Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 1905 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 1905 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 15/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di NOME, nata in Georgia il DATA_NASCITA, contro l’ordinanza del Tribunale di Salerno del 14.9.2023;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME:a;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore Generale NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 14.9.2023 il Tribunale di Salerno, in parziale accoglimento dell’istanza di riesame proposta nell’interesse di NOME, ha sostituito, con quella degli arresti donniciliari, la misura della custodia cautelare in carcere che era stata adottata in data 31.8.2023 dal GIP avendo ravvisato, a suo carico, gravi indizi di colpevolezza in ordine al delitto di associazione a delinquere finalizzata alla commissione di una serie indeterminata di delitti contro il patrimonio e, in particolare, di furti in abitazione e di ricettazione in concorso; i GIP aveva anche ravvisato la esistenza di esigenze cautela ri non altrimenti fronteggiabili;
ricorre per cassazione NOME NOME tramite il difensore deducendo:
2.1 mancanza e/o manifesta illogicità della motivazione in ordine ai gravi indizi di colpevolezza che il Tribunale avrebbe illogicamente giudicato sussistenti con riguardo ad entrambe le ipotesi di reato oggetto della provvisoria contestazione nonostante fosse stato chiarito, nel corso dell’udienza di riesame, che la ricorrente si era recata presso la Agenzia di RAGIONE_SOCIALE una sola volta ed in epoca antecedente i furti in vista dei quali sarebbe stata costituita la associazione a delinquere contestata al capo 1); aggiunge che la diagnosi di gravità indiziaria è stata illogicamente fondata su una sola telefonata tra la ricorrente ed il di lei figli avente ad oggetto l’orario di apertura dell’Agenzia;
2.2 mancanza, contraddittorietà e/o manifesta illogicità della motivazione in ordine alla sussistenza RAGIONE_SOCIALE esigenze cautelari: rileva che la misura cautelare avrebbe potuto giustificarsi nella immediatezza dei fatti ma non già a distanza di tempo a fronte di una condotta unica e puntuale;
2.3 mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in odine alla scelta della misura cautelare atteso che, in ogni caso, la vicenda avrebbe potuto giustificare la misura dell’obbligo di dimora in Salerno;
la Procura Generale ha trasmesso la requisitoria scritta ai sensi dell’art. 23, comma 8, del DL 137 del 2020 concludendo per la inammissibilità del ricorso: segnala, infatti, che il ricorso è articolato in termini non consentiti sia per quanto concerne il profilo della gravità indiziaria, proponendo una serie di censure che attengono alla ricostruzione del fatto ed all’apprezzamento degli elementi acquisiti sia, anche, quanto alla valutazione RAGIONE_SOCIALE esigenze cautelari, la cui puntuale ed accurata considerazione ha portato il Tribunale a sostituire la misura della custodia in carcere con quella degli arresti domiciliari;
la difesa della RAGIONE_SOCIALE ha trasmesso RAGIONE_SOCIALE note in replica alle considerazioni svolte dalla Procura Generale: osserva, in particolare, che i fatti di ricettazione erano avvenuti in Battipaglia mentre quelli riconducibili al sodalizio si
erano consumati in Salerno nella abitazione del figlio della ricorrente con cui costei coabita; sottolinea ancora che il Tribunale ha insistito sulle precarie condizioni economiche della donna al fine di sottolineare la attualità del pericolo di reiterazione di reati che, tuttavia, quanto a quello associativo, sarebbe stato consumato in luoghi, tempi e modalità imprecisate e, quello di cui al capo b), in quel di Battipaglia, RAGIONE_SOCIALE diverso da quello di residenza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché articolato su censure manifestamente infondate ovvero non consentite in questa sede.
1.1 Non è inutile, infatti, ribadire quali siano i limiti alla sindacabilità, questa sede, dei provvedimenti adottati dal Tribunale del Riesame sulla libertà personale; è infatti consolidato il principio, condiviso dal Collegio, secondo cui, in tema di misure cautelari personali, allorché sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal Tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza e RAGIONE_SOCIALE esigenze cautelari, alla Corte spetta il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto RAGIONE_SOCIALE ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario e della permanenza RAGIONE_SOCIALE esigenze cautelari a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento RAGIONE_SOCIALE risultanze probatorie.
