Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 26947 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 26947 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 30/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a CATANIA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 12/02/2024 del TRIB. LIBERTA di CATANIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1.Con ordinanza pronunciata a norma dell’art. 309 cod. proc. pen., GLYPH il Tribunale del Riesame di Catania ha confermato l’ordinanza con cui il Giudice per le Indagini preliminari del Tribunale di Catania ha applicato nei confronti di NOME COGNOME la misura della custodia cautelare in carcere in ordine al delitto di cui agli artt. 110 cod. pen. 73 d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309, commesso in concorso con NOME COGNOME.
I fatti nell’ordinanza genetica e in quella impugnata sono stati descritti nel modo seguente. Nel pomeriggio del 25 gennaio 2024, la polizia giudiziaria aveva effettuato una perquisizione di iniziativa in un appartamento posto in uno stabile presidiato da un sistema di videosorveglianza, rinvenendo nell’ingresso un banchetto in metallo, sul quale vi era sostanza stupefacente del tipo cocaina del peso di 2,15 grammi lordi, un rotolo di carta argentata e un bilancino ancora acceso; in prossimità dell’ingresso dell’appartamento, vi era un uomo, identificato in NOME COGNOME, il quale precisava di essersi ivi recato per acquistare cocaina da consumare, per un controvalore di 40 euro; alla vista della polizia, l’odierno ricorrente COGNOME e il coindagato NOME COGNOME avevano cercato di darsi alla fuga calandosi dal balcone con una corda, in modo da accedere all’appartamento posto al primo piano; nel terrazzo di pertinenza di tale appartamento, COGNOME era stato visto occultare, con la collaborazione di COGNOME, fra le masserizie ivi presenti, una pochette, all’interno della quale erano stati rinvenuti tre involucri contenenti cocaina, per un peso complessivo di 15,30 grammi. COGNOME aveva riferito di essersi recato nell’appartamento per acquistare cocaina da un ragazzo di nome NOME, il quale, ad un certo punto, aveva gridato a lui e ad un uomo più anziano, COGNOME, di scappare, verosimilmente perché aveva visto, tramite il monitor presente nell’appartamento, la polizia arrivare. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Nel corso dell’interrogatorio di garanzia, COGNOME aveva ammesso la detenzione illecita della droga, mentre COGNOME aveva dichiarato spontaneamente di essersi recato in quell’appartamento per acquistare droga da consumare.
Contro l’ordinanza, la difesa dell’indagato ha proposto ricorso, formulando due motivi.
2.1. Con il primo motivo, ha dedotto la violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza del reato contestato. Il difensore osserva che la motivazione dell’ordinanza impugnata non
aveva tenuto conto che il presunto aiuto di COGNOME per nascondere la pochette era stato menzionato solo nel verbale di arresto e non anche nel verbale di sequestro (in cui solo COGNOME era stato indicato come soggetto intento ad armeggiare fra le masserizie sul balcone); che la fuga di COGNOME non poteva valere come indizio di reità, in quanto dettata dalla paura di essere denunciato per la violazione della misura della sorveglianza speciale alla quale era sottoposto; che COGNOME aveva riferito di aver interloquito solo con COGNOME.
2.2. Con il secondo motivo, ha dedotto la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione alla sussistenza delle esigenze cautelari ed alla adeguatezza della sola misura della custodia in carcere. Il difensore lamenta che il Tribunale non aveva tenuto conto che le esigenze cautelari, anche in considerazione del modesto quantitativo di droga detenuto, potevano essere salvaguardate con la misura meno afflittiva della custodia domestica con il presidio del braccialetto elettronico. Il Tribunale -secondo il ricorrente- avrebbe espresso un giudizio astratto e disancorato dalle concrete modalità del reato per il quale era applicata la misura cautelare.
Il Procuratore generale, in persona del sostituto NOME COGNOME, ha presentato conclusioni scritte con cui ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
Il difensore del ricorrente ha presentato in data 14 maggio 2024 / una memoria, con cui ha insistito per l’accoglimento dei motivi di ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso non supera il vaglio di ammissibilità.
Il primo motivo, con cui si contesta la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, è manifestamente infondato. E’ principio consolidato quello per cui “in tema di misure cautelari personali, il ricorso per cassazione per vizio di motivazione del provvedimento del tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza consente al giudice di legittimità, in relazione alla peculiare natura del giudizio ed ai limiti che ad esso ineriscono, la sola verifica delle censure inerenti la adeguatezza delle ragioni addotte dal giudice di merito ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie e non il controllo di quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella
prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito” (Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, Mazzelli, Rv. 276976 – 01). L’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza ex art. 273 cod. proc. pen. e delle esigenze cautelari di cui all’art. 274 cod. proc. pen. è, quindi, rilevabile cassazione soltanto se si traduce nella violazione di specifiche norme di legge o in mancanza o manifesta illogicità della motivazione risultante dal testo del provvedimento impugnato. Il controllo di legittimità, in particolare, non riguarda né la ricostruzione di fatti, né l’apprezzamento del giudice di merito circa l’attendibilità delle fonti e la rilevanza e concludenza dei dati probatori. Ne consegue che non sono consentite censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze esaminate dal giudice dì merito (quanto al contenuto essenziale dell’atto di impugnazione, pare sufficiente richiamare il consolidato orientamento di questa Corte di legittimità, rinviandosi h sez. 6 n. 8700 del 21/01/2013, Rv. 254584, in motivazione; Sezioni Unite n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822, sui motivi d’appello, ma i cui principi possono applicarsi anche al ricorso per cassazione).
