Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 21536 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 21536 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CATANIA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 25/10/2022 del TRIB. LIBERTA’ di MESSINA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette/sentite le conclusioni del PG NOME COGNOME
Il Proc. Gen. conclude per il rigetto
udito il difensore
E presente l’avvocato COGNOME del foro di BARCELLONA POZZO DI GOTTO
in difesa di:
COGNOME NOME
il difensore presente si riporta ai motivi di ricorso e ne chiede l’accoglimento
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale del riesame di Messina, con ordinanza emessa il 23 ottobre 2023 e depositata il 5 dicembre 2023, rigettava l’istanza di riesame avanzata da NOME avverso l’ordinanza applicativa della misura della custodia cautelare in carcere del 19 settembre 2023 del Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Messina.
Il giudice del riesame riteneva sussistenti gravi indizi di colpevolezza pendenti sul prevenuto in ordine all’ipotesi di reato di cui agli artt. 74 e 73 , d.P.R. n. 309/199 descritti ai capi 19, 23 e 41 dell’incolpazione provvisoria.
I giudici della cautela ritenevano la sussistenza altresì delle esigenze cautelari per il concreto pericolo di reiterazione delle condotte illecite.
L’indagato, a mezzo del proprio difensore di fiducia, propone ricorso per cassazione.
Con il primo motivo, il ricorrente lamenta, ex art. 606, c. 1, lett. b) e lett. e), cod.proc.pen., violazione di legge e vizio della motivazione in ordine alla sussistenza e dei gravi indizi e delle esigenze cautelari in ordine al reato di cui a capo 19) dell incolpazione provvisoria.
5.1. In relazione ai gravi indizi, sostiene il ricorrente che il Tribunale del riesame no avesse dato risposta alle doglianze mosse al provvedimento del GIP, basate sostanzialmente su due intercettazioni. Sul punto, i giudici di merito avevano fornito una spiegazione illogica al chiaro significato delle conversazioni (progr. 781) in cui si faceva riferimento alla somma di 50 euro che il ricorrente avrebbe dovuto consegnare al COGNOME, asserito capo del sodalizio, per un residuo debito chiaramente ricollegabile a consumo personale. La affermazione secondo cui il ricorrente era inserito nel commercio degli stupefacenti collideva con l’oggettivo significato di altro materiale intercettivo da cui emergeva che il COGNOME non conosceva il COGNOME. Inoltre, il Tribunale aveva basato il proprio convincimento su un dato processuale in netto contrasto con quanto affermato, ossia il contenuto di una conversazione nella quale il COGNOME era stato individuato erroneamente come il cliente abituale che doveva provvedere alla attività di spaccio per loro conto, dato smentito invece nell’ordinanza del GIP.
6, Con il secondo motivo il ricorrente lamenta, ex art. 606, c. 1, lett. b) e lett. e), cod.proc.pen., violazione di legge e vizio della motivazione in ordine alla sussistenza e dei gravi indizi e delle esigenze cautelari in ordine al reato di cui a capo 23) della incolpazione provvisoria. Il Tribunale, pur riconoscendo l’erronea attribuzione al
NOME di una frase effettivamente indiziante riferita invece al coindagato COGNOME, aveva confermato il provvedimento del GIP. Sul punto, il Tribunale era incorso in un vero e proprio travisamento probatorio.
Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta, ex art. 606, c. 1, lett. b) e lett. e), cod.proc.pen., violazione di legge e vizio della motivazione in ordine alla sussistenza e dei gravi indizi e delle esigenze cautelari in ordine al reato di cui a capo 41) dell incolpazione provvisoria.
