Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 1483 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 1483 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME COGNOME nato a Pisa il 01/09/2000
avverso l’ordinanza del 25/07/2023 del Tribunale del riesame di Firenze letti gli atti, il ricorso e la sentenza impugnata; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del pubblico ministero in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso; lette le conclusioni dell’avv. NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento del
ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il difensore di NOME COGNOME ha proposto ricorso avverso l’ordinanza del 25 luglio 2023 con la quale il Tribunale del riesame di Firenze, decidendo in sede di rinvio, ha respinto l’appello proposto avverso l’ordinanza emessa il 6 ottobre 2021 dal GIP del Tribunale di Pisa di rigetto dell’istanza di revoca della misura custodiale, applicata all’indagato per il concorso nella rapina aggravata commessa il 15 febbraio 2021 ai danni dell’ottantatreenne NOME COGNOME
Ly”)
Con unico, articolato motivo ne chiede l’annullamento per violazione dei criteri di valutazione degli indizi di colpevolezza ex art. 192, comma 3, cod. proc. pen., come precisati nelle sentenze di annullamento di questa Corte (n. 27018 del 13/07/2022 e n. 8450 del 24/02/2023) nonché per manifesta illogicità della motivazione in ordine al valore probatorio da accordare alle dichiarazioni del coindagato ed al valore di riscontro riconosciuto al cd” alibi fallito”.
Deduce che nuovamente il Tribunale non ha rispettato i principi di diritto indicati da questa Corte, limitandosi a riproporre una lettura degli atti sovrapponibile alle precedenti, confondendo gli indizi con i necessari elementi di riscontro alla chiamata in reità.
Il primo indizio valutato è costituito dalle dichiarazioni di NOME COGNOME secondo le quali NOME COGNOME nei giorni precedenti la rapina si aggirava insieme allo zio NOME a bordo di un’autovettura nei dintorni della villetta ove f commessa la rapina-, ma, in mancanza di elementi di riscontro, il Tribunale ha valorizzato come ulteriore indizio la circostanza che l’autovettura utilizzata per i sopralluoghi, di proprietà del padre dell’indagato, era nella disponibilità del nucleo familiare di cui faceva parte l’indagato, che, quindi, era solito utilizzarl insieme ai parenti: l’affermazione, oltre a non trovare alcuna conferma in atti, non ha valore indiziante specifico. Altro indizio individualizzante è stato indicato nella circostanza che il giorno della rapina il telefono dell’indagato era spento, nonostante la circostanza non abbia significato univoco, come già precisato nella sentenza n.8450/23 della Sesta Sezione, sicché essa non ha valore di conferma delle dichiarazioni rese a carico dell’indagato. Il Tribunale ha anche valorizzato il fatto che il terzo occupante dell’autovettura indossasse una sciarpa, accessorio utilizzato per legare la vittima della rapina, ma il dato è privo di logica e rilevanza, in quanto il terzo occupante del veicolo non è stato individuato nell’indagato. Ne deriva che il Tribunale non ha operato alcuna distinzione tra indizi e riscontri, erroneamente equiparando la posizione della COGNOME a quella di un teste puro, anziché a quella di un coindagato, atteso che, solo dopo aver reso dichiarazioni eteroaccusatorie in sede di incidente probatorio, la sua posizione è stata archiviata, sicché le sue dichiarazioni necessitavano di riscontri. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Analoghe censure valgono per l’ultimo indizio valorizzato nell’ordinanza: lo COGNOME avrebbe tentato di fornire un alibi, sostenendo di essere stato controllato dai carabinieri nella propria abitazione, in quanto sottoposto a obbligo di dimora con obbligo di permanenza notturna, il giorno della rapina in orario compatibile con la commissione della stessa, ma si era accertato che il controllo era stato eseguito nei confronti di parenti dello COGNOME, detenuti agli arresti domiciliari, orari diversi da quello di commissione della rapina. Si sostiene che lo COGNOME non aveva tentato di costruire alcun alibi, avendo erroneamente ricordato il controllo riferibile ad altro giorno di quel periodo, sicché il dato risulta privo di vale
probatoria, come già evidenziato nella sentenza della Sesta Sezione. Il Tribunale si è, quindi, limitato ad una rilettura delle dichiarazioni della COGNOME fermandosi al giudizio di credibilità della dichiarante, non seguito dall’individuazione di riscontri esterni individualizzanti.
