Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 2849 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 2849 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 26/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME Salvatore, n. Catania 12/03/1998
avverso l’ordinanza n. 234/24 del Tribunale di Caltanissetta del 13/06/2024
letti gli atti, il ricorso e l’ordinanza impugnata; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME sentito il pubblico ministero in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso; NOME COGNOME che ha insistito per sentito per il ricorrente l’avv. l’accoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento impugnato il Tribunale di Caltanissetta ha rigettato l’istanza di riesame proposta da NOME COGNOME avverso l’ordinanza del 03/05/2024, con cui il G.i.p. dello stesso Tribunale ha disposto l’applicazione nei suoi confronti della misura custodiale in carcere con le imputazioni provvisorie di avere fatto parte di una associazione dedita al traffico illecito di sostanze stupefacenti e in tale contesto alla coltivazione illegale di cannabis indica nella azienda RAGIONE_SOCIALE dei coniugi NOMECOGNOME (art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990, capo 1) nonché di avere concorso in più episodi del traffico delle sostanze stesse (artt. 81 cpv., 110 cod. pen., 73, comma 4 e 80, comma 1, lett. b, d.P.R. n. 309 del 1990, capo 2).
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione l’indagato, attraverso il suo difensore, che con un primo motivo di censura, deduce la violazione dell’art. 273 cod. proc. pen. nonché vizi cumulativi di motivazione, contestando la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza del delitto associativo.
Il ricorrente – che l’accusa indica come referente del gruppo finanziatore dell’iniziativa illecita e incaricato di smerciare nella città di Catania la sostanza stupefacente prodotta presso la piantagione illegale della RAGIONE_SOCIALE – deduce la insussistenza di qualsivoglia elemento indiziario dimostrativo della intervenuta dazione, sia a titolo personale sia pro quota, di alcuna somma di denaro, non avendo l’ordinanza quanto meno tratteggiato tempi, modi e destinatari del presunto finanziamento.
Con un secondo e terzo motivo, deduce i medesimi vizi con riferimento alla aggravante del carattere armato dell’associazione (art. 74, comma 4, d.P.R. cit.) ed a quella di cui al cbn. disp. degli artt. 80, comma 1, lett. b) stesso d.P.R. e 112, n. 2, 3, 4 cod. pen.
Con un quarto e ultimo motivo lamenta, infine, vizi di legge e di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza di concrete ed attuali esigenze cautelari che, secondo il Tribunale, giustificano il mantenimento della custodia preventiva.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è manifestamente infondato e va dichiarato inammissibile.
2. Il ricorrente, nonostante la giovane età, pluripregiudicato anche per reati specifici (annoverando già due condanne per art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990), viene descritto nell’ordinanza come il capo o quanto meno come il referente del gruppo dei soggetti finanziatori dell’impresa criminale operanti nella città di Catania, avendo il Tribunale desunto tale circostanza da un’affermazione riferibile a NOME COGNOME – referente dal suo canto del gruppo attestato nelle province di Enna e Caltanissetta – e contenuta in una conversazione captata in modalità ambientale il giorno 02/10/2022 (RIT n. 527/2022, progr. 3947 “no… alla fine ci hanno messo i soldi loro … neanche tutto il materiale … tutte cose… l cosa loro è!”)
L’ordinanza dà conto in maniera dettagliata di come egli si sia più volte recato a Barrafranca (En) o Caltanissetta per incontrare gli altri partecipi del sodalizio così formatosi e la sua voce figura più volte nelle conversazioni intercettate e/o captate mediante le operazioni tecniche predisposte; che più volte gli inquirenti hanno documentato, anche mediante servizi di osservazione e pedinamento, detti incontri con gli altri componenti del gruppo (22/08/2022, 05/10/2022, 19/10/2022, 03/12/2022); che in una di dette trasferte e in particolare quella del giorno 22/10/2022 ne è stata registrata la presenza, unitamente all’altro indagato NOME COGNOME anche nel luogo di ubicazione della piantagione illegale (Piazza Armerina) (pag. 10-12 ord.), ritenendo gli inquirenti che nell’occasione i due abbiano consegnato una pistola ad NOME COGNOME, gestore della piantagione suddetta.
Tutto ciò premesso ed escluso, anche alla luce delle sopra indicate risultanze indiziarie, che la motivazione che sostiene la decisione del Tribunale possa essere tacciata da contraddittorietà o manifesta illogicità, il primo motivo di censura è affetto dal vizio di investire direttamente il merito della regiudicanda cautelare, implicando il suo accoglimento l’inammissibile richiesta rivolta al giudice di legittimità di procedere ad una rinnovata valutazione delle risultanze indiziarie alla luce di una prospettiva difensiva – essenzialmente basata sul mancato accertamento di flussi finanziari in direzione dei sodali operanti nelle province di Enna e Caltanissetta – che, per quanto legittima, è diversa da quella accolta dai giudici della cautela.
Si rende, perciò, necessario ancora una volta ricordare che in tema di misure cautelari personali, allorché sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte suprema spetta il compito ‘ di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai lim che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto
delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie (per tutte v. l’insuperata Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, Audino, Rv. 215828).
Il secondo ed il terzo motivo, riguardanti la contestazione delle indicate aggravanti, vanno, invece, dichiarati inammissibili per carenza d’interesse.
Dall’eventuale elisione delle aggravanti contestate, infatti, non deriverebbe alcun effetto sulla misura cautelare in atto, né sulla durata dei suoi termini di fase, al momento già i più lunghi ai sensi dell’art. 303, comma 1, lett. a, n. 3, cod. proc. pen. né sulle modalità di valutazione delle esigenze cautelari (art. 275, comma 3, cod. proc. pen.).
Il quarto motivo di doglianza deve, infine, anch’esso ritenersi manifestamente infondato, sia per configurazione formale, connotata dalla critica diretta del merito della decisione adottata ai sensi dell’art. 274 cod. proc. pen., sia per contenuto intrinseco, omettendo, fra l’altro, di addurre elementi concreti di valutazione atti a superare la presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza della misura di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., dovuta alla contestazione provvisoria di natura associativa (art. 74 d.P.R. cit.).
Alla dichiarazione di inammissibilità dell’impugnazione segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende che si reputa equo determinare nella misura di euro tremila.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso, 26 novembre 2024
Il consigliere estensore