Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 34245 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5   Num. 34245  Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 29/09/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a Palermo il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 01/03/2025 del Tribunale del Riesame di Palermo udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; letta la requisitoria con la quale il Sostituto Procuratore Generale, NOME COGNOME, ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso; letta la memoria conclusiva del difensore dell’imputato, AVV_NOTAIO, che ha insistito per l’accoglimento del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale del Riesame di Palermo confermava l’ordinanza con la quale il Giudice per le indagini preliminari di Palermo aveva disposto la misura cautelare personale della custodia cautelare in carcere del ricorrente per la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza per il reato di cui all’art. 74 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 di cui al capo 3 dell’imputazione provvisoria, nonché per una serie di reati -fine (contestati ai capi 4), 5), 8), 9), 10), 11), 13), 15) e 17)) ricondotti sotto l’egida dell’ art. 73 dello stesso decreto.
In particolare, nel capo 3) dell’editto accusatorio provvisorio , si contesta allo COGNOME  il  ruolo  di  partecipe  nell’associazione  finalizzata  al  traffico  di  sostanze stupefacenti capeggiata da NOME COGNOME e NOME COGNOME, ruolo che si  sarebbe  sostanziato  nell’occuparsi  stabilmente  delle  forniture  di  cocaina destinate  ai  soggetti  preposti, nell’organizzazione crimonosa,  alla  vendita  al
dettaglio su piazza (come lo COGNOME) o allo svolgimento diretto dell’attività di pusher (come il RAGIONE_SOCIALE).
Avverso il richiamato provvedimento del Tribunale del Riesame ha proposto ricorso per cassazione l’indagato a mezzo dei propri difensori di fiducia, affidandosi a  tre  motivi  di  impugnazione,  di  seguito  ripercorsi  entro  i  limiti  strettamente necessari per la decisione.
2.1. Con il primo, denuncia violazione di legge e assenza di motivazione in relazione alla sussistenza delle esigenze cautelari.
Al riguardo premette che la richiesta della misura custodiale da parte del Pubblico Ministero, accolta dal Giudice per le indagini preliminari con l’ordinanza genetica, si fondava sugli stessi elementi del provvedimento di fermo e, dunque, sul pericolo di inquinamento probatorio e di reiterazione del reato correlati alla presunta appartenenza degli indagati all’associazione mafiosa ‘RAGIONE_SOCIALE‘ , appartenenza che, tuttavia, non era neppure stata contestata ad esso ricorrente. Di qui lamenta che il pericolo di reiterazione del reato sarebbe stato individuato, rispetto alla propria posizione, in base alla mera asserzione per la quale l’attività delinquenziale sarebbe stata posta in essere in un contesto di ‘interazioni tipicamente mafiose’.
In sostanza, la valutazione non si sarebbe fondata, ciò che sarebbe stato tanto più necessario considerato il lasso temporale trascorso dal momento nel quale i fatti si erano verificati, su specifici elementi concreti, né sarebbe stata oggetto del necessario e personalizzato vaglio circa la sussistenza delle esigenze cautelari la circostanza che gli non aveva alcun precedente per la commissione di delitti in materia di sostanze stupefacenti.
2.2. Mediante il secondo motivo lo COGNOME denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in relazione ai gravi indizi di colpevolezza del reato associativo.
Premesso di aver depositato una corposa memoria che non sarebbe stata oggetto di valutazione da parte del Tribunale del Riesame, il ricorrente deduce che non potrebbe ritenersi la sua partecipazione all’associazione, stante l’assenza di contatti con i capi della stessa e il mancato riferimento alla sua persona nelle conversazioni captate tra questi, l ‘ assenza di contatti con il principale fornitore di stupefacente dell’organizzazione (tale Cosenza), nonché con altri soggetti, ovvero quanti erano indicati come dediti stabilmente all’acquisto delle sostanze, il cassiere del sodalizio e i pusher alle dipendenze di NOME COGNOME.
Assume che, in realtà, la sua attività si sarebbe limitata a sporadici contatti con lo COGNOME e il RAGIONE_SOCIALE nonché alla fornitura occasionale solo al primo di limitati quantitativi di sostanza stupefacente, senza alcun rapporto stabile con l’organizzazione criminale.
Sicché  i  gravi  indizi  di  colpevolezza  del  delitto  contestato  non  potrebbero ‘ridursi’  alle  circostanze  evidenziate  dal  Tribunale  del  Riesame,  ossia  l’aver informato NOME COGNOME di quanto avrebbe pagato i ‘picciotti’ e i conteggi delle forniture effettuate con lo stesso.