7.1. Il Tribunale non si era confrontato con i motivi della difesa, in particolare ordine alla totale assenza di indizi in ordine all’asserito ruolo di” staffetta” del COGNOME non emergente da alcun elemento probatorio. L’ordinanza non aveva indicato reali elementi da cui dovesse desumersi la partecipazione del NOME al reato associativo, stante la assenza di contatti del predetto con i membri COGNOME, COGNOME, COGNOME e con il capo COGNOME; l’unico contatto era quello con il COGNOME, non vi era l’utilizzo di alcun mezzo riferibile alla associazione, in particolare il sistema per l comunicazioni criptate. Vi era una assoluta carenza degli elementi oggettivi e soggettivi per concludere nel senso della gravità indiziaria del reato associativo a carico del COGNOME.
Con il quarto motivo, lamenta, ex art. 606, c. 1, lett. b) e lett. e), cod.proc.pen., violazione di legge e vizio della motivazione in ordine alla mancata indicazione degli elementi probatori che non avrebbero consentito di inquadrare le condotte contestate nella più lieve fattispecie di cui all’art. 73, comma V, e 74, comma 6, DPR 309/1990.
Con i quinto motivo, in relazione alle esigenze cautelari, il ricorrente deduce la mancanza assoluta di motivazione in ordine alla misura cautelare applicata. L’ordinanza genetica aveva argomentato sulle esigenze cautelari senza operare alcuna distinzione tra le diverse posizioni degli asseriti membri del sodalizio, violando l’art. 292 cod proc pen.II Tribunale del riesame non aveva, dul punto, fornito argomentazioni idonee a superare le deduzioni difensive sul punto, mancando del tutto una differenziazione della posizione del COGNOME, nonostante il ruolo, palesemente marginale, nella vicenda oggetto del procedimento. Ancora, mancava del tutto la motivazione circa la attualità delle esigenze cautelari, il pericolo di reiterazione dell condotta, la proporzionalità della misura applicata, affidata a mere clausole di stile.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato, e pertanto deve essere rigettato.
Giova premettere che il controllo di legittimità relativo ai provvedimenti de libertate, secondo giurisprudenza consolidata, è circoscritto all’esame del contenuto
dell’atto impugnato per verificare, da un lato, le ragioni giuridiche che lo hanno determinato e, dall’altro, la assenza di illogicità evidenti, ossia la congruità del argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento (v., tra le tante, Sez. 2, n. 56 del 7 dicembre 2011, COGNOME, Rv. 251760; Sez. 6, n. 2146 del 25 maggio 1995, COGNOME ed altro, Rv. 201840). In tema di misure cautelari personali, il ricorso per cassazione che deduca insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, o assenza delle esigenze cautelari, può essere accolto solo se denuncia la violazione di specifiche norme di legge o la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento, ma non anche quando propone censure che riguardano la ricostruzione dei fatti, o che si risolvono in una diversa valutazione degli elementi esaminati dal giudice di merito (Sez. 2, n. 31553 del 17 maggio 2017, Paviglianiti, Rv. 270628; Sez. Un., n. 11 del 22 marzo 2000, Audino, Rv. 215828).
Quanto alle censure avanzate dal ricorrente rispetto alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, è pacifico che, in tema di misure cautelari personali, allorché sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte suprema spetta solo il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, se giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato e di controllare la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie (Sez. 4, n. 26992 del 29 maggio 2013, P.M. in proc. Tìana, Rv. 255460; Sez. 4, n. 18795 del 2 marzo 2017, COGNOME, Rv. 269884). Va poi ricordato chel’interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudic di merito, la quale, se risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimità (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715; Sez. 2, n. 50701 del 04/10/2016, COGNOME, Rv. 268389).
3.1. Tanto premesso, l’ordinanza impugnata appare motivata in maniera coerente e logica in relazione alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, anche in riferimento al reato associativo e alla esclusione, alla luce del quadro indiziario, di una configurabilità della ipotesi lieve.