Il ricorso è perciò ammissibile soltanto se con esso venga denunciata la violazione di specifiche norme di legge, ovvero si deduca la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento, secondo i canoni della logica ed i principi di diritto, e non si ci limiti a propone e sviluppare censure che attengono alla ricostruzione dei fatti, ovvero che si risolvono in una diversa valutazione RAGIONE_SOCIALE circostanze esaminate dal giudice di merito (cfr., Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, Paviglianiti, Rv. 270628; Sez. 6, n. 11194 del 08/03/2012, Lupo, Rv. 252178; Sez. 4, n. 18795 del 02/03/2017, COGNOME, Rv. 269884).
La censura con cui si denunci il vizio di motivazione in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, in altri termini, consente al giudice di legittimità di vagliare la adeguatezza RAGIONE_SOCIALE ragioni addotte rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento RAGIONE_SOCIALE risultanze probatorie non potendo prendere in esame quei rilievi che, pur investendo formalmente la motivazione del provvedimento impugnato, si risolvono nella
prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito (cfr., Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, COGNOME, Rv. 276976; Sez. 3, Sentenza n. 40873 del 21/10/2010, COGNOME, Rv. 248698; Sez. 4, n. 26992 del 29/05/2013, COGNOME, Rv. 255460; Sez. F, n. 47748 del 11/08/2014, COGNOME, Rv. 261400).
1.2 Tanto premesso, rileva il collegio che, dalla lettura del provvedimento impugnato, risulta che la ricorrente era stata attinta dalla misura cautelare della custodia in carcere perché raggiunta da gravi indizi di colpevolezza quanto al delitto di associazione a delinquere finalizzata alla commissione di furti in abitazione e ricettazione.
L’indagine era scaturita da un controllo operato in data 30.12.2022 da personale della Polizia RAGIONE_SOCIALE di Salerno su un veicolo a bordo del quale viaggiavano tre georgiani gravati da precedenti penali anche per reati contro il patrimonio; tra costoro era stato identificato NOME COGNOME, figlio convivente dell’odierna ricorrente, presso la cui abitazione alloggiavano anche gli altri due connazionali.
L’episodico controllo aveva portato ad avviare una indagine sui tre che aveva condotto, in primo luogo, a rilevare la disponibilità, da parte loro, di telefoni cellulari di ultima generazione e, per altro verso, ad identificarli come i responsabili del furto del 23.12.2022 in danno dei coniugi COGNOME e COGNOME (essendo stato uno dei tre immortalato dalle videocamere di sorveglianza) e del furto commesso in data 16.2.2023 presso la abitazione di tale NOME COGNOME (anche in tal caso, infatti, le immagini del circuito di videosorveglianza avevano consentito di identificare come autori gli altri due).
La attività di intercettazione, in particolare nei confronti di NOME COGNOME, aveva fatto emergere la figura della odierna ricorrente che, in data 4.4.2023, era stata contattata dal figlio il quale le aveva chiesto se la RAGIONE_SOCIALE dei pegni fosse ancora aperta; alla risposta affermativa della donna era seguita la chiamata del NOME alla moglie che aveva incaricato di recarsi all’RAGIONE_SOCIALE per consegnare l’oro, compito che costei aveva puntualmente adempiuto, come appurato dalla visione RAGIONE_SOCIALE immagini tratte dalle videocamere di sorveglianza dell’RAGIONE_SOCIALE Battipaglia.
Successivi accertamenti avevano inoltre consentito di appurare, per un verso, che la donna aveva già depositato altri monili in data 12.12.2022 ma che, per altro verso, i monili in oro depositati dalla donna provenivano dal furto del 16.2.2023 in quanto riconosciuti dalla persona offesa cui erano stati mostrati in foto.
Analogamente era accaduto per altre vittime di furti che, dal canto loro, avevano riconosciuto nei monili depositati presso il banco di pegni quelli sottratti presso le proprie abitazioni.
Ulteriori verifiche avevano inoltre consentito di accertare che la stessa COGNOME aveva portato al banco di pegni dei monili in oro (due anelli, un bracciale ed un collier) 1’1.7.2021 provvedendo poi al periodico versamento RAGIONE_SOCIALE somme dovute per il rinnovo dei pegni, in data 27.12.2021, 30.6.2022 e, infine, 5.1.2023.