2.3. Con il terzo motivo, il ricorrente denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in relazione ai gravi indizi di colpevolezza rispetto ai reati fine.
Premesso che, come riconosciuto dalla stessa ordinanza del Tribunale del Riesame, il capo 13) e il capo 16) dell’imputazione provvisoria erano stati duplicati, afferendo al medesimo episodio, lamenta – su un piano più generale -che non è stata effettuata né nel provvedimento genetico, né in quello impugNOME, alcuna rivisitazione critica dei fatti per come rappresentati dalla Procura nel provvedimento di fermo e che è stata obliterata qualsivoglia valutazione delle osservazioni formulate dalla difesa dinanzi al Tribunale del Riesame.
Più in particolare deduce:
quanto al capo 4), che è stato travisato il contenuto delle intercettazioni riportate all’allegato 154 dell’informativa di polizia giudiziaria, ricostruendone il contenuto con stralci tratti da plurime conversazioni avvenute in tempi diversi. Di qui i gravi indizi di colpevolezza sono stati desunti dalle richieste di COGNOME di soddisfare un cliente a credito, rispetto alle quali egli avrebbe risposto ‘va bene, dai, ti sto facendo il pieno’, mentre, in realtà, alla relativa richiesta egli aveva risposto ‘no NOME, già ci sono problemi, no, no’ senza che nel corso della stessa giornata del 21 dicembre 2022 risultasse alcun servizio di osservazione da cui poter affermare che fosse stata consegnata la relativa sostanza stupefacente;
rispetto al capo 5), che non risulta agli atti alcun diretto contatto tra lui e il COGNOME  per  la  fornitura  di  sostanze  stupefacenti  il  10  febbraio  2022,  essendo risultato solo un contatto, quel giorno, tra COGNOME e COGNOME;
quanto al  capo  8),  che  non  è  stata  documentata  la  consegna  di  sostanza stupefacente da parte  sua al RAGIONE_SOCIALE, bensì solo un incontro nell’abitazione di quest’ultimo;
rispetto al capo 9), che si tratterebbe di una fornitura occasionale di cinquanta grammi di cocaina allo COGNOME, inidonea a dimostrare il suo inserimento nel sodalizio criminale;
in ordine al capo 10), che l’attività di osservazione della polizia giudiziaria non ha consentito di affermare che ha preso parte alla presunta consegna del 14 marzo 2022, poiché nella stessa informativa non sono identificati i soggetti presenti sulla vettura  Smart,  in  uso  ad  esso  ricorrente  e  al  COGNOME,  che  ha  effettuato  la consegna presso il RAGIONE_SOCIALE;
con  riferimento  al  capo  11),  che l’attività  di  osservazione  della  polizia giudiziaria non ha consentito di ritenere che aveva preso parte alla consegna del
15 marzo 2022 presso lo stesso COGNOME, avendo anzi il COGNOME affermato in una conversazione del 18 marzo 2022 con lo COGNOME e lo COGNOME di essere andato lui poco prima dell’arresto del COGNOME quel giorno presso lo stesso;
quanto al capo 13), duplicato al capo 16), che non vi è stata alcuna cessione di  sostanza stupefacente ma una conversazione con COGNOME e COGNOME sui conti relativi a precedenti forniture;
rispetto  al  capo  15),  che  manca  qualsivoglia  prova  che  esso  ricorrente  e COGNOME abbiano consegNOME sostanza stupefacente al RAGIONE_SOCIALE il 29 marzo 2022, e  che  tale  circostanza  è  stata  desunta  solo  per  il  sopraggiungere  della  vettura Smart loro in uso presso l’abitazione del predetto in assenza di intese telefoniche precedenti con RAGIONE_SOCIALE o COGNOME;
in ordine al capo 17), che non vi è prova della riconducibilità a lui di circa 157 grammi di cocaina rinvenuti dalla polizia giudiziaria, essendo anzi detta circostanza esclusa nell’allegato 188 all’informativa del 27 maggio 2024 laddove, se è vero che egli lamenta di aver perso 6.000 euro, tale dato è da ricondurre al fatto di non aver potuto concludere l’acquisto di una vettura con ‘NOME‘, non identificabile come assunto nell’ipotesi investigativa a sostanza stupefacente e a NOME COGNOME, partecipe dell’associazione di cui al capo 3). 
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Il primo motivo non è fondato, per quanto di seguito esposto.