Con memoria di replica alle conclusioni del P.G. il difensore ha ribadito i motivi di ricorso, chiedendone l’accoglimento anche alla luce della sentenza del 31 ottobre scorso della Corte di appello di Firenze, che ha confermato l’assoluzione dell’imputato per non aver commesso il fatto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato per le ragioni di seguito illustrate.
La censura con cui il ricorrente lamenta la mancanza di riscontri esterni individualizzanti ai sensi dell’art. 192 cod. proc. pen. alle dichiarazioni del COGNOME è infondata.
In sede di rinvio al Tribunale era richiesta la rivalutazione della gravit indiziaria secondo le linee tracciate dalle sentenze rescindenti, che, in particolare, avevano ribadito la necessità di individuare elementi di riscontro dotati di effettiva capacità individualizzante secondo la previsione dell’art. 192 comma 3, cod. proc. pen. per poter valorizzare le dichiarazioni della chiamante in reità.
A tali principi si è attenuto il Tribunale, che, oltre a tener conto della diver consistenza della gravità indiziaria richiesta in fase cautelare rispetto al giudizi di merito, ha effettuato una valutazione non atomistica dei dati indiziari, individuando elementi di riscontro della riferita partecipazione del ricorrente alla rapina.
E’, infatti, noto che ai fini della configurabilità dei gravi indizi di colpevole necessari per l’applicazione di misure cautelari personali, è illegittima una valutazione frazionata ed atomistica dei singoli dati acquisiti, dovendo invece seguire, alla valutazione di ogni prova indiziaria singolarmente, ciascuna nella propria valenza qualitativa e nel grado di precisione e gravità, la valutazione unitaria in una prospettiva globale, tendente a porne in luce i collegamenti e la confluenza in un medesimo contesto dimostrativo (Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005, COGNOME, Rv. 231678).
Va, inoltre, richiamato l’orientamento di questa Corte secondo il quale, nella fase delle indagini preliminari, i gravi indizi di colpevolezza richiesti l’applicazione di una misura cautelare, che devono essere tali da lasciar desumere la qualificata probabilità di attribuzione all’indagato del reato per cui s procede, possono fondarsi sulla dichiarazione di un collaborante, se precisa, coerente e circostanziata, che abbia trovato riscontro in elementi esterni, anche
di natura logica, tali da rendere verosimile il contenuto della dichiarazione (Sez. 2, n. 16183 del 01/02/2017, Fiore, Rv. 269987; Sez. 1, n. 16792 del 09/04/2010, COGNOME, Rv. 246948). Peraltro, essendo la verifica in oggetto relativa ad una fase caratterizzata dalla fluidità dell’incolpazione, in cui non è richiest certezza della colpevolezza, ma solo un consistente grado di probabilità, la “individualizzazione” del riscontro può essere anche solo tendenziale o parziale (Sez. 4, n. 22740 del 16/07/2020, COGNOME, Rv. 279515; Sez. 6, n. 45441 del 07/10/2004, COGNOME, Rv. 230755).
Nel caso in esame, il Tribunale ha ancorato il proprio giudizio ad elementi specifici risultanti dagli atti, traendo dalla loro valutazione globale un giudizio termini di elevata probabilità circa l’attribuzione del reato all’indagat affrontando, in primo luogo, il tema dell’attendibilità intrinseca della COGNOME.
