Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 22528 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 22528 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 22/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 08/11/2023 del TRIB. LIBERTA’ di PALERMO udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Procuratore generale, nella persona del sostituto NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
udito il difensore avvocato COGNOME, che c:onclude chiedendo l’accoglimento del proprio ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza emessa in data 08 novembre 2023 il Tribunale del riesame di Palermo, in parziale accoglimento della richiesta di riesame proposta da NOME COGNOME, ha escluso le esigenze cautelari di cui all’art. 274, comma 1, lett. a), cod.proc.pen. ed ha annullato in relazione al solo capo 3), relativo al delitto di tentata estorsione, l’ordinanza applicativa della misura cautelare della custodia in carcere emessa dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Termini Imerese in data 20 ottobre 2023 anche per i reati di incendio e tentato incendio in concorso commessi il 21 febbraio 2023 e il 24 aprile 2023.
Il Tribunale ha ritenuto sussistenti i gravi indizi di colpevolezza, consistenti in primo luogo nelle accuse mosse dalla socia di maggioranza della RAGIONE_SOCIALE vittima dei due incendi, i quali sarebbero stati ordinati dal fratello d lei, socio di minoranza della medesima RAGIONE_SOCIALE, e in secondo luogo nell’esito delle indagini successive al primo episodio, che hanno accertato che questi, unitamente al proprio nipote, aveva contattato il COGNOME, noto pregiudicato, per trovare soggetti capaci di compiere le azioni criminose, dietro un compenso in denaro. Ha poi confermato la sussistenza solo delle esigenze cautelari relative al pericolo di reiterazione dei reati, desunto dalla personalità dell’indagato, gravato da numerosi precedenti penali, e dalla gravità della condotta tenuta, dimostrandosi il medesimo capace di reclutare gli esecutori materiali dei due incendi. Ha confermato anche la necessità di applicare la misura della custodia cautelare in carcere, ritenendo inidonea e insufficiente quella degli arresti domiciliari con braccialetto elettronico.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso NOME COGNOME, per mezzo dei suoi difensori AVV_NOTAIO e AVV_NOTAIO, articolando due motivi.
2.1. Con il primo motivo deduce l’inosservanza della legge penale e il vizio di motivazione, con violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod.proc.pen.
L’ordinanza si fonda su elementi che non hanno rilievo nei confronti del ricorrente, consistendo per lo più in intercettazioni tra terze persone, e mancando del tutto la prova di contatti tra il ricorrente e gli esecutori materiali che egli avrebbe procacciato, dei quali, peraltro, solo uno è stato individuato. Il fatto che sarebbero stati registrati anche contatti diretti tra il presunto mandante degli incendi e uno dei presunti esecutori, rende incomprensibile il ruolo di intermediario attribuito al ricorrente. Alcuni messaggi, poi, sono stati estrapolati tramite il c.d. sistema scrambled, che estrapola solo parti di testo, in ordine casuale, per cui la ricostruzione degli stessi risull:a non condotta
scientificamente. Inoltre non è stato individuato alcun effettivo vantaggio che il ricorrente avrebbe ottenuto dai reati a lui ascritti, essendo stata esclusa la sua partecipazione ad un tentativo di estorsione.
La motivazione, quindi, è solo apparentemente legittima, perché si fonda sull’errata interpretazione degli elementi raccolti, in partic:olare travisando il contenuto di alcune conversazioni tenute da uno dei mandanti parlando con terze persone, in una delle quali il riferimento a tale “NOMENOME NOME stato erroneamente interpretato come diretto al ricorrente, anziché ad uno zio del soggetto intercettato, mentre in un’altra conversazione si rnenziona il NOME, chiamandolo con il suo soprannome, ma senza collegarlo ad alcuna attività criminosa.
2.2. Con il secondo motivo deduce l’inosservanza della legge penale e il vizio di motivazione, con violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod.proc.pen., in relazione alle ritenute esigenze cautelari.
Il Tribunale ha ribadito la sussistenza delle esigenze cautelari di cui all’art. 274, comma 1, lett. c), cod.proc.pen. senza tenere conto dei rilievi difensivi. L’ordinanza non motiva in merito all’affievolimento di tali esigenze in conseguenza della esclusione del pericolo di inquinamento probatorio, circostanza che doveva essere valutata quanto meno al fine di applicare una misura cautelare meno severa. Essa fonda il pericolo di reiterazione dei reati solo sui precedenti penali del ricorrente e non sull’effettivo svolgimento dei fatti, che in realtà dimostrano una scarsa caratura criminale. La misura della custodia in carcere concretamente applicata non rispetta, quindi, il principio di proporzionalità. La motivazione dell’ordinanza, inoltre, è illogica nella parte in cui esclude l’applicabilità degli arresti domiciliari con braccialetto elettronico perché tale misura non sarebbe capace di impedire la commissione di nuovi reati, essendo questa, invece, la sua finalità, dal momento che impedisce la libera circolazione del soggetto che vi è sottoposto. La legge impone l’indicazione di specifiche ragioni per cui tale misura venga ritenuta, in concreto, inidonea, ma questa indicazione è del tutto assente, anche perché l’ordinanza rinvia alla valutazione contenuta nell’ordinanza genetica, e non fornisce una valutazione autonoma, anche in ordine agli elementi esposti dalla difesa.
Il Procuratore generale, nella requisitoria orale, ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato, e deve essere rigettato.
