Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 36756 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 36756 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 09/07/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME, nato a ACERRA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 11/03/2024 del TRIBUNALE del RIESAME di NAPOLI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del sostituto P.AVV_NOTAIO. NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
lette le conclusioni per l’udienza del 09/0//2024 del difensore dell’imputato, avvocato AVV_NOTAIO COGNOME.
Si dà atto che il ricorso è stato trattato con contraddittorio scritto ai sensi dell’a 23, comma 8, D.L. n. 137/2020 e del successivo art. 8 D.L. 198/2022.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 11 marzo 2024 il Tribunale di Napoli sezione del riesame confermava l’ordinanza del G.I.P. del Tribunale di Napoli nord emessa in data 19 febbraio 2024 impugnata da NOME COGNOME, nei cui confronti era stata disposta la misura cautelare dell’obbligo di presentazione alla P.G. in relazione ai delitti d
ricettazione e resistenza al pubblico ufficiale, come descritti nell’imputazion provvisoria nei capi 9 e 10.
Avverso il suddetto provvedimento 7 NOME COGNOME ricorre per cassazione, a mezzo del proprio difensore, formulando un unico motivo, seppur articolato in più punti, per cui chiede l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
Il ricorrente eccepisce ai sensi dell’art. 606, lett.B) ed E) cod. proc. pen. violazione di legge in ordine agli artt. 309, comma 9, cod. proc. pen., e 110, 337, 648 cod. pen., nonché vizio della motivazione in merito alla ritenuta gravità indiziaria. In particolare, lamenta che il Tribunale del riesame ha confermato l’ordinanza cautelare del G.I.P. con una motivazione manifestamente laconica, senza confrontarsi con le eccezioni difensive con cui si evidenziava il fatto che COGNOME non fosse alla guida dell’automobile che non si era arrestata di fronte all’intimazione di fermarsi da parte delle forze dell’ordine, e, quindi, non vi sarebb la prova che egli concordasse ab initio con la decisione del conducente di darsi alla fuga. Analoghi dubbi sono sottolineati in ordine al reato contestato di ricettazione dell’automobile indicata nell’imputazione, considerato che il ricorrente era un mero passeggero e, quindi, non era in grado di conoscere che quel veicolo fosse provento di furto.
Eccepisce, infine, che la motivazione dell’ordinanza impugnata sarebbe sorretta da formule di stile e priva di autonoma valutazione del compendio indiziario, anche in ordine all’ipotesi del concorso ex art. 110 cod. pen., in quanto non avrebbe per nulla argomentato sulla differenza tra connivenza non punibile e concorso nel reato, malgrado la specifica eccezione della difesa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché proposto per motivi non consentiti dalla legge e comunque manifestamente infondati.
Con l’unico motivo di ricorso la difesa, sostanzialmente, deduce, sotto diversi profili, l’insussistenza del presupposto della gravità indiziaria.
Trattasi di eccezione inammissibile perché volta ad ottenere dalla Corte di RAGIONE_SOCIALEzione una rivalutazione degli elementi di prova utilizzati dal giudice cautelare. Giova, infatti, ricordare che le Sezioni Unite di questa Corte (Sez. U., n.11 del 22/03/2000, Audino, Rv. 215828-01) hanno già avuto modo di chiarire che «in tema di misure cautelari personali, allorché sia denunciato, con ricorso per
cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal Tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte Suprema spetta il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità ed ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abb dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie». In motivazione, la Suprema Corte, dopo aver premesso che la richiesta di riesame ha la specifica funzione, come mezzo di impugnazione, sia pure atipico, di sottoporre a controllo la validità dell’ordinanza cautelare con riguardo ai requisi formali enumerati nell’art. 292 cod. proc. pen. e ai presupposti ai quali è subordinata la legittimità del provvedimento coercitivo, ha posto in evidenza che la motivazione della decisione del Tribunale del riesame, dal punto di vista strutturale, deve essere conformata al modello delineato dal citato articolo, ispirato al modulo di cui all’art. 546 cod. proc. pen., con gli adattamenti resi necessari dal particolar contenuto della pronuncia cautelare, non fondata su prove, ma su indizi e tendente all’accertamento non della responsabilità, bensì di una qualificata probabilità di colpevolezza. Tale orientamento, dal quale l’odierno Collegio non intende discostarsi, ha trovato conforto anche in pronunce più recenti di questa Corte Suprema (ex ceteris: Sez.2, n.27866 del 17/06/2019, COGNOME, Rv.276976-01; Sez. 4, n.26992 del 29/05/2013, Tiana, Rv.255460-01).