Invero, quanto ai reati – fine, le doglianze si risolvono in una rilettura del significa delle conversazioni intercettate, che invece è stato congruamente e logicamente illustrato dal Tribunale del Riesame, anche attraverso il preciso richiamo al contesto in cui le conversazioni si erano svolte ( quanto al capo 19, contestazione riguardante
la vendita di singole partite di stupefacenti nel periodo anteriore al marzo 22), e cioè l’arresto della COGNOME, con conseguente sequestro dello stupefacente e la conseguente necessità per il COGNOME, capo del sodalizio, di recuperare i proventi mancanti con i quali pagare il fornitore calabrese; in tale quadro, il Tribunale evidenzia che il COGNOME si rivolge al COGNOME parlando dei soldi che doveva recapitare al COGNOME ( se ne voleva di più doveva aspettare, ora li accumuliamo e li porto); del fatto che la frase” gli devi dare solo 50 euro” rivolta al COGNOME non può che essere riferita, in quel preciso contesto, al medesimo oggetto ( ossia il recupero crediti i favore del COGNOME); il Tribunale completa altresì la descrizione del contesto complessivo di svolgimento dei fatti riportando altra conversazione intercorsa tra i ricorrente e il COGNOME, riferita all’acquisto di droga (“poi 500 compriamo un’altra”), al prelievo di droga da un luogo conosciuto dai due ; e tra COGNOME e COGNOME, riferita al COGNOME , di contenuto inequivocabile, dal quale emergeva come il COGNOME stesse stringendo accordi per rifornirsi stabilmente da loro, portandogli i soldi” ogni sabato”. Nessuna illogicità si coglie, dunque, nella lettura operata dai giudici di merito del materiale indiziario ed intercettivo, adeguatamente ed approfonditamente vagliato. Stesse considerazioni si impongono con riferimento alla gravità indiziaria relativa al capo 23 dell’incolpazione. Il Tribunale motiva esaustivamente sulla irrilevanza della frase erroneamente attribuita all’indagato rispetto a tutto il tenor degli elementi acquisiti, di cui non vi è cenno nei motivi di ricorso, in particola all’esplicito contenuto dei dialoghi captati, in cui si fa espresso riferimento a recapi di droga e alla consegna dei proventi (pag. 10 e seg. dell’ordinanza). I giudici di merito riportano significativamente la conversazione intercettata nei confronti del COGNOME, altro membro della associazione, in cui questi si rivolgeva ai clienti dirottandoli al COGNOME; a pag. 12 sono riportate plurime conversazioni tra COGNOME e COGNOME, pienamente indicative di una stabile attività di cessione di stupefacenti . A fronte dei dati esaustivamente riportati nella impugnata ordinanza il ricorrente oppone elementi del tutto parcellizzati ed avulsi dal compendio indiziario che, invece, i giudici di meriit considerano compiutamente nella loro valenza complessiva traendone logiche conclusioni. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Meesime considerazioni valgono per il reato associativo. In primis va ricordato l’elemento aggiuntivo e distintivo del delitto di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309 del 199 va individuato nel carattere dell’accordo criminoso, contemplante la commissione di una serie non preventivamente determinata di delitti, con permanenza del vincolo associativo tra i partecipanti, i quali, anche al di fuori dei singoli reati programmat assicurino la propria disponibilità duratura ed indefinita nel tempo al perseguimento del programma criminoso del sodalizio (Sez. 4, n. 51716 del 16 ottobre 2013, NOME ed NOME, Rv. 257906; Sez. 4, n. 36341 del 15 maggio 2014, COGNOME ed NOME, Rv.
