Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 34782 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 34782 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 10/09/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 12/03/2024 del TRIB. LIBERTA’ di CATANZARO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; sentite le conclusioni del PG NOME COGNOME, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
E’ presente l’avvocato COGNOME NOME COGNOME del foro di VIBO VALENTIA in sostituzione ex art. 102 c.p.p., per delega orale, dell’Avvocato COGNOME NOME del foro di ROMA in difesa di COGNOME NOME che si riporta ai motivi di ricorso e ne chiede l’accoglimento.
E’ presente la Dr.ssa COGNOME NOME del foro di ROMA tess. P/79141 per la pratica forense
RITENUTO IN FATTO
1. Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di Catanzaro, quale giudice del riesame, ha confermato l’ordinanza emessa il 09/02/2024 dal GIP presso lo stesso Tribunale nei confronti di NOME COGNOME, sottoposto alla misura dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria nonché a quella dell’obbligo di dimora nel Comune di residenza, in quanto gravemente indiziato in ordine al reato previsto dall’art.319 cod.pen. (capo 49) dell’imputazione provvisoria); in particolare, era stato contestato all’odierno ricorrente – figlio di NOME COGNOME, detenuto presso la Casa circondariale di Catanzaro – di avere intrattenuto un accordo corruttivo avente quale oggetto l’introduzione di materiale (tra cui un pacco contenente due schede telefoniche e due caricabatterie) da consegnare al detenuto medesimo, con la collaborazione di NOME COGNOME, che avrebbe organizzato gli incontri tra corruttore e corrotto, ovvero l’agente della poliz penitenziaria NOME COGNOME.
Il Tribunale, in punto di sussistenza del presupposto previsto dall’art.273 cod.proc.pen., ha premesso che il compendio indiziario – fondato su molteplici fonti di prova – aveva portato a identificare due sodalizi finalizzati rispettivamente, alla commissione di reati in materia di stupefacenti e di quelli previsti dagli artt.391ter e 319 cod.pen., peraltro tra di lo sovrapponibili in quanto era dato individuare l’identità dei promotori e degli organizzatori, differenziandosi le organizzazioni stesse unicamente per alcuni dei partecipi; ha quindi descritto le modalità operative dei rispettivi sodaliz specificamente alla luce delle risultanze delle intercettazioni e dell dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia e rilevato che, in relazion all’associazione finalizzata alla commissione dei reati previsti dagli artt 391ter e 319 cod.pen., erano presenti gli elementi costituiti dalla serialità dall’organizzazione del gruppo.
Ha quindi esposto che, nel predetto contesto criminoso, si era inserito il patto corruttivo contestato al capo 49); la cui sussistenza era da riteners attestata dal complesso delle conversazioni intercettate a far data dal 06/07/2022 nonché dagli esiti dei servizi di osservazione; complesso di risultanze dal quale erano emersi elementi ritenuti idonei a comprovare la sussistenza del patto medesimo, a propria volta fondato sulla promessa di corresponsione di diverse utilità in favore del citato agente della polizi penitenziaria e tale da denotare uno stabile asservimento della funzione rispetto agli interessi del COGNOME.
Sotto il profilo cautelare, il Tribunale ha rilevato la sussistenz dell’esigenza prevista dall’art.274, lett.c), cod.proc.pen., in considerazion delle modalità del fatto e della personalità dell’indagato, ritenendo adeguate e proporzionate le suddette misure non custodiali.
Avverso la predetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME, tramite il proprio difensore, articolando due motivi di impugnazione.
