Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 10335 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 10335 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato a NAPOLI il 17/11/2004
avverso l’ordinanza del 08/10/2024 del TRIB. RAGIONE_SOCIALE‘ di NAPOLI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME fette/sentite le conclusioni del PG NOME COGNOME Il PG conclude per l’inammissibilità del ricorso.
udito il difensore
RITENUTO IN FATTO
Marigliano ricorre avverso l’ordinanza dell’8 ottobre 2024 del Tribunale di Napoli che, in sede di riesame ex art. 309 cod. proc. pen., ha confermato – con la sola esclusione della circostanza aggravante ex art. 416:bis.1 cod. pen. – il provvedimento del 16 luglio 2024, con il quale il G.i.p. del Tribunale di Napoli aveva applicato nei suoi confronti la misura cautelare della custodia in carcere, in ordine ai reati di tentato omicidio ai danni di COGNOME NOME e porto illegale di arma, ai sensi degli artt. 56, 575 cod. pen. e 4 legge 2 ottobre 1967, n. 895.
2. Il ricorrente articola tre motivi di ricorso.
2.1. Con il primo motivo, denuncia inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità e inutilizzabilità, con riferimento agli artt. 203, 266, 267 e 271 cod. proc. pen., e vizio di motivazione dell’ordinanza impugnata, perché il Tribunale avrebbe omesso di rilevare l’inutilizzabilità delle intercettazioni agli atti considerando che i relativi decreti autorizzativi erano stati emessi e prorogati solo attraverso la valorizzazione di voci confidenziali, elementi – di contro – non utilizzabili per prospettare la ritenuta gravità indiziaria.
Sul punto, nel ricorso si evidenzia che il Tribunale, da una parte, ha evidenziato che il mero inquadramento dei protagonisti della vicenda in ambienti vicini alla criminalità organizzata non costituiva elemento idoneo a giustificare l’applicazione della circostanza aggravante della connessione mafiosa, ma, dall’altra, ha illogicamente evidenziato che non aveva avuto alcun peso nel ricorso all’attività di intercettazione la fonte confidenziale, essendo state valorizzate le circostanze oggettive nelle quali erano avvenuti i fatti, sintomatiche di un possibile scontro tra associazioni di tipo mafioso rivali, anche considerando i precedenti penali della parte offesa e il fatto che la madre di quest’ultima aveva in passato fatto parte del c.d. clan COGNOME.
2.2. Con il secondo motivo, denuncia inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, con riferimento agli artt. 54, 56, 575 cod. pen. e 273 cod. proc. pen., e vizio di motivazione dell’ordinanza impugnata, perché il Tribunale avrebbe confermato l’ordinanza genetica della misura cautelare, senza considerare che non vi era alcun testimone oculare o altro elemento in forza del quale poter sostenere che l’indagato fosse stato presente al momento dell’aggressione subita da COGNOME.
Le due captazioni utilizzate dal giudice di merito, inoltre, erano del tutto contrastanti con il contenuto delle sommarie informazioni della stessa parte offesa, la quale aveva dichiarato di essere stato attinto da colpi di arma da fuoco per mezzo di una pistola diversa e nel corso di un tentativo di rapina di un orologio.
COGNOME, inoltre, aveva fatto riferimento all’utilizzo di un’arma del tipo “revolver”, quando i bossoli rinvenuti sul luogo dell’aggressione erano relativi a una pistola semi-automatica.
Dalla lettura del fascicolo, inoltre, era emerso che la documentazione medica aveva certificato il fatto che i colpi non erano stati posteriori, così come, invece, evidenziato da COGNOME nel colloquio con NOMECOGNOME
Dalla lettura delle intercettazioni, infine, era emerso che la parte offesa non solo era armata, ma anche che era preoccupata del fatto che la visione dei filmati avesse potuto esporla al rischio di un arresto da parte della polizia giudiziaria.
Secondo il ricorrente, quindi, non vi era alcuna gravità indiziaria nei suoi confronti, contrariamente a quanto riferibile al coindagato NOME COGNOME che era stato identificato come unico e solo utilizzatore dell’arma.
2.3. Con il terzo motivo, denuncia inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, con riferimento all’art. 274, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., e vizio di motivazione dell’ordinanza impugnata, perché il Tribunale avrebbe omesso di rilevare l’assenza delle esigenze cautelari.
Nel ricorso, si evidenzia come il successivo episodio relativo alla presunta parte offesa COGNOME Francesco non poteva confluire nel rafforzare il pericolo di reiterazione del reato, posto che, dalla lettura delle intercettazioni, era emerso come lo stesso indagato aveva avuto un atteggiamento critico nei confronti del comportamento posto in essere da COGNOME Giovanni e come il coindagato NOME COGNOME aveva offerto a COGNOME un importo di euro 100,00 quale risarcimento.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
1.1. Il primo motivo di ricorso non è fondato.
Il ricorrente, infatti, non si confronta con il provvedimento impugnato, nella parte in cui il Tribunale ha evidenziato che, dalla lettura del decreto del pubblico ministero e del successivo decreto di convalida del G.i.p., emergeva che non era stato dato alcun peso alla fonte confidenziale per il ricorso all’attività di intercettazione, essendo state, invece, valorizzate le circostanze oggettive in cui era maturato il ferimento, in apparenza indicative di un agguato e, quindi, fortemente suggestive in merito alla collocazione della vicenda nell’ambito di un possibile scontro tra associazioni malavitose, anche alla luce dei precedenti penali di COGNOME e del fatto che la madre della parte offesa aveva in passato militato nel sodalizio riferito alla famiglia COGNOME.