Occorre premettere che, come più volte affermato nella giurisprudenza di questa Corte, il requisito dell’attualità del pericolo previsto dall’art. 274, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. non è equiparabile all’imminenza di specifiche opportunità di ricaduta nel delitto e richiede, invece, da parte del giudice della cautela, una valutazione prognostica sulla possibilità di condotte reiterative, alla stregua di un’analisi accurata della fattispecie concreta, che tenga conto delle modalità realizzative della condotta, della personalità del soggetto e del contesto socio-ambientale, la quale deve essere tanto più approfondita quanto maggiore sia la distanza temporale dai fatti, ma non anche la previsione di specifiche occasioni di recidivanza (v., ex ceteris , Sez. 5, n. 22344 del 05/03/2025, COGNOME, Rv. 288197; Sez. 1, n. 14840 del 22/01/2020, COGNOME, Rv. 279122). Ne deriva che l’attualità e la concretezza delle esigenze cautelari non deve essere concettualmente confusa con l’attualità e la concretezza delle condotte criminose, sicché il pericolo di reiterazione di cui all’art. 274, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. può essere legittimamente desunto dalle modalità delle condotte contestate, anche se risalenti nel tempo (tra le altre, Sez. 2, n. 38299 del 13/06/2023, Mati, Rv. 285217).
Il provvedimento impugNOME, tenendo conto dei superiori principi, ha adeguatamente argomentato (pag. 14-15), in ordine agli specifici elementi che consentono di ritenere sussistente, nonostante fossero trascorsi quasi tre anni dai fatti al momento dell’applicazione della misura, il pericolo di reiterazione delle condotte criminose in capo allo COGNOME, desumendolo dalle modalità della condotta, commessa in modo disinvolto e spregiudicato, con determinazione e connotazioni di tipo professionale e dai precedenti penali che, pur non specifici, illuminano la non occasionalità delle sue azioni delittuose.
La stessa ordinanza del Tribunale del Riesame ha inoltre motivato congruamente circa l’inidoneità di misure meno afflittive a soddisfare le predette esigenze  cautelari,  osservando  che  pure  la  misura  degli  arresti  domiciliari  con braccialetto elettronico non sarebbe stata idonea a prevenire la violazione delle prescrizioni di non comunicare con soggetti non conviventi, prescrizioni necessarie considerato il quadro complessivo nel quale si colloca la condotta criminosa.
E,  proprio  in  virtù  di  tale  generale  ed  allarmante  contesto,  con  lineare incedere, il provvedimento impugNOME ha sottolineato che la formazione di una famiglia e lo svolgimento attuale di un’attività lavorativa da parte del ricorrente non consentono di evitare la misura.
2. Il secondo motivo non è fondato.
L’ordinanza impugnata ha compiutamente indicato, infatti, in forza delle emergenze istruttorie, gli elementi dai quali ha desunto la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza in capo allo COGNOME per il reato associativo contestato di partecipe all’associazione ex art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990, capeggiata dal COGNOME e dal COGNOME nel paesino di Carini, con il ruolo, svolto stabilmente insieme al COGNOME, di fornitore di sostanze stupefacenti allo COGNOME, affinché le commerciasse sulle piazze di spaccio, ed al RAGIONE_SOCIALE, pusher ‘diretto’ dell’organizzazione.
Rispetto  al  puntuale  ruolo  delineato,  non  assumono  rilevanza  precipua  le doglianze difensive, quali, in primis , la circostanza che non risultano contatti diretti del ricorrente con i vertici della compagine associativa ma soltanto, oltre che con il COGNOME, con lo COGNOME e il COGNOME.
Invero,  va  ribadito  che  per  la  configurabilità  dell’associazione  dedita  al narcotraffico non è richiesta la conoscenza reciproca fra tutti gli associati, essendo sufficiente la consapevolezza e la volontà di partecipare, assieme ad almeno altre due persone aventi la stessa consapevolezza e volontà, ad una società criminosa strutturata e finalizzata secondo lo schema legale (Sez. 5, Sentenza n. 2910 del
04/12/2024, dep. 2025, Arapi, Rv. 287482; Sez. 6, n. 11733 del 16/02/2012, Abboubi e altri, Rv. 252232).
Questa consapevolezza è evidente, a differenza di quanto assume la difesa del ricorrente, come valorizzato dal provvedimento censurato, dalla conversazione con lo COGNOME dove si fa espresso riferimento alla retribuzione percepita dai soggetti che presidiano le piazze di spaccio e ai proventi dell’associazione.