Con il primo motivo ha dedotto la violazione di legge un riferimento agli artt. 110 e 319 cod.pen.; ha esposto che l’impugnata ordinanza non si sarebbe confrontata con le argomentazioni difensive, in base alle quali vi sarebbe stata assoluta incertezza sul soggetto che avrebbe effettivamente interloquito con il COGNOME, atteso che – sulla base della stessa richiesta de pubblico ministero – nelle occasioni monitorate sarebbero stati presenti tutti i familiari del detenuto, con la conseguenza che la valutazione in base alla quale NOME COGNOME (in ragione della maggiore età rispetto ai fratelli) fosse stato delegato a mantenere i rapporti con il COGNOME sarebbe stata frutto di una considerazione meramente congetturale e priva dei necessari elementi individualizzanti; ha altresì contestato la qualificazione del reato sotto la specie del delitto permanente, atteso che le condotte in questione dovevano inequivocabilmente ritenersi cessate al novembre 2022.
Con il secondo motivo ha dedotto la violazione di legge – in relazione all’art.606, comma 1, lett.b), cod.proc.pen. – in riferimento agli artt. 274 lett.c) e 275, comma 3, cod.proc.pen.
Ha dedotto che le misure non custodiali applicate dovevano ritenersi non adeguate e proporzionate, in considerazione della giovanissima età e dell’incensuratezza dell’indagato, anche in ragione del fatto che lo stesso era residente in Palermo e quindi lontano dal /ocus commissi delicti, nonché del lasso temporale trascorso dagli eventi.
Il Procuratore generale ha concluso per il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Il primo motivo, attinente alla dedotta carenza del necessario presupposto rappresentato dai gravi indizi di colpevolezza, è inammissibile in quanto manifestamente infondato.
Deve ricordarsi, in punto di premessa, che costituisce giurisprudenza consolidata quella in base alla quale l’ordinanza applicativa emessa ai sensi dell’at.292 cod.proc.pen. e il successivo ed eventuale provvedimento di conferma emesso dal Tribunale del riesame si integrano reciprocamente sul piano motivazionale; dovendosi specificamente ritenere che eventuali omissioni e contraddizioni contenute nell’ordinanza genetica possano essere sanate dalla motivazione del tribunale del riesame, il cui provvedimento integra e completa quella del giudice che ha emesso l’ordinanza applicativa, purché questa contenga le ragioni logiche e giuridiche che ne hanno determinato l’emissione (Sez. U, n. 7 del 17/04/1996, Moni, Rv. 205257) e fatto salvo il caso previsto dall’art.309, comma 9, cod.proc.pen., attinente alla mancanza totale della motivazione ovvero alla carenza di autonoma valutazione degli indizi, delle esigenze cautelari e degli elementi forniti dall difesa in capo all’ordinanza applicativa.
3. Ciò posto, in ordine alla consistenza del compendio indiziario, va premesso che questa Corte è ferma nel ritenere che, in tema di impugnazione delle misure cautelari personali, il ricorso per cassazione con il quale si lamenti l’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza ammissibile soltanto se denuncia la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento, secondo i canoni della logica ed i principi di diritto, ma non anche quando propone e sviluppa censure che riguardano la ricostruzione dei fatti, ovvero che si risolvono in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (Sez. 6, n. 11194 dell’8/3/2012, Lupo, Rv. 252178); rilevando che, nel caso in cui si censuri la motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte Suprema spetta solo il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che a esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato e di controllare la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie (Sez. 4, n. 26992 del 29/5/2013, Rv. 255460; Sez. 4, n. 37878 del 6/7/2007, COGNOME, Rv. 237475); spettando dunque a questa Corte di legittimità il solo compito di verificare se il giudice di merito abbia dat adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la
congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi del diritto che governan l’apprezzamento delle risultanze probatorie.
Il controllo di logicità, peraltro, deve rimanere interno al provvedimento impugnato, non essendo possibile procedere a una nuova o diversa valutazione degli elementi indizianti o a un diverso esame degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate; in altri termini, è consentito questa sede esclusivamente verificare se le argomentazioni spese sono congrue rispetto al fine giustificativo del provvedimento impugnato; se, cioè, in quest’ultimo, siano o meno presenti due requisiti, l’uno di carattere positivo e l’altro negativo, e cioè l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative su cui si fonda e l’assenza di illogicità evidenti, risultanti c prima facie dal testo del provvedimento impugnato.