L’obiezione difensiva sul punto, secondo la quale il Tribunale si sarebbe nuovamente occupato dell’attendibilità della Myroslava, fonte di accusa, più che dei necessari riscontri, è infondata, atteso che il Tribunale lo ha fatt preliminarmente per eliminare ogni dubbio e sgombrare il campo dall’errore in cui era caduta questa Corte, che nella prima sentenza rescindente aveva affermato che la Myroslava in sede di incidente probatorio aveva modificato la precedente versione, negando la presenza del ricorrente a bordo dell’autovettura, condotta dallo zio NOME COGNOME vista transitare il giorno del rapina nei pressi della villa ove fu commessa.
Il Tribunale ha dimostrato, analizzando sia le dichiarazioni rese il 5 maggio 2021 che quelle rese il successivo 28 settembre 2021 in sede di incidente probatorio, che la donna aveva reso sempre la stessa versione, affermando di aver visto il ricorrente a bordo dell’autovettura condotta dallo zio NOME COGNOME effettuare giri nei pressi della villa nei giorni precedenti alla rapina, da ritene sopralluoghi propedeutici alla commissione di furti o rapine- essendole nota tale abitudine del gruppo dello Zuka e persino ammessa tale finalità da NOME COGNOME ma di non averlo visto a bordo dell’autovettura il giorno della rapina né di averlo riconosciuto nella terza persona che occupava il sedile posteriore.
Precisato, quindi, che la Myroslava ha dichiarato che la sera della rapina aveva visto e riconosciuto NOME COGNOME quale conducente dell’autovettura con a fianco il cugino, riconosciuto in Ljatif COGNOME, mentre non aveva riconosciuto il terzo soggetto, seduto dietro, il Tribunale ha dato atto che la presenza di tre soggetti stranieri travisati, autori della rapina aveva trovato riscontro nel videoriprese e nelle dichiarazioni della vittima della rapina; ha valorizzato legami tra la dichiarante e lo NOME NOMECOGNOME il quale le aveva confermato il giorno dopo di aver commesso la rapina insieme al suo gruppo, e ha individuato il primo elemento indiziante nella circostanza che il ricorrente a bordo dell’autovettura
utilizzata il giorno della rapina, condotta dallo zio, aveva effettuato precedenti passaggi nei dintorni della villa obiettivo della rapina.
In realtà, la partecipazione del ricorrente ai sopralluoghi nei giorni precedenti la rapina è, dunque, l’indizio principale, necessitante di riscontri.
Un elemento di riscontro è stato individuato nella circostanza che l’autovettura utilizzata per la rapina era di proprietà del padre del ricorrente e nella disponibilità dell’intero gruppo familiare, quindi, anche del ricorrente, che a bordo della stessa aveva partecipato ai sopralluoghi. Sebbene privo di specifica valenza individualizzante, come, peraltro, riconosce lo stesso Tribunale (pag.11), correttamente è stato ritenuto un dato indiziante significativo, oggettivo, in quanto dà corpo alla partecipazione del ricorrente alla fase preparatoria del delitto e al contributo offerto alla programmazione dell’azione predatoria, specie se letto unitamente all’abitudine del gruppo di NOME COGNOME, riferita dal Myroslava, che aveva trovato specifica conferma in un’indagine relativa ad altro reato, nel corso della quale era stata accertata la presenza del ricorrente nella zona in cui era stata in seguito commessa una rapina in abitazione (pag. 10 ordinanza).
Alla luce di tali dati, della partecipazione del ricorrente alla fas preparatoria della rapina e del rapporto con lo NOME COGNOME risulta coerentemente interpretato l’ulteriore elemento di riscontro individualizzante, costituito dal circostanza che l’utenza cellulare del ricorrente e quella dello zio NOME riconosciuto autore della rapina, risultassero spente il giorno della rapina.