2. Il primo motivo di ricorso, pur essendo dichiaratamente articolato secondo lo schema della violazione di legge, si sostanzia nella descrizione di un vizio motivazionale dell’ordinanza impugnata relativo alla interpretazione e alla valutazione degli elementi indiziari a carico del ricorrente, che sarebbero illogiche per non avere i giudici tenuto conto della irrilevanza di molti indizi in ordine alla responsabilità del ricorrente, e per avere travisato le c:onversazioni a lui asseritannente riferibili. Il motivo, in tal modo, finisce cori il prospettare un censura riferita al criterio di valutazione degli elementi indiziari.
Deve ricordarsi che risale alla sentenza delle Sezioni Unite n. 11 del 23/02/2000, Audino, Rv. 215828, l’insegnamento secondo cui «in tema di misure cautelari personali, allorché sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte suprema spetta il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimit e ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie». L’arresto costituisce, ormai, patrimonio comune della giurisprudenza di legittimità, che lo ha ribadito, fra le molte, con Sez. 2 n. 27866 del 17/06/2019, COGNOME, Rv. 276976 e Sez. 1, n. 30416 del 25/09/2020, in motivazione. Occorre avere riguardo anche alla specificità della valutazione compiuta nella fase cautelare, dovendosi sempre tenere conto della «diversità dell’oggetto della delibazione cautelare, preordinata a un giudizio prognostico in termini di ragionevole e alta probabilità di colpevolezza, rispetto a quella di merito, orientata invece all’acquisizione della certezza processuale in ordine alla colpevolezza dell’imputato» (Sez. 2, n. 11509 del 14/12/2016, dep. 2017, P., Rv. 269683; Sez. 5, n. 50996 del 14/10/2014, S., Rv. 264213, tra le altre conformi). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Inoltre la Corte di cassazione, in particolare nelle sentenze Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, COGNOME, Rv. 280747; Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, 0., Rv. 262965, ha chiarito che «in tema di motivi di ricorso per cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo, sicché sono inammissibili tutte le doglianze che ‘attaccano’ la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta,
così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, del spessore della valenza probatoria del singolo elemento».
L’ordinanza impugnata non presenta i vizi lamentati, anche in ordine alla mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, in quanto valuta in maniera completa, approfondita e logica gli elementi indiziari a carico del ricorrente, che sono costituiti non solo dalle intercettazioni il cui contenuto sarebbe stato travisato, ma anche dal rapporto di conoscenza dimostrato dalla familiarità nell’uso del soprannome del ricorrente, da parte del presunto mandante degli incendi dolosi, e dai molti contatti rinvenuti sulla messaggistica whatsapp dell’utenza intestata a NOME moglie, contatti non giustificati e non spiegabili per motivi diversi dal coinvolgimento in questa vicenda. L’ordinanza ricostruisce, quindi, secondo argomentazioni logiche e basate su elementi oggettivi il ruolo che il ricorrente avrebbe ricoperto nella commissione dei reati ascrittigli, senza evidenziare lacune motivazionali o manifesta illogicità.
Il motivo di ricorso finisce, pertanto, per chiedere a questa Corte una diversa valutazione degli elementi indiziari posti a base del provvedimento di emissione della misura cautelare, ritenuta inammissibile dalla giurisprudenza di legittimità (vedi, tra le molte, Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, Rv. 276976), e deve perciò essere rigettato.
Anche il secondo motivo è infondato, nella parte in cui lamenta la carenza motivazionale dell’ordinanza in merito ai rilievi difensivi, circa l’affievoliment delle esigenze cautelari in conseguenza della esclusione del pericolo di inquinamento probatorio, e circa l’insussistenza del pericolo di recidiva.
Il Tribunale, pur escludendo la sussistenza delle esigenze cautelari di cui all’art. 274, comma 1, lett. a), cod.proc.pen., ha ribadito la sussistenza del pericolo di reiterazione di reati della stessa specie, motivando tale valutazione con la personalità estremamente negativa del ricorrente, dotato di una elevata capacità a delinquere, e sulla gravità dei fatti commessi, ritenendo che la sua intermediazione abbia contribuito alla loro consumazione. La deduzione della concretezza e attualità del pericolo di recidiva dalla rilevante inclinazione a delinquere del ricorrente, ritenuta dimostrativa di un suo perdurante radicamento nell’ambiente criminale, costituisce una motivazione sufficiente e non manifestamente illogica per la formulazione di una prognosi negativa rispetto alla sua capacità di astenersi da ulteriori condotte di reato, prognosi sulla quale non incidono né l’esclusione del pericolo di inquinamento probatorio, né la valutazione di insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in ordine al
delitto di tentata estorsione, stante la conferma di tali indizi in ordine a delit altrettanto gravi, quali un incendio doloso consumato e uno tentato.
La censura in merito alla scelta della misura cautelare, avendo il ricorrente ritenuto eccessiva e non proporzionata la custodia in carcere, ed applicabile invece la misura degli arresti domiciliari, anche con braccialetto elettronico, è priva di attualità, in quanto il suo difensore ha riferito che la misura più grave, confermata dall’ordinanza impugnata, è stata attenuata mediante la concessione degli arresti domiciliari con braccialetto elettronico, misura che risulta effettivamente applicata dal 30/01/2024. Vi è, quindi, una sopravvenuta carenza di interesse in merito alla decisione sul punto della adeguatezza della misura applicata.
4 . Sulla base delle considerazioni sopra esposte, pertanto, il ricorso deve essere rigettato, e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 22 marzo 2024
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Il Consigliere estensore
Il Presidente