2.2. Il Tribunale ha desunto la gravità del quadro indiziario, in continuità con il G.I.P., da plurimi elementi, quali il tentativo di fuga di NOME operato con modalità pericolose per la propria incolumità, e soprattutto l’aiuto fornito al coindagato, per occultare la pochette contenente la cocaina e il denaro. In primo luogo si osserva che le inferenze tratte dal Tribunale dai dati di fatto emersi dall’attività di osservazione della polizia giudiziaria sono esenti dai profili di illogicità dedotti dal ricorrente. Inoltre, la circostanza per cui l’at di occultamento della sostanza sul balcone era stata menzionata solo nel verbale di arresto non vale a minare la veridicità della ricostruzione operata dai giudici della cautela, atteso il pacifico valore fidefac4:ente di tale verbale (e plurirnis Sez. 4, n. 3913 del 17/12/2020, dep. 2021, Asunis, Rv. 280381), non superabile solo perché quanto ivi annotato sia stato omesso in altro atto pubblico, quale il verbale di sequestro. D’altronde nell’ipotesi di arresto in flagranza, ai sensi dell’art. 386, comma 3, cod. proc. pen., la polizia giudiziaria ha il dovere di porre l’arrestato a disposizione del pubblico ministero al più presto e comunque non oltre 24 ore dall’arresto e entro il medesimo termine deve trasmettere il relativo verbale: lo stretto termine entro il quale devono essere redatti gli atti giustifica che di alcune circostanze sia fatta menzione solo in alcuni di essi ed in particolare nel verbale di arresto che, per espressa previsione normativa deve contenere anche l’indicazione delle ragioni che lo hanno determinato, e non anche in altri.
Infine, proprio quanto osservato dalla polizia giudiziaria in merito all’attivit di occultamento della droga da parte dei due coindagati, documentando la disponibilità della sostanza anche da parte del ricorrente, vale a superare l’obiezione per cui il cliente COGNOME aveva riferito di aver avuto contatti per l’acquisto della droga con COGNOME e non anche con COGNOME.
Il secondo motivo, attinente alle esigenze cautelari, è manifestamente infondato. Dal punto di vista generale si ricorda che gli arresti domiciliari con braccialetto elettronico non costituiscono una nuova e autonoma misura cautelare, in quanto il mezzo tecnico previsto dall’art. 275 bis, cod.proc.pen., è strumento di controllo applicabile, nei casi previsti dal legislatore, alle misure cautelari esistenti «a seguito di una specifica valutazione di adeguatezza operata dal giudice della cautela» (cfr. in motivazione Sez. U., n. 20769 del 28/04/2016, COGNOME, Rv. 266652).
Il Giudice è, dunque, in ogni caso, chiamato a valutare l’adeguatezza della misura anche presidiata dal controllo rispetto alle esigenze cautelari ritenute sussistenti nel caso concreto, tanto più che lo strumento del braccialetto vale a garantire rispetto al pericolo di fuga, ma non già rispetto ad eventuali contatti volti alla ripresa dell’attività criminale.
Contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso, il Tribunale ha verificato la idoneità della misura gradata (anche mediante applicazione del presidio elettronico) a salvaguardare le esigenze cautelari ritenute sussistenti, formulando un giudizio negativo, sulla scorta di elementi fattuali rilevanti e congruamente evidenziati, quali la realizzazione del reato in ambiente domestico, le precedenti condanne per reati specifici, l’impermeabilità al monito collegato alla misura della sorveglianza speciale in atto. La motivazione adottata dal Tribunale appare, dunque, sufficientemente esaustiva e esente dai profili di illegittimità denunciati, essendo state la prognosi di ricaduta del reato e la valutazione di adeguatezza della sola misura massimamente afflittiva ancorate a dati concreti.
4.Alla declaratoria di inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza di colpa in ordine alla determinazione della causa di inammissibilità (cfr. C. Cost. n. 186/2000), oltre alla trasmissione degli atti alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 comma 1-ter disp. att. cod. proc. pen.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento del spese processuali e deM somma di euro tremila in favore della Cassa dell ammende inammissibile. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
GLYPH
Ivo