Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 17514 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 17514 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 23/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a CERNUSCO SUL NAVIGLIO il 19/04/1994
avverso l’ordinanza del 10/12/2024 del TRIB. LIBERTA di CATANZARO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del PG NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 10.12.2024 Tribunale di Catanzaro, pronunciandosi sull’istanza di riesame proposta per COGNOME NOME ha sostituito la misura della custodia cautelare in carcere applicata alla medesima con quella degli arresti domiciliari.
Ripercorrendo in sintesi la vicenda cautelare:
COGNOME NOME é stata sottoposta alla misura della custodia cautelare in carcere nell’ambito della complessa indagine della Procura di Catanzaro, DDA, che aveva disvelato l’esistenza di una compagine associativa dedita al narcotraffico nel territorio di Crotone;
nei riguardi della medesima veniva ritenuti i gravi indizi di colpevolezza in ordine alla partecipazione al sodalizio ex art. 74 d.p.r. n. 309 del 1990 (capo 1) e ad episodi di delitti ex art. 73 d.p.r. n. 309 del 1990 (capi 12 e 19) nonché la sussistenza delle esigenze cautelari;
confermato il quadro di gravità indiziaria ricostruito dal primo giudice, il Tribunale del riesame in punto di esigenze cautelari, pur ritenendo la doppia presunzione di cui all’art. 275 cod.proc.pen., ma non invece la sussistenza di esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, alla luce della presenza di prole infraseienne, ha applicato l’art. 275, comma 4, cod.proc.pen. con conseguente sostituzione della misura ab origine disposta con quella degli arresti domiciliari.
Avverso detta ordinanza l’indagata, a mezzo del difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione articolato in un motivo.
Con detto motivo deduce la manifesta illogicità della sentenza in punto di riconoscimento della sussistenza della gravità indiziaria in relazione al reato di cui al capo 1) ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e) cod.proc.pen.
Si contesta il percorso argomentativo sviluppato dal Tribunale in ordine alla sussistenza della gravità indiziaria del reato di cui al capo 1) e della partecipazione al medesimo della ricorrente.
Il Procuratore generale presso la Corte di Cassazione ha rassegnato conclusioni scritte con cui ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Il ricorso é inammissibile.
Va premesso che questa Corte Suprema è ferma nel ritenere che, in tema di impugnazione delle misure cautelari personali, il ricorso per cassazione con il
quale si lamenti l’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza è ammissibile soltanto se denuncia la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento, secondo i canoni della logica ed i principi di diritto, ma non anche quando (…) propone e sviluppa censure che riguardano la ricostruzione dei fatti, ovvero che si risolvono in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (Sez. 6, n. 11194 dell’8/3/2012, COGNOME, Rv. 252178).
In altra pronuncia, che pure si condivide, si è sottolineato che, allorquando si censuri la motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte Suprema spetta solo il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dat adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato e di controllare la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie (Sez. 4, n. 26992 del 29/5/2013, Rv. 255460; conf. Sez. 4, n. 37878 del 6/7/2007, COGNOME e altri, Rv. 237475).
Spetta dunque a questa Corte di legittimità il solo compito di verificare se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi del diritto c governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie. Il controllo di logicità, peraltro, deve rimanere interno al provvedimento impugnato, non essendo possibile procedere a una nuova o diversa valutazione degli elementi indizianti o a un diverso esame degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate. In altri termini, è consentito in questa sede esclusivamente verificare se le argomentazioni spese sono congrue rispetto al fine giustificativo del provvedimento impugnato. Se, cioè, in quest’ultimo, siano o meno presenti due requisiti, l’uno di carattere positivo e l’altro negativo, e cioè l’esposizione de ragioni giuridicamente significative su cui si fonda e l’assenza di illogicit evidenti, risultanti cioè prima facie dal testo del provvedimento impugnato. Questa Corte di legittimità, ancora di recente ha peraltro ribadito come la nozione di gravi indizi di colpevolezza in sede cautelare non sia omologa a quella che serve a qualificare il quadro indiziario idoneo a fondare il giudizio di colpevolezza finale (sez. 5 n. 36079 del 5.6.2012, COGNOME ed altri, rv. 253511). Al fine dell’adozione della misura cautelare, infatti, è sufficiente l’emersione di qualunque elemento probatorio idoneo a fondare “un giudizio di qualificata
probabilità” sulla responsabilità dell’indagato» in ordine ai reati addebitati. I altri termini, in sede cautelare gli indizi non devono essere valutati secondo gli stessi criteri richiesti, per il giudizio di merito, dall’art. 192, comma 2, cod. pr pen. Ciò lo si desume con chiarezza dal fatto che l’art. 273, comma ibis, cod. proc. pen. richiama i commi 3 e 4 dell’art. 192, cod. proc. pen., ma non il comma 2 del medesimo articolo, il quale oltre alla gravità, richiede la precisione e concordanza degli indizi (così univocamente questa Corte, ex plurinnis Sez. 2, n. 26764 del 15.3.2013, Ruga, rv. 256731; sez. 6 n. 7793 del 5.2.2013, COGNOME, rv. 255053; sez. 4 n. 18589 del 14.2.2013, Superbo, rv. 255928).
Se questi sono i canoni ermeneutici cui questa Corte di legittimità è ancorata, l’ordinanza del tribunale del riesame ha adeguatamente analizzato tutti gli elementi indiziari, atti a concretare la sussistenza del sodalizio ex art. 74 d.p.r. n 309 del 1990 e della partecipazione al medesimo dell’odierna ricorrente scaturiti da captazioni ambientali, servizi di osservazione, pedinannento e controllo, localizzazioni tramite gps, perquisizioni e sequestri, dichiarazioni di un collaboratore di giustizia, dalle quali era emersa l’esistenza di una ben strutturata associazione criminosa volta all’illecito traffico di sostanze stupefacenti e coinvolgente un cospicuo numero di soggetti.
La partecipazione al sodalizio di cui al capo 1) é altresì desunta dagli elementi indiziari valutati ai fini della sussistenza dei reati fine ex art. 73 d.p.r. n. 309 1990.
Ed invero, dalle numerose risultanze indiziarie era stato possibile desumere il pieno coinvolgimento dell’indagata all’organizzazione criminosa, essendosi accertato che la stessa, unitamente al marito NOME, gestiva stabilmente un canale di smercio e spaccio dell’associazione, come ricavato dal contenuto delle conversazioni captate dalle quali era emersa la frequenza e la stabilità delle transazioni, il dato ponderale, e la possibilità di ricevere la droga credito; circostanze logicamente idonee a comprovare il coinvolgimento nel sodalizio dell’indagata che, con la sua condotta, consapevolmente favoriva la realizzazione del fine comune quale abituale pusher su cui l’associazione poteva contare per la distribuzione dello stupefacente.
Giova peraltro ribadire che in tema di associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, ai fini della configurabilità della condotta partecipazione non è richiesta la prova della conoscenza reciproca di tutti gli associati, ma è sufficiente la consapevolezza e volontà di partecipare, assieme ad almeno altre due persone aventi la stessa consapevolezza e volontà, ad una società criminosa strutturata e finalizzata secondo lo schema legale. (In motivazione, la Corte ha precisato che siffatta conoscenza prova la consapevolezza del singolo di far parte di un’associazione e non quella di
concorrere, più o meno stabilmente, alla commissione di una pluralità di reati ex art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990)
(Sez.
5
n.
2910
del
04/12/2024, dep. 2025, Rv.
287482).
2.
In conclusione il ricorso va dichiarato inammissibile. Segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in
favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso il 23.4.2025