Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 33861 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 33861 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME NOME
Data Udienza: 08/07/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME NOME, nato a Vibo Valentia il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 12/03/2024 del Tribunale di Catanzaro;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; sentita la relazione svolta dalla Consigliera NOME COGNOME; sentito il Pubblico Ministero, in persona della Sostituta Procuratrice generale NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso; sentito l’AVV_NOTAIO, nell’interesse di NOME COGNOME, che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 12 marzo 2024 il Tribunale di Catanzaro ha rigettato la richiesta di riesame, presentata nell’interesse di NOME COGNOME, avverso l’ ordinanza emessa dal Giudice per le indagini preliminari che ha applicato nei suoi
confronti la misura della custodia cautelare in carcere per i reati di partecipazione ad associazione mafiosa dal 2016, con attualità (capo 1) e di danneggiamento seguito da incendio ai danni dell’escavatore di proprietà della ditta RAGIONE_SOCIALE. con pericolo di propagazione, aggravato ex art. 416-bis.1 cod. pen. nella doppia declinazione, (capo 2) fatto commesso il 15 gennaio 2019. (alti
Avverso detta ordinanza NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, tramite il difensore di fiducia, articolando i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari alla motivazione ex art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla gravità indiziaria per il delitto di partecipazione all’associazione mafiosa (capo 1) in quanto l’ordinanza impugnata, che ha riguardato essenzialmente le figure del padre, NOME COGNOME, e di NOME COGNOME, si è fondata: a) sull’isolata condotta di cui al capo 2); b) sulle sporadiche frequentazioni del bar “RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE“, unico bar del paese e vicino casa, tra maggio e giugno 2016, c) sui colloqui in carcere con il fratello NOME COGNOME che riferiva ovviamente le sue esperienze carcerarie (maggio 2017-aprile 2018), d) sui rapporti con NOME con cui c’era un rapporto di amicizia visto che era stato detenuto con lui in cella oltre che con il fratello.
In sostanza il provvedimento impugnato ha fondato la nozione di partecipe in base a semplici frequentazioni di parentela e amicizia.
2.2. Con il secondo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alle dichiarazioni del collaboratore di giustizia NOME COGNOME, su cui non vi è stata alcuna valutazione secondo i criteri stabiliti dall’art. 192 cod. proc. pen specialmente alla luce della sentenza emessa dalla Corte di assise di Catanzaro, n. 2 del 2023, che lo ha ritenuto «chiaramente mendace» alle pagg. 42 e 43.
2.3. Con il terzo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al delitto contestato al capo 2) rispetto al quale è stata omessa ogni considerazione sulle caratteristiche concrete del danneggiamento, evincibile dalle fotografie in atti, che non ha determinato alcun pericolo di incendio, atteso che non era stato necessario neanche l’intervento dei vigili del fuoco.
2.4. Con il quarto motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alle esigenze cautelari sia con riferimento alla risalenza e all’unicit del fatto al 2019, sia alla impossibilità di rescindere rapporti di parentela, sia ag sporadici colloqui in carcere con il fratello risalenti al 2017, elementi che, prescindere dalla tipologia dei reati, impongono di operare valutazione individuali.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è inammissibile.
Costituisce principio consolidato che, in caso di ricorso avverso provvedimenti in materia di misure cautelari, la Corte di cassazione è tenuta a verificare esclusivamente se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni del suo convincimento su punti rilevanti per il giudizio. Cosicché l’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, ex art. 273 cod. proc. pen., o delle esigenze cautelari, ex art. 274 cod. proc. pen., è rilevabile in sede di legittimità solo se si traduce nella violazione di specifiche norme di legge o in mancanza o manifesta illogicità della motivazione risultante dal testo del provvedimento impugnato. Da ciò consegue che sono inammissibili quelle censure che, come nel caso di specie, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito in modo logico e coerente.
Il primo motivo di ricorso è reiterativo, generico e presentato per far valere vizi diversi da quelli consentiti dalla legge.
L’ordinanza impugnata, richiamando quella genetica, ha collocato la posizione di NOME COGNOME nell’ambito della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, insediata nel territorio di Roccelletta di Borgia, sotto l’influenza delle locali drndrangheta di Cutro e di Isola Capo Rizzuto, la cui ascesa era avvenuta attraverso omicidi tali da innescare una guerra di mafia contro il clan di Squillace e i reggenti della fazione di Borgia, oltr che la gestione delle estorsioni tra la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e quella dei COGNOME.
