Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 16965 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 16965 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOMECOGNOME nato a Milazzo il 16/02/1986 avverso l’ordinanza del 15/07/2024 del Tribunale della Libertà di Messina; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni rassegnate ex art. 23, comma 8, del decreto legge n. 137 del 2020 dal Procuratore generale, NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso; lette la memoria e le conclusioni rassegnate dall’avv. NOME COGNOME Spiccia, che ha insistito nell’accoglimento del ricorso e l’annullamento, anche senza rinvio, dell’ordinanza impugnata;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 15 luglio 2024 il Tribunale della Libertà di Messina ha rigettato l’istanza di riesame proposta da COGNOME NOME avverso l’ordinanza del giudice per le indagini preliminari di Messina del 1 giugno 2024, con cui era stata applicata (tra gli altri) a COGNOME la misura della custodia cautelare in carcere in relazione al capo 31 di provvisoria imputazione, per ritenuta partecipazione ad un sodalizio finalizzato al narcotraffico, col ruolo di stabile acquirente e di pusher della consorteria.
Parasole ha proposto, a mezzo del difensore di fiducia, ricorso per cassazione per l’annullamento dell’ordinanza impugnata, affidato ad un unico motivo.
2.1. Lamenta violazione di legge e mancanza della motivazione ex art. 606, comma 1, lett b e e, in relazione agli artt. 273 e 274 cod proc pen, e 74 d.P.R. 309/90, in relazione alla incolpazione provvisoria elevata a suo carico.
Assume, così come già dedotto in sede di riesame, la mancanza di gravi indizi di colpevolezza idonei all’applicazione della misura, in quanto il compendio processuale fornirebbe una versione diametralmente opposta a quella evidenziata nel corpo dell’ordinanza. Ripropone, a tal fine, il contenuto delle dichiarazioni del collaboratore COGNOME, e contesta la rilevanza dei riscontri alle di lui propalazioni, riscontri illogicamente enfatizzati (in particolare con riferimento alle presenze nel piazzale ritenuto centro operativo del sodalizio); allega, anche, l’assenza di intercettazioni telefoniche o ambientali che le supportino (assente essendo in quelle agli atti qualsivoglia riferimento allo pseudonimo con cui è noto, ‘colposecco’, laddove altro nomignolo, ‘tignusu’ , o ‘testa pelata’, sarebbero stati a lui apoditticamente attribuiti).
Contesta, quindi, che possa esser riconosciuta la sua partecipazione al sodalizio, per assente prova della necessaria affectio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
Va, innanzi tutto, rilevato che, pur presente nella ‘rubrica’ del motivo il riferimento alla tematica della sussistenza delle esigenze di cautela per essere stato citato l’art. 274 cod proc pen, nulla poi al proposito la difesa osserva, limitandosi a contestare l’identificazione corretta dell’indagato, e, comunque, la sufficienza delle risultanze investigative a sostenerne l’affectio societatis, con ciò concentrandosi solo sul tema della gravità indiziaria.
Tanto, attesa la assoluta genericità della contestazione in tema di esigenze di cautela, determina l’inammissibilità della censura al proposito denunciata (ove non si sia trattato di un mero refuso grafico).
2. Si premette, poi, che in tema di impugnazione delle misure cautelari personali, il ricorso per cassazione con il quale si lamenti l’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza è ammissibile soltanto se denuncia la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento (come formalmente deduce il ricorso), secondo i canoni della logica ed i principi di diritto, ma non anche quando (…) propone e sviluppa censure che riguardano la ricostruzione dei fatti, ovvero che si risolvono in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (Sez. 6, n. 11194 dell’8/3/2012, COGNOME, Rv. 252178).
Conseguentemente, alla Corte Suprema spetta solo il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato e di controllare la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie (Sez. 4, n. 26992 del 29/5/2013, Rv. 255460; conf. Sez. 4, n. 37878 del 6/7/2007, COGNOME e altri, Rv. 237475).