Il ricorso alle fonti confidenziali acquisite dagli organi di polizia giudiziari determina l’inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche soltanto nel caso in cui
le stesse rappresentino l’unico elemento oggetto di valutazione ai fini degli indizi di reità. Sez. 3, n. 1258 del 19/09/2012 (dep. 2013), Leka, Rv. 254174 – 01.
Secondo il giudice di merito, inoltre, le doglianze sollevate dalla difesa, erano del tutto infondate, anche considerando che l’attività di intercettazione non aveva avuto come bersaglio i fratelli COGNOME, ma la persona offesa, perché avrebbe potuto attenersi alle regole omertose proprie dell’ambiente malavitoso.
Inoltre è generica la doglianza sull’utilizzo a giustificazione delle captazioni di meri sufficienti indizi di reità e non di gravi indiz posto che i dialoghi intercetta ritenuti rilevanti sono quelli intervenuti nei giorni immediatamente successivi alla sparatoria e che il ricorso omette di indicare quali conversazioni indizianti sarebbero state intercettate dopo il termine ordinario di venti giorni.
1.2. Il secondo motivo di ricorso è inammissibile perché si risolve in una confutazione del significato e della rilevanza degli elementi indiziari indicati dai giudici.
Giova evidenziare che l’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza ex art. 273 cod. proc. pen. è rilevabile in cassazione soltanto se si traduce nella violazione di specifiche norme di legge od in mancanza o manifesta illogicità della motivazione, risultante dal testo del provvedimento impugnato.
Nel caso in esame, l’ordinanza esaminata risulta avere adeguatamente analizzato tutti gli elementi indiziari.
Gli stessi sono stati ricondotti ad unità, attesa la loro concordanza, sicché con motivazione assolutamente logica, il Tribunale ha ritenuto sussistenti i gravi indizi di colpevolezza a carico del ricorrente in ordine al reato allo stesso contestato.
I giudici, infatti, fornendo sul punto una motivazione ineccepibile, hanno evidenziato che, dall’analisi delle intercettazioni, era emerso che entrambi i fratelli COGNOME avevano aggredito COGNOME NOME, dopo aver reagito a iniziali percosse inferte al giovane COGNOME COGNOME (pag. 5 dell’ordinanza impugnata), sicché le eventuali divergenze con il contenuto delle dichiarazioni della persona offesa e con le altre risultanze sono state superate adeguatamente dai giudici con considerazioni logiche rigidamente agganciate a elementi di sicura rilevanza.
Proseguono i giudici a pag. 6 che COGNOME NOME si era espresso sempre al plurale quando parlava di chi gli aveva sparato ed ha identificato i suoi feritori con le stesse persone che avevano aggredito il giovane NOME.
Anche sul riferimento al revolver fatto da COGNOME i giudici hanno adeguatamente motivato in modo persuasivo, spiegando che tale particolare si colloca all’interno di una narrazione di COGNOME NOME interamente e volutamente finalizzata a nascondere l’effettiva causale del tentativo d’omicidio, sulla quale l’ordinanza si è diffusa a pag. 3 parlando di un tentativo di rapindel
suo orologio Tudor, e quindi di essere stato ferito dall’ignoto rapinatore al primo tentativo di resistenza.
Il motivo di ricorso, pertanto, non è ammissibile in questa sede.
1.3. Il terzo motivo di ricorso è infondato. In tema di misure cautelari personali, il ricorso per cassazione per vizio di motivazione del provvedimento del tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza consente al giudice di legittimità, in relazione alla peculiare natura del giudizio ed ai limiti che ad esso ineriscono, la sola verifica delle censure inerenti l’adeguatezza delle ragioni addotte dal giudice di merito ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie e non il controllo di quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito (Sez. 1, n. 27866 del 17/06/2019, COGNOME, Rv. 276976).
Il ricorrente, infatti, non si confronta con il provvedimento impugnato, nella parte in cui il Tribunale ha evidenziato che l’assoluta gravità del fatto era sintomatica dell’elevata trasgressività dell’indagato, nonostante lo stato di formale incensuratezza.
D’altronde, l’inclinazione alla violenza dell’indagato era emersa anche dalle lesioni inferte a COGNOME NOME e dal fatto che l’indagato aveva avuto permanente disponibilità di un’arma per attentare alla vita di un soggetto, nonostante il rapporto quasi familiare con lo stesso.
Il Tribunale, inoltre, ha adeguatamente evidenziato la concretizzazione del pericolo di fuga dell’indagato, essendo stato per lungo tempo latitante.
Secondo il Tribunale, quindi, tali esigenze cautelari potevano essere fronteggiate solamente con la custodia in carcere, attesa l’impraticabilità di presidi la cui efficacia fosse affidata alla libera determinazione dell’indagato, che si era dimostrato del tutto inaffidabile ed aveva dimostrato di voler ottenere l’assoluta impunità.
In forza di quanto sopra, il ricorso deve essere rigettato. Ne consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
Stante lo stato di detenzione di Marigliano, si dispone trasmettersi, a cura della cancelleria, copia del presente provvedimento al Direttore dell’istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen., affinché provveda a quanto stabilito dal comma 1-bis del citato articolo.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1 – ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 12/12/2024