Ne consegue che «L’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza ex art. 273 cod. proc. pen. e delle esigenze cautelari di cui all’art. 274 stesso codice è rilevabile i cassazione soltanto se si traduce nella violazione di specifiche norme di legge od in mancanza o manifesta illogicità della motivazione, risultante dal testo del provvedimento impugnato. La Suprema Corte ha chiarito che il controllo di legittimità non concerne né la ricostruzione dei fatti, né l’apprezzamento del giudice di merito circa l’attendibilità delle fonti e la rilevanza e concludenza dei da probatori, onde sono inammissibili quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito» (così ,Sez. F, n. 47748 del 11/08/2014, COGNOME, Rv. 261400-01; Sez. 3, n. 40873 del 21/10/2010, COGNOME, Rv.248698-01).
Orbene, nel caso in esame, l’ordinanza impugnata risulta aver adeguatamente due> analizzato tutti gli elementi indiziari g averli ricondotti ad unità attesa la loro concordanza , con motivazione assolutamente logica e coerente, seppure in
maniera sintetica, ha ritenuto sussistenti i gravi indizi di colpevolezza a carico de ricorrente; in particolare, ha richiamato gli esiti delle indagini, evidenziando che g occupanti il veicolo provento di furto, dopo l’inseguimento da parte dei carabinieri, abbandonavano l’automobile e si davano entrambi alla fuga a piedi. Tale condotta ha reso poco rilevante, quantomeno dal punto di vista indiziario, il fatto che NOME COGNOME non fosse alla guida dell’automobile oggetto di ricettazione, dato che la sua fuga consente di ipotizzare come altamente probabile che anche lui fosse consapevole della provenienza illecita del veicolo su cui viaggiava. Del resto, la giurisprudenza di legittimità è consolidata nell’affermare il principio secondo cui: « gravi indizi di colpevolezza, necessari per l’applicazione di una misura cautelare personale, e la prova indiziaria, di cui all’art. 192, comma 2, cod. proc. pen., operano su piani diversi, essendo sufficiente, nel primo caso, l’esistenza di una qualificata probabilità di colpevolezza, indipendentemente dal tipo di prova acquisita, e occorrendo, invece, nel secondo caso, la prova critica, logica e indiretta del fatto, contrapposta alla prova diretta acquisibile con i mezzi previsti dal codice di rito» (così, tra le tante, Sez.2, 48276 del 24/11/2022, Tiganciuc, Rv.284299-02; conf. Sez.4, n.12158 del 08/06/2021, COGNOME, Rv.281019-01).
Tale assunto, che il Collegio intende ribadire, vale anche in relazione all’eccezione sull’omessa motivazione circa l’integrazione dell’ipotesi concorsuale ex art.110 cod. pen., giacché dalle considerazioni espresse dal Tribunale del riesame nei confronti del ricorrente in ordine alla gravità indiziaria delle sue condotte, risulta implicita valutazione dell’ipotesi concorsuale, non apparendo plausibile, almeno in questa fase processuale, ritenere che il COGNOME si sia dato alla fuga, unitamente al conducente dell’automobile, solo in ragione di una situazione di mera connivenza.
Per le considerazioni or ora esposte, dunque, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento della somma, che si si ritiene equa di euro tremila a favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma in data 9 luglio 2024