Il Tribunale ha quindi delineato le significative relazioni del ricorrente, figlio di NOME COGNOME al vertice della RAGIONE_SOCIALE insieme a NOME COGNOME, e fratello dì NOME COGNOME, detenuto in carcere e costantemente informato delle attività illecite, circostanze di fatto che spiegano perché l’ordinanza si occupi, doverosamente, di questi soggetti per illustrarne sia il ruolo apicale, sia la natura anche illecita delle frequentazioni.
Secondo la puntuale e coerente ricostruzione del provvedimento impugnato, i gravi indizi di colpevolezza circa la partecipazione di NOME COGNOME alla RAGIONE_SOCIALE ndranghetista sono stati basati sulle dichiarazioni, convergenti e riscontrate, dei collaboratori di giustizia, NOME COGNOME (con specifico richiamo del vaglio giudiziario operato nei diversi provvedimenti giudiziari indicati alla nota 14 di pag.14) e NOME COGNOME di cui è stata accertata la credibilità, soggettiva ed oggettiva, intranei da tempo nella compagine’ndranghetista.
In particolare, il primo, nel corso dell’interrogatorio del 9 maggio 2016, aveva riferito di essere cresciuto con NOME COGNOME i esponente della RAGIONE_SOCIALE di Roccelletta di Borgia, di cui aveva anche fornito il preciso organigramma (pag. 14), come confermato da COGNOME COGNOME secondo il quale a Borgia e Roccelletta di Borgia comandava la famiglia ndranghetista degli COGNOME, capeggiata da NOME COGNOME, che si accaparrava tutti gli appalti (pag. 12).
La censura proposta in ordine all’inattendibilità delle dichiarazioni di NOME COGNOME deve ritenersi generica e aspecifica in quanto fondata su una sentenza di primo grado (Corte di Assise di Catanzaro n. 2 del 2023, depositata il 22 marzo 2023), resa in un diverso procedimento non riguardante il ricorrente e non allegata, con i relativi motivi, nell’istanza di riesame, secondo la quale COGNOME era mendace in ordine alla chiamata in reità di NOME COGNOME e NOME COGNOME per l’omicidio di NOME COGNOME e NOME COGNOME avvenuto in Sorbo San Basile il 19 novembre 2006.
Oltre alle dichiarazioni dei menzionati “pentiti” (COGNOME COGNOME), valutate attendibili e credibili, il provvedimento ha operato un’analitica disamina del compendio indiziario costituito da: a) le conversazioni intercettate, tutte riportate, incluse quelle del ricorrente con il fratello detenuto aventi ad oggetto le dinamiche relative alla RAGIONE_SOCIALE, altri detenuti e i rapporti con questi; b) i serviz appostamento dei diversi incontri della RAGIONE_SOCIALE, soprattutto nel bar “Eco del RAGIONE_SOCIALE“; c) le frequentazioni con NOME – appartenente all’omonima RAGIONE_SOCIALE di ‘ndrangheta e condannato in via definitiva per associazione mafiosa – e con NOME COGNOME; d) l’incendio dell’escavatore della ditta “RAGIONE_SOCIALE” di cui al capo 2), che chiarisce in modo univoco l’intraneità del ricorrente all’associazione di’ ndrangheta in quanto avvenuto per acquisire rispetto e considerazione mafiosa nel territorio di riferimento («quella sera sono andato a bruciare l’escavatore perché pensavo che c’eri tu nel mezzo ….se non facevamo come abbiamo fatto, perdevamo tutto compare. Non abbiamo credibilità non abbiamo niente senza questo cavolo», pag. 21).
A fronte di detto ricco compendio investigativo, il ricorso si limita a censurare l’attendibilità del collaboratore di giustizia, nei termini indicati, senza confrontar con il contenuto delle sue dichiarazioni e senza indicare le ragioni per le quali l’impianto argomentativo verrebbe definitivamente pregiudicato dalli eventuale espunzione delle affermazioni di COGNOME, in base alla cosiddetta prova di resistenza che, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, impone di illustrare, a pena di inammissibilità per aspecificità, l’incidenza dell’eventuale eliminazione di un elemento a carico (da ultimo, tra le tante, Sez. 4, n. 50817 del 14/12/2023, Stretti, Rv. 285533), ritenendosi prive di pregio anche le censure
fattuali quali l’essere l’ “RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE” l’unico bar del paese o la natura amicale o parentale dei rapporti con gli altri appartenenti alla RAGIONE_SOCIALE.
Infatti, dalle convergenti dichiarazioni dei collaboratori di giustizia e da contenuto delle intercettazioni è risultato come la condotta partecipativa del ricorrente non fosse affatto circoscritta ai suoi legami familiari visto che NOME COGNOME aveva assunto la posizione di garante rispetto ad un debito assunto dal capo clan NOME COGNOME (pag. 12), aveva frequentazioni assidue non solo con il padre e il fratello, vertici della RAGIONE_SOCIALE, ma soprattutto con altri esponenti dell ndrangheta come COGNOME e NOME, con i quali condivideva le preoccupazioni di essere notati dalle forze di polizia (pag. 10) e le indicazioni circa il linguaggi convenzionale da utilizzare (pag. 12).
Il motivo relativo al Capo 2) è inammissibile perché sollecita una rivalutazione del merito non consentita in sede di legittimità e, comunque, è manifestamente infondato.
Infatti, la censura proposta non lamenta una motivazione mancante, contraddittoria o manifestamente illogica, ma una qualificazione giuridica erronea in quanto fondata su una valutazione asseritamente sbagliata degli elementi di fatto in ordine al pericolo di propagazione dell’incendio.
Il provvedimento impugnato risulta immune da censure avendo basato correttamente la qualificazione giuridica del danneggiamento all’escavatore, tramite incendio, nella forma aggravata dall’art. 416-bis.1 cod. pen., allo stato degli atti e delle circostanze di fatto esaminate, sulla base dell’inequivoco contenuto delle intercettazioni in cui NOME COGNOME aveva descritto l’evento in questi termini: «le fiamme sono arrivate sopra la pala eolica…. però le fiamme tanto che si sono liberate si è visto giorno, 10 minuti ed è arrivata all’olio…, quando devi fare una cosa compà la devi fare in maniera decisa» (pag. 21), per come successivamente confermate dagli accertamenti delle forze dell’ordine.
Per quanto attiene alla qualificazione del fatto occorre muovere dal costante orientamento di questa Corte secondo il quale per l’integrazione del reato di cui all’art. 424, secondo comma, cod. pen. è sufficiente il pericolo di incendio (Sez. 2, n. 17558 del 08/03/2017, COGNOME, Rv. 269466) ravvisabile in base alle caratteristiche di diffusività o di dimensione del fuoco appiccato (Sez. 2, n. 47415 del 17/10/2014, COGNOME, Rv. 260832), avuto riguardo alle circostanze esistenti al momento della condotta (Sez. 5, n.37196 del 28/03/2017, Costabile, Rv. 270914).
Il motivo relativo all’assenza delle esigenze cautelari è infondato.
La sussistenza e l’attualità delle esigenze cautelari sono state ricavat Tribunale del riesame, dai gravi indizi di colpevolezza in ordine alla partecipaz del ricorrente alla RAGIONE_SOCIALE, ancora operativa, e poiché la provvis incolpazione fa riferimento “alla attualità della condotta” il tempo trascorso intercettazioni indizianti e l’adozione della misura cautelare non varrebbe, da a far ritenere non più attuale il pericolo di reiterazione del reato.
NOME COGNOME appartiene ad una mafia storica (Sez. 2, n. 23128 del 15/03/2018, Formoso,b. 272880) per la quale, ai fini dell’attualità delle esig cautelari, stante la presunzione relativa di sussistenza di queste, ex artt. 275, comma 3 e 51, comma 3-bis cod. proc. pen., il decorso del tempo non assume rilevanza in sé (Sez. 5, n. 36389 del 15/07/2019, Forgetti, Rv.276905), ma può deve essere valutato, pur in via residuale, quando sia di particolare rilievo sia accompagnato da ulteriori condotte dell’indagato sintomatiche di una s perdurante pericolosità (Sez. 6, n. 2112 del 22/12/2023, dep. 2024, Tavella, R 285895), elementi entrambi non sussistenti nella specie visto che l’ult intercettazione rilevante risale al 2019 e il ricorrente ha continuato a mant rapporti diretti sia con i propri parenti (padre e fratello), esponenti dell’omonima RAGIONE_SOCIALE, sia con gli esponenti di altre cosche di ‘ndrangheta.
Alla stregua di tali rilievi il ricorso deve essere rigettato e il rico condannato, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spe processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso 1’8 luglio 2024