D’altra parte, considerato lo specifico ruolo rivestito, secondo la prospettazione  accusatoria  provvisoria,  dal  ricorrente  nell’associazione, attesa l’organizzazione  gerarchica  della  stessa,  non  era  assolutamente  necessario  (né conforme alla prassi operativa di questo tipo di associazioni), che lo COGNOME avesse contatti con i vertici.
Né, per altro verso, rileva il limitato periodo di osservazione, stante le plurime condotte poste in essere, atteso che, come del pari chiarito nella giurisprudenza di questa Corte, ai fini dell’integrazione della condotta di partecipazione ad associazione finalizzata al traffico di stupefacenti di cui all’art. 74 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, è sufficiente anche l’adesione e l’apporto di un contributo per una fase temporalmente limitata (tra le altre, Sez. 3, n. 27910 del 27/03/2019, COGNOME, Rv. 276677 ) e ciò vieppiù in un’ipotesi come quella in esame nella quale sono stati evidenziati una serie di elementi convergenti verso un concreto e identificato contributo causale dell’indagato al raggiungimento degli obiettivi dell’associazione ( Sez. 3, n. 38009 del 10/05/2019, Assisi, Rv. 278166 -09). Contributo consistito, invero, nella fornitura di sostanze stupefacenti allo COGNOME e al COGNOME, fornitura che, alla luce dei plurimi episodi contestati, suffragati a propria volta da concreti elementi istruttori, è stato congruamente argomento, in punto di gravi indizi di colpevolezza, avveniva stabilmente.
3 .  Il  terzo  motivo,  ai  limiti  dell’inammissibilità,  non  può  anch’esso  trovare accoglimento, per le ragioni di seguito indicate.
La  decisione  impugnata,  riportandosi  anche  all’ordinanza  applicativa  della misura, ha invero argomentato congruamente la sussistenza in capo al ricorrente di gravi indizi di colpevolezza anche per i delitti ex art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1973,  per  come  ritratti sia  dall’attività  di  intercettazione  che  dall’osservazione diretta da parte della polizia giudiziaria.
Con  riguardo  alla  portata  delle  conversazioni  captate,  vale  ribadire  che l’interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimità (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715 -01).
N ella  fattispecie  in  esame,  attraverso  un’atomizzazione  degli  indizi  riferita peraltro ai singoli capi di imputazione provvisoria, la difesa dello COGNOME cerca di sterilizzare  il  ragionamento  svolto  per  contro  correttamente  dal  Tribunale  del Riesame attraverso un vaglio non parcellizzato degli elementi a disposizione, con una motivazione scevra da vizi logici.
Emblematico, a riguardo, è il ragionamento compiuto dai giudici di merito per attribuire al ricorrente i 157 grammi di cocaina: ciò è avvenuto mediante un percorso argomentativo assolutamente congruo nel quale si è osservato che tale ingente quantitativo di sostanza stupefacente è stato trovato, in luoghi prossimi a dove si sono verificati i fatti, dopo l’inseguimento della vettura intestata alla compagna del ricorrente, che non si era fermata ad un posto di blocco. Come evidenziato dal Tribunale del Riesame, dalle risultanze investigative si è desunto che uno dei passeggeri era lo COGNOME, in quanto era stata captata una conversazione nella quale istruiva la compagna di riferire di non avere notizie della sua auto e che avevano interrotto la loro relazione, spiegandole che era nascosto perché lo stavano inseguendo. Del pari, è stato in modo logico valorizzato il compendio intercettativo dal quale risulta che sia l’indagato che il COGNOME lamentavano di aver perso un’ingente somma, riferita dal COGNOME proprio al problema dell’inseguimento da parte delle forze dell’ordine.
Sicché, anche a prescindere dal mancato confronto operato nel motivo con le argomentazioni complessive del Tribunale del Riesame, quello che lo COGNOME cerca di ottenere è una rinnovata valutazione dei gravi indizi a proprio carico oggetto, tuttavia, di congrua valutazione da parte del provvedimento impugNOME nell’ambito di un vaglio complessivo dei gravi indizi a carico.
Trascura allora di considerare che, come da lungo tempo affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte, ciò esula dal sindacato di legittimità atteso che, in tema di misure cautelari personali, allorché sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte suprema spetta il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie (Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, Audino, Rv. 215828).
 Il  ricorso  deve  dunque  essere  rigettato  e  il  ricorrente  condanNOME  al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali; Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così è deciso, 29/09/2025
Il AVV_NOTAIO estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME