 1990, per la costituzione
il mantenimento di un’associazione finalizzata alla commissione di più delitti previsti dallo stesso d.P.R.
2. Avverso l’ordinanza l’indagato ha proposto, tramite il difensore, ricorso per cassazione, lamentando, con un unico motivo di doglianza, l’erronea applicazione dell’art. 273 cod. proc. pen., in tema di sussistenza di gravi indizi di colpevolezza, rispetto al reato di cui all’art. 74 del d.P.R. n. 309 del 1990, nonché la manifesta illogicità della motivazione e il travisamento della prova dichiarativa costituita dall dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, tutte riferibili a periodi precedenti e qu in contestazione – eccetto quelle di COGNOME COGNOME – e ai relativi riscontri Andrebbero disattese le affermazioni del Tribunale che rilevano la persistente operatività del gruppo, in quanto non applicabili alla posizione di COGNOME: si sarebbe trascurato il COGNOME, secondo la sua dichiarazione, poteva riferire soltanto fino all’anno 2022. Nel ricorso si afferma che è illogico ritenere che la fotografia della situazione di fatto resa dai collaboratori, relativa ai periodi in cui erano libertà, sarebbe da considerare immutata e immutabile anche in riferimento ai periodi successivi. Basandosi su tale erroneo assunto, il Tribunale avrebbe esteso anche a Terracciano, un ragionamento generale valido per per il coinvolgimento degli altri imputati. Si contesta, inoltre, la credibilità della dichiarazione collaboratori di giustizia, in quanto attribuita sulla scorta di un indimostrato legame territoriale, che avrebbe permesso loro di conoscere non solo le linee di comando dell’associazione, ma anche l’identità dei singoli associati e la loro attivit criminosa.
Si contesta infine la possibilità di ricavare dei riscontri dalle intercettazioni NOME NOME, figlio del presunto capoclan NOME NOME, che sarebbero incapaci di dimostrare alcunché circa i partecipi alle associazioni. Si sostiene che l’unico episodio specifico riferito dai collaboratori di giustizia attiene alla presunta mediazione della lite fra di COGNOME NOME e COGNOME NOME, nipote di COGNOME NOME: da tale episodio il Tribunale ha erroneamente ricavato un legame con l’attività criminale del gruppo, quando si trattava invece solamente di una mediazione svoltasi in ambiente familiare. Inoltre, le analisi dei due telefoni in possesso di COGNOME NOME, sequestrati a seguito ‘del tentato omicidio . perpetrato ai suoi danni da COGNOME NOME, dovrebbero considerarsi inservibili come riscontri del legame associativo, poiché tale sequestro era avvenuto in data 16 marzo 2022, mentre gli episodi, che si vorrebbero riscontrare attraverso i messaggi presenti in quei telefoni, partivano dal giugno 2022.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è inammissibile, in quanto diretto a sovrapporre alla corretta e logica valutazione del quadro indiziario, effettuata nel provvedimento impugnato in continuità con l’ordinanza applicativa della misura, un’arbitraria ricostruzione alternativa, basata su un’artificiosa parcellizzazione degli elementi di prova.
La difesa si appunta: sull’insufficienza delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, in quanto riferite ad un periodo troppo risalente nel tempo; sulla pretesa irrilevanza del ruolo svolto dall’indagato nella mediazione fra Balsamo e COGNOME NOME; sull’irrilevanza dei messaggi presenti nei telefoni sequestrati, in quanto anch’essi riferiti a un periodo risalente nel tempo. In particolare, si cerca di sminuire la portata delle dichiarazioni accusatorie di COGNOME Bruno, NOME NOMECOGNOME e COGNOME riferendosi alle stesse in modo del tutto generico.
Il ricorrente non considera, però, che tali dichiarazioni accusatorie sono state correttamente inquadrate attraverso il complesso dei riscontri che confermano l’operatività dei gruppi oggetto dell’imputazione ancora nel periodo in questione, evidenziando le modalità operative, la struttura, l’ambito territoriale di aziona, l continuità temporale dell’attività illecita. Del tutto esauriente è la specifi trattazione della posizione dell’indagato ricorrente (pagg. 12 e seguenti dell’ordinanza), laddove si valorizzano i seguenti significativi elementi indiziari: a COGNOME NOME fa parte del gruppo dei COGNOME ed è dedito allo spaccio per conto della famiglia; b) l’indagato non ha un’attività lavorativa, vive grazie all spaccio ed è coinvolto nelle dinamiche criminali del territorio; c) egli aveva svolto un ruolo di mediazione fra gli COGNOME e il nipote COGNOME NOME, con il quale cooperava nello spaccio; d) sebbene agli arresti domiciliari, l’indagato si avvaleva del nipote per la consegna dello stupefacente agli acquirenti e per la riscossione dei corrispettivi; e) il quadro trova conferma nel rinvenimento di un foglio manoscritto, riportante i nomi e conteggi, nonché nelle più recenti intercettazioni richiamate nell’informativa dell’8 luglio 2024; f) non sussiste, all stato, alcuna spiegazioni alternativa dei fatti, i quali delineano con sufficiente chiarezza la partecipazione dell’indagato al sodalizio. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
4. Per questi motivi, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che “la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in C 3.000,00.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma Iter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 10/12/2024.