Il controllo di logicità, peraltro, deve rimanere interno al provvedimento impugnato, non essendo possibile procedere a una nuova o diversa valutazione degli elementi indizianti o a un diverso esame degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate.
In altri termini, è consentito in questa sede esclusivamente verificare se le argomentazioni spese sono congrue rispetto al fine giustificativo del provvedimento impugnato. Se, cioè, in quest’ultimo, siano o meno presenti due requisiti, l’uno di carattere positivo, e cioè l’esposizione delle ragion giuridicamente significative su cui si fonda, e l’altro negativo, cioè l’assenza di illogicità evidenti, risultanti, cioè, prima facie dal testo del provvedimento impugnato.
2.1. Al fine dell’adozione della misura cautelare è sufficiente, poi, l’emersione di qualunque elemento probatorio idoneo a fondare “un giudizio di qualificata probabilità” sulla responsabilità dell’indagato in ordine ai reati addebitati. La nozione di gravi indizi di colpevolezza in sede cautelare non è, infatti, omologa a quella che serve a qualificare il quadro indiziario idoneo a fondare il giudizio di
colpevolezza finale (cfr. ex multis Sez. 5 n. 36079 del 5/6/2012, COGNOME ed altri, Rv. 253511).
In altri termini, in sede cautelare gli indizi non devono essere valutati secondo gli stessi criteri richiesti, per il giudizio di merito, dall’art. 192, comma 2, cod. pro pen. Ciò lo si desume con chiarezza dal fatto che l’art. 273, comma 1-bis, cod. proc. pen. richiama i commi 3 e 4 dell’art. 192, cod. proc. pen., ma non il comma 2 del medesimo articolo, il quale oltre alla gravità, richiede la precisione e concordanza degli indizi (così univocamente questa Corte, ex plurimis Sez. 2, n. 26764 del 15.3.2013, COGNOME, rv. 256731; sez. 6 n. 7797′. del 5.2.2013, COGNOME, rv. 255053; sez. 4 n. 18589 del 14.2.2013, Superbo, rv. 255928).
2.2. Pur non potendosi parlare di «doppia conforme», ma appurato che laddove le due ordinanze cautelari pervengano a conclusioni sovrapponibili, seguendo i medesimi passaggi argomentativi (come nel caso di motivazione per relationem), esse si integrano, formando un unicum, le censure vanno poi parametrate alla motivazione così complessivamente risultante.
In tal senso, la giurisprudenza della Corte ritiene (Sez. 2, n. 672 del 23/01/1998, dep. 1999, COGNOME, Rv. 212768 – 01) che «in tema di motivazione dei provvedimenti cautelari, così come la motivazione del tribunale del riesame può integrare e completare la motivazione elaborata dal giudice che ha emesso il provvedimento restrittivo, quest’ultima ben può, a sua volta, essere utilizzata per colmare le eventuali lacune del successivo provvedimento; infatti, trattandosi di ordinanze complementari e strettamente collegate, esse, vicendevolmente e nel loro insieme, connotano l’unitario giudizio di sussistenza in ordine ai presupposti di applicabilità della misura cautelare». Analogamente, Sez. 6, n. 32359 del 06/05/2003, COGNOME, Rv. 226517 – 01, ha ritenuto che il provvedimento del Tribunale del riesame integra e completa quello del giudice che ha emesso l’ordinanza applicativa, purché questa (come in questo caso) contenga le ragioni logiche e giuridiche che ne hanno determinato l’emissione, con la mera esclusione (Sez. 6, Sentenza n. 18476 del 12/12/2014, dep. 2015, COGNOME, n.m.) del caso in cui il provvedimento custodiale sia mancante di motivazione in senso grafico oppure ove, pur esistendo materialmente una motivazione, essa si risolva in clausole di stile o in una motivazione meramente apparente e cioè tale da non consentire di comprendere l’itinerario logico-giuridico esperito dal giudice. Le due ordinanze, quindi, andranno considerate unitariamente ai fini di valutare l’ammissibilità e la fondatezza dei motivi di ricorso.
Ciò premesso le censure non si confrontano con l’ordinanza impugnata il che, già, renderebbe il motivo inammissibile.
Le Sezioni Unite della Corte (Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822 – 01; conformi, ex multis, Sez. 2, n. 51531 del 19/11/2019, Greco, Rv. 277811 – 01; Sez. 3, n. 12727 del 21/02/2019, COGNOME, Rv. 275841 – 01) hanno precisato che i motivi di impugnazione (sia in appello che in cassazione) sono affetti da genericità «estrinseca» quando difettino della necessaria correlazione con le ragioni poste a fondamento del provvedimento impugnato (fermo restando che tale onere di specificità, a carico dell’impugnante, è direttamente proporzionale alla specificità con cui le predette ragioni sono state esposte nel provvedimento impugnato), posto che l’atto di impugnazione «non può ignorare le ragioni del provvedimento censurato» (Sez. 2, n. 11951 del 29/01/2014, Lavorato, Rv. 259425).
4. Le censure svolte sono, in ogni caso, infondate.
4.1. Giova una preliminare ricostruzione del quadro procedimentale.
Con ordinanza del 1-4 giugno 2024 il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Messina ha applicato, tra gli altri, a Parasole Salvatore la misura custodiale massima in relazione al reato di partecipazione alla associazione di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309/90, con contestazione dall’ottobre 2022 all’aprile 2023, capo 31 di incolpazione provvisoria.
Il Tribunale della Libertà, in sede di decisione sulla istanza di riesame, rigettata con la quale innanzi tutto si censurava la ritenuta utilizzabilità delle risultanze dell’attività captativa successivamente alla scadenza fisiologica delle indagini, quindi, nel merito, il giudizio di gravità indiziaria formulato dal primo giudice, per carenza di riscontri alle propalazioni accusatorie del Parasole e per il travisamento da parte del giudice per le indagini preliminari delle risultanze intercettative, quindi la sussistenza delle esigenze cautelari come da quello ritenute- ha dedotto che le incolpazioni elevate all’odierno ricorrente si innestano in una più ampia attività illecita, oggetto di una indagine condotta dal nucleo operativo radiomobile della Compagnia dei Carabinieri di Barcellona Pozzo di Gotto, della Legione Carabinieri Sicilia, che ha disvelato l’esistenza di un agguerrito sodalizio dedito al narcotraffico, radicato sulla fascia tirrenica della provincia messinese e facente capo ai membri della famiglia COGNOME. Un altro filone di indagine, che ha riguardato la diffusa disponibilità, in capo ai detenuti reclusi all’interno della cas Circondariale di Barcellona Pozzo di Gotto, di cellulari per comunicare con l’esterno e di stupefacenti da smerciare all’interno, aveva visto confluire il relativo procedimento nel primo, per riunione; anche in tale contesto erano infatti emerse responsabilità a carico di COGNOME NOME, in quella Casa circondariale recluso. Le indagini tutte si sono giovate del prezioso contributo conoscitivo offerto dalle propalazioni dei collaboratori di giustizia COGNOME NOMECOGNOME NOME,
COGNOME NOME e COGNOME NOME e, da ultimo, NOME COGNOME già affiliato al gruppo COGNOME.
4.2. Preliminarmente il Tribunale della Libertà ha positivamente vagliato le chiamate in correità formulate dai collaboratori ritenendole autonome, per le modalità dirette con le quali le informazioni svelate sono state apprese dai propalanti, scevre da possibili condizionamenti e soprattutto spontanee e genuine, non essendo emerso alcun indice che permetta di inficiare la credibilità intrinseca di costoro; costanti, lineari e coerenti, in assenza di distonie, contraddizioni o illogicità; convergenti sul tema dell’accusa principale, ovvero sulla sussistenza nel panorama barcellonese di un gruppo a composizione essenzialmente familiare, costituito nel suo nucleo essenziale da COGNOME NOME e dai figli NOME, NOME e NOME, che aveva assunto nel tempo una capacità criminale e una spiccata operatività per la professionalità con la quale gestiva i propri affari, tanto da porsi quale autorevole interlocutore di fornitori calabresi e catanesi di grosso calibro.
Ha preso in considerazione, quanto a COGNOME, la pregressa, temporalmente significativa, militanza all’interno del sodalizio COGNOME, deducendone ragione della più aggiornata e specifica conoscenza delle dinamiche associative e della presenza dei singoli associati rispetto agli altri dichiaranti.
4.3. È proprio Corritore -la cui attendibilità è stata positivamente testata ed affermata come per gli altri collaboranti (cfr. l’ordinanza del Tribunale della Libertà) e mai posta in dubbio dalla difesa del ricorrente – che ha lumeggiato la figura ed il ruolo di Parasole (cfr. pag 5 e segg dell’ordinanza impugnata e note 3, 4, 5, 6 e 7 alle pagine 5 e 6) quale soggetto pienamente inserito nella compagine associativa familiare di cui si è detto, indicandolo, nel verbale del 9 dicembre 2022, nel novero di coloro che venivano stabilmente approvvigionati dagli COGNOME, citando: «l’odierno ricorrente di cui ha anche indicato l’appellativ “Colposecco” ricordandolo come uno stabile acquirente il quale provvedeva alla successiva distribuzione delle sostanze stupefacenti del gruppo nella piazza milazzese si sua competenza», di poi fornendo, negli interrogatori del 14 e del 28 dicembre 2022, dettagli più circostanziati in merito alla sua persona, e relativamente ad una cessione allo stesso, da parte di COGNOME NOME, di un chilo di cocaina, da spacciare nel territorio milazzese per conto del gruppo, assunto ribadito anche nel corso dell’interrogatorio del 5 gennaio 2023, quando, confermato l’appellativo di ‘Colposecco’ ed il ruolo di distributore di cocaina, uno dei più attivi nella piazza milazzese per conto degli COGNOME, il collaborante ha fornito, anche, un particolare individualizzante, ossia la titolarità, in capo a ricorrente, di una rivendita di biciclette elettriche, con ditta che utilizzava come copertura per il riciclaggio dei profitti derivanti dall’attività di spaccio.
4.4. Il Tribunale della Libertà ha, quindi, rilevato che le evidenze intercettive analiticamente richiamate (per la cui compiuta lettura, in quanto non direttamente incidenti sulla posizione del ricorrente, si rinvia in questa sede alla ordinanza impugnata) permettono di riscontrare appieno il narrato del Corritore sull’esistenza del gruppo composto dalla famiglia COGNOME, cui il propalante era originariamente intraneo, che le risultanze dei servizi di osservazione e videoripresa disposti presso l’autosalone di NOME NOME chiariscono oltre modo le dinamiche criminali del gruppo e, insieme alla posizione di assoluta egemonia dei fratelli NOME e NOME, con l’altro fratello NOME in ruolo subalterno, l’intraneità di NOME NOME.
Ha enucleato dunque le fonti indiziarie a suo carico nelle già dedotte propalazioni di Corritore; le risultanze dei servizi di osservazione e di videoripresa disposti presso l’autosalone di COGNOME Salvatore, gli esiti delle attività di intercettazione da cui non solo è stato possibile cogliere le dinamiche criminali del gruppo in valutazione, la posizione di assoluta egemonia assunta all’interno della compagine dai fratelli COGNOME, NOME e NOME, ma, anche l’intraneità al sodalizio del ricorrente. Si tratta dell’attività di videoripresa effettuata presso l’autosalone d COGNOME, che registra ripetutamente la presenza del ricorrente nel piazzale di INDIRIZZO e che ne ha consentito la certa identificazione comparando i frame (in particolare taluni del 13 dicembre 2022) con la foto segnaletica dello stesso, laddove la citazione e il commento di altra conversazione, del 21 dicembre 2022, tra COGNOME e COGNOME, non solo confermava gli assunti di Corritore, ma ne costituiva riscontro per l’attribuzione al ricorrente del soprannome ‘u tignusu’, e veniva in via ulteriore riscontrata da altra conversazione: di cui era protagonista COGNOME COGNOME, anch’egli, come COGNOME, associato, e `anch’egli indirizzato dal capo indiscusso, per l’acquisto di stupefacente, a Parasole, mercè indicazioni e riferimenti topografici compatibili col di lui indirizzo di dimora; nonché da altra conversazione questa volta del 6 febbraio 2023, nel corso della quale l’odierno ricorrente veniva indicato, indifferentemente, col soprannome ‘testa pelata’ o ‘colposecco’ , pseudomino che lo stesso COGNOME, in sede di interrogatorio di garanzia, ha riconosciuto come proprio. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Il giudice del riesame è così giunto ad affermare che «a tal proposito deve rilevarsi che il riferimento contenuto nel dialogo innanzi citato va letto e interpretato unitamente a tutte le indicazioni che convergono sulla persona del COGNOME contenute nelle altre conversazioni monitorate (e cioè il riferimento al pusher di Milazzo che presenta la medesima caratteristica somatica indicata dal COGNOME per identificarlo e soprattutto il riferimento al suo soprannome “COGNOME” che, peraltro, lui stesso, nell’interrogatorio di garanzia, ha ammesso di avere)».
4.5. Si tratta, con evidenza, di argomentazioni che palesano come il ricorso non si sia confrontato con le motivazioni del provvedimento impugnato che dà contezza, con aderenza ai dati investigativi a disposizione del giudice per le indagini preliminari prima e del Tribunale della Libertà poi, della certa e piana individuazione del ricorrente, esplicitata con motivazione priva di illogicità, e dunque immune, in questa sede, da censure di sorta.
Le Sezioni Unite della Corte (Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822 – 01; conformi, ex multis, Sez. 2, n. 51531 del 19/11/2019, Greco, Rv. 277811 – 01; Sez. 3, n. 12727 del 21/02/2019, 3allow, Rv. 275841 – 01) hanno precisato che i motivi di impugnazione (sia in appello che in cassazione) sono affetti da genericità «estrinseca» quando difettino della necessaria correlazione con le ragioni poste a fondamento del provvedimento impugnato (fermo restando che tale onere di specificità, a carico dell’impugnante, è direttamente proporzionale alla specificità con cui le predette ragioni sono state esposte nel provvedimento impugnato), posto che l’atto di impugnazione «non può ignorare le ragioni del provvedimento censurato» (Sez. 2, n. 11951 del 29/01/2014, Lavorato, Rv. 259425), e da genericità «intrinseca» quando risultano intrinsecamente indeterminati, risolvendosi sostanzialmente in formule di stile, come nel caso di appelli fondati su considerazioni generiche o astratte, o comunque non pertinenti al caso concreto (ex multis, Sez. 6, n. 3721 del 2016 e Sez. 1, n. 12066 del 05/10/1992, Makram), ovvero su generiche doglianze concernenti l’entità della pena a fronte di sanzioni sostanzialmente coincidenti con il minimo edittale (ex multis, Sez. 6, n. 18746 del 21/01/2014, COGNOME, Rv. 261094).
4.6. Analogamente è a dirsi della contestata assenza di prova, cautelare, della partecipazione alla associazione.
La motivazione del tribunale del riesame in punto di gravità indiziaria è stata prospettata in concreto e diffusamente in modo logico, senza irragionevolezze, con completa e coerente giustificazione di supporto alla affermata persistenza della misura e della sua adeguatezza.
4.7. Si osserva, intanto, che il ricorso non pone in discussione l’esistenza della associazione come contestata al capo 31, sicchè può serenamente, in parte qua, far riferimento e integrale rinvio alla ordinanza impugnata, nella parte in cui ne discetta, in generale, ma solo la esistenza di indizi in merito alla partecipazione del Parasole.
4.8. Quanto alla partecipazione alla associazione, si è al cospetto di un reato a forma libera, la cui condotta costitutiva può realizzarsi in forme diverse, purché si traduca in un apprezzabile contributo alla realizzazione degli scopi dell’organismo, posto che in tal modo si verifica la lesione degli interessi salvaguardati dalla norma
incriminatrice (La Corte ha precisato in motivazione che, ai fini della determinatezza dell’imputazione di condotta di partecipazione al sodalizio in oggetto, non è necessaria l’indicazione dello specifico ruolo eventualmente rivestito dal partecipante). In termini Sez. 3, n. 35975 del 26/05/2021 Ud. (dep. 04/10/2021 ) Rv. 282139 – 01 ; laddove la commissione di più reati-fine in concorso con singoli partecipi al sodalizio non è vicenda fattuale di per sé idonea ad integrare di per sé l’esistenza di indizi gravi, precisi e concordanti in ordine alla partecipazione al reato associativo, essendo necessario che i rapporti con tali soggetti costituiscano forme di interazione nell’ambito di un gruppo organizzato e non di relazioni di tipo diretto ed immediato, prive di riferimenti al ruol esponenziale dei predetti per conto della consorteria (così Sez. 3, n. 9036 del 31/01/2022 Cc. (dep. 17/03/2022) Rv. 282838 – 01).
Fermo restando che, ai fini della verifica degli elementi costitutivi della partecipazione al sodalizio, ed in particolare dell affectio di ciascun aderente ad esso, non rileva la durata del periodo di osservazione delle condotte criminose, che può essere anche breve, purché dagli elementi acquisiti possa inferirsi l’esistenza di un sistema collaudato al quale gli agenti abbiano fatto riferimento anche implicito, benché per un periodo di tempo limitato ( cfr. Sez. 6, n. 42937 del 23/09/2021 Cc. (dep. 22/11/2021 ) Rv. 282122 – 01).
4.9. Tanto rilevato, si osserva che la partecipazione del ricorrente è, dal Tribunale, affermata sulla base di una lettura sinergica e complessiva del compendio investigativo disponibile come sopra rappresentato, da integrarsi, per quanto testé argomentato ai paragrafi da 4 a 4.4., con tutto ciò che risulta dalla ordinanza genetica, sicché la sua intraneità al sodalizio è stata correttamente affermata in forza delle propalazioni del Corritore riscontrate dalle emergenze tutte sopra citate e dalle risultanze delle note di polizia giudiziaria del 23 aprile e del 23 maggio 2023 in atti e citate, dal Tribunale, a fondamento e supporto della propria motivazione, sì da attestare il coinvolgimento del prevenuto, per un arco temporale coevo a quello delle intercettazioni citate, nei traffici illeciti di stupefacenti del gruppo.
Conclusione, quella testè indicata, suggellata da una conversazione, testualmente riportata nel corpo dell’ordinanza impugnata (pag 12), tra COGNOME Salvatore e l’odierno ricorrente il quale non solo riconosceva un proprio debito pari a euro 15.500 col capo della associazione, ma si proponeva quale acquirente di una ulteriore partita di fumo che COGNOME gli offriva in vendita una volta esaurita la fornitura di cui ancora disponeva, contemporaneamente confidando, l’associato, le proprie perplessità sull’affidabilità dei propri pusher, sicchè COGNOME gl suggeriva di sostituirli.
Si tratta, come argomentato dallo stesso tribunale della Libertà, di conversazione il cui contenuto si pone come perfettamente in linea con le logiche associative, e
che anche logicamente comporta l’affermazione della stabilità del contributo dal
Parasole assicurato al sodalizio.
4.10 Incoerente rispetto alla motivazione resa dai giudici di merito risulta dunque la mossa censura in termini di violazione di legge e illogicità e contraddittorietà
della motivazione.
A fronte di tanto invece, vale a sostegno della affermata intraneità l’accertamento dei dedotti
facta condudentia, neppure contrastati da allegazioni difensive di
segno contrario.
Quanto basta, attese le connotazioni concrete della indagata condotta, per affermarne la partecipazione alla associazione.
5. Il ricorso, infondato, deve dunque essere rigettato.
Ne consegue l’onere per il ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, dsp att cod proc pen.
Così deciso in Roma il 19 dicembre 2024
La Q.tJiqliera est.
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