All’evidenza, se si isola il dato e non si tiene conto dei rapporti tra protagonisti della vicenda e del contributo prestato dal ricorrente alla fase preparatoria della rapina, il dato può risultare di per sé non inequivoco, come ritenuto da questa Corte; invece, come già detto, non risulta affatto illogica la valutazione del Tribunale, che ha contestualizzato il dato e lo ha letto in modo coordinato con gli altri indizi, interpretando il simultaneo spegnimento dei cellulari del ricorrente e dello zio, autore della rapina, come misura prudenziale adottata dagli indagati per evitare di essere localizzati durante la commissione della rapina.
Diversa valutazione va espressa per l’altro elemento costituito dal fatto che la sciarpa utilizzata dai rapinatori per immobilizzare la vittima corrispondeva all’indumento indossato dal rapinatore che occupava il sedile posteriore (v. pag. 12). Si tratta di un dato, cui lo stesso Tribunale riconosce modesto valore indiziario, ma che contraddittoriamente lo induce a ritenere che il passeggero dell’autovettura, seduto posteriormente e non riconosciuto dalla Myroslava “debba verosimilmente identificarsi nel ricorrente”: conclusione che, tuttavia, sembra fondarsi più sulla credibilità della dichiarante e sulla valutazione
complessiva ed unitaria del quadro indiziario che sulla rilevanza dell’elemento di riscontro indicato.
Va, invece, attribuito rilievo decisivo all’ultimo elemento di riscontro valorizzato nell’ordinanza, costituito dal cd alibi fallito, ritenuto l’elemento individualizzante più significativo.
Sul punto il Tribunale ha rilevato che la censura di questa Corte era fondata su un presupposto erroneo, in quanto il ricorrente non aveva dichiarato di aver subito un controllo stradale, bensì presso l’abitazione il giorno ed in orario coincidente con la commissione della rapina: controllo, invece, non avvenuto o, comunque, non provato, pur essendo agevolmente documentabile.
In realtà, risulta accertato e non contestato dalla difesa che il controllo fu eseguito, ma nei confronti di altri parenti del ricorrente, detenuti agli arres domiciliari, ed in orari non coincidenti con l’arco temporale di commissione della rapina, sicché più correttamente deve ritenersi che l’indagato fornì un alibi falso.
Tenuto conto del differente rilievo indiziario attribuibile all’alibi falso piutto che ad un cd alibi mancato o fallito, il difensore tenta di svilire il dato e ricondurlo ad una fallacia mnemonica del ricorrente, trascurando la differenza tra alibi fallito ovvero fondato su circostanze non compiutamente dimostrate (presenza in un luogo ed orario incompatibili con la commissione del reato), che non può essere valorizzato quale elemento indiziario a carico dell’imputato ed è ritenuto irrilevante (Sez. U, n. 6682 del 04/02/1992, COGNOME, Rv. 191231) e l’alibi falso, che, in quanto contrastato da altri elementi, può essere valutato come indizio insieme agli altri elementi, come nel caso di specie.
Ciò precisato, deve ritenersi comunque, corretto il massimo rilievo indiziario che il Tribunale ha attribuito a detto elemento considerato di valenza individualizzante e ha richiamato sul punto il giudizio espresso dal giudice della cognizione, che ha assolto l’imputato ai sensi del secondo comma dell’art. 530 cod. proc. pen., affermando che, pur non essendo stato riconosciuto come uno dei tre soggetti a bordo dell’autovettura vista transitare nei pressi della villa orario prossimo alla commissione della rapina, a suo carico vi è, comunque, un compendio indiziario di indubbia consistenza, sebbene insufficiente ad assurgere a rango di prova.
La valutazione espressa dal giudice della cognizione, che ha ugualmente considerato gli altri elementi individuati nell’ordinanza impugnata (v. pag. 14-15 ordinanza) conforta, pertanto, quella espressa dal Tribunale circa l’idoneità del compendio indiziario a giustificare, nella fase delle indagini preliminari, la misura cautelare applicata al ricorrente.
Per le ragioni esposte il ricorso va rigettato con conseguente condanna ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P. Q. M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle sp processuali.
Così deciso, 6 dicembre 2023
Il consigliere estensore
Il Pre idente