260268). Orbene, l’ordinanza impugnata dà ampio conto della stabilità del rapporto del COGNOME, riportando ( pag. 12 dell’ordinanza) tutti i contatti intercorsi nel mese d aprile 2022 che evidenziano il ruolo del COGNOME nella vendita delle partite di droga che arrivavano dalla Calabria; l’indicazione del sodale COGNOME ai clienti ” vai da NOME COGNOME e digli che hai parlato con me”; i messaggi del COGNOME al COGNOME del maggio 2022, a seguito dell’arrivo di una nuova partita di droga ” finalmente iniziamo la lavorare, è arrivata l’insalata”; i commenti intercorsi con il COGNOME COGNOME ordine all’arresto della COGNOME ( pag. 13 dell’ordinanza), dai quali il Tribunale trae la logic conclusione della perfetta conoscenza, da parte del COGNOME, delle modalità in cui operava il gruppo, con esplicito riferimento ai messaggi criptati.
Né il complessivo volume di affari del gruppo, compiutamente descritto alle pag.7 e 8 dell’ordinanza, consente, ai fini che qui interessano, di formulare ipotesi alternative di qualificazione dei fatti come di lieve entità.
4. Passando alle esigenze cautelari, la motivazione del giudice del riesame resiste alle prospettate censure. Con particolare riferimento alla adombrata violazione dell’art. 292 cod. proc. pen. il Tribunale, facendo corretta applicazione dei principi affermati alla giurisprudenza di legittimità, sottolinea la genericità della censura proposta avverso il provvedimento del GIP. Invero, qualora la nullità dell’ordinanza cautelare per omessa autonoma valutazione, da parte del giudice per le indagini preliminari, dei requisiti previsti dall’art. 292 cod. proc. pen. sia solo genericamente eccepita – in quanto carente di indicazioni relative ai passi dell’ordinanza che richiamano o ricalcano la richiesta cautelare o alle ragioni per cui la dedotta omissione avrebbe impedito apprezzamenti di segno contrario tali da condurre a conclusioni diverse – il tribunale del riesame, nel rigettare tale eccezione, non è tenuto a fornire una motivazione più articolata e ad indicare specificamente le pagine ed i passaggi del provvedimento impugnato in cui rinvenire detta autonoma valutazione (Sez. 2 – n. 42333 del 12/09/2019, Devona, Rv. 278001 – 01). In ogni caso, correttamente i giudici di merito sottolineano come siano stati esaminati compiutamente i singoli episodi contestati al COGNOME. Va in proposito ricordato che, per reati specificatamente indicati (tra i quali l’art. 74 d.P.R. 309/1990, contesto al ricorrente al capo R) l’art. 275 comma 3 c.p.p., nella formulazione vigente, prevede un regime di presunzioni sia con riferimento alla presenza delle esigenze cautelari che con riferimento all’adeguatezza della misura da adottare, che limita la discrezionalità del giudice nella scelta della materia. In NOME termini, se sussiston gravi indizi di colpevolezza in relazione alla partecipazione ad un contesto associativo ex art. 74 citato, è applicata la custodia cautelare in carcere, salvo che siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari o che, in relazione al caso concreto, le esigenze cautelari possono essere soddisfatte con altre misure.
•
Pertanto, è ammessa la prova contraria con riferimento sia alla presenza d esigenze cautelari che con riferimento alla idoneità della sola custodia a garantirle.
4.1. Ciò chiarito, il Tribunale del riesame condivide e ripresenta le argomentazioni svolte dal GIP in sede di ordinanza applicativa, ravvisando con certezza le esigenze di prevenzione, in relazione alle specifiche modalità e circostanze dei fatti in esame, in particolare l’incessante dedizione alla attività di spaccio anche dopo l’arresto della COGNOME, i contatti con una rete di clienti abituali, la conoscenza delle modalità di azione del sodalizio criminoso. La gravità del reato contestato è dunque accompagnata da modalità e circostanze oggettive allarmanti, di per sé indicative di un concreto pericolo di reiterazione delle condotte illecite, a nulla rilevando l’incensuratezza del prevenuto, del tutto inidonea a superare la presunzione cui si è fatto riferimento.
Si impone pertanto il rigetto del ricorso, cui segue per legge la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 c. 1 -ter, disp. att. cod.proc.pen.
Così deciso in Roma, il 19 marzo 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente