Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 37330 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 37330 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/09/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato in Marocco il DATA_NASCITA avverso l’ordinanza del 10/06/2025 del TRIBUNALE di MILANO udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso; ricorso trattato in camera di consiglio senza la presenza delle parti in mancanza di richiesta di trattazione orale pervenuta nei termini secondo quanto disposto dagli artt. 610, comma 5, e 611, comma 1 bis, e segg. cod. proc. pen..
RITENUTO IN FATTO
Con l’impugnato provvedimento, il Tribunale di Milano, in riforma dell’ordinanza del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano dell’8 maggio 2025, con la quale veniva rigettata la richiesta di applicazione della misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di NOME COGNOME per una imputazione provvisoria di furto con strappo e due di rapina aggravata, disponeva, su appello del Pubblico Ministero, la misura cautelare della custodia in carcere in relazione a tutti tre i reati sopra indicati.
Con il ricorso per Cassazione avverso l’ordinanza cautelare, la difesa dell’imputato formula due motivi.
2.1 Con il primo motivo si deduce violazione di legge ai sensi dell’art. 606 lett. c), cod. proc. pen. in relazione all’art. 273 cod. proc. pen., nonché motivazione contraddittoria ex art. 606 lett. e) cod. proc. pen..
In particolare, si contesta il giudizio di sufficienza indiziaria posto a base dell’ordinanza poiché le immagini tratte dalle telecamere delle stazioni ferroviarie ove si sono verificati i fatti non erano integralmente allegate al fascicolo del tribunale e, ove presenti, non presentavano assolutamente la chiarezza ed intellegibilità indicata nel provvedimento.
Sul piano motivazionale, inoltre, vi è contraddittorietà, considerata la fluidità, e non univocità, tra i vari indizi considerati, dal Tribunale, a causa (i) delle contraddizioni della vittima del primo reato sull’autore dello stesso, (il) della parzialità, e non certezza, del riconoscimento (90%), in relazione al secondo reato, nonché, infine, (iii) dell’attribuzione del primo e del secondo episodio ad un soggetto dell’Est Europa (piuttosto che – è il caso dell’indagato – ad un soggetto originario del NOME).
2.2 Con il secondo motivo si deduce violazione di legge in relazione alla sussistenza delle esigenze cautelari (art. 606, lett. c), nonché artt. 274 e 275, cod. proc. pen.).
Sul piano delle esigenze cautelari, si osserva nel ricorso (pg. 5), il provvedimento impugnato appare disancorato da elementi concreti e basato su mere supposizioni, tanto più che l’indagato è destinatario di un provvedimento di divieto di dimora nella Regione Lombardia che allo stato non risulta violato.
Per ritenere attuale il pericolo concreto di reiterazione del reato occorre ipotizzare la certezza o l’elevata probabilità che l’occasione del delitto si verificherà, mentre nel provvedimento manca l’adeguata motivazione sui l’idoneità di misure meno afflittive, come quella già in applicazione. È quindi carente la valutazione della proporzionalità tra pericolo e misura atta a prevenirlo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché basato su motivi manifestamente infondat’ ,,
1.1 Con il primo motivo si chiede, in ecIanza, una rivalutazione del fatto, con necessario esame da parte di quest^ qualità dei frame delle immagini videoregistrate dalle telecamere dei vagoni all’interno dei quali si sono verificate le rapine descritte ai capi 2 e 3 di imputazione, per valutarne la ‘intelleggibilità’ a fini della affermazione di responsabilità. Ancora, si chiede di cogliere l’atteggiamento dell’indagato nelle riprese che lo vedono seduto sulle scale di
collegamento dei binari, all’interno dello scalo ferroviario, per dedurne la condotta di ordinario viaggiatore (pg. 3), talora intento a fumare (pg. 4) piuttosto che l’attesa insidiosa del predatore in procinto di individuare la successiva preda.
A pg. 4, poi, si contestano i riconoscimenti dell’imputato da parte della persona offesa (capo 2) e la identificazione dell’autore materiale della sottrazione dell’orologio di valore (capo 1) nonché la confusione sull’origine (maghrebina o dell’Est Europa) dell’autore delle rapine. Si tratta, in tutti i casi, di considerazion in ordine al ‘peso’ probatorio riconosciuto a ciascun elemento indiziario da parte del giudice, ovvero ‘dell’intrinseco’ della valutazione probatoria riservata al giudice di merito. Nulla a che vedere con il giudizio di cassazione, che si pone su un altro piano, di critica del provvedimento, sul piano motivazionale, in relazione alla presenza, nel provvedimento stesso, di uno dei vizi (elencati nell’art. 606, lett. e, cod. proc. pen.: mancanza, contraddittorietà o manifesta – e non ‘mera’, ‘semplice’ o ‘sola’ – illogicità) che sono in grado i ‘elevare’ o ‘spostare’ la critic dal fatto alla legittimità.
Declinando tali principi con specifico riferimento al tema delle misure cautelari e delle relative impugnazioni, allorché sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, è principio consolidato che alla Corte Suprema spetti il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità ed ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare o negare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie. Ne consegue che l’indagine sulla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza ex art. 273 cod. proc. pen. e delle esigenze cautelari di cui all’art. 274 stesso codice, è rilevabile in cassazione soltanto se si traduca nella violazione di specifiche norme di legge od in mancanza o manifesta illogicità della motivazione, risultante dal testo del provvedimento impugnato; sul punto si vedano Sez. F, n. 3 47748 del 11/08/2014, COGNOME, Rv. 261400; Sez. 3, n. 40873 del 21/10/10, Merja, Rv. 248698, nelle quali questa Corte ha chiarito che il controllo di legittimità non concerne né la ricostruzione dei fatti, né l’apprezzamento del giudice di merito circa l’attendibilità delle fonti e la rilevanza e concludenza dei dati probatori, onde sono inammissibili quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito.
Alla luce di tali principi ermeneutici, l’esame del provvedimento impugnato porta ad escludere la sussistenza dei vizi denunciati nel ricorso, giacché il Tribunale ha analizzato adeguatamente, in relazione a ciascuno degli episodi sintetizzati nei capi di imputazione provvisori, il complesso indiziario disponibile.
Con riferimento al primo episodio, l’inseguimento e l’immediato ‘recupero’ dei fuggitivi, con contestuale riconoscimento da parte della persona offesa appare del tutto logico, adeguato e sufficiente alla affermazione della gravità indiziaria; ed anche con riferimento agli ulteriori due episodi, l’insieme degli indizi è compiutamente ricostruito dal tribunale, a pg. 3, per mezzo di riconoscimenti (con un grado di sicurezza superiore al 90% in un caso ed addirittura del 100% nell’altro), visione diretta delle immagini e comparazione del vestiario utilizzato nei vari episodi dall’autore delle rapine, nonché dalla accertata presenza dell’indagato sul luogo ed all’epoca dei fatti.
Si tratta di un quadro immune da fallacie logiche, in verità nemmeno indicate nel ricorso, che lamenta piuttosto la ‘fluidità’ degli indizi – categoria non inclusa nella lettera e) dell’art. 606 cod. proc. pen. e che pare alludere alla qualità dell’indizio, cioè, ancora una volta al risultato dell’apprezzamento probatorio del giudice, piuttosto che alla motivazione in cui esso si esprime.
Anche in relazione alle esigenze cautelari, il motivo di ricorso è manifestamente infondato.
La compiuta disamina circostanziale operata nella ordinanza (tra pg. 4 e pg. 5) esita in una valutazione del tutto adeguata del rischio di recidiva e del pericolo di fuga dell’indagato, la cui inevitabile coazione al delitto è determinata, o quanto meno esacerbata, dalla condizione di déraciné e sans-papier, senza punti di riferimento fissi, vuoi lavorativi, o residenziali, o sociali. Da ciò, osserv acutamente il Tribunale, anche l’attualità e la concretezza del rischio di recidiva, per una esistenza che si basa sull’espediente e sulla precarietà.
Infine, il Tribunale effettua la valutazione in ordine alla sussistenza delle ulteriori condizioni per l’applicazione della misura custodiale massima, in relazione alla gravità dei fatti, al superamento della soglia prevista dall’art. 275, comma 2 bis cod. proc. pen. ed alla prospettica concedibilità (che esclude) della sospensione condizionale della pena.
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata.
Dall’inammissibilità consegue altresì la trasmissione da parte della Cancelleria di copia del presente provvedimento per l’esecuzione ex art. 28 comma 1, reg. esec. cod. proc. pen..
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila. in favore della cassa delle ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28, comma 1, reg. esec. cod. proc. pen..
Così deciso il 18 settembre 2025
Il Consigliere relatore
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Il Pres dente