Ciò posto, il motivo di ricorso difetta di qualsiasi effettivo confronto con il materiale probatorio preso in esame dal Tribunale distrettuale, il quale nel condividere pressoché integralmente le considerazioni svolte dal GIP ha specificamente evidenziato che (al di là del dato, dedotto dalla difesa, della presenza agli incontri con il COGNOME del 07/07/2022, del 07/09/2022, del 06/10/2022 e dell’11/11/2022 di altri componenti del nucleo familiare del detenuto NOME COGNOME), l’odierno ricorrente era stato specificamente individuato, sulla base delle intercettazioni operate e dei servizi di osservazione, quale interlocutore diretto del COGNOME stesso e tanto con particolare riferimento alla conversazione del 07/09/2022, riportata dal GIP alle pagg. 120-121 dell’ordinanza applicativa e pure richiamata dal Tribunale distrettuale nella parte motiva.
A fronte di tali analitiche considerazioni, la difesa del ricorrente si limitata a dedurre tautologicamente l’insufficienza del quadro indiziario, in riferimento al mero dato rappresentato dalla presenza di altri membri del nucleo familiare del detenuto, elemento comunque neanche idoneo sulla base di una valutazione prospettica a escludere la sussistenza del compendio indiziario in riferimento all’odierno ricorrente,
Il motivo di ricorso attinente alla sussistenza delle esigenze cautelari è inammissibile in quanto, per un verso, manifestamente infondato e, dall’altro, del tutto aspecifico.
A tale proposito, deve rilevarsi che l’apprezzamento della pericolosità dell’indagato sottoposto alla misura coercitiva è un giudizio riservato al giudice di merito, incensurabile nel giudizio di legittimità, se – come nel caso di specie – congruamente e logicamente motivato con specifico riferimento
alla prognosi negativa in ordine all’attitudine dell’indagato medesimo all’effettivo rispetto delle prescrizioni connesse all’applicazione di u misura ulteriormente più gradata (sez.6, n. 53026 del 21/11/2017, COGNOME, RV. 271686; sez.3, n.7268 del 24/1/2019, COGNOME, RV. 275851).
Nel caso di specie, con valutazione non tangibile nella presente sede, il Tribunale distrettuale ha congruamente dato atto – in riferimento ai parametri di valutazione dettati dall’art.274, lett.c), cod.proc.pen. – del sussistenza di esigenze cautelari desumibili dalle concrete circostanze di fatto nel corso delle quali sono state consumate le condotte ascritte e dal conseguente giudizio sulla personalità dell’indagato; tanto in riferimento all’inserimento all’interno di una dinamica caratterizzata da un costante accordo corruttivo, ritenuto idoneo a concretizzare (sulla base dell’ipotesi accusatoria) un vero e proprio asservimento della funzione in ordine al pubblico ufficiale coinvolto nel pactum sceleris.
Esigenze in relazione alle quali non è ravvisabile alcuna violazione del principio di proporzionalità e adeguatezza nella scelta dell’applicazione congiunta dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria e dell’obbligo di dimora (in Comune, come allegato dallo stesso ricorrente, diverso rispetto a quello di consumazione del reato) in quanto misure idonee, in ragione della connessa controspinta al compimento di ulteriori condotte criminose, a prevenire il pericolo di reiterazione.
Nel caso di specie, quindi, la difesa si è limitata a evidenziare il dato da ritenere, in presenza degli elementi valorizzati dai giudici di merito e facenti riferimento alle concrete modalità del fatto, come del tutto neutro rappresentato dall’incensuratezza dell’indagato; oltre che quello del lasso di tempo trascorso dalle condotte, comunque non tale (vedendosi in fatti localizzati tra il luglio e il novembre 2022) da escludere l’attualità del esigenze cautelari.
Alla declaratoria d’inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali; ed inoltre, alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», il ricorrente va condannato al pagamento di una somma che si stima equo determinare in euro 3.000,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
Così deciso il 10 settembre 2024
Il Consigliere estensore
Il Preside te