Vagliando, in particolare, la posizione dell’odierna ricorrente, il Tribunale ha preso atto della osservazione difensiva, replicata in questa sede, secondo cui gli elementi a suo carico sarebbero limitati ad una sola visita presso il Banco dei RAGIONE_SOCIALE in epoca antecedente i furti; e, tuttavia, con apprezzamento tipicamente di merito e motivazione non manifestamente illogica, i giudici del riesame hanno replicato al rilievo difensivo valorizzando il numero di monili (due anelli, un bracciale e due collier, tutti in oro) della cui disponibilità la ricorrente non aveva mai potuto da conto e che, per altro verso, non era giustificata dai proventi ricavati dalla donna dalla sua attività di badante.
L’argomentazione è corretta anche in diritto essendo pacifico, nella giurisprudenza di questa Corte, che l’affermazione della responsabilità per il delitto di ricettazione non richiede l’accertamento giudiziale della commissione del delitto presupposto, né dei suoi autori, né dell’esatta tipologia del reato, potendo il giudice affermarne l’esistenza attraverso prove logiche (cfr., in tal senso, ad esempio, Sez. 2, n. 29685 del 05/07/2011, Tartari, Rv. 251028 01; Sez. 2, n. 10101 del 15/01/2009, COGNOME, F;’,v. 243305 – 01; conf., più recentemente, Sez. 1 – , n. 46419 del 18/09/2019, COGNOME, Rv. 277334 – 01, secondo cui il presupposto del delitto della ricettazione non deve essere necessariamente accertato in ogni suo estremo fattuale, poiché la provenienza delittuosa del bene posseduto può ben desumersi dalla natura e dalle caratteristiche del bene stesso).
Questa considerazione, d’altra parte, consente di ribadire la correttezza della affermazione dal Tribunale che ha stimato irrilevante la circostanza secondo cui la RAGIONE_SOCIALE (che in ogni caso aveva rinnovato i pegni sino all’anno corrente) aveva proceduto al deposito di monili in data antecedente quella in cui era stato accertato il primo dei furti ascrivibili al gruppo testimoniandone, piuttosto, la operatività sin da allora.
I giudici del riesame hanno inoltre congruamente e puntualmente apprezzato il profilo del periculum che, con motivazione non censurabile in questa sede, hanno vagliato tenendo conto della vicenda complessiva e, in particolare, dell’inserimento della ricorrente in un contesto associativo dedito con continuità
alla commissione di furti in abitazione seguiti dalla pure sistematica consegna della refurtiva ad agenzie di pegni, attestata sino al giugno del 2023.
In tal modo hanno motivato, in diritto, in termini coerenti con l’orientamento condiviso dal collegio secondo cui il requisito dell’attualità del pericolo previsto dall’art. 274, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. non è equiparabile all’imminenza di specifiche opportunità di ricaduta nel delitto e richiede, invece, da parte del giudice della cautela, una valutazione prognostica sulla possibilità di condotte reiterative, alla stregua di un’analisi accurata della fal:tispecie concreta, che tenga conto RAGIONE_SOCIALE modalità realizzative della condotta, della personalità del soggetto e del contesto socio-ambientale, la quale deve essere tanto più approfondita quanto maggiore sia la distanza temporale dai fatti, ma non anche la previsione di specifiche occasioni di recidivanza (cfr., Sez. 3 – , n. 9041 del 15/02/2022, COGNOME COGNOME NOME NOME, COGNOME Rv. 282891 01;Sez. 6, n. 8211 del 11/02/2016, COGNOME, Rv. 266511 01; Sez. 2, n. 11511 del 14/12/2016, COGNOME, Rv. 259684 – 01).
D’altra parte, è pacifico che l’apprezzamento della pericolosità dell’indagato sottoposto alla misura coercitiva ed in merito alla adeguatezza o meno di una misura rispetto ad altra al fine di garantire il pur ravvisato pericolo di reiterazione nel reato, è un giudizio riservato al giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità, se congruamente e logicamente motivato (cfr., Sez. 3 -, n. 7268 del 24/01/2019, COGNOME NOME, Rv. 275851 – 01; Sez. 6, n. 17314 del 20/04/2011, COGNOME, Rv. 250093 – 01).
L’inammissibilità del ricorso comporta la condanna della ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., della somma – che si stima equa – di euro 3.000 in favore della RAGIONE_SOCIALE, non ravvisandosi ragione alcuna d’esonero.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE.
Così deciso in Roma